When They See Us, la miniserie che è una ferita lancinante sul razzismo

Ava DuVernay racconta una storia vera di mala giustizia in cui cinque ragazzi di colore vengono ingiustamente accusati di stupro a New York. Su Netflix dal 31 maggio

u3F9n_smGWY

Nel suo saggio Viaggi sentimentali (compreso nella raccolta Nel paese del Re pescatore, Il Saggiatore), la scrittrice Joan Didion parla delle conseguenze anche simboliche del cosiddetto caso dei Central Park Five, cinque ragazzi di colore ingiustamente accusati di aver stuprato e lasciato in fin di vita una jogger nel parco nella notte del 19 aprile 1989: "Una di queste [visioni] dipingeva una città in rovine, violata, stuprata dalle classi inferiori. La visione opposta, condivisa da chi aveva visto nell'arresto degli imputati una perfetta rappresentazione della loro stessa vittimizzazione, era quella di una città in cui gli indifesi erano stati sistematicamente rovinati, violati, stuprati dai potenti". Questa stessa visione emerge in modo lampante da When They See Us, la miniserie di Ava DuVernay disponibile dal 31 maggio su Netflix.

I fatti, innanzitutto: nella notte del 19 aprile 1989, appunto, una 28enne operatrice finanziaria di Wall Street, Trisha Meili, viene aggredita, stuprata e lasciata in fin di vita mentre faceva jogging a Central Park; nella stessa sera un gruppo numeroso di ragazzini di colore si diverte a spaventare i passanti e fare schiamazzi all'interno del parco. Cinque di loro, Antron McCray, Yusef Salaam, Korey Wise, Kevin Richardson (afroamericani) e Raymond Santana (ispanico), vengono accusati di aver perpetrato la violenza, dopo essere stati costretti a dichiarare il falso dalla polizia che voleva trovare in fretta un colpevole. Nonostante la manifesta coercizione delle loro confessioni e la mancanza di qualsiasi tipo di prova fattuale, i cinque vengono condannati e scontano dai 6 ai 13 anni di prigione. Solo nel 2012, dopo che un violentatore seriale confessa anche quella violenza, sono liberati di ogni accusa e ricevono un risarcimento di 41 milioni di dollari.

Questa dunque non è solo una storia di mala giustizia, è un racconto davvero doloroso di come razzismo, pregiudizi e nervosismo sociale si fondano in un cocktail velenoso servito ai giovani più fragili e marginali della società. La serie di DuVernay, regista di film come Selma e Nelle pieghe del tempo e sempre impegnata in prima linea sulla rappresentazione delle persone di colore sullo schermo, è un racconto tagliente e fulminante proprio di questi meccanismi: soprattutto nel primo episodio si vede la drammatica esperienza di questi ragazzini (uno di loro aveva appena 14 anni), che vengono tartassati per ore e ore dai detective pur di ottenere accuse nei confronti di altri ragazzini che neanche conoscevano. Lasciati senza adulti né legali in balia della polizia, gli accusati cedono soprattutto perché sanno che, comunque vada, la loro **innocenza non sarà mai riconosciuta **e si troverà un modo o un altro per incastrarli.

Tutt'intorno poi si scatena il circo mediatico: esattamente come gli investigatori, i giornali e le televisioni vedono nei cinque ragazzi neri delle vittime troppo ghiotte per non essere demonizzate e sbattute in prima pagina. A poco servono le disperate proteste dei genitori o le manifestazioni antirazziste, il processo si svolge nella bufera di una città che invoca sicurezza e vendetta (e ci finisce in mezzo anche Donald Trump, come si vede qui, che paga 85mila dollari per una paginata sul New York Times in cui invoca la reintroduzione della pena di morte). Anche il racconto processuale di *When They See Us, *racchiuso soprattutto nel secondo episodio, fonde realismo e assurdità che mettono i brividi: nonostante l'accusa si muova su prove inconsistenti (il ritrovamento di capelli "simili" a quelli della vittima, un calzino con dello sperma di cui non si riesce a ricavare un Dna ecc.), il giudizio è incontrovertibilmente di colpevolezza.

Il caso dei Central Park Five è, in alcuni punti, perfino incredibile nella sua insensatezza. A dare forza a questa narrazione necessaria, che va sottratta in quanto esemplare dalla rimozione collettiva, è l'interpretazione soprattutto dei giovanissimi attori: **Asante Blackk, ** Caleel Harris, Ethan Herisse, Jharrel Jerome e Marquis Rodriguez strappano l'anima quando trasformano un volto di ingenua innocenza in una maschera di disperazione senza scampo, soprattutto quando viene tradita dall'ultimo baluardo di fiducia che riponevano nella società (più subdoli dei poliziotti che li malmenano per ottenere una confessione, ci sono quelli che si fingono empatici e commossi per raggiungere lo stesso scopo).

Accanto a loro sono convincenti poi anche le interpretazioni dei tanti altri attori che animano questa miniserie: Felicity Huffman (lei stessa di recente coinvolta in uno scandalo giudiziario su tangenti pagate in cambio di ammissioni in college prestigiosi) è una spietata e fintamente sentimentale procuratore che ha a cuore solo la vendetta della jogger a qualsiasi costo; Vera Farmiga è Elizabeth Lederer, il pubblico ministero che sostanzialmente fa condannare i cinque, alternando in sé stessa dubbi e pregiudizi granitici; Joshua Jackson (il Pacey di Dawson's Creek) è il difensore Mickey Joseph, convintamente dalla parte dei giovani;** Niecy Nash** interpreta la madre di Korey, una mater dolorosa messa di fronte alla più indicibile delle pene, quella di non poter fare nulla per salvare il proprio figlio.

When They See Us è un racconto fondamentale, quasi pedagogico, non solo perché è una dimostrazione lampante dei pregiudizi che si annidano in più livelli nella società ma soprattutto nel sistema giudiziario, ma anche perché mostra come certi errori sconvolgano le vite per sempre: il terzo e quarto episodio, ad esempio, fanno un salto temporale per mostrare non solo la terribile vita dei cinque in carcere (dove anche lì subiscono soprusi e discriminazioni), ma anche la nuova vita che devono condurre una volta usciti, totalmente cambiati ma guardati con sospetto dal resto del mondo. Poco consolatorio è il momento in cui sono finalmente liberati da ogni accusa: nel frattempo la loro vita è stata bruciata in carcere e nel marchio di mostri senza scampo, mentre noi dobbiamo portarci appresso la ferita del dubbio. Quello che certe cose succedano quotidianamente anche attorno a noi, senza che ce ne accorgiamo o peggio che facciamo qualcosa per evitarlo.