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MANICARETTI D’AUTORE. SCONFINAMENTI,<br />

ELUCUBRAZIONI, LIBERE ASSOCIAZIONI TRA CIBO E<br />

ARTI: SPAGHETTI | DI MANUELA DE LEONARDIS<br />

2 gennaio, 2009<br />

di Manuela De Leonardis<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, arti visive<br />

465 lettori<br />

Chi l’avrebbe mai detto che gli<br />

spaghetti sarebbero finiti su un<br />

francobollo da € 0,60 – con<br />

corollario di altri prodotti,<br />

peperoncino incluso – che la<br />

Repubblica Italiana ha emesso<br />

nell’agosto 2008 per celebrare il<br />

Made in Italy? All’illustratrice Anna<br />

Maria Maresca l’onore di rappresentare la “Sagra degli Spaghetti<br />

all’Amatriciana”.<br />

Ufficializzata, così, l’origine del piatto tradizionale di cui qualcuno mette in<br />

dubbio la paternità, ascrivendola più che al paese nel Reatino alla stessa<br />

cucina romana. Il nome della ricetta, infatti, deriverebbe non tanto da<br />

Amatrice, quanto da matrix – ovvero la pancetta – suo ingrediente<br />

primario.<br />

Pignolerie a <strong>part</strong>e, certo è che gli spaghetti sono simbolo per<br />

antonomasia della <strong>cult</strong>ura italica, non solo gastronomicamente parlando.<br />

Spaghetti western è un esempio del filone di film anni ’60 e ’70 di<br />

produzione italiana. Protagonisti della convincente salsa mista, un pizzico<br />

di Sergio Leone, una spruzzata di Ennio Morricone, una grattugiata di<br />

Clint Eastwood…<br />

Il cinema nostrano, del resto, ha<br />

fatto degli spaghetti un emblema di<br />

identità nazionale, con scene come<br />

quella di Un americano a Roma, in<br />

cui Albertone intrattiene un duello<br />

verbale con la pastasciutta, prima<br />

di affondare la forchetta. Opp<strong>ure</strong><br />

Totò in Miseria e nobiltà, quando<br />

balla sul tavolo riempiendosi le<br />

tasche di spaghetti.<br />

Epp<strong>ure</strong>, secondo certe fonti<br />

storiografiche, questo cibo così<br />

italiano avrebbe origini lontane.<br />

Dall’Estremo Oriente – dove gli<br />

spaghetti si chiamano noodles –<br />

sarebbe stato il solito veneziano ad<br />

importarli in Italia.<br />

A questa storia si ispira la performer anGie seah Yeng Fong (Singapore<br />

1979) che a Roma, in occasione nella serata “Quattro artisti da<br />

Singapore. Kai Lam, Jason Lim, anGie seah, Lee Wen” (organizzata nel<br />

luglio scorso nello spazio 26cc, in collaborazione con i festival<br />

Performatica e Blow!), ha presentato Marco Polo makes me confused. Il<br />

cibo che – paradossalmente – ha origine comune diventa punto focale<br />

delle differenze <strong>cult</strong>urali oriente/occidente. Nell’azione performativa –<br />

dopo un certo disorientamento iniziale – l’artista finisce con il mangiare un<br />

piatto di spaghetti in bianco, impugnando la forchetta in una mano e i<br />

1<br />

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astoncini nell’altra.<br />

Ancora più ironica e provocatoria Ju Duoqi (Chongqing 1973, vive a<br />

Beijing), talento emergente della scena artistica cinese, di cui è in corso<br />

una personale alla Paris-Beijing Photo Gallery II di Pechino. Non si può<br />

non parlare di esperienze sensoriali per i suoi lavori “nutrienti”.<br />

Ju Duoqi interpreta i capolavori della storia<br />

dell’arte utilizzando patate, carote, t<strong>of</strong>u, radici di<br />

lotus, pomodori, zenzero, cavoli…<br />

(opportunamente cotti al vapore), che poi<br />

fotografa prima che l’opera stessa perda<br />

sapore.<br />

Ecco allora in Mona T<strong>of</strong>u – una Gioconda i cui<br />

lunghi capelli non sono altro che spaghetti<br />

appena scolati. Di certo l’artista non avrà usato<br />

uno scolapasta come quello della caustica<br />

Mona Hatoum (No Way III). La sorpresa<br />

sarebbe stata a dir poco allarmante!<br />

La mostra di Ju Duoqi, The Vegetables Museum<br />

è aperta fino al 24 gennaio 2009<br />

Paris-Beijing Photo Gallery II, Pechino<br />

Immagini<br />

anGie seah, Marco Polo makes me confused (foto MDL)<br />

Particolare della performance Marco Polo makes me confused di AnGie seah, Spazio 26cc – Roma<br />

Photo Manuela De Leonardis<br />

anGie seah durante la performance Marco Polo makes me confused<br />

AnGie seah durante la performance Marco Polo makes me confused, Spazio 26cc – Roma<br />

Photo Manuela De Leonardis<br />

Mona Hatoum, Undercurrents – No Way III e altre opere<br />

Mona Hatoum, No Way III e altre opere, installazione della mostra Undercurrents – Ferrara<br />

Photo Manuela De Leonardis<br />

Mona T<strong>of</strong>u<br />

Ju Duoqi, Mona T<strong>of</strong>u, 2008<br />

Courtesy Paris-Beijing Photo Gallery II<br />

2<br />

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INTERNET VINCE SUL CARTACEO IN USA. PER<br />

COMINCIARE | DI RAFFAELLA LOSAPIO<br />

2 gennaio, 2009<br />

di Raffaella Losapio<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, lifestyle<br />

464 lettori<br />

Noi lo avevamo già rilevato e<br />

scritto, qualche mese fa. Ora la<br />

notizia è rilanciata e chiude un<br />

anno con buone nuove nel settore<br />

online. Ebbene: nei potenti Stati<br />

Uniti d’America, patria della<br />

complessità mediale e della<br />

comunicazione, Internet vince<br />

sui quotidiani cartacei.<br />

La Tv resta il media più seguito, ma anche qui la percentuale è in calo,<br />

specialmente fra i giovani tra i 18 e i 29 anni, ed è quasi alla pari con i<br />

media online, mentre la Rete è diventata, in generale, la prima fonte<br />

d’informazione: un sorpasso quasi annunciato, in terra americana<br />

mentre in Italia ancora c’è chi storce il naso, come al solito miope di<br />

fronte al cambiamento dei tempi e all’innovazione… Rischiando di restare<br />

al palo.<br />

E’ uno studio del Pew Research Center a confermarcelo: lo sviluppo<br />

dell’attenzione del pubblico peri media via Internet si deve specialmente<br />

alla crisi economica e alla campagna elettorale per la Casa Bianca che<br />

Obama, vittorioso nuovo Presidente degli States, non a caso ha<br />

impostato fortemente su social network e comunicazione online.<br />

I numeri: “quest’anno il 40 per cento degli americani ha seguito dagli<br />

schermi dei propri computer l’evolversi delle maggiori vicende nazionali e<br />

globali, contro il 35 per cento che ha indicato i quotidiani come fonte<br />

privilegiata; lo scorso anno, invece, i giornali avevano prevalso sul web<br />

34 a 24 per cento” ma a quanto pare ora la situazione si è decisamente<br />

invertita.<br />

“La Tv resta il mezzo che il 70 per cento degli americani indicano ai<br />

sondaggisti come fonte di informazione, ma la percentuale, che era l’82<br />

per cento nel 2002, è in discesa libera. C’è la forte concorrenza di<br />

Internet specialmente trai giovani: nella fascia fra i 18 e i 29 anni, Tv e<br />

Rete sono praticamente alla pari, mentre poco più di un giovane su<br />

quattro afferma di leggere i quotidiani cartacei, il 18 per cento dice di<br />

ascoltare la radio e appena il 4 per cento si dedica a periodici e riviste<br />

cartacee”.<br />

La crisi economica ha dato probabilmente un colpo definitivo a questo<br />

rapporto tra media diversi e va anche considerato il fatto che le risorse<br />

sono rincarate e non sono illimitate: alberi da tagliare, benzina e<br />

carburante…Internet costa pochissimo, inquina ancor meno; e dà modo<br />

di avere informazioni da più fonti, anche da pubblicazioni internazionali e<br />

in più lingue, con notizie e appr<strong>of</strong>ondimenti anche meno ufficiali, quindi<br />

consente di formarsi opinioni ad ampio raggio, perciò meno condizionate<br />

e più libere. Ciò rende necessario, specialmente in questa Italia<br />

cronicamente in ritardo, analizzare in maniera diversa sia l’informazione<br />

che la sua veicolazione; sia l’intera filiera mediatica che gli orientamenti<br />

del Mercato pubblicitario; si evince, inoltre, l’urgenza che la politica e<br />

l’imprenditoria avrebbero di riconsiderare la propria attenzione verso il<br />

mondo dei web-magazine o dei quotidiani online oltre che dei blog anche<br />

3<br />

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considerando, come già scrivemmo, “la questione spinosa della libertà<br />

d’informazione, della verifica certa delle fonti, della qualità<br />

dell’appr<strong>of</strong>ondimento, del diritto alla privacy, del copyright, dell’attitudine<br />

al pirataggio e spesso all’uso scorretto del lavoro altrui”<br />

E’ ormai certo, pertanto, che è davvero fondamentale rispondere<br />

adeguatamente ad un sistema che è già cambiato da tanto, che ha<br />

bisogno di altre regole (e autoregolamentazione) e di una nuova e<br />

alternativa attenzione imprenditoriale. Per poter intervenire in tempo reale<br />

la <strong>part</strong>ita si giocherà sul Web, il pubblico, un certo pubblico di lettori e<br />

fruitori, che è in crescita esponenziale, all’estero ma anche in Italia, lo ha<br />

capito prima, e cresce, cresce …<br />

1. Paolo scrive:<br />

27 dicembre 2008 alle 21:11<br />

BRAVA, BRAVE! Avete reso un interessante e condivisibile analisi della questione, una tirata<br />

d’orecchie ai tanti retrogradi che in questo Paese restano indietro, che non sanno capire gli eventi, non<br />

sanno leggere gli accadimenti, non stanno nel mondo che cambia e cresce<br />

Un esempio che serve a comprendere come istituzioni e chi dovrebbe non sa e non vuole, non seppe e<br />

non volle? Lo sapete cosa successe quando giunse finalmente la Tv a colori, in Italia? Il settore industriale<br />

di questo elettrodomestico che era sino ad allora all’avanguardia, nel nostro Paese fu paralizzato da<br />

continui, insensati rinvii dell’introduzione al colore che in altre nazioni era già un pezzo avanti (la RCA<br />

fabbricò le prime Tv a colori già nel 1954). Nel 1967 costano molto meno e arrivano ache in Europa. Non in<br />

Italia: quando finalmente la Rai inizia le trasmissioni (febbraio 1977) moltissime di quelle aziende italiane<br />

avevano già chiuso perché avevano investito enormemente su innovazione e ricerca per qualcosa che<br />

tardò troppo ad essere attivata. Eravamo in ritardo di anni e anni su altre realtà internazionali per volere di<br />

una politica e di interessi economici retrivi. Fu la mecca delle aziende straniere, che invasero anche il<br />

nostro mercato<br />

Paolo Di Pasquale<br />

2. Annina scrive:<br />

28 dicembre 2008 alle 18:42<br />

Non c’ storia se la storia non evolve. Nessuna eliminazione di Tv, giornali o libri ma inserimento di<br />

nuova informazione e <strong>cult</strong>ura attraverso differenti media: nuovi ieri, oggi già “presente”, domani forse<br />

obsoleti. Ma si deve essere pronti a cogliere il progresso perché é vero quel che scrivete ed é ancor più<br />

tristemente reale quel che commenta il vostro redattore, oltretutto in modo eccellente, con un esempio<br />

illuminante e calzante, purtroppo….<br />

Che la collettività se ne faccia una ragione, superi la pigrizia (anche mentale) e studi: la formazione<br />

permanente passa anche da qui…. all’estero ci insegnano, ci superano, ci seppelliscono e la colpa é anche<br />

-forse solo- nostra: del popolo, in <strong>part</strong>e, ma soprattutto di chi lo rappresenta e lo governa, di chiunque si<br />

tratti, per certi versi….<br />

Grazie degli articoli sempre così interessanti, motivo di riflessione mai scontata….<br />

Annina<br />

3. Adriana scrive:<br />

5 gennaio 2009 alle 18:20<br />

vero verissimo! Peccato che qui siamo in Italia e che sia lenta e lontana questa realtà. Troppo<br />

dovremo e dovrete lavorare perché si aprano questi spiragli… Ciòdetto siamo avanti ai tanti giurassici che<br />

negano o non sanno stare con il proprio tempo, quindi arriveremo prima e non invecchieremo mentre chi<br />

non sta al passo sarà sepolto dalla polvere, che piaccia o non piaccia.<br />

Grazie della vostra contemporanea verve e del lavoro in to the groove!<br />

Adriana<br />

4. Fernanda Moneta scrive:<br />

10 gennaio 2009 alle 01:08<br />

Da quest’anno il prestigioso Premio Pulitzer accetterà <strong>part</strong>ecipanti che pubblicano in rete. Perché,<br />

é verità autoevidente, la messa in forma delle idee in chiave letteraria non ha nulla a che fare col supporto<br />

utilizzato. In Italia invece c’é chi gerarchizza: come se una cretinata, però stampata su cartaceo, valese di<br />

più di un grande pezzo giornalistico pubblicato su un blog. Ma stiamo scherzando?! Idem per quello che<br />

riguarda il cinema. Signori, vi svelo un segreto: i film in Usa e da un po’ che si fanno in digitale. O credevate<br />

che i mostriciattoli di Henry Potter fossero disegnati a mano sulla pellicola? Digitale: e allora?! Il supporto é<br />

solo un supporto: la fetta biscottata senza nutella. Non é logico usare il suporto aprioristicamente per<br />

gerarchizzare la <strong>cult</strong>ura che porta. Le stronzate sono stronzate: anche se scritte da amanuensi su carta<br />

pergamena medioevale. Chi ancora sta a badare alla carta, alla pellicola o al vinile contro il digitale, sta<br />

solo cercando di preservare certi suoi privilegi di casta, castuccia, castà. Personalmente non capisco che<br />

ha di così buono un oggetto (un giornale) che per essere letto necesita di tanto sforzo: uscire da casa<br />

vestiti e truccati, trovare parcheggio, cercare il numero (e se é già esaurito son fatti tuoi), prenotarlo, avere<br />

a che fare con molti tra gli edicolanti che vivono vendendo gratta e vinci e figurine, altro che riviste, e che ti<br />

guardano come un demente se gli chiedi una testata che non conoscono. Da casa, col mio caffé caldo, in<br />

pigiamino, mi leggo quello che voglio, quando mi va.<br />

5. g.marongiu scrive:<br />

10 gennaio 2009 alle 09:51<br />

.. e inoltre (grazie Fernanda – talvolta bisogna proprio dire le cose come stanno perché il senso<br />

dell’udito si risvegli dal brusio indistinto) e qui stà il sottile e perverso imbuto…la stampa costa: in termini di<br />

risorse umane economiche e ambientali soprattutto ( il che fà drizzare i capelli). In altri termini se hai un<br />

capitale sostanzioso per promuovere e veicolare i tuoi …pensieri parole opere opinioni… anche se<br />

discutibili, idioti, insensati lo puoi fare! in rete vige altro tipo di democrazia….per fortuna. non credo quindi<br />

che la resistenza alla rete come veicolo informativo sia dovuto alla pigrizia o alla miopia…forse (a me<br />

sembra) molto più alla vera e sana paura! le menti che animano i dibattitti e il controllo delle stupidate che<br />

si dicono, in rete sono molto lucide, presenti, e attente e noi di art a <strong>part</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>) ne abbiamo la riprova<br />

4<br />

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costantemente. Grazie Raffaella per questa nuova puntualizzazione e grazie a tutti per il confronto che ci<br />

aiutate ad alimentare.<br />

6. Terry scrive:<br />

12 gennaio 2009 alle 00:16<br />

vero come é vero che l’Italia é un paese indietro su tutto e che si fa superare da realtà<br />

internazionali senza storia e con poco passato… Chi ha la memoria corta, debole o intontita, e non investe<br />

nel futuro, non prevede, non pratica le tecnologie, non innova, resta al palo inesorabilmente e la strada<br />

persa non si può più recuperare: la crisi (economica, politica, morale, <strong>cult</strong>urale) ci mangerà vivi!<br />

7. Terry scrive:<br />

12 gennaio 2009 alle 00:17<br />

ps: bravi voi di art a <strong>part</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong><strong>ure</strong> che ogni tanto, tra arte e teatro, beni <strong>cult</strong>urali e architettura,<br />

inchieste e comunicati stampa, piazzate questi articoli di gran lucidità e lungimiranza! Sarete mica bionici?<br />

5<br />

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BIENNALE DI VENEZIA | PADIGLIONE ITALIA:<br />

INDISCREZIONI, DUBBI E QUALCHE POLEMICA | DI<br />

BARBARA MARTUSCIELLO<br />

7 gennaio, 2009<br />

di Barbara Martusciello<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, art fair biennali e festival, beni <strong>cult</strong>urali<br />

13.549 lettori<br />

Prime indiscrezioni sul Padiglione<br />

Italia della Biennale di Venezia<br />

che, com’è noto, è stato affidato dal<br />

Ministro per i Beni e le Attività<br />

Culturali Sandro Bondi in persona<br />

a due Beatrice: Luca Beatrice e<br />

Beatrice Buscaroli, appunto.<br />

Come abbiamo a suo tempo<br />

ricordato in questo webmagazine, la Buscaroli faceva capo al Sistema<br />

museale dei Musei e Attività Espositive del Comune di Bologna; Luca<br />

Beatrice è critico e docente di Nuove tendenze dell’arte all’Accademia di<br />

Brera, nonchè, dal 2005, collaboratore del Comune di Perugia per le<br />

attività espositive e in generale per la progettazione di manifestazioni<br />

connesse alla <strong>cult</strong>ura e all’arte contemporanea.<br />

Certamente, le scelte dei due paladini dell’arte italica, se apriranno quella<br />

visione chiusa su una selezione e decisioni (di potere) legate alla<br />

compatta e inquadrata rete fatta di solite gallerie soliti artisti, critici etc.,<br />

sandrettorebaudenghiane, anglosassonicentriche, speriamo non portino<br />

l’Italia troppo lontana da una prospettiva innovativa, intensa, di ricerca:<br />

insomma, realmente contemporanea. Va anche detto che è inevitabile<br />

non piacere e far contenti tutti, scontentare una <strong>part</strong>e se l’altra è<br />

soddisfatta, cosa che puntualmente avviene quando si fanno selezioni e<br />

scelte di campo; ognuno se ne assume, evidentemente, oneri e onori…<br />

Comunque, era piuttosto prevedibile che i due curatori avrebbero<br />

individuato nella figurazione -ma una <strong>part</strong>icolare figurazione- la bandiera<br />

con la quale rappresentare l’arte italiana: era da sempre nelle loro corde,<br />

in quelle di Luca Beatrice, soprattutto; così, i primi nomi degli artisti<br />

papabili per questa nuova edizione veneziana, se portano avanti<br />

linguaggi eterogenei, in massima <strong>part</strong>e, appunto, si palesano attraverso<br />

una certa figurazione per quanto differente per ognuno. Speriamo<br />

davvero in una scelta definita e lontana da (altre) seppur nuove strategie<br />

che sostituiscano quelle tanto odiate e criticate; e confidiamo, non troppo<br />

ottimisti, in una panoramica non passatista ma all’avanguardia o,<br />

quantomeno, coraggiosa e di qualità. Lontano da sospetti mercantili, di<br />

quelli spudorati e biechi da italietta cialtrona. Va ricordato che la Biennale<br />

non accoglie una mostra -questa- per la quale il curatore, alla fine, e tutto<br />

sommato, paga con la sua faccia: no. Si tratta, invece, di palesare l’arte<br />

italiana e di presentarla al resto del mondo: se permettete, qui non entra<br />

in gioco la credibilità di una categoria enorme di pr<strong>of</strong>essionisti, la <strong>cult</strong>ura<br />

di un Paese, l’eccellenza di un Made-in-Italy appannato che rischia di<br />

collassare, definitivamente…<br />

Chissà se i probabili nomi degli invitati sentono tale responsabilità…<br />

Vedremo se saranno tutti confermati o no. Qui indichiamo come molto<br />

probabili Chia, Daniele Galliano, Pignatelli, Demetz, Basilè, Manfredi<br />

Beninati, Lodola, Bertozzi e Casoni, Berruti, Bolla, Montesano,<br />

Verlato, Velasco, non certi Tirelli, Savini, Petrus, Bazan e Marco<br />

Cingolani… O quest’ultimo, invece, sì…<br />

6<br />

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Ipotizziamo anche un nome più volte preannunciato, quello di Pietro<br />

Cascella, come protagonista di un Omaggio. Lo s<strong>cult</strong>ore, scomparso nel<br />

maggio 2008, ap<strong>part</strong>enente alla grande famiglia d’arte, omonima e non<br />

(vi fa <strong>part</strong>e lo stesso Matteo Basilè probabilmente invitato, come<br />

premesso, alla stessa kermesse), è un veterano, comunque la si pensi. E’<br />

anche stato un caro amico del Ministro Bondi che fu presentato proprio<br />

dall’artista a Silvio Berlusconi con gli sviluppi che conosciamo. Cascella<br />

era di casa nell’area PdL o meglio, da Berlusconi dato che, tra l’altro,<br />

lavorò anche ad Arcore realizzando una Volta Celeste e il Mausoleo di<br />

Villa San Martino,ebbene sì: quello… Forse non sarebbe così equo e<br />

trasparente un invito per Cascella proprio ora, legando definitivamente il<br />

suo nome a decisioni che si rivelerebbero molto politica e troppo poco<br />

<strong>cult</strong>urali e libere, di fatto appannando una personalità grande come quella<br />

dello s<strong>cult</strong>ore. Imbarazzante, poi, affiancare tutto ciò ad un altro Cascella,<br />

il citato Basilè, che si ritroverebbe in una Biennale in odor di nepotismo e<br />

giochetti di potere oltre misura.<br />

Mentre qui scriviamo, indiscrezioni indicano che un cambio di registro si<br />

sta aprendo verso una qualche forma di omaggio futurista, anche per<br />

affiancarsi a colossali e sacrosante celebrazioni per il Centenario.<br />

Vedremo…<br />

In attesa di integrazioni e smentite, abbiamo detto la nostra, ora dite la<br />

vostra.<br />

« Commenti precedenti<br />

1.<br />

rosa scrive:<br />

3 marzo 2009 alle 01:49<br />

AMEN!<br />

2. Francesca Sassu scrive:<br />

9 marzo 2009 alle 16:57<br />

Trovo assurdo che i curatori della Biennale di Venezia siano decisi da un ministro. Fuori la politica<br />

dall’arte.<br />

3. rosa scrive:<br />

9 marzo 2009 alle 23:24<br />

fuori la politica, certo!, ma fuori anche i mercanti (dal tempio)..e poi chi ci rimane?Gli artisti? ma<br />

dove sono? ah ah ah..erano momentaneamente assenti: stavano facendo P.R…<br />

4. Francesca Sassu scrive:<br />

11 marzo 2009 alle 15:53<br />

commento assolutamente appropriato e intrigante….<br />

continuo comunque a preferire un mercante ad un politico…attenzione: se di mercante preparato si tratta…<br />

le istituzioni sono troppo lente, arrivano sempre dopo….cercano la conservazione, lo storico, il certo…non<br />

saranno mai precursori del nuovo…almeno non in Italia..<br />

tra i mercanti invece,c’é chi ne é capace..<br />

però rifletto sulla tua annotazione, cara rosa!<br />

5.<br />

luigi scrive:<br />

12 marzo 2009 alle 17:13<br />

“Trovo assurdo che i curatori della Biennale di Venezia siano decisi da un ministro”<br />

Ma questo é il regolamento della Biennale! Quando erano i direttori dei musei a decidere i curatori, allora<br />

non si rispettava il regolamento! C’é gente che fa finta di non capire…<br />

6. francesca scrive:<br />

16 marzo 2009 alle 11:31<br />

ma infatti é il regolamento che trovo assurdo. non il fatto che lo si rispetti.<br />

Cosa intendi, luigi, quando dici che “c’é gente che fa finta di non capire?”<br />

7. Igor Waiss scrive:<br />

16 marzo 2009 alle 15:55<br />

Versetto 42,INCAZZATA.<br />

Possibile che:<br />

Luigi, Daw, Rosa,Lari,Francesca……………..Tutti o QUASI molto polemici,<br />

il venditore di biciclette,Colombo,finanzia…….<br />

Beatrice,collabora.<br />

Perché tanta acredine,tutti contro tutti.<br />

Ho visto Due artisti italiani,-Siviglia, BIACS3-ottobre/novembre 2008<br />

il primo alla collateral de <strong>Art</strong>e-”FANTASTICO”,mi sfugge però il nome,<br />

ricordo la POTENZA del Colore,la FORZA della composizione,<br />

VOI,visitate l’estero,o basta polemizzare solo e sempre: BIENNALE SI’ BIENNALE NO.<br />

8.<br />

Francesca Sassu scrive:<br />

17 marzo 2009 alle 16:55<br />

ciao igor, mi ritrovo all’interno di un dibattito che non credo mi ap<strong>part</strong>enga visto che lavoro da 4<br />

7<br />

art a aprt <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>) | www.arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.net


anni in questo settore ma sono arrivata solo ora ad una conoscenza minima da poter avere una visione<br />

critica…dunqueforse non ho così tanti elementi, ma devo dire che non mi ritrovo nella tua frase “visitate<br />

l’estero basta polemizzare solo e sempre….”. L’estero l’ho visitato e lo visito (per quanto posso)….e penso<br />

che lo facciano anche tutti coloro che hanno scritto su questo forum…non credo abbiano bisogno di un<br />

consiglio del genere…<br />

ho studiato a madrid e al mart di rovereto, ora vivo in Sardegna, ho deciso di tornare a casa mia.<br />

vedo però che i nostri spazi <strong>cult</strong>urali sono sempre più gestiti dalla politica e ti assicuro che questo sta<br />

creando grossi danni alla città. tanto con la sinistra di soru, apparentemente molto favorevole alla <strong>cult</strong>ura<br />

nella sostanza favorevole al suo controllo…..ma anche con la destra del comunedi cagliari, che non<br />

favorisce minimamente la produzione contemporanea…<br />

gran <strong>part</strong>e dei centri <strong>cult</strong>urali cittadini non hanno una figura didirettore. le attività <strong>cult</strong>urali vengono<br />

pianificate dall’assessorato stesso, con poca autonomia del centro e poca indipendenza dalla politica.<br />

sono contenta cmq di essere messa in discussione in questo forum si trovano diversi stimoli! giuro che non<br />

ho la minima acredine nei confronti di nessuno!<br />

io cmq non son artista, ho studiato art and <strong>cult</strong><strong>ure</strong> management e mi occupo di consulenze in questo<br />

settore…<br />

9. Raffela Neri scrive:<br />

20 marzo 2009 alle 23:56<br />

Quali sono i REALI canali da percorrere per essere invitati alla Biennale? Quale il curriculum?<br />

Come mai ci sono artisti che si fanno più presenze celebrate ed altri, bravi allo stesso modo, non ci sono<br />

mai? Quali sono le VERE regole? Quali i meccanismi?<br />

10. Ciro scrive:<br />

20 marzo 2009 alle 23:58<br />

Le decisioni sugli inviti alle Biennali sono prese già quando é eletto il direttore della Biennale o no?<br />

Allora inutile fare previsioni, già é chiaro come andrà, giusto?<br />

11. edurado scrive:<br />

24 marzo 2009 alle 13:09<br />

La biennale 2009? Lasciamo perdere!andrò direttamente a vedere la mostra a “Punta della<br />

Dogna”,si preannuncia interessante.<br />

12.<br />

Anonimo gaio scrive:<br />

24 marzo 2009 alle 23:50<br />

e che ne pensate di ITALICIS a due passi, (ri)inaugurata da hoc a poca distanza lì?!!!<br />

13. makidaki scrive:<br />

10 aprile 2009 alle 00:14<br />

Cari B&B, la Vostra selezione rispecchia in tutto e per tutto la linearità e la coerenza del Vostro<br />

lavoro…insomma artisti che comunicano attraverso una ricerca pressoché nulla e sterile, una serie di<br />

epigoni maldestri o se vogliamo ladruncoli da strapazzo, in taluni casi, delle esperienze di <strong>Art</strong>isti<br />

giustamente consacrati. Se per questa edizione della Biennale di Venezia non avevate nulla da aggiungere<br />

al panorama artistico italiano potevate declinare l’<strong>of</strong>ferta, ma si sa i treni passano una sola volta e quindi<br />

che fare? Si sale, il biglietto é pagato e si ha il tempo di rispolverare vecchi libri come “Nuova scena”, ma<br />

sono passati troppi anni e la scena é…inutile dirlo.<br />

<strong>Art</strong>e comprensibile, la tristezza che non c’é nulla da capire, nessuno dice niente!<br />

Peccato, al vernissage gli artisti Vi sorrideranno insieme ai loro galleristi, qualche collezionista graziato<br />

dalle Vostre scelte Vi stringerà cordialmente la mano sollevato dal potersi liberare delle croste a un prezzo<br />

rilanciato…tutti gli altri tratterranno le risa.<br />

complimenti e congratulazioni, ci vedremo all’inaugurazione.<br />

che ridere<br />

14. luigi scrive:<br />

14 aprile 2009 alle 22:43<br />

magari qualcuno preferiva i soliti noti del salotto sandrettiano. Basta, non se ne può più,<br />

smettiamola con quella cricca raccomandata senza capo ne coda. Lo stato non ha più soldi da sprecare in<br />

simili nefandezze!<br />

A lavorare!<br />

15. luigi scrive:<br />

16 aprile 2009 alle 16:37<br />

L’arte sandrettorebaudenghiane, anglosassonicentriche é per me un truffa, una burla dello stesso<br />

tenore dei subprime americani. Adesso vedremo cosa faranno a Faenza. Quando penso al codazzo di tutti<br />

quelli idioti che ci credono e che ci sperano mi viene in mente i risparmiatori truffati dalla finanza mondiale.<br />

16.<br />

17.<br />

Igor Waiss scrive:<br />

27 aprile 2009 alle 14:09<br />

makidaki,condivido!<br />

EPIGONACCI.<br />

luigi,<br />

Hai ragione!<br />

A lavorare!<br />

Troppi raccomandati,<br />

troppa gente INCAPACE DI PRODURRE UN’OPERA.<br />

Raffela Neri: REALI CANALI.<br />

Mi meraviglio,<br />

mai sentito parlare di politica,conoscenze,famiglie,intrallazzi……<br />

poi magari sé Sei carina,CONTA.<br />

FRANCESCA SASSU,<br />

Hai ragione, mi sono lasciato prendere,<br />

inoltre, la Sardegna (per taluni) vive una <strong>cult</strong>ura più vicina ai locali alla moda sulla costa.<br />

Fare <strong>cult</strong>ura é FATICOSO,DISPENDIOSO e RISCHIOSO,quando ci metti del Tuo.<br />

AUGURI.<br />

A proposito, l’<strong>Art</strong>ista italiano alla collateral de la BIACS3 de SIVILLA si chiama PLICATO,<br />

CRISTIANO PLICATO. Non é presente alla Biennale!<br />

Glauco scrive:<br />

8<br />

art a aprt <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>) | www.arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.net


18.<br />

27 maggio 2009 alle 12:35<br />

“QUALCHE” polemica???? E’ un eufemismo!<br />

Luana scrive:<br />

9 giugno 2009 alle 00:50<br />

Che mostruosità, questo Padiglione!<br />

19. Clio Venin scrive:<br />

9 giugno 2009 alle 00:52<br />

Mischiare il grande Futurismo con questo passatismo, Marinetti e tale imbarazzante proposta sta<br />

facendo rivoltar nella tomba, e in fila, tutti i nostri cari ragazzacci, compreso D’Annunzio, il che é tutto dire!<br />

20. Claudio scrive:<br />

9 giugno 2009 alle 00:54<br />

Brava Martusciello, l’abbiamo vista girare come una trottola compresa nel suo meritato ruolo, tra<br />

Padiglioni e calli veneziane, sentendola esclamare di confermare ed anzi rilanciare, se possibile, questo<br />

suo bel pezzo, di molto precedente… Come darle torto?!<br />

21. Angelo C scrive:<br />

9 giugno 2009 alle 01:15<br />

Questi NON SONO curatori di destra e per questo motivo criticati (presumendo un potere in mano<br />

alle sinistre snob); questi sono pr<strong>of</strong>essionisti che hanno trascinato la destra e l’arte italiana nel ridicolo.<br />

Nulla di personale con i sig.ri B&B ma davvero é quello che penso e che TUTTI al padiglione<br />

b<strong>of</strong>inchiavano, e vi assicuro che NON ERANO tutti di sinistra!<br />

22. daw scrive:<br />

10 giugno 2009 alle 23:02<br />

aspettiamo al varco il sig. luigi, che magari ha capito la differenza fra pinault e bondi…<br />

ma sissi ha mai sentito parlare della abramovic? e nido quando smetterà di scimmiottare? e lodola<br />

comincerà a piazzare lampade all’ikea? e costa tappezzerà le hall di alberghi e navi da crociera? e verlato,<br />

no dico, verlato!<br />

23. Sandro Sasà Mardox scrive:<br />

11 giugno 2009 alle 00:43<br />

Ma che superblog!!!! E leggo con piacere che, anche qui, avete la palla di vetro!!!<br />

Comunque, la Biennale é interessante, criticabile ma di qualità; non altrettanto si può dire del Padiglione<br />

incriminato… IO AMO LA FIGURAZIONE, ma quando é robetta é robetta!<br />

24.<br />

Alex scrive:<br />

11 giugno 2009 alle 00:44<br />

‘a Luca…!!!!<br />

25. C&C scrive:<br />

11 giugno 2009 alle 00:47<br />

Mancava la Piadina romagnola e ci sarebbero stati tutti gli ingredienti per la festa o la sagra<br />

dell’italietta. Ci spiace per qualche amico invischiato in un giochetto che stritola tutti: curatori, pr<strong>of</strong>essionisti<br />

di settore, artisti, italiani.<br />

26. Luigi scrive:<br />

16 giugno 2009 alle 22:02<br />

Il padiglione Italia? l’unica cosa guardabile in tutta la biennale. Il resto é un mucchio d’immondizia<br />

stravisto, le stesse stupidate di 50 anni fa! Sembrava la famosa scena del film:”Le vacanze intelligenti” con<br />

Sordi…<br />

27.<br />

cosmos scrive:<br />

18 giugno 2009 alle 21:28<br />

Padiglione ITALIA o ITALIANO? C’é confusione, ragazzi…<br />

28. daw scrive:<br />

18 giugno 2009 alle 22:41<br />

“Le vacanze intelligenti”? ma infatti noi italiani ci meritiamo quel tipo di qualunquismo, quella<br />

becera esaltazione dell’ignoranza e della volgarità (‘annamo a magnà, va) . Proprio il 1978 poi, chissà<br />

come mai? Forse che il disimpegno e l’alleggerimento facevano <strong>part</strong>e dei piani reazionari di qualcuno?<br />

Pochi anni dopo arrivò finalmente la svolta: come dice Beatrice l’Italia vinse i campionati di calcio a<br />

dimostrazione del ruolo <strong>cult</strong>uralmente egemone nel mondo…<br />

29. museoarte.desio@hotmail.com scrive:<br />

30 giugno 2009 alle 15:14<br />

Per cortesia chiedo a Francesca Sassu di contattarmi<br />

museoarte.desio@hotmail.com<br />

magari collaboriamo<br />

c<br />

30. beba scrive:<br />

2 luglio 2009 alle 10:35<br />

Al di là del salvataggio di singoli artisti -e ognuno avrà i suoi preferiti- il padiglione è -condivido con<br />

la Martusciello, brava davvero- una visione collettiva e come tale non funziona. E’ sciatta, confusa,<br />

business e intrallazzi evidenti sotto la crosta… Non prendiamoci in giro negando l’evidenza e quanto<br />

ovunque si diceva in Biennale!<br />

I motivi si sanno, e stanno nell’impreparazione dei curatori o nella loro incapacità a sganciarsi dal dio<br />

denaro e dalle amicizie galleristiche, facendo interessi propri e non certo collettivi. Il padiglione nazionale è<br />

tale perchè ha l’obbligo di dare dell’Italia una panoramica credibile che tutti gli altri Paesi non solo non ci<br />

hanno riconosciuto ma che hanno registrato per quel che è: politica e potere allo stato brado, ma piccino<br />

piccino, da Repubblica delle Banane, che l’Italia di fatto è diventata da parecchio tempo…<br />

31.<br />

32.<br />

crash jr scrive:<br />

15 agosto 2009 alle 02:54<br />

Uno dei pezzi migliori leti sull’argomento anche grazie a un blog vivace e intelligente!!!<br />

Sandro Sas Mardox scrive:<br />

15 agosto 2009 alle 02:57<br />

Bendetto, DAW!<br />

9<br />

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33. wow scrive:<br />

6 settembre 2009 alle 10:08<br />

Siete stati prevedibili e stufosi, nei vostri commenti negativi al padiglione Italia.<br />

Sono convinta che i curatori li conoscessero già prima di prendere l’incarico.<br />

Credo che abbiano fatto un buon lavoro.<br />

Scegliere non è facile, il gusto personale e gli interessi, incidono sempre (ed è sempre stato così anche<br />

nelle scorse edizioni) non vedo perchè stupirsene o gridare all’italietta, quando le cose portate dagli altri<br />

paesi erano di una sconvolgente banalità e scarsa qualità artistica, infatti, non ho sentito nessun esempio<br />

di padiglione migliore ma solo critiche incondizionate al nostro.<br />

Almeno aveva un identità Italiana e non era lo scimiottamento dell’arte d’oltre oceano.<br />

34. Joseph Conti scrive:<br />

5 novembre 2009 alle 10:14<br />

Vorrei sapere se dell’edizione 2009 è stata realizzata una visita virtuale come per l’edizione 2007<br />

(http://www.treccanilab.com/biennale_di_venezia/) e se sì, dove si trova.<br />

Grazie<br />

35.<br />

Francesco Bonazzi scrive:<br />

23 gennaio 2010 alle 05:26<br />

Salve Barbara,<br />

Dopo i “Collaudi” di B&B Beatrice-Buscaroli, Sandro Bondi si inchina all’orgoglio curatoriale di Vittorio<br />

Sgarbi. Ovvero: come cadere dalla padella nella brace… Ti segnalo questo articolo che ho pubblicato su:<br />

Manifesta 7 Days:<br />

“BBBiennale di Venezia 2011 e Maxxi a Sgarbi: l’arte ab Bondi”<br />

BBBiennale delle Meraviglie – Padiglione Italia. … La 54. Esposizione Internazionale d’<strong>Art</strong>e aprirà il 7<br />

giugno 2011. ….MAXXI in ballo. Maxi lievitazione: da 57 a 150milioni di euro… La lista ufficiosa degli artisti<br />

invitati è la simile a quella delle opere che il curatore Vittorio Sgarbi sta selezionando per il Maxxi. Piero<br />

Guccione, Michele Cascella, Roberto Coda Zabetta, Alberto Sughi, Vittorio Tavernari, Piero Slongo,<br />

Gustavo Mancinelli, Mimmo Centonze, Fausto Pirandello, Aligi Sassu, Gustavo Mancinelli, Aroldo<br />

Bonzagni… SEGUE…<br />

http://manifesta7.blogspot.com/2010/01/bbbiennale-di-venezia-2011-e-maxxi.html<br />

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10<br />

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ROMA E I MUSEI COMUNALI NELLE FESTE NATALIZIE:<br />

AFFLUSSI GENEROSI | DI PAOLO DI PASQUALE<br />

7 gennaio, 2009<br />

di Paolo Di Pasquale<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, beni <strong>cult</strong>urali<br />

506 lettori<br />

MUSEI IN FESTA: i dati di<br />

afflusso del pubblico nel periodo<br />

delle festività natalizie premiano<br />

l’impegno; i Musei civici aperti<br />

dal 26 dicembre 2008 al 6<br />

gennaio 2009 hanno, infatti,<br />

registrato un incremento di<br />

visitatori rispetto allo scorso<br />

anno.<br />

In generale, va sottolineato, la stessa Capitale non ha perso troppi turisti<br />

e visitatori nonostante quanto si supponeva a causa della crisi<br />

economica; Roma, infatti, ha tenuto rispetto alle “perdite” di altre realtà<br />

italiane e città d’arte.<br />

Bene. Ora ovviamente si sovrappongono le voci di chi si prende i meriti o<br />

ne dà ai diversi responsabili istituzionali e politici di turno… Ah, <strong>part</strong>iti e<br />

potere, questi strani (s)conosciuti!<br />

Sia come sia, la vittoria è di Roma e speriamo che qualcosa vada, in<br />

cambio, ai suoi cittadini…<br />

Veniamo ai dati, introdotti dal comunicato piuttosto vivace<br />

nell’entusiasmo: “la manifestazione MUSEI IN FESTA, promossa<br />

dall’Assessorato alle Politiche Culturali e realizzata da Zetema, che nel<br />

periodo natalizio ha proposto eccezionalmente attività di animazione ed<br />

eventi di spettacolo dal vivo nei Musei Civici della capitale, si è conclusa<br />

in maniera estremamente positiva, con un forte incremento della<br />

presenza di pubblico nelle strutt<strong>ure</strong> museali coinvolte: MUSEI<br />

CAPITOLINI, CENTRALE MONTEMARTINI, MERCATI DI TRAIANO,<br />

MUSEO DELL’ARA PACIS, MUSEO DELLE MURA, MUSEO DI ROMA<br />

PALAZZO BRASCHI, MUSEO NAPOLEONICO, MUSEO CARLO<br />

BILOTTI, MUSEO PIETRO CANONICA, MUSEO DI ROMA IN<br />

TRASTEVERE, MUSEI DI VILLA TORLONIA, PLANETARIO E MUSEO<br />

ASTRONOMICO, MACRO, MACRO FUTURE, MUSEO CIVICO DI<br />

ZOOLOGIA, VILLA DI MASSENZIO“.<br />

Dunque, dal 26 dicembre 2008 al 6 gennaio 2009 i Musei Civici hanno<br />

registrato una presenza complessiva di oltre 60.000 persone contro le<br />

48.000 dello stesso periodo dello scorso anno. Un incremento di<br />

oltre il 20% dovuto anche ad un ampliamento dell’attività ordinaria -come<br />

le apert<strong>ure</strong> straordinarie di lunedì 29 dicembre e lunedì 5 gennaio- ma,<br />

soprattutto, agli eventi di danza, teatro, musica e arte programmati<br />

nell’ambito dell’iniziativa Musei in Festa, che ha anche il merito di aver<br />

portato negli spazi museali della capitale spettacoli di alto livello (per<br />

esempio:presso i Musei Capitolini, il concerto SACRARMONIA di<br />

Antonella Ruggiero e la dance opera ODYSSEUS di Renato<br />

Greco;presso il Macro Fut<strong>ure</strong>, invece,la rassegna tra musica, arte ed<br />

enogastronomia GUSTOVAGANDO…).<br />

Solo i MUSEI CAPITOLINI hanno ospitato oltre 19.000 visitatori nel<br />

periodo di riferimento, mentre il PLANETARIO E MUSEO<br />

ASTRONOMICO ha registrato intorno ai 3000 visitatori, con un<br />

incremento di circa 900 persone rispetto allo stesso periodo dello scorso<br />

11<br />

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anno.<br />

Un vero boom di presenze è stato raggiunto dalla mostra dedicata al<br />

grandissimoBRUNO MUNARI al MUSEO DELL’ARA PACIS, che<br />

dall’apertura del 9 ottobre 2008 fino allo scorso 6 gennaio ha visto la<br />

<strong>part</strong>ecipazione di ben 61.700 visitatori, di cui oltre 14.700 solo nel periodo<br />

dal 26 dicembre al 6 gennaio grazie anche all’evento serale I COLORI<br />

DELL’ARA PACIS svoltosi nell’ambito di Musei in Festa.<br />

Umberto Croppi, Assessore alle Politiche Culturali e della<br />

Comunicazione del Comune di Roma, a tal proposito ci dice che:”Il<br />

grande successo di pubblico e l’incremento di presenze nei musei civici<br />

rispetto allo scorso anno attesta l’importanza delle iniziative speciali<br />

promosse dal Comune di Roma come impulso per cittadini e turisti ad<br />

avvicinarsi maggiormente agli spazi museali e a viverli pienamente, non<br />

solo per l’ordinaria attività espositiva ma anche come luoghi di<br />

intrattenimento <strong>cult</strong>urale e spettacolo, sia durante il giorno che<br />

straordinariamente in orario serale”.<br />

E’ soddisfatto anche Francesco Marcolini, Presidente di Zètema<br />

Progetto Cultura, dichiara: che “in un momento di crisi generale del<br />

turismo, il successo dell’iniziativa testimonia la validità dell’animazione<br />

<strong>cult</strong>urale nel sistema mussale romano durante il periodo natalizio. Viene<br />

anche confermata la validità del reperimento dei progetti tramite bando<br />

pubblico. Dato l’ampio consenso di spettatori e l’alto livello degli eventi<br />

realizzati, riteniamo di proporre un apposito bando pubblico anche per la<br />

selezione delle attività di animazione <strong>cult</strong>urale nei musei civici per il<br />

periodo estivo”<br />

Ci preme ricordare che, come ci sottolineano i responsabili, “MUSEI IN<br />

FESTA, è stata realizzata dal Comune di Roma, Assessorato alle<br />

Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni<br />

Culturali, e Di<strong>part</strong>imento IV, insieme alla Camera di Commercio di Roma,<br />

con il contributo delle Banche tesoriere del Comune di Roma (BNL<br />

Gruppo BNP Paribas, Unicredit Banca di Roma e Monte dei Paschi di<br />

Siena) e di Acea”.<br />

Ufficio Stampa Zètema Progetto Cultura: Patrizia Morici +39<br />

06.82077371, +39 348.5486548 p.morici@zetema.it; Fabiana Magrì +39<br />

06.82077386, +39 340.4206813 f.magri@zetema.it<br />

1.<br />

2.<br />

Clara scrive:<br />

7 gennaio 2009 alle 20:25<br />

apperò, ROMA CAPUT MUNDI!<br />

studenti IED scrive:<br />

7 gennaio 2009 alle 20:27<br />

Ciao pr<strong>of</strong>., sempre fichissimo, e belli i tuoi articoli!<br />

3. studenti IED2 scrive:<br />

7 gennaio 2009 alle 20:28<br />

Pr<strong>of</strong>essore, che sorpresa! Mica lo sapevamo che scrivevi p<strong>ure</strong> di questo oltre a occu<strong>part</strong>i di noi e<br />

di architettura, design e di lightdesign! Ci vediamo allo IED<br />

4. lory e le studentesse IED scrive:<br />

7 gennaio 2009 alle 20:32<br />

Pr<strong>of</strong>., sappi ke x noi 6 perfetto e fantastico oltre che bravissimo e coinvolgente, mannaggia ke 6 +<br />

+ + serio e okkupato, mannaggia e ancora mannaggia! Ci vediamo allo IED per verifiche: sii buono con noi!<br />

Belli i tuoi articoli, specie qlli + kattivi… :-)<br />

Alcune tue allieve.<br />

12<br />

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GUMDESIGN | INTERVISTA DI SAUL MARCADENT<br />

7 gennaio, 2009<br />

di s.marcadent<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, architettura design grafica<br />

656 lettori<br />

Gumdesign è come un puzzle.<br />

Esperienze, collaborazioni, progetti<br />

e oggetti sono tasselli che<br />

s’incastrano fra loro in maniera<br />

perfetta. Laura Fiaschi e Gabriele<br />

Pardi, fondatori nel 1999 dello<br />

studio di architettura,<br />

comunicazione, grafica e design di<br />

Viareggio, hanno le idee ben chiare in testa: “Si dice che una goccia<br />

d’acqua fa l’oceano. Piccoli segni individuali possono, tutti insieme,<br />

cambiare qualcosa“. I segni lasciati da Laura e Gabriele sono oggetti<br />

semplici e funzionali, in armonia con l’intorno e la natura: cerotti colorati<br />

per curare le ferite dei vecchi mobili, poltrone che hanno per seduta il<br />

prato e lampade contenute in scatole di cartone. Di questi progetti e di<br />

molto altro ancora mi raccontano nell’intervista che segue.<br />

A breve il decimo compleanno. Com’è nato e come si è evoluto nel<br />

tempo gumdesign?<br />

Gumdesign nasce dal nostro incontro e dalla nostra “fusione”. Passione e<br />

complicità sono alla base di tutto ciò che facciamo e raccontare<br />

gumdesign significa raccontare la nostra vita, seguirne i cambiamenti e le<br />

crescite. Attualmente ci affiancano collaboratori esterni e continuativi per<br />

alcuni settori del nostro lavoro – architettura, ingegneria e fotografia –<br />

mentre per tutto ciò che riguarda il mondo del design ospitiamo<br />

periodicamente giovani la<strong>ure</strong>ati o in corso di la<strong>ure</strong>a che possono così<br />

avvicinarsi a questo mondo in maniera diretta, scontrandosi con le<br />

problematiche inerenti la produzione e “assorbendo” il nostro modo di<br />

intendere il design: un sistema che genera energia, che trasmette<br />

contenuti e concetti, nuove amicizie e pensieri.<br />

Utopia e funzionalità mi<br />

sembrano parole chiave per<br />

comprendere il vostro lavoro.<br />

Come riuscite a coniugare questi<br />

due aspetti?<br />

Il nostro lavoro è una commistione<br />

di ingredienti alchemici che si<br />

mescolano spontaneamente e<br />

generano oggetti spesso ironici e sperimentali, ma che trovano spesso<br />

applicazione nel mondo dell’industria. Siamo però attratti anche dalle<br />

tirat<strong>ure</strong> limitate, che permettono di affrontare il progetto con maggior<br />

libertà creativa e meno vincoli produttivi.<br />

Queste caratteristiche sono un nostro patrimonio formativo, generato da<br />

diverse esperienze personali, avvenute ancor prima che ci incontrassimo.<br />

Dopo l’incontro però, è nato un unico modo di pensare e affrontare il<br />

design. Una sintonia <strong>part</strong>icolare ha permesso la “fusione” in maniera<br />

spontanea e naturale.<br />

C’è un progetto o un oggetto al<br />

quale siete <strong>part</strong>icolarmente<br />

13<br />

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legati?<br />

Crediamo sia importante e<br />

necessario essere innamorati di<br />

questa pr<strong>of</strong>essione, faticosa e ricca<br />

di imprevisti ma allo stesso tempo<br />

stimolante e viva. Proprio per<br />

questo motivo risulta difficile per noi individuare un oggetto <strong>part</strong>icolare.<br />

Ogni oggetto nasce e cresce in un momento ben definito, richiede uno<br />

sforzo creativo e “fisico”, occorre che sia ‚Äö”sentito” e che al tempo<br />

stesso risponda alle esigenze di un brief delineato accuratamente.<br />

L’attenzione da voi rivolta all’impatto ambientale, al risparmio<br />

energetico e in generale alla natura e alla terra è forte. Com’è<br />

maturato questo interesse? In quali vostri progetti quest’attenzione<br />

ha ricoperto un ruolo peculiare?<br />

L’attenzione all’ambiente fa <strong>part</strong>e di una logica, più generale, di rispetto<br />

verso tutto ciò che ci circonda. “Una goccia d’acqua fa l’oceano ” si dice,<br />

piccoli segni individuali possono, tutti insieme, cambiare qualcosa.<br />

Occorre che ognuno di noi s’impegni in questa direzione per poter<br />

lasciare un mondo migliore. Fra i nostri oggetti, alcuni in <strong>part</strong>icolare<br />

hanno solcato una strada ecosostenibile nei materiali e nelle tecnologie:<br />

le lampade Sweet Home, Lucciola, Bubble per la loro “costituzione”. Altri<br />

oggetti invece contengono in sé un messaggio positivo ed ecologico,<br />

come il cerotto per mobili Ai:D, il raccogli briciole Briciolì o la ‚Äö”serra per<br />

interni” Microcosmo. Si tratta spesso di modi diretti o trasversali per<br />

comunicare la necessità di essere sensibili ai temi ambientali e sociali,<br />

estesi ad ogni forma di vita.<br />

Da Kalikid, tunica per bambini<br />

con sei maniche differenti, fino a<br />

Corripapà, sella in pelle vegetale<br />

per i più piccoli, diversi vostri<br />

progetti si rivolgono all’infanzia.<br />

Chi sono i bambini per<br />

gumdesign?<br />

I bambini sono la proiezione di tutti<br />

noi, sono allegria, gioia e speranza. Portiamo dentro di noi un po’ di<br />

fanciullezza, ingenuità e gioco, alla ricerca del nostro miglior progetto.<br />

Quanto è importante per gumdesign comunicare un messaggio?<br />

‚àöà importante seguire delle regole semplici e dirette, osare, chiedere e<br />

comunicare con forza la propria passione. Perchè il design è prima di<br />

tutto passione, non potrebbe essere altrimenti. Ti impegna a fondo,<br />

occupa gran <strong>part</strong>e del tuo tempo, spreme ogni energia ma infine è<br />

capace di esaudire ogni desiderio, ogni idea.<br />

1. Cerotti AI:D | design gumdesign | azienda Opos<br />

2. Sweethome | design gumdesign | azienda Scatolificio RG<br />

3. Rose | Bracciale dalla forma scatolata per contenere il potpourri | design gumedesign | azienda<br />

Maurizio Colombo<br />

1.<br />

2.<br />

4. Gumdesign<br />

M. De C. scrive:<br />

7 gennaio 2009 alle 18:18<br />

Bellissimo articolo; grazie davvero per la scelta.<br />

gumdesign scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 17:35<br />

grazie m de c … alla prossima! gabrielaura<br />

14<br />

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FUOCO CAMMINA CON ME ALL’AUDITORIUM: MADE IN<br />

ABO | DI BARBARA MARTUSCIELLO<br />

8 gennaio, 2009<br />

di Barbara Martusciello<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, news<br />

543 lettori<br />

La mostra in corso all’Auditorium<br />

Parco della Musica di Roma è<br />

davvero una strana e bella mostra.<br />

E’ un progetto che funziona ed è<br />

visivamente potente, anche grazie<br />

al tema che la anima e la sostanzia.<br />

Si tratta, infatti, di un argomento<br />

accattivante e, direi, decisamente<br />

originario come quello del “FUOCO”.<br />

Poiché sarà smontata a breve, ricordiamo che c’è tempo sino all’11<br />

gennaio 2008 per verificare quanto qui tratteggio.<br />

Il rapporto dell’<strong>Art</strong>e con il Fuoco è molto fisico e reale: l’elemento, per<br />

esempio,è servito e serve, tra l’altro, a chi si avvale di fusioni e simili<br />

trattamenti della materia per realizzare le s<strong>cult</strong><strong>ure</strong> e a chi lo adotta per<br />

modificare e plasmare gli elementi necessari alla creazione.<br />

Ma è quella ideale, la relazione che<br />

emergere in questa esposizione sui<br />

generis, anche se il curatore<br />

-l’onnipresente Achille Bonito<br />

Oliva- si riferisce ad un fuoco vero<br />

e distruttore, quello che nel 1992 si<br />

sviluppò da una falegnameria nel<br />

quartiere San Lorenzo a Roma e<br />

si estese in alcuni studi e<br />

capannoni vicini (distruggendo, per<br />

esempio, anche alcuni grandi lavori<br />

di Gianfranco Notargiacomo) sino<br />

al deposito della collezione Jacorossi, avvolgendo circa sessanta<br />

opere di maestri dell’arte italiana contemporanea.<br />

Una vera tragedia <strong>cult</strong>urale, epp<strong>ure</strong>, quando Mario Schifano andò a<br />

vedere cosa era rimasto delle sue opere esclamò: “Non le toccate, sono<br />

più belle di prima!”.<br />

Da questo input la mostra I fuochi dell’arte e le sue reliquie <strong>part</strong>e per<br />

<strong>of</strong>frire al pubblico le ventiquattro opere più grandi avvolte dalle fiamme,<br />

quelledi Gino de Dominicis, Enzo Cucchi, Giulio Aristide Sartorio e<br />

dello stesso Schifano. Il forte calore ha bruciato alcune tele, ne ha<br />

annerito la superficie, ne ha strappate altre, ha modificato i colori ma ha<br />

anche donando alle opere qualcosa di imprevisto “rendendole aliene ai<br />

loro stessi autori, ma, come ha detto Schifano, ancora più belle”. Le<br />

fiamme vere e il concetto di Fuoco dell’<strong>Art</strong>e si corteggiano, si<br />

sovrappongono creando slittamenti semantici interessantissimi e<br />

inizialmente impensabili che Bonito Oliva ha cercato di addomesticare<br />

proponendo al pubblico e dando modo di vedere qualcosa di davvero<br />

curioso e originale, mai mostrato prima.<br />

Ci dicono gli organizzatori della<br />

mostra che su quelle opere “il<br />

restauro è stato minimo:semplice<br />

pulitura, in alcuni casi foderatura<br />

15<br />

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della tela portante..”. Si attiva, così,<br />

una riflessione sul “concetto di<br />

deteriorabilità dell’arte<br />

contemporanea, su quello di<br />

conservazione e sul possibile<br />

restauro delle opere d’arte<br />

contemporanee” raccontando,<br />

anche,una storia che unisce in<br />

modo autentico l’arte<br />

contemporanea alla vita, come<br />

sottolinea Bonito Oliva: “ho,<br />

infatti,realizzato un percorso espositivo capace di documentare l’irruzione<br />

del caso nella vita dell’opera. Non appendiamo le tele alle parete, ma le<br />

appoggiamo proprio per enfatizzare la precarietà dell’arte<br />

contemporanea”.<br />

Ciò si connette direttamente alla giornata di studi organizzata per il 10<br />

gennaio nello stesso luogo e contesto della mostra e che si intitola,<br />

appunto, L’intento dell’artista di fronte alla conservazione dell’opera<br />

contemporanea.<br />

1.<br />

2.<br />

ermete zerini scrive:<br />

8 gennaio 2009 alle 17:43<br />

bella bella bella. originale. ha ragione la dott.ssa.<br />

Kap3 scrive:<br />

8 gennaio 2009 alle 17:50<br />

originale sì, ma triiiiiiste, triiiiste triiiiiste! Vedremi il convegno.<br />

ps: Notargiacomo che é anche il pr<strong>of</strong>. dell’Accademia? Le sue opere si sono bruciate?! Non sarà mica stato<br />

qualche suo studente un pò arrabbiato con lui? Scherzo, eh! :-)<br />

3. Giovanni scrive:<br />

9 gennaio 2009 alle 12:52<br />

Strana questa expo che mostra un pezzo di storia che ha devastato parecchie opere, non solo a<br />

Jacorossi; purtroppo io NON credo che il fuoco le abbia rese più belle, le ha solo massacrate<br />

trasformandole in scheletrici simulacri…<br />

G. G.<br />

4. Marina C. scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 17:10<br />

insomma… Interessante ma tutto sommato una mostra terremotata, seppur meritevole per la storia<br />

affascinante e terribile e per la simbologia che ne deriva. Convegno efficace, per fortuna<br />

:-I<br />

16<br />

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PASSIONALITÀ SBIADITA DI DONNA: THREEALITIES ALLA<br />

1/9 ARTE CONTEMPORANEA | DI FLAVIA MONTECCHI<br />

8 gennaio, 2009<br />

di Flavia Montecchi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

457 lettori<br />

La femminilità di Paesi Bassi,<br />

Polonia e Regno Unito si suddivide<br />

lungo le due stanze espositive<br />

dell’internazionale 1/9 arte<br />

contemporanea che fino al 30<br />

gennaio esporrà 14 opere tra<br />

istallazioni e fotografie di tre giovani<br />

donne, accomunate da un vicino<br />

anno di nascita settantottino ma del tutto differenti tra loro: Amie Dicke,<br />

Alicja Kwade e Charlotte Moth raccontano l’individuale percorso artistico<br />

in una collettiva che le scopre tra un anno finito e uno appena iniziato.<br />

Lo spazio, la forma e il suono investono i sensi del fruitore che al suo<br />

primo ingresso viene bloccato dal taglio netto della diagonale speculare<br />

della Kwade e dagli steli macchiati della Dicke: Parallel World I e Absorb,<br />

rispettivamente del 2008, colpiscono lo sguardo ponendosi frontalmente<br />

una volta varcato l’ingresso. Cinque esili specchi <strong>part</strong>ono da terra e, privi<br />

di qualsiasi fondamento solido, vengono sorretti dall’impossibile contatto<br />

tra due lampade nere, dietro cui serpeggiano cavi elettrici raddoppiati<br />

dalla specularità che sorreggono.<br />

E’ poi la volta dell’artista olandese che, dietro il lavoro della polacca<br />

Kwade, sistema quattro lenzuola verticali appese alle due estremità<br />

superiori, lasciandole ondulare in rilievi leggeri, ebbre d’una tinta rossa<br />

che rivela l’essenza del vino. L’alcool dal colore passionale sbiadisce per<br />

la Dicke in molti suoi lavori esposti, nell’ultima sala ad esempio, reinventa<br />

la geografia del mondo tagliuzzando una mappa che gocciola brandelli di<br />

terra. Nella stessa sala poi Charlotte Moth immobilizza un non ben<br />

inquadrato ingresso domiciliare, con scalette, recinzione e foglie d’albero.<br />

L’immagine è proiettata sulla parete<br />

bianca e alterna se stessa con altre<br />

81 diapositive che si differenziano<br />

dal colore; rosa, blu e verdi chiari<br />

non alternano tuttavia il soggetto,<br />

che di base è sviluppato su di un<br />

bianco e nero cinematografico<br />

anni’50, ma la luce tutta intorno<br />

regola la freddezza o la dolcezza di come si vuole percepire la fotografia.<br />

Abduct invece appare nella sala di mezzo forte e inquieta; musa di pietra<br />

bianca rinvanga un neoclassicismo canoviano di uomini in sviluppo.<br />

Attorcigliate da zip di plastica di una lunghezza pungente, la s<strong>cult</strong>ura di<br />

tre fig<strong>ure</strong> perde i suoi connotati davanti lo sguardo del fruitore, rivelando<br />

quella s<strong>of</strong>ferenza stilistica propria dei disegni dell’artista, non presenti in<br />

mostra: corpi di donne bianchi solcati da nere linee di pianto marcio<br />

spalancano occhi vuoti dietro un urlo s<strong>of</strong>focato.<br />

La discussione di una femminilità s<strong>of</strong>ferente, inquieta, macchiata,<br />

indagatrice, percorre ogni opera esposta dando vita al senso di ricerca e<br />

sfruttamento dei mezzi più disparati dell’industria, o più semplicemente<br />

della vita, che ognuna delle artista ha voluto indagare. Non è un caso che<br />

la copertina di ‚Äö”Numéro” venga esposta dalla Dicke in una teca su<br />

17<br />

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misura, strappata e bagnata di vino; Effacement diviene un ‚Äö”quadro”, e<br />

il volto senza occhi di una donna scava la sua mancanza dietro un altro<br />

volto; il magazine di moda internazionale francese invecchia e si<br />

rattrappisce dietro l’ebbrezza dell’alcool. Una messa in scena del<br />

percorso fascinosamente decadente della donna o più semplicemente<br />

un’ulteriore messa in gioco di materiali semplici ed inevitabili, adoperati<br />

per corroderne e stravolgerne l’uso quotidiano? Per la risposta avete<br />

tempo fino al 30 Gennaio.<br />

Immagini:<br />

1.<br />

Alicja Kwade, Parallel World 1 (lampade e specchio, 2008)<br />

Amie Dicke, Absorb (cotone e vino, 2008)<br />

hombre scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 14:08<br />

Una sale grande, fili, luce giusta, trendy frequentazioni, per una mostra che non si capisce. niente<br />

bello, niente passione, niente… :-(<br />

Viva Luca Beatrice :-) e leggi articolo de la Martusciello qui su art a <strong>part</strong>… :-) almeno si parla, si dice, si<br />

ammette e ci scambiamo pareri visto che sembrava -prima- che nessuno avesse dubbi!<br />

Ciao da Hombre Q.<br />

2. Terry scrive:<br />

12 gennaio 2009 alle 00:12<br />

Stavolta concordo con i dubbi sul filos<strong>of</strong>eggiare che Luigi ha espresso nei Commenti dell’articolo<br />

sulle Anticipazioni Biennale Venezia…Cercatelo, leggete e ditemi se qualche dubbio non viene, di fronte a<br />

certe mostre-pacco-pacchetto… O sono io a non capire?<br />

18<br />

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DI CHE COSA HA BISOGNO L’ARTE CONTEMPORANEA? |<br />

DI FRANCESCO CORREGGIA<br />

9 gennaio, 2009<br />

di Francesco Correggia<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

700 lettori<br />

Se guardiamo più in pr<strong>of</strong>ondità ciò che accade nel mondo dell’arte,<br />

scopriamo quanto la sua dimensione espressiva, interpretativa e quella<br />

più palesemente mediale e comunicativa stiano per transitare verso<br />

un’altra dimensione: quella più tematica.<br />

La tematizzazione è uno dei temi caldi della discussione intorno allo<br />

spazio dell’evento e della sua significazione. E’ il significato che si<br />

tematizza nella domanda che manifesta Altri. Il farsi tema del Soggetto<br />

che va verso Altri sembra uno scivolare dentro la vecchia palude del<br />

significato; il vecchio e prosperoso significato da cui tanto, negli anni<br />

settanta, si voleva prendere la distanza. Il ritorno al significato non è la<br />

perdita del grande significante che lo sovrasta, semmai è il suo giusto<br />

ritorno alla gloria dell’evento. Qui si deve intendere che il significato non è<br />

più ciò che detta la forma al contenuto, ma è il contenuto stesso, in<br />

quanto espressione di una volontà che si fa tema tematizzando il mondo,<br />

più che il suo farsi forma. Non più la monade di Leibniz come unità di<br />

coscienza o singolarità spirituale che nella modernità incarnava la realtà<br />

ultima dell’universo gravitazionale, ma, al suo posto, da una <strong>part</strong>e la<br />

storia come soggetto emblematico e dall’altra il pianeta stesso che<br />

viaggia insieme ad altri pianeti in uno spazio intergalattico. Sono loro i<br />

temi e i nuovi soggetti di una trama intensa, molteplice, fitta di significati.<br />

Il significante cioè non è più la sostanza materiale o il medium che<br />

sempre detta il tema, che da sempre impone la forma, ma è l’essere per<br />

Altri che mi obbliga; ovvero è l’entità stessa della natura dell’universo<br />

come “res”, cioè il suo stesso contenuto a tematizzarsi e a porsi come<br />

soggetto. Non è la forma del contenuto che viene dal significante ma è la<br />

significazione stessa a farsi tema come relazione con Altri o forse, come<br />

direbbe Paul Ricoeur, è la metafora stessa a diventare non più il segno<br />

ma l’oggetto, il vivente organico della rappresentazione.<br />

Per l’arte attuale, i temi caldi non sono solo il significante e l’intreccio fra<br />

arte e vita che attraverso l’opera si mostrano, ma sono le stesse cose<br />

della realtà vivente. Cose ed oggetti non ap<strong>part</strong>engono più allo stesso<br />

universo della rappresentazione simbolica. Essi, in quanto categorie<br />

concettuali che, semmai, hanno a che fare con un’ontologia e non più<br />

solo con le questioni dell’interpretazione, non coincidono più. Possiamo<br />

affermare, con un qualche smarrimento, che ciò che si espone nell’opera<br />

sono le cose. Non le materie, i materiali, i significanti, gli oggetti, non le<br />

tracce delle cose, i segni o i simboli ormai scaduti a simulacri, ma le cose<br />

stesse in quanto contenuti che, come carne e pelle del mondo, si<br />

espongono. Le cose si manifestano nella risposta ad una domanda<br />

rispetto alla quale hanno senso. La domanda cerca un sostantivo ed un<br />

aggettivo inseparabili ma ciò non implica l’assoluta adesione della cosa<br />

con l’oggetto, se non nei termini di un’analogia secondo fini in generale.<br />

A questo punto bisognerebbe ri<strong>part</strong>ire dalla famosa questione che solleva<br />

<strong>Art</strong>hur C. Danto. Quale è, quindi, la differenza di censo fra le mere cose,<br />

qualsiasi cose, i meri oggetti e le opere d’arte? Dobbiamo forse dire che<br />

dopo la Pop <strong>Art</strong> ed i Brillo Box si è consumato un delitto come sembra<br />

19<br />

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dire Baudrillard? O ancora, parafrasando Jean Clair; il nuovo non esiste<br />

poiché esso è soltanto un riconoscere ciò che è stato, una questione di<br />

memoria e la vera modernità non è quella proclamata dalle avanguardie e<br />

dalla corsa all’innovazione ma quella che, appunto, ricorda, rifà la storia,<br />

riprende la pittura, ne ricostruisce il corpo e i suoi aspetti figurali?<br />

Domande forse sospette e che non possono essere lasciate così, senza<br />

che non ci s’interroghi ulteriormente sulle questioni poste. Le cose non<br />

stanno proprio così come i nostri due moralizzatori dell’arte, <strong>Art</strong>hur Danto<br />

e Jean Clair, in maniera del tutto differente e da punti di vista, almeno in<br />

maniera apparente, diametralmente opposti, ci vogliono sapientemente<br />

dire. Senza qui richiamarci ad Heidegger, il quale aveva già affrontato la<br />

questione nel suo saggio ormai noto -e, direi incautamente, piuttosto<br />

spesso citato da tutti quelli che sentono l’inderogabile bisogno di<br />

affrontare la relazione fra arte e Filos<strong>of</strong>ia- “L’origine dell’opera d’arte”,<br />

tentiamo di comprendere se possiamo intenderci quando parliamo di<br />

cose e di che propriamente si tratta. Intanto, già riferirsi alle cose sarebbe<br />

come nominarle. Le cose non sono semplici oggetti o un qualunque<br />

oggetto, oggetti-cose che già presupporrebbero una visibilità, un toccare,<br />

un vedere, insomma una tangenza con il corpo. Gli oggetti esigono di<br />

essere visti, le cose, invece, no. La cosa deve essere colta, compresa,<br />

presa, afferrata, prima che essere vista.<br />

Si ha una qualche ragione nel sostenere che le cose ci appaiono<br />

indefinite in quanto non si mostrano direttamente ma pretendono uno<br />

sforzo della ragione, un passaggio, una mediazione fra il limite della<br />

ragione e lo sconfinamento dell’immaginazione. Già quando guardiamo<br />

una montagna, un bosco, un oceano, un deserto, se ancora esiste questa<br />

romantica possibilità, non è proprio la montagna, il bosco, l’oceano, il<br />

deserto che vediamo ma i loro significati, i loro nomi, la <strong>cult</strong>ura che ce li<br />

ha fatti conoscere, osservare, guardare, come giustamente ricorda Remo<br />

Bodei nel suo recente pamphlet “Paesaggi del sublime”. Cosa ne<br />

sappiamo veramente se non, appunto, che essi continuano ad essere<br />

parole, discorsi al posto delle cose? Forse bisognerebbe levare le parole<br />

dalle cose, sospendere il loro intreccio semantico ma avremmo così<br />

ancora delle cose?<br />

Cose e oggetti non sono parole interscambiabili fra di loro, che hanno a<br />

che fare con una denotazione sicura sia sul piano della referenza che<br />

della semantica, e non ap<strong>part</strong>engono allo stesso universo concettuale. Le<br />

cose sono neutre, indefinite, per riconoscerle non basta toccarle, vederle<br />

odorarle con i sensi ma bisogna sostare in una zona d’ombra dove non<br />

tutto ciò che appare è; bisogna pensarle, varcare un confine, sentire<br />

l’origine, ciò che ci accomuna e che fa vibrare le corde di tutti i nostri<br />

sensi. Non è così per gli oggetti che fanno <strong>part</strong>e delle nostre dinamiche<br />

vitali, funzionali, utilitaristiche ed estetiche. Sebbene per Kant il concetto<br />

d’una cosa come fine della natura in sé non sia proprio un concetto<br />

costitutivo dell’intelletto o della ragione ma possa essere un concetto<br />

regolativo per il giudizio riflettente, non di meno è anche vero che non si<br />

possa escludere che il medesimo concetto permetta una riflessione sugli<br />

stessi principi per i quali il mondo si manifesta essendo ciò che è.<br />

Nella raccolta di poesie dal titolo “Antologia di Spoon River”, del poeta<br />

americano Edgar Lee Masters, nell’edizione tradotta da Cesare Pavese,<br />

vi è una poesia,”Dippold l’ottico”; dove un uomo con problemi alla vista<br />

misura una serie di occhiali. Egli vede inizialmente persone, colori ed<br />

oggetti reali. Dippold propone occhiali sempre più raffinati ed efficaci fino<br />

20<br />

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a quando il paziente non supera la soglia di ciò che distingue le cose<br />

dagli oggetti reali, così i suoi occhi riescono a cogliere universi, abissi<br />

d’aria, luce che avvolge le cose. Benissimo, conclude l’ottico, faremo gli<br />

occhiali così. Le lenti che per Dippold sono quelle giuste non servono per<br />

vedere oggetti, persone, fig<strong>ure</strong> ma percezioni, mondi, odori, sostanze di<br />

cui le cose, come materie organiche, <strong>part</strong>i di realtà, situazioni,<br />

avvenimenti, sono fatte. Le lenti che bisogna mettere sono congrue a chi<br />

se ne deve servire solo in quanto non fanno osservare un dato oggetto<br />

ma fanno sentire e conoscere le cose e di quale carne le medesime sono<br />

ricoperte. La semplice vista non può cogliere le cose che sono, appunto,<br />

cose in quanto materie assolute, irriducibili allo strumento, al medium.<br />

Le cose, sembra dirci la poesia di Masters, non possono essere usate,<br />

non hanno una qualche utilità se non nel regno dell’assunzione di<br />

responsabilità di ciò che accade o ciò che da sempre è. L’accadere, come<br />

sappiamo, è ciò che fa essere le cose nell’evento, nella manifestazione di<br />

ciò che deve essere. L’accadere è il fatto stesso delle cose. Le cose sono<br />

le materie prime dell’operare dell’arte proprio perché esse sono ciò che<br />

già da subito sono. In questo senso per l’arte contemporanea, o arte del<br />

nostro tempo, non si tratta più di una rappresentazione simbolica che<br />

coincide con il mostrare l’opera ma di un dovere, attraverso l’opera,<br />

rendere plausibile ciò che è non plausibile. Trarre l’energia vitale e le<br />

nuove possibilità espressive dallo stesso paradigma della storia che<br />

finalmente ha chiuso con i suoi legami stringenti e coatti di una promessa<br />

di eternità che il mito dell’arte e la stessa estetica del bello hanno elargito<br />

a più riprese. Ora ci si muove balbettando, incespicando, in un mondo<br />

finito ma non per questo possibile d’infinito nel donare mondi infiniti, a<br />

volte con la paura di dovere fare i conti con qualcosa di ancora più<br />

grande di cui non si conosce tuttora il senso e la misura.<br />

In questo senso possiamo richiamarci alla categoria del sublime come<br />

dimensione, smisurata, senza pari, che impegna tutte le nostre risorse<br />

interiori e morali non perché siamo davanti a forze imprevedibili suscitate<br />

dalla natura medesima nello scontro e nella dialettica fra ragione ed<br />

immaginazione di kantiana memoria, ma per il doversi misurare con ciò<br />

che ora appare difficile, imponderabile, straordinariamente mostruoso nel<br />

suo essere, appunto, portentoso. Le nuove dialettiche che riaccendono i<br />

sensi dell’arte sono fra le cose del reale, fra storia e contingenza,<br />

sviluppo compatibile, e salvaguardia del pianeta, solidarietà ed<br />

emancipazione, ecosistemi e risorse. Le cose sono quindi le cose ben<br />

altro dall’immaginazione stessa che le produce. Sono le cose stesse del<br />

reale che fanno, appunto, pensare ad un modus operandi differente,<br />

intermediale etico ed ecologico al contempo.<br />

La differenza fra una semplice cosa ed una cosa dell’arte consiste<br />

giustappunto nel suo differente statuto di cosa. Una mera cosa è come un<br />

oggetto che, per così dire, è già fuori dalla zona d’ombra; esso è, poiché<br />

immediatamente registrabile; lo si percepisce, lo si nomina mentre la<br />

cosa, sepp<strong>ure</strong> sia un materiale grezzo, indistinto, è anche un corpo<br />

vivente, un soggetto che significa ed elargisce a più riprese registri di<br />

significazione in una specie di scontro-incontro con la storia, con la natura<br />

stessa. In quanto corpo, non si separa mai dal suo poter essere<br />

linguaggio in potenza. Esso è sempre, in qualche misura, potere<br />

includente od escludente nel processo rimemorativo della visione. Qui la<br />

vista coglie non solo la <strong>part</strong>e oggettuale di questo processo nel suo<br />

registro di riconoscimento ma anche il suo contenuto memoriale,<br />

21<br />

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indistinto ma vero. Ora il suo intreccio con il linguaggio che lo nomina fa<br />

pensare, interroga, solleva universi e mondi.<br />

Non si tratta di tornare ad una rappresentazione favolistica di un<br />

immaginario che vuol farci vedere ciò di cui non sappiamo ancora, il che<br />

ci mette davanti all’imperscrutabile o all’assoluto, ma di un affrontare un<br />

nuovo universo di senso o di un far risorgere, come direbbe Jean Luc<br />

Nancy, il senso dalle piccole cose. La stessa esperienza di questo fare<br />

appare quasi sovrumana, difficile proprio perché non esistono più le<br />

stesse sic<strong>ure</strong> parole e gli stessi mezzi espressivi con i quali poter dire,<br />

trovare i segni, rappresentare, in una situazione dove occorre misurarsi<br />

con lo smisurato che viene dalle cose, da ciò che abbiamo chiamato i<br />

temi caldi del mondo.<br />

Ciò che conta non è una specie di renovatio, un’ontologia di un saper<br />

fare, come sostiene Jean Clair, ma di un saper riconoscere ciò che si fa<br />

tema dell’arte e che si tematizza dall’esperienza ed oltre ad essa pur<br />

nella distanza invalicabile che ci separa dalle cose. Saper cogliere le<br />

cose non vuol dire rifare un discorso sull’arte ma, al contrario, vuol dire<br />

andare verso un’agire etico che chiede ed esige impegno e pr<strong>of</strong>ondità per<br />

la vastità degli universi tematici trattati. Si tratta di una responsabilità<br />

impegnativa e costitutiva dell’arte e dei suoi linguaggi espressivi, dalla<br />

pittura alla video arte, da questa alla performance.<br />

E’ di questo che ha bisogno l’arte contemporanea?<br />

Il problema di una dimensione etica dell’arte alla fine della modernità<br />

ridiventa il tema dell’origine, la cosa stessa dell’arte. Ciò non vuol dire<br />

tornare ad una pittura che ha nella figurazione il suo scopo finale ma vuol<br />

dire proprio riappropriarsi di alcune modalità della modernità in un<br />

progetto che sappia mettere insieme le materie di un nuovo dire tra realtà<br />

e visione, necessità e possibilità e, parimenti, che sappia far venire fuori,<br />

nella mancanza, ancora una volta, il Mondo, ciò che serve all’uomo e che<br />

lo accomuna nella sua interezza agli altri esseri viventi. Questa<br />

riappropriazione è anche una questione di linguaggio, stile che non può<br />

perdere il senso di ciò che la modernità e le avanguardie ci hanno<br />

lasciato, non tanto da un punto di vista delle idee ma quanto dal punto di<br />

vista delle soluzioni espressive, formali, scritturali, ancora oggi aperte,<br />

insomma di cose che viaggiano ancora intorno alle stesse proced<strong>ure</strong> del<br />

fare dell’arte moderna.<br />

L’opera d’arte come microcosmo, e con essa anche quel che rimane della<br />

pittura, non è certo esausta, incomprensibile, agonizzante per colpa di<br />

quel mescolamento fra arte e vita che è stato al centro delle dinamiche<br />

artistiche del novecento ma essa ancora è al nucleo di una possibilità<br />

aperta proprio perché esiste la distanza per riguardare con le lenti di<br />

Dippold la storia, la natura stessa delle cose. Di quelle cose che stanno<br />

primariamente come condizione morale dentro di noi e che sono anche<br />

sopra e sotto di noi, il cielo stellato, le galassie, il cosmo e che val la pena<br />

di affrontare, guardare, contemplare proprio in quanto non sappiamo se<br />

noi e loro abbiamo, in un remoto futuro che comunque ci riguarda, una<br />

qualche possibilità di continuare ad esserci fra gli sterminati ed infiniti<br />

mondi dell’avventura planetaria.<br />

Photo: Roni Horn – Vatnasafn – Libriry <strong>of</strong> Water – Wonder Water<br />

Leggi anche:<br />

www.arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.org/2008/02/15/i-turn-round…<br />

22<br />

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1. sibilla scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 14:01<br />

Che meraviglia questo saggio! Grazie della precisione intellettuale e dell’arguta riflessione.<br />

Sibilla S.<br />

2. hombre scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 14:02<br />

non é che ci abbia capito tutto-tutto ma, insomma alcune <strong>part</strong>i fanno riflettere e mi trovano in<br />

sintonia.<br />

H. Q.<br />

23<br />

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VENERDÌ 9 GENNAIO EMANATO E IN RETE IL BANDO<br />

CULTURA 2009 ALLA PROVINCIA | DI LUCA BARBERINI<br />

BOFFI<br />

9 gennaio, 2009<br />

di l.barberini b<strong>of</strong>fi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, concorsi bandi & premi<br />

437 lettori<br />

Sarà emanato venerdì 9 gennaio<br />

e pubblicato sul sito dell’ente di<br />

Via Saffi (Viterbo) il Bando di<br />

Concorso per proporre alla<br />

Provincia iniziative <strong>cult</strong>urali che<br />

potranno essere ammesse a<br />

contributo nell’anno 2009 e<br />

valere sulla legge regionale<br />

32/78. Ce lo comunica l’Assessore alla Cultura Renzo Trappolini che, nel<br />

pomeriggio dello stesso giorno, alle 16 nella sala-conferenze di Palazzo<br />

Gentili, ne illustrerà i contenuti insieme al dirigente Luigi Celestini e alla<br />

presenza l’Assessore regionale Giulia Rodano.<br />

E’ lo stesso Trappolini a sottolineare come, quest’anno, si siano anticipati<br />

i tempi di emanazione del bando “in modo da dare risposte alle domande<br />

che si annunciano molto numerose e di qualità, in tempi utili ad agevolare<br />

le programmazioni di associazioni e Comuni”. Aggiunge Celestini che “gli<br />

eventi che saranno presi in considerazione copriranno l’intero 2009,<br />

mentre lo scorso anno erano limitate al periodo aprile dicembre”.<br />

Altre novità riguardano la scelta di riservare alle iniziative di maggiore<br />

attrattività e complessità anche finanziaria un apposito plafond in modo<br />

da assicurare eventi di respiro nazionale caratterizzanti la Provincia nel<br />

campo dello spettacolo, delle arti, della convegnistica e di quant’altro<br />

idoneo a suscitare interesse e presenze.<br />

Le domande, alla luce della sperimentazione positivamente fatta lo<br />

scorso anno, dovranno pervenire per via telematica e successivamente<br />

essere confermate, ai fini fiscali, in cartaceo.<br />

Trappolini sottolinea che tale formula, rispetto alla precedente edizione,<br />

presenta elementi di novità maturati alla luce dell’esperienza pregressa,<br />

delle criticità rilevate e dei suggerimenti avuti, grazie al lavoro svolto dalla<br />

commissione Cultura della Provincia, con impegno unanime di<br />

maggioranza e opposizione.<br />

Va sottolineato che il bando “riguarda iniziative di carattere<br />

esclusivamente <strong>cult</strong>urale e quindi non quelle turistiche e religiose per le<br />

quali la Regione ha disposto differenti canali di finanziamento, ivi<br />

compresi quelli per le Pro Loco”, decisione che ci sembra giusta oltre che<br />

sensata.<br />

Certamente, conclude Trappolini, “non sarà facile risolvere con gli<br />

insufficienti mezzi a disposizione tutte le esigenze, ma il metodo adottato<br />

dalla Regione, che impone il rispetto di linee di indirizzo anche territoriali<br />

e il ricorso al del bando pubblico, stimola certamente la creatività degli<br />

operatori”; a tal proposito, l’Assessore plaude alle scelte dell’Assessore<br />

regionale alla Cultura Giulia Rodano e indirizza aperti apprezzamenti al<br />

suo operato. Siamo certi che lo scambio di cortesie sarà reciproco<br />

quando i due rappresentanti istituzionali si incontreranno alla riunione di<br />

venerdì 9 gennaio.<br />

Info e Bando su: www.provincia.vt.it<br />

24<br />

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1.<br />

2.<br />

A. A.<br />

Adriana scrive:<br />

5 gennaio 2009 alle 20:53<br />

Siamo in trepida attesa, grazie della preziosa informazione.<br />

Gruppo Kolla1 scrive:<br />

5 gennaio 2009 alle 20:54<br />

Eh ma se poi passano sempre i soliti come si fa a credere a queste iniziative?!<br />

25<br />

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DRAG QUEEN, PERFORMER E NIGHT-CULTURE: MOSTRA<br />

AL CIRCOLO MARIO MIELI | DI LUCA BARBERINI BOFFI<br />

10 gennaio, 2009<br />

di l.barberini b<strong>of</strong>fi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, news<br />

409 lettori<br />

Drag queen, performer<br />

transgender, animatori delle notti<br />

queer sono il tema portante di<br />

“Doing/Undoing“, una mostra<br />

fotografica che inaugura nella sede<br />

del Circolo di <strong>cult</strong>ura<br />

omosessuale Mario Mieli.<br />

Domenica 11 gennaio 2009, dalle<br />

ore 17.30, in occasione dell’annuale Festa del tesseramento, il Circolo<br />

presenta la rassegna “<strong>Art</strong>i in Circolo”, a cura di Francesco Paolo Del Re<br />

e Antonio David Fiore: un ciclo di eventi dedicati alle arti<br />

contemporanee che raccontano o riecheggiano la <strong>cult</strong>ura queer e di cui<br />

questa mostra fa <strong>part</strong>e integrante. L’evento espositivo che inaugura la<br />

rassegna è questa <strong>part</strong>icolare e bella doppia personale delle fotografe<br />

Lysandra Coridon e Paola Serino (realizzata in collaborazione con<br />

l’associazione <strong>cult</strong>urale Officine Fotografiche), allestita presso la sede<br />

dell’associazione (via Efeso 2/A) e visitabile fino al primo febbraio.<br />

Doing/Undoing è un omaggio al<br />

pensiero di Judith Butler, una delle<br />

principali teoriche del pensiero<br />

queer statunitense. Il titolo tema<br />

portante delle foto richiama, infatti,<br />

l’ultima riflessione di Butler che<br />

descrive il genere come un<br />

complesso di meccanismi di<br />

costruzione e decostruzione. La mostra propone un suo intrigante viaggio<br />

nelle pieghe di questa specifica <strong>cult</strong>ura nel suo versante taliano,<br />

visualizzando un confronto tra il mondo delle drag queen romane e gli<br />

eterogenei protagonisti dell’underground gay-lesbico bolognese.<br />

Ne deriva una forte ed affascinante galleria di ritratti resi magnificamente<br />

dalle due artiste-fotografe.<br />

La stessa domenica, dopo il vernissage, l’associazione inoltre ospiterà il<br />

live show della giovane cantautrice e poetessa romana Giulia Anania che,<br />

ci dicono, è stata definita da Pietro D’Ottavio, giornalista di Repubblica e<br />

critico musicale, “la promessa della musica d’autore italiana”.<br />

1. hombre scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 14:03<br />

CHE FOLLIA E CHE ALLEGRIA!!!! GRAZZIEGRAZZIOSI! :-)<br />

Hombre Q.<br />

2.<br />

volkovidiotsuka scrive:<br />

2 febbraio 2010 alle 09:29<br />

http://fox.ucoz.org/forum/2-1-3<br />

26<br />

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MAPPE MENTALI. UN LABORATORIO PER PENSARE A<br />

COLORI | DI ISABELLA MORONI<br />

10 gennaio, 2009<br />

di Isabella Moroni<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, convegni & workshop<br />

463 lettori<br />

Sapete cosa è una “mappa<br />

mentale“?<br />

Una mappa mentale è la<br />

rappresentazione grafica del<br />

pensiero secondo una logica<br />

radiale che utilizza il linguaggio<br />

naturale del cervello:<br />

l’immaginazione e l’associazione.<br />

Con una mappa mentale è possibile organizzare pensieri e informazioni,<br />

associare idee e pensieri in maniera non lineare, sfruttare meglio le<br />

potenzialità del cervello: l’emisfero sinistro che è logico e razionale in<br />

sinergia con l’emisfero destro creativo, intuitivo, emotivo.<br />

Serve ad accedere alle proprie potenzialità permettendo di pensare,<br />

creare, studiare, prendere appunti, organizzare, sviluppare idee e<br />

comunicare in modo semplice e creativo.<br />

Ed è anche un’opera d’arte perchè (soprattutto quando è disegnata a<br />

colori) diventa una sorta di sole, di albero visto dalla <strong>part</strong>e delle radici,<br />

una creazione del tutto personale, mai uguale ad un’altra che suggerisce<br />

una visione del pensiero colma di energia.<br />

Ideata dallo psicologo inglese Tony Buzan, la mappa mentale consente di<br />

visualizzare e raccogliere in un solo colpo d’occhio le informazioni.<br />

L’apprendimento non è passivo, ma attivo, non statico ma dinamico, ricco<br />

di nuovi stimoli e associazioni.<br />

Questo mondo fantastico che ogni essere umano ha dentro di sè<br />

sarà possibile scoprirlo, conoscerlo ed analizzarlo attraverso il<br />

Laboratorio delle Mappe Mentali che si terrà a Roma il 10 e il 24<br />

gennaio a Roma presso il centro Spazio dell’Anima (via C. Denina,<br />

72)<br />

ll laboratorio sarà condotto da Roberta Buzzacchino, fra le maggiori<br />

esperte italiane delle Mappe Mentali, che ha un blog esclusivamente<br />

dedicato a questo argomento,pieno di spunti straordinari, e che da alcuni<br />

anni organizza laboratori capaci di esplorare, riattivare ed allenare il<br />

cervello al fine di<br />

generare idee nuove e azioni immediate, favorire la creatività individuale<br />

e di gruppo, affinare le abilità di analisi delle informazioni, passare dal<br />

confronto all’incontro delle idee, prendere appunti, organizzare la propria<br />

conoscenza, produrre relazioni, comunicare con chiarezza nelle riunioni e<br />

nelle presentazioni<br />

Durante il laboratorio ci saranno momenti di riflessione individuale e<br />

pause creative che sono <strong>part</strong>e integrante della didattica. Solo in questo<br />

modo si potrà infatti realizzare l’esperienza di apprendimento delle mappe<br />

mentali, che è riscoperta e attivazione della propria capacità di pensiero e<br />

quindi necessita di momenti intermedi di sedimentazione e elaborazione<br />

propria.<br />

<strong>Scarica</strong> qui le informazioni sul laboratorio<br />

1.<br />

Kaos calmo scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 13:58<br />

27<br />

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che figata! :-)<br />

2. homer scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 14:00<br />

mappe mentali? mi sa che ci corro a questo incontro, chissà che non serva ad aiutarmi a non<br />

perdermi nel mio incasinato spazio del cervello e della mamoria…<br />

Homer, quello vero!<br />

:-O<br />

:-)<br />

28<br />

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VITERBO PER FABRIZIO DE ANDRÉ | DI ERICA<br />

MARINOZZI<br />

11 gennaio, 2009<br />

di Erica Marinozzi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, musica video multimedia<br />

375 lettori<br />

Non mancherà l’omaggio di<br />

Viterbo e provincia a “Faber”<br />

Fabrizio De Andrè cantautore e<br />

poeta italiano, per il decennale<br />

della sua scomparsa avvenuta<br />

l’11 gennaio 1999. Troppo presto,<br />

troppo improvvisa.<br />

L’importante notizia è data<br />

dall’assessore alla Cultura della Provincia di Viterbo Renzo Trappolini<br />

attraverso una nota dell’ufficio stampa del 9 gennaio 2009.<br />

Già il 24 ottobre dello scorso anno la giunta provinciale aveva richiesto<br />

con apposita delibera all’assessorato regionale alla Cultura il sostegno<br />

per una serie di iniziative per commemorare la scomparsa di Fabrizio De<br />

Andrè che amava così tanto la terra di Tuscia, che decise di viverci.<br />

La cosa certa per ora è che sarà un programma di manifestazioni che si<br />

svolgeranno a <strong>part</strong>ire dall’estate in provincia di Viterbo e principalmente a<br />

Soriano nel Cimino e Canepina. La Fondazione che porta il nome<br />

dell’artista e della moglie Dori Ghezzi ha bene accolto le proposte e<br />

sosterrà il patrocinio.<br />

Sostiene Trappolini che “Si tratterà di eventi a carattere nazionale sia per<br />

la qualità delle iniziative e degli ospiti, sia per i riconoscimenti dalla<br />

Fondazione De Andrè con la quale è in collegamento l’associazione<br />

<strong>cult</strong>urale Fabrizio de Andrè di Canepina”.<br />

Non è la prima volta che nella<br />

Tuscia nascono iniziative con<br />

omaggi musicali e da ricordare nel<br />

2003 la rassegna svoltasi a Viterbo<br />

e Canepina, un mix di musica,<br />

recitazione e una mostra intitolata<br />

“Bocca di Rosa” dove venne<br />

esposto per la prima volta al<br />

pubblico il pian<strong>of</strong>orte di De Andrè, una delle sue chitarre preferite donata<br />

all’avvocato Mario Rosati, il figlio del colonnello dei carabinieri Vincenzo<br />

Rosati che nel 1979 condusse le indagini sul sequestro subito da Fabrizio<br />

De Andrè e sua moglie Dori Ghezzi, rapiti per quattro mesi dall’anonima<br />

sequestri sarda.<br />

“Un omaggio a un grande poeta, a un musicista caposcuola, a un<br />

pr<strong>of</strong>essionista rigoroso – conclude Trappolini – che è stato determinante<br />

nella formazione di molte generazioni: da lui, in <strong>part</strong>icolare abbiamo<br />

imparato la dolcezza dell’amore, la guerra alla guerra in un momento in<br />

cui non era facile esser pacifisti, la solidarietà verso i meno fortunati che<br />

se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo”, come si<br />

conclude una sua canzone.<br />

1. hombre scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 16:25<br />

però, insomma, poeta sì ma che lagna, a volte, le sue canzoni! Senza <strong>of</strong>fesa, eh!, e anche<br />

l’articolo é ben scritto, solo che io personalmente preferirei che si appr<strong>of</strong>ondisse roba più tosta,<br />

sperimentale, innovativa! Insomma, De André é già retroguardia!<br />

29<br />

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H. Q.<br />

2. lalla scrive:<br />

11 gennaio 2009 alle 16:26<br />

…però però, che meraviglia, pensa solo al verso :<br />

“dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior(i)”<br />

Non é sublime?!<br />

Lalla<br />

3. Cot1 scrive:<br />

13 gennaio 2009 alle 12:25<br />

sarà sublime ma non é che musicalmente sia proprio un grande sperimentatore! Comunque onore<br />

ad un grande, 10000 volete meglio di tanti cantautori americani supercoccolati da major e pubblica<br />

fruizione!<br />

30<br />

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DALL’IMMAGINE FOTOGRAFICA A QUELLA GRAFICA:<br />

BASILICO, GARUTTI E IL PERCORSO DELLE CITTÀ | DI<br />

FLAVIA MONTECCHI<br />

12 gennaio, 2009<br />

di Flavia Montecchi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

457 lettori<br />

“Quando realizzo una linea, penso<br />

sempre che sia la continuazione di<br />

quella linea dell’orizzonte ()<br />

Immagino questa linea che entra in<br />

una casa e poi esce da essa, fino a<br />

congiungersi a quella che è nel mio<br />

studio o che sto per realizzare () E’<br />

la costruzione ideale dell’orizzonte che accompagna la mia vita”<br />

(www.studiolacitta.it – Alberto Garutti). Dichiara Alberto Garutti per la<br />

galleria Studio La Città di Verona; artista e docente dell’Accademia di<br />

Brera di Milano, Garutti ha da sempre lavorato tracciando segni indelebili<br />

dalle più diverse espressività artistiche, originali in maniera tale da<br />

marcare le città con cui veniva a contatto. Dal canto suo Gabriele Basilico<br />

“dipinge” fotografie “modello” abilitando la città ad una bellezza onirica e<br />

oggettiva, grazie al più classico utilizzo del bianco e nero e alla fermezza<br />

della posa; un ritratto urbano.<br />

E sono proprio la poliedricità astratta e non di Garutti e la perfezione<br />

documentaristica di Basilico a convivere negli spazi dello Studio<br />

Guenzani di Milano.<br />

La mostra, che rimarrà aperta fino al 31 gennaio, ospita infatti tre<br />

opere di Garutti cariche di astrattismo geometrico concettuale, insieme ad<br />

una serie di scatti del fotografo milanese, in cui non sono più solamente<br />

la bellezza antica della Normandia o le immagini a colori di Roma e<br />

Mosca a stabilire ancora una volta la delicata ma decisa posatezza del<br />

ritratto urbanistico di Basilico, ma anche e soprattutto la presenza in<br />

questi scatti, di corsi d’acqua vettoriali e direttivi capaci a rivelarne la<br />

vitalità urbana.<br />

Fiumi larghi come strade aprono<br />

l’occhio all’orizzonte della fotografia<br />

e ne rilevano quella compostezza<br />

ammaliante che da sempre<br />

caratterizza lo stile<br />

documentaristico di Basilico; scorci<br />

di città dietro i suoi scatti sembrano<br />

vivere in diversi tempi, sembrano<br />

assumere in loro la brillantezza di<br />

una pulizia aerea esterna, tanto da<br />

apparire privi di quella<br />

contaminazione industriale<br />

moderna che logora strade,<br />

marciapiedi e palazzi. Il grigio dello<br />

smog diviene poetico bianco e nero<br />

cittadino, allontanato da un grandangolo ad effetto che comprende ponti e<br />

strade in tutta la sua agiatezza; il dialogo con la città si apre attraverso<br />

uno sguardo, quello definitivo della macchina fotografica, che imprime su<br />

di una stampa l’identità di un luogo. Garutti non è da meno, ma il mezzo<br />

da lui prediletto questa volta si allontana dalla più palpabile costruzione<br />

31<br />

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“site specific” di un parallelepipedo in vetro e cemento, (stanza in vetro e<br />

cemento, 2001-2003 – parcogiochi quartiere Don Bosco, Bolzano),<br />

scansa anche l’espediente basilichiano in mostra: sono i segni grafici che<br />

traversano le sue opere, quasi a ricordare l’assoluto astrattismo di<br />

reminiscenze kandiskjiane dei lavori degli anni ’90. Linee ininterrotte<br />

misurano distanze urbane tra istituzioni, persone e luoghi, marcando<br />

l’opera di una semplicità minimale e diretta.<br />

L’essenziale percorso tracciato dall’artista è poi concettualizzato alla base<br />

di ogni quadro; sulla cornice in alluminio Garutti ha infatti indicato i nomi<br />

dei punti raggiunti specificandone la distanza gli uni dagli altri. Una<br />

doppia trama di relazione artistica tra fotografie e segni si delinea lungo il<br />

percorso stilistico di due artisti che raccontano della città,<br />

testimoniandone la presenza con la propria espressività. Un percorso,<br />

quello esposto, che mette in risalto la linea guida urbana, il fiume visibile<br />

nelle fotografie di Basilico diviene nelle opere di Garutti traccia<br />

indissolubile di distanze da percorrere, scarnificando al massimo la<br />

concezione veritiera della rappresentazione visiva per l’essenziale traccia<br />

della presenza geometrica. Ecco che un “Punto, Linea e Superficie”<br />

indicano il passaggio dell’uomo nella testimonianza di uno scatto e nella<br />

semplificazione di un segno. L’uomo che c’è dietro la totalità di ogni opera<br />

esposte, senza apparire mai.<br />

1.<br />

Z<br />

zenobia scrive:<br />

12 gennaio 2009 alle 19:44<br />

grandi artisti, mostra anomala e coraggiosa: bella, certamente.<br />

2. Anna Paola scrive:<br />

12 gennaio 2009 alle 19:46<br />

Grazie, bella recensione per una expo <strong>part</strong>icolare e a suo modo “calda”, molto comunicativa.<br />

Anna Paola Rose<br />

32<br />

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PITTI IMMAGINE UOMO A FIRENZE: SETTIMANA DELLA<br />

MODA CON MUSICA, OSPITI ED EVENTI BY NIGHT | DI<br />

LUCA BARBERINI BOFFI<br />

12 gennaio, 2009<br />

di l.barberini b<strong>of</strong>fi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, lifestyle<br />

436 lettori<br />

In occasione della importante kermesse, la 75a a Firenze, si inaugurano<br />

molti spazi dedicati, iniziative, mostre ed eventi collaterali rispetto<br />

all’oggetto del desiderio: appunto, la moda. Tra queste serate free-entry<br />

e/o ad invito, segnalo alcuni appuntamenti by night a suon di musica ed<br />

ospiti internazionali. Molte sono donne, e che artiste!<br />

Ecco, per esempio, le iniziativa del DORIS che organizza’ ben 3<br />

appuntamenti con guest star notissime nel panorama del sound e dello<br />

spettacolo mondiale. Si inizia con GOLDIELOCKS, FOUR ROSES GIRL<br />

e TOOD TERJE! Si inizia giovedi’ 15 gennaio @ TAPE CLUB, con uno<br />

Special <strong>part</strong>y con GOLDIELOCKS, la rapper/singer piu’ in voga in<br />

questo momento nel panorama underground del Regno Unito.<br />

Stiamo parlando della ventunenne GOLDIELOCKS, sensuale e<br />

provocante bionda anglo-svedese esponente del genere grime-electro<br />

pop, una delle ultime evoluzioni musicali della fertilissima scena urbana<br />

londinese.<br />

Goldielocks proviene da una piccola e graziosa citta’ chiamata Croydon,<br />

quella che da molti viene oggi definita come la casa della dubstep. Sarah<br />

Akwisombe (aka GoldieLocks) inizia a produrre musica in un music<br />

college in London Bridge ed inzia a rappare quasi per gioco. Goldie trae<br />

la sua ispirazione da artisti che rispondono al nome di Dr Dre, The<br />

Streets, Dizzee Rascal, Amy Winehouse, Gwen Stefani, e Spank Rock. Il<br />

risultato e’ un grime-electro-pop fresco e moderno ricco di attitudini<br />

urbane e indie che si sposa egregiamente a liriche cariche di umorismo e<br />

provocazioni intelligenti. Ore 22:00 – 4:00<br />

(altro su: http://www.myspace.com/goldielocksmusic)<br />

Venerdi’ 16 gennaio si prosegue con MONOCHROME che presenta<br />

FOUR ROSES GIRLS and Tood Terje.<br />

Ancora una volta MONOCHROME non smentisce la sua sensibilita’<br />

artistica e porta sul palco il tour delle Four Roses Girls, collettivo creativo<br />

tutto al femminile che propone un incredibile show nel quale si fondono<br />

performing art, dj set, commedia, canto, moda e cartoni animati. Le<br />

quattro performer affiancheranno il super dj TODD TERJE, special guest<br />

da Oslo, “responsabile” di alcune delle migliori produzioni disco-house<br />

uscite negli ultimi anni. Media <strong>part</strong>ner della serata il mitico Vice Magazine.<br />

Due-parole-due su queste straordinarie ragazzem, che mixano<br />

performing art e <strong>cult</strong>ura del cartoon che si intrecciano per dare vita ad un<br />

innovativo spettacolo che sarà in scena in un tour di quattro tappe nei<br />

migliori locali d’Italia. Il live vedra’ come assoluti protagonisti il carisma e<br />

l’arte delle Four Roses Girls, ovvero la disc jockey Giulia e le performer<br />

Domitilla, Blondie e Biancaneve. Donne al centro della scena con uno<br />

spettacolo che mixa musica, danza e teatralita’ con tocchi di burlesque,<br />

sullo sfondo della <strong>cult</strong>ura pop dei cartoni animati anni ’80 che ne ispira le<br />

movenze e i costumi di scena.<br />

Dalle icone cartoon Occhi Di Gatto e Jem and the Holograms, per<br />

arrivare all’ammiccante mondo delle pin-up e delle dive anni ’40, sono<br />

molteplici le contaminazioni che ispirano le Four Roses Girls nella<br />

creazione di una performance che i piu’ attenti alle nuove tendenze hanno<br />

33<br />

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gia’ definito ‘diva cartoon’.<br />

Dj resident: RUFUS, DN<strong>Art</strong> e MARCO SOLFORETTI<br />

Ore 23:00 – 4:00<br />

(altro qui: http://www.myspace.com/fourrosesgirls;<br />

http://www.myspace.com/toddterje)<br />

Il sabato sera (il 17 gennaio) con la serata “we don’t like lobster” il<br />

resident dj Vizioso porta sul palco il meglio dell’electroclash, un<br />

genere che affonda le sue radici musicali principalmente nella dance<br />

music, nell’electro pop e nella italo disco.<br />

Ore 23:00 – 4:00<br />

DOOR SELECTION, Via dei Pandolini 26r – FIRENZE<br />

FREE ENTRY<br />

Poi abbiamo le iniziative dell’Intooitiv che presenta, in collaborazione con<br />

dude & dudette e Kitsch:<br />

Venerdi’ 16 Gennaio 2009 FEM@Maracana’<br />

Florence Electronic Movement (special guest: D’JULZ)<br />

Main room: AMOS (Italobusiness/Claque/Presslab)_live set, UAUI &<br />

PONZ (Nothing Inc.) _dj set.<br />

D’JULZ (Ovum/Pokerflat/Intacto) _dj set inizia la sua carriera nel 1992<br />

acquisendo rapidamente un suo stile personale che lo fa diventare subito<br />

uno dei dj piu’ importanti d’oltralpe. La sua musica si colloca all’incrocio<br />

tra deep techno, house e acid funk. La sua reputazione cresce<br />

rapidamente e lo porta a suonare nei migliori club europei (Cafe’<br />

D’Anvers, The End, Plastic People, Space, Pacha) e nelle principali<br />

capitali mondiali (New York, Londra, Mosca, Tokyo, Hong Kong, Bogota).<br />

Come special guest frequenta regolarmente il Cocoon di Franc<strong>of</strong>orte, il<br />

Panorama Bar di Berlino e il Fabbric di Londra.<br />

TIMETOSLEEP _visual<br />

Second room: DEBSOLUTE _dj set, CRAWLER _dj set<br />

Dove? In Via Faenza 4, Firenze, ad ingresso libero entro le 00:30 in<br />

lista o su invito (info e liste: 393 9012540)<br />

Ufficio stampa Doris:<br />

www.myspace.com/dorisfirenze;<br />

Lorenzo Migno<br />

lorenzomigno@gmail.com<br />

+39 339 4736584; Info: 335 7871616 / 333 4285531<br />

1. Cot1 scrive:<br />

13 gennaio 2009 alle 12:23<br />

TUTTA VITA BY NIGHT E GRATUITA: FINALMENTE FIRENZE SI RIANIMA E GUARDA<br />

ALL’ATTUALITA’ E ALLA MUSICA E CULTURA CONTEMPORANEA! CI VOLEVA PITTI IMMAGINE, CI<br />

VOLEVA…<br />

34<br />

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WINTERLICHTER IN BERLIN: DAVID MEDALLA |<br />

EXHIBITION AT MUSEUM MAN | BY DAVID MEDALLA<br />

13 gennaio, 2009<br />

di David Medalla<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, news<br />

495 lettori<br />

“WINTERLICHTER IN BERLIN:<br />

DAVID MEDALLA | EXHIBITION<br />

AT MUSEUM MAN”<br />

David Medalla, FF alum, is<br />

exhibiting a new series <strong>of</strong> paintings<br />

inspired by his current sojourn in<br />

Berlin. Collectively entitled<br />

“Winterlichter in Berlin”<br />

(“Winterlights in Berlin”), the series started with a painting by Medalla <strong>of</strong>an<br />

impromptu event by Adam Nankervis lighting a candle insidean old<br />

Turkish glass andiron lamp which Adam bought at the “flohmarkt ” (flea<br />

market) at Mauerstrasse in East Berlin just before last Christmas.<br />

Otherart worksin the new series include a painting <strong>of</strong> David Medalla,<br />

standing on the sunlit snowscape,bringing to Museum Mana copy <strong>of</strong> the<br />

Biennale <strong>of</strong> Sydney catalogue <strong>of</strong> 2008, edited by the curator Carolyn<br />

Christov-Bakariev, being welcomed toKastanienallee no. 72by Adam<br />

Nankervis and Mona Wehr; a painting <strong>of</strong> David Medalla and Adam<br />

Nankervis outside Museum Man,lighting sparklers to welcome the New<br />

Year ; and a painting <strong>of</strong> Adam and Davidlistening to Hanuman reading<br />

fromthe book “A Critique <strong>of</strong> <strong>of</strong> P<strong>ure</strong> Reason” by the German philosopher<br />

Immanuel Kant. Different aspects <strong>of</strong> light in winter in the snow-covered<br />

German capital feat<strong>ure</strong> in all these beautifulpaintings. In all <strong>of</strong> them the<br />

<strong>part</strong>icular is transformed by the artist into the cosmic and the sublime.<br />

In the past David Medalla was an artist-in-residence in Berlin as<strong>part</strong> <strong>of</strong> the<br />

DAAD kunstler programm. Medalla gave a memorablesolo show, “<strong>Art</strong> Lifts<br />

Berlin”,curated by Frederick Meschede and introduced by Guy Brett, at<br />

the DAAD Galerie abovethe Cafe Einstein on Kurfurtenstrassein 1998.<br />

David Medalla shared anexhibition in 2006at the Kunstpunkt Berlin<br />

galerie for aktuelle Kunst, with the late American artist and <strong>cult</strong>ural<br />

impressarioWilloughby Sharp (David Medalla’s friend from 1963), and the<br />

German artist Reinhart Buettner.<br />

In 2005 David Medalla <strong>part</strong>icipated in the Berliner Kunstsalon, in the<br />

section organised by Museum Man, whose founder anddirector, the<br />

Australian artist Adam Nankervis, curated the<br />

current “Winterlichter<br />

in Berlin” exhibition <strong>of</strong><br />

Medalla’s new<br />

paintings inside the<br />

original home <strong>of</strong><br />

Museum Man at<br />

Kastanienallee no. 72,<br />

Prenzlauerberg,<br />

Berlin. Medalla plans<br />

to continue the series<br />

with a set <strong>of</strong> paintings<br />

which he will do when<br />

he visits New York in spring this year (2009), after attending the<br />

Trans<strong>cult</strong>ural Exchange art forum being organised by Mary Sherman in<br />

35<br />

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Boston.Museum Man plans tomake tapestries <strong>of</strong> Medalla’s paintings in<br />

the fut<strong>ure</strong>.<br />

Members <strong>of</strong> Berlin’s lively art world attended the opening <strong>of</strong> David<br />

Medalla slatest exhibition at Museum Man, last Saturday, January 10,<br />

2009. Several London Biennale artists who are currently living and<br />

working in Berlin also came to the private view,including composer<br />

Marianthi Papalenxandri from Thessaloniki, Greece;sculptor Thomas<br />

Nicolai from Erfurt, Germany; artist and curator Shaheen Merali from<br />

London; painter Sebastiaan Schlicker from the Netherlands; and video<br />

artist Shanghai Subir, who is a native Berliner. “Winterlichter in Berlin” will<br />

be at Museum Man until January 21, 2009.<br />

Photos <strong>of</strong> the exhibition can be seen in the website:<br />

www.museumman.org<br />

http://www.arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.net/2009/01/10/winter-lichter-david-medallamuseummanberlin/<br />

36<br />

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MACRO: LUCA MASSIMO BARBERO UFFICIALIZZATO<br />

ALLA GUIDA DEL MUSEO ROMANO | DI BARBARA<br />

MARTUSCIELLO<br />

13 gennaio, 2009<br />

di Barbara Martusciello<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, beni <strong>cult</strong>urali<br />

927 lettori<br />

Lo avevamo detto in più<br />

occasioni e scritto già tempo fa e<br />

finalmente, dopo mesi di<br />

incertezze, ritardi, anticipazioni,<br />

segretezza e qualche omissis, ora<br />

è ufficialmente sancito nero su<br />

bianco, attraverso un atto<br />

istituzionale -deliberazione n. 417,<br />

natalizia o giù di lì- che con il “Dott. Luca Massimo Barbero”, classe<br />

1963, è instaurato un “lavoro a tempo determinato”: al Macro di<br />

Roma.<br />

Così, dopo le dimissioni di Danilo Eccher, è stato accolto il nome del<br />

successore indicato dal Sindaco di Roma Gianni Alemanno: previo<br />

attenta verifica, da <strong>part</strong>e della Giunta, dell’idoneità del candidato<br />

politicamente caldeggiato e avuta la conferma che egli “risulta essere in<br />

possesso dei requisiti pr<strong>of</strong>essionali richiesti per realizzare appieno gli<br />

obiettivi previsti nel programma amministrativo del Sindaco”, abbiamo il<br />

nuovo Direttore della Sovraintendenza Comunale Macro.<br />

Circa 10.000 Euro lordi di stipendio per un posto tra i più ambiti, potenti e<br />

prestigiosi ma anche scivolosi che <strong>Art</strong>e, Beni Culturali e dirigenze<br />

istituzionali annoverino, non solo made in Rome…<br />

Il Macro, ora, provvisto di neodirettore, dovrebbe essere inserito in una<br />

Rete -reale ed efficiente- con Maxxi,Palazzo delle Esposizioni,<br />

Scuderie del Quirinale, Gnam e in sinergia con il Ministero per i Beni<br />

Culturali, come ci risulta da quanto affermò l’Assessore Umberto Croppi<br />

e dopo un suo precedente confronto sia con il Sottosegretario Francesco<br />

Giro che conPio Baldi. Bene, ma se un coordinamento minimo è<br />

auspicabile, ci auguriamo che ciò non crei una <strong>cult</strong>ura-unica nè che porti<br />

a scelte obbligate per nessun direttore interessato. Staremo a vedere.<br />

Certo dobbiamo arrenderci al fatto che solo in Italia e in qualche luogo di<br />

terz’ordine questo genere di decisioni e incarichi siano legati alla politica<br />

e imposti per volontà <strong>part</strong>itica, senza nè concorsi ad hoc nè serie<br />

commissioni competenti e sopra le <strong>part</strong>i che vaglino. Ciò, naturalmente,<br />

dipende dall’asfissiante protervia di un potere che ha le mani anche sopra<br />

le arti e la <strong>cult</strong>ura e nonè certo colpa del torinese Barbero al quale<br />

auguriamo un futuro luminoso e un lavoro che riporti Roma ad una<br />

vivacità contemporanea e internazionale che le compete e ci manca da<br />

un pò.<br />

Ribadiamo quanto già affermato su questo stesso webmagazine, ovvero<br />

che gradiremmo accanto ad un forse doveroso tributo del nuovo MACRO<br />

agli artisti e ai pr<strong>of</strong>essionisti che a Roma hanno lavorato e dato un<br />

contributo importante e riconosciuto, anche nuove apert<strong>ure</strong> internazionali<br />

di rilievo; scelte, quindi,“che non siano troppo anglo-americanocentriche<br />

ma nemmeno troppo local“, e si palesino un pò più “lontane da<br />

consorterie e giochetti” che hanno spesso coinvolto“l’agire di quanti<br />

avrebbero dovuto garantire qualità,equità, trasparenza non solo<br />

relativamente alle scelte espositive ma anche alla chiamata di<br />

37<br />

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collaboratori, curatori e quant’altro”.<br />

Info: www.macro.roma.museum<br />

1. C. R. scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 10:48<br />

apperò, sempre affilati i Suoi articoli! Condivido in pieno, grazie.<br />

Un’amica di facebook<br />

2. Tonino C. R. scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 10:50<br />

Vero vero vedi, disperatamente vero, grazie della sincera onestà con la quale sei sempre in prima<br />

linea.<br />

T. C. R.<br />

3. smak82 scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 10:51<br />

:-)<br />

per quel che scrivi e dichiari,<br />

:-(<br />

per la situazione in Italia in fatto di arti e <strong>cult</strong><strong>ure</strong>!<br />

4. F.D. scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 13:55<br />

L’arte della politica o la politica dell’arte?…Nella nostra Italietta,Roma,Milano,Napoli<br />

eccetera…Sempre la stessa storia,dai Borgia in poi,cambiano solo i nomi…Fortuna ci sia qualcuno che ne<br />

discute!…Un saluto affettuoso,e sostegno al tuo impegno di “Critico Militante” (Non Stricto Sensu)..<br />

5. raimondo scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:02<br />

…io direi “la sporca politica” che non sa e maneggia comunque cose e fattid’arte, con i risultati che<br />

vediamo. Grazie del corner che ci consegnate, angolo di libero confronto. Coraggiosa art a <strong>part</strong>!<br />

R. S.<br />

6. claudio l. scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:04<br />

Grazie donna Barbara, madonna dalla penna rossa, che dice quel che pensa e ci conforta,<br />

dandoci un prezioso webmagazine e un importante punto libero per discutere e confrontarci liberamente,<br />

senza trincee e steccati.<br />

7. Marco Pier i scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:06<br />

Complimenti art a <strong>part</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong><strong>ure</strong> che promette e mantiene una vivacità e una voce affilata e priva<br />

di interessi di <strong>part</strong>e/<strong>part</strong>ito!<br />

8.<br />

maurizio scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:06<br />

Non é male, vedrete, questo cambio al vertice…<br />

9. mimmo scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:19<br />

…magari non essendo troppo impastato nei rapporti con gallerie e potere “di sistema”, questo<br />

nuovo direttore saprà e potrà far bene…<br />

10.<br />

kono di luce e the group scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:20<br />

:-)<br />

11. Kristina di Lascio scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:22<br />

Io non spero più in nulla e sono certa che se fai <strong>part</strong>e del “gruppo” entri nel ring altrimenti no, e<br />

resti comprimario a vita, qualunque sia il cambio al vertice.<br />

12. Marko C. scrive:<br />

14 gennaio 2009 alle 17:24<br />

grazie: dall’estero leggiamo queste info e aggiornamenti sull’Italia non facili da reperire<br />

altrimenti…. Un utile servizio, girls e boys….<br />

13. Erica Marinozzi scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 00:19<br />

Onestamente credo che non ci voglia molto per fare di meglio e soprattutto di più al MACRO!…E<br />

poi perché per una volta non guardarsi intorno e aprire le porte a chi ha idee, concretezza e voglia di fare<br />

piuttosto che mangiarsi la torta tutta da soli che in certi casi può risultare indigesta?!<br />

Spero che il dott. Luca Massimo Barbero dimostri un’apertura (o quantomeno ci provi) non solo verso l’arte<br />

ma anche verso i giovani che come me hanno intrapreso un percorso e si sono SEMPRE trovati le porte<br />

chiuse da <strong>part</strong>e del MACRO.<br />

Continuo a sperare…farò una brutta fine? :)<br />

14. liliana scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 11:30<br />

Siamo tutti daccordo, in questo blog? Scettici ma con un barlume ancora di fiducia? critici verso le<br />

passate gestioni? Contrari all’intromissione della politica sulle nomine della <strong>cult</strong>ura e dell’arte? Desiderosi<br />

di fare?<br />

15. Ermanno Consolini scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 11:32<br />

felicitazioni per l’incarico a Luca Massimo Barbero sperando che sia all’altezza, che lo lascino<br />

libero di decidere, che sappia essere libero di decidere. Attendiamo la nomina della Gianelli al<br />

Palaexpo/Scuderie. Poi non trovino altre scuse: si lavori, si programmi, si faccia. Roma ne ha bisogno,<br />

l’Italia ne ha, la nostra immagine interna e all’estero ne ha, la nostra <strong>cult</strong>ura, soprattutto, ne ha…<br />

38<br />

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16. gago go go scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 11:35<br />

Ga go go trallalà, ora senza più lentezze e incertezze dovete camminà per il bene di roma della<br />

<strong>cult</strong>ura e dell’umanità!<br />

:-)<br />

17. Rip 60 scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 11:37<br />

Barbero ci sembra un pò deboluccio sul contemporaneo e sulle realtà emergenti: saprà affiancarsi<br />

persone che lo siano?<br />

18. jenny scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 10:21<br />

Sono decisamente d’accordo sull’estromissione della politica come nello scioglimento delle caste.<br />

A Roma non si riesce a trovare un posto di lavoro dignitoso in ambito museale, ma stiamo scherzando?! Ho<br />

visto invece lavorare persone terribilmente impreparate, che schifo.<br />

19. pinog scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 16:38<br />

proseguirò quanto già avviato in precedenza ovvero creare opportunità e occasioni, attrraverso o<br />

una convenzione o un accordo tra le <strong>part</strong>i ( e in questo caso é cruciale il grado di autonomia che avrà<br />

Barbero) che inserisca gli artisti che vivono, lavorano, operano nella nostra area metropolitana nel circuito<br />

del Macro. La scorsa consigliatura, come sanno diversi artisti, ci eravamo andati vicino ma poi………. E’ da<br />

lì che si ricomincia.<br />

Grazie per il lavoro che fai e spero di vederti presto.<br />

Pino Galeota<br />

20. Marcello scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 17:45<br />

Le consorterie in Italia non finiscono mai.Non so cosa devo aspettarmi da questa nomina:so,invece<br />

che l’importanza dell’Italia,che p<strong>ure</strong> detiene circa l’80% del patrimonio <strong>cult</strong>urale mondiale,é ridotta al<br />

lumicino.Auguri al Nuovo direttore:)<br />

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MAURIZIO COSTANZO SHOW HA (RI)APERTO ALL’ARTE |<br />

DI BARBARA MARTUSCIELLO<br />

15 gennaio, 2009<br />

di arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong> redazione<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

757 lettori<br />

Luca Faccenda e Marco Parri hanno creato e dirigono la National<br />

Gallery di Firenze (www.nationalgalleryfirenze.it /eu/info /org etc.),<br />

un’Associazione Culturale senza fini di lucro con lo scopo di diffondere<br />

l’arte nel/del mondo con un’attenzione <strong>part</strong>icolare a quelle aree meno<br />

praticate dal Sistema e e dal Mercato dell’<strong>Art</strong>e internazionale quali sono<br />

l’Africa, l’Australia, il Tibet, l’India (quest’ultima lontana, però,dal binomio<br />

superstar Cindia!). Parallelamente, l’Associazione dichiara sensibile<br />

attenzione alla didattica rivolta alle arti figurative, letterarie e artistiche in<br />

genere attraverso contatti fra persone, enti, associazioni e popolazioni<br />

diverse. Sappiamo, date alcune iniziative portate a buon fine,<br />

dell’impegno della struttura per cause umanitarie, alle quali dedica aste di<br />

beneficienza ed altre iniziative simili.<br />

Per questo e per il fuoco della conoscenza Faccenda e Parri si spostano<br />

in lungo e largo nel mondo, mai come turisti ma come<br />

viaggiatori, scoprendo e appr<strong>of</strong>ondendo manufatti e arte di aree spesso<br />

svantaggiate del mondo. Sono, queste, tra le meno considerate<br />

dall’intellighenzia dell’arte contemporanea legata a precise regole e a un<br />

determinato reticolo di supporto (solo di certi Musei, curatori, artisti,<br />

investimenti…). Da questa passione per il bello, per una comunicazione<br />

visiva alternativa, libera, e per il linguaggio altro, Luca e Marco derivano<br />

la nuova pr<strong>of</strong>essione che li coinvolge oggi.<br />

“Non sono un critico, per carità”, si schernisce Luca Faccenda<br />

nell’incontro che abbiamo avuto alcuni giorni fa; “sono un architetto, ho<br />

studiato in <strong>part</strong>e alla Sorbona di Parigi e in <strong>part</strong>e all’Università degli Studi<br />

di Firenze; mi sono occupato di antiquariato e poi di moda…”: a ottimi<br />

livelli, visto che ha diretto il Di<strong>part</strong>imento del Fashion Institute and<br />

Technology (FIT) di New York nella sede Italiana di Villa Strozzi a Firenze<br />

per il quale si è occupato di ben sei cattedre. Poi, dopo aver venduto il<br />

suo brand -intanto registrato in molte <strong>part</strong>i del mondo- alla solita<br />

multinazionale giapponese, tornerà al primo amore: l’arte.<br />

“I viaggi sono stati, insieme all’arte, qualcosa che mi ha sempre coinvolto<br />

nella vita. Ho affiancato queste due passioni interessandomi dei linguaggi<br />

artistici altrui”: organizza le prime mostre circa quindici anni fa, aprendo la<br />

strada, in Italia, all’arte australiana, a quella africana e a produzioni<br />

etniche ma di grande qualità artistica. Direttore artistico dal 2005 della<br />

National Gallery di Firenze -Associazione Internazionale Culturale senza<br />

fini di lucro presieduta da Parri- ha curato ad oggi oltre 40 cataloghi di<br />

arte contemporanea -australiana, africana, asiatica, americana- e le<br />

relative esposizioni in prestigiose sedi museali. “Quando iniziai, mi<br />

presero per eccentrico…”: oggi è in una posizione leader nel panorama<br />

<strong>cult</strong>urale occidentale. Andando a vivere con gli aborigeni e<br />

comprendendo i loro segni e studiandone la simbologia, per esempio,<br />

Faccenda e Parri hanno portato, primi in Europa, quel mondo allora<br />

ancora sconosciuto. Oggi un pò meno.<br />

Il taglio di tutto il loro operare -e dei cataloghi- non è quello di storici<br />

dell’arte -che comunque li affiancano spesso: penso a Barilli o a Lara<br />

40<br />

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Vinca Masini, trai vari- ma, volutamente, è quello di architetti che<br />

lavorano “per il riconoscimento della dignità dei prodotti artistici di tutti<br />

coloro che in occidente non avrebbero ancora voce”. Non a caso, una<br />

volta che la National Gallery Firenze ottiene collezioni di <strong>cult</strong><strong>ure</strong> altre, le<br />

importa cercando di diffondere anche gli usi sociali dei popoli che le<br />

hanno prodotte: si zooma, quindi, anche sull’umanità che si presenta<br />

attraverso i più diversi linguaggi artistici e si riesce a portare a una nuovo<br />

e vitale consumo <strong>cult</strong>urali di arti e linguaggi altrui e a una più facile<br />

accoglienza negli ambiti <strong>cult</strong>urali occidentali. “Ciò porta benessere in<br />

quelle aree. Talvolta, gli artisti riescono a vendere alcune opere i cui<br />

proventi vengono tramutati in benessere economico e sociale a favore dei<br />

luoghi da cui esse provengono; inoltre, cerchiamo di essere luogo di<br />

incontro e di aggregazione che assolva alla funzione sociale di<br />

maturazione e crescita umana e civile, attraverso l’ideale dell’educazione<br />

permanente ottenuto paragonando i linguaggi espressivi occidentali con<br />

quelli del resto del mondo; portiamo avanti, anche, attività editoriali con il<br />

nostro marchio, libri d’arte, cataloghi di mostre, atti di convegni e di<br />

seminari, nonché studi e ricerche compiute sui linguaggi artistici nuovi e/o<br />

diversi; in sintesi: promuovere i linguaggi altri da noi…”.<br />

Questo deve essere piaciuto a Maurizio Costanzo che nel suo Maurizio<br />

Costanzo Show -teatrale e televisivo, in onda su Canale 5- ha dato<br />

spazio a Luca Faccenda che all’interno ha curato e continua a curare uno<br />

spazio settimanale dedicato all’arte. Al teatro Parioli e in Tv racconta e<br />

spiega l’arte, la vita degli artisti, le loro scelte <strong>cult</strong>urali, le tradizioni e il loro<br />

<strong>part</strong>icolarissimo stile… Si avvale, in questo, anche delle opere d’arte che,<br />

di volta in volta, sono mostrate sul palcoscenico teatral-televisivo; talora<br />

sono ospitati gli artisti protagonisti del segno di quelle terre lontane.<br />

L’iniziativa ha riscosso un buon seguito e, dopo qualche timidezza<br />

iniziale, l’architetto si è dimostrato brioso nel linguaggio, coinvolgente,<br />

vivacemente semplice nella forma riuscendo però a veicolare in maniera<br />

pr<strong>of</strong>onda concetti non facili. Il pubblico reagisce positivamente.<br />

Non paghi di questo, la cornice del Foyer del Teatro Parioli, sempre in<br />

mano a Costanzo, ha accolto alcune mostre curate dalla National Gallery<br />

di Firenze e in linea con la mission della struttura; sarà inaugurata tra<br />

poco, infatti (il 15 gennaio 2009), la personale di una delle maggiori<br />

artiste aborigene australiane, scomparsa qualche anno fa: Lorna Fencer.<br />

La mostra, che proviene da un’importante collezione svizzera (ed è una<br />

sorta di anticipazione in pillole di una grande mostra progettata con la<br />

Provincia di Roma, in programma nella Capitale ad aprile o maggio 2009<br />

-se va bene, altrimenti un pò dopo- al Museo di Palazzo Incontro, Via dei<br />

Prefetti 22), segna la ripresa per il 2009 della rubrica d’arte di Luca in<br />

onda nel Maurizio Costanzo Show del 18 gennaio alle 24 circa.<br />

“La rubrica è un impegno faticoso e molto importante” , ha ammesso<br />

Luca Faccenda in un nostro più recente incontro,“e presenterò ancora<br />

nuove realtà e artisti che incarnano, come dicevi, <strong>cult</strong><strong>ure</strong> meno<br />

appr<strong>of</strong>ondite dal sistema dell’arte e meno massicciamente comprese<br />

nello stesso mercato ma preziose e interessantissime anche da questo<br />

punto di vista. Lo farò cercando di mantenere un linguaggio semplice e<br />

una comunicazione vivace…”<br />

Crediamo fermamente che l’indifferenza e la non conoscenza della<br />

collettività nei confronti dell’arte si risolvano anche così; certamente,<br />

attraverso un’opera di impegno didattico, di generosità comunicativa e<br />

41<br />

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con uno stile che bandisca il critichese, portando con naturalezza,<br />

pazienza e garbo le persone, il pubblico, verso la <strong>cult</strong>ura per immagini. I<br />

media, in questo senso, sono un potente ed efficace megafono, così<br />

come lo può essere il fuori-circuito, ovvero l’arte proposta in spazi<br />

alternativi più vicini alla quotidianità della gente (se, poi, questo ha anche<br />

risvolti direttamente benefici, come una recente asta d’arte organizzata<br />

proprio da Maurizio Costanzo e Luca Faccenda a favore dei bimbi di<br />

Chernobyl, meglio ancora). In questo -che so riconoscere e apprezzo per<br />

tanti motivi- Luca Faccenda e Marco Parri fanno del loro meglio senza<br />

volersi sostituire ai critici e agli storici dell’arte.<br />

Per il resto, l’arte non cambierà il mondo ma forse porterà le persone a<br />

guardarlo in maniera differente, meno addormentata o scontata,<br />

considerando la realtà -sensibile e non- da nuove angolazioni e<br />

prospettive. Aiutare a pensare, a riflettere, a interrogarsi sulle cose,<br />

quindi, probabilmente, ad essere ed agire in modo diverso: ci sembra<br />

davvero già un enorme risultato.<br />

Un tra parentesi: la mostra citata sarà visibile assieme ad altri esempi<br />

d’arte aborigena, fino al 9 aprile negli orari degli spettacoli. Il Teatro<br />

Parioli è in Via Giosuè Borsi 20 a Roma.<br />

1. mariasole scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 09:50<br />

complimenti, la rubrica é davvero carina! Luca Faccenda é simpatico e regge bene lo schermo,<br />

interessa e affascina con la sua favella e la passione con le quali tratta l’argomento che non é così<br />

conosciuto, nemmeno dagli storici di arte contemporanea!<br />

2. liliana scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 09:52<br />

Bravo Luca Faccenda, e complementi a Costanzo per l’iniziativa. Io non guardo troppo la<br />

trasmissione perché ho interessi diversi ma quella rublica é accattivante e interessante e l’aspetto nel<br />

palinsesto televisivo con gran piacere.<br />

3.<br />

marco scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 11:44<br />

grandissimi Parri e Faccenda, vincitori su tanti fronti…<br />

4. paula n scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 21:47<br />

Dopo SGARBI FACCENDA? LA FACCENDA NON SI COMPLICA MA SI SEMPLIFICA<br />

FORTUNATAMENTE!<br />

5. Luca scrive:<br />

17 gennaio 2009 alle 19:52<br />

“Ma chi se li compra i quadri che passano al Maurizio Costanzo?” > lo ha detto e lo dice a teatro<br />

Laganà in “Se non fossi già confuso mi confonderei”.<br />

Quanto a Sgarbi, si é fatto una fortuna accreditando come false, opere vere vendute da vecchiette per due<br />

lire a chi poi le ha rivendute a molto. Così si dice. Vox polupi vox deo.<br />

6.<br />

patrizia scrive:<br />

3 febbraio 2009 alle 18:29<br />

no sono riuscita a vedere la trasmissione però faccio i mei complimenti per il vostro lavoro.<br />

42<br />

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FUTURISMO: CENTENARIO | SI APRE A ROMA UNA TRE<br />

GIORNI DI CONVEGNI | LUCA BARBERINI BOFFI<br />

15 gennaio, 2009<br />

di l.barberini b<strong>of</strong>fi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, art fair biennali e festival, convegni & workshop<br />

402 lettori<br />

Finalmente Roma si attiva sul Centenario del Futurismo e, in attesa di<br />

mostre preannunciate, arriva Una bellezza nuova. In effetti, lo è ancora<br />

oggi, attualissima, quella bellezza nuova, che è anche la titolazione data<br />

ad una tre-giorni di studi in programma alla Biblioteca Angelica.<br />

L’importante convegno internazionale, ideato e coordinato da Gianni<br />

Eugenio Viola,vede la<strong>part</strong>ecipazione di alcuni fra i più prestigiosi studiosi<br />

delFuturismo che lo appr<strong>of</strong>ondiranno in ognuno dei suo versanti<br />

linguistici: da quello dell’arte visiva a quello dellaletteratura, da quello<br />

della sua storia e della Storia alle altre discipline. Del resto, è questa<br />

libera combinazione ciò che i futuristi praticavano e imposero al mondo.<br />

Ancora oggi la contaminazione linguistica guarda a <strong>part</strong>e di quegli<br />

assunti.Poesia, Letteratura, Musica, Fotografia, Pittura, S<strong>cult</strong>ura, Grafica<br />

e Comunicazione, Moda, Danza, azionismo verbale e performativo,<br />

Scenografia, Cinema e quant’altro: c’era e c’è tutto un mondo mixato<br />

nella teoria e nella prassi futurisata ed èmotivo del dibattere di questo<br />

importante appuntamento romano. Ad esso <strong>part</strong>ecipano, tra gli altri:<br />

Mario Verdone, Gino Agnese, Simonetta Lux, Francesca Bernardini,<br />

Vittoria Marinetti, Günther Berghaus, Alberto Olivetti, Wladimir<br />

Krysinski, Enrico Crispolti.<br />

Tutti all’Angelica, dal 15 al 17 gennaio 2009. In Piazza S. Agostino 8,<br />

nelCentro storico della Capitale.<br />

Info: tel 06.6840801,email b-ange@beni<strong>cult</strong>urali.it<br />

1.<br />

Marco<br />

marco scrive:<br />

15 gennaio 2009 alle 16:46<br />

Grande Luca, sempre attento e attivo! Grazie.<br />

43<br />

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ISRAELE COSÌ COM’É. AS IS: ARTE ISRAELIANA<br />

CONTEMPORANEA | DI ERICA MARINOZZI<br />

17 gennaio, 2009<br />

di Erica Marinozzi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

320 lettori<br />

C’è tempo ancora fino al 31 gennaio per visitare la mostra “As is: <strong>Art</strong>e<br />

Israeliana Contemporanea” curata da Ruth Cats e ospitata nel salone<br />

centrale del Complesso del Vittoriano a Roma. Promossa in occasione<br />

dei sessanta anni dello Stato d’Israele ci presenta ben 57 lavori di 20<br />

artisti israeliani. <strong>Art</strong>isti locali più o meno conosciuti a livello internazionale<br />

esprimono attraverso un corpus eterogeneo di lavori la soggettiva visione<br />

delle radici di Israele, stato in guerra, e realtà dalle evidenti problematiche<br />

sociali e dalla mancata integrazione delle differenze <strong>cult</strong>urali presenti nel<br />

territorio. Un accostamento inusuale di pittura, s<strong>cult</strong>ura, fotografia e video<br />

uniti con decisione per trasmettere il senso dell’identità dello stato<br />

israeliano nelle sue diverse sfaccettat<strong>ure</strong> relative alla popolazione, alle<br />

tradizioni ma anche gli aspetti che non permettono di conoscere la pace.<br />

C’è chi riflette sul conflitto, la guerra e il lutto e ne emergono emozioni<br />

forti come l’ansia e la paura, l’ombra di un passato attuale oggi più di ieri<br />

ma anche un forte senso di speranza per il futuro. E’ il caso del dramma<br />

dei soldati di Nir Hood nel dipinto “Gioventù perduta” del 2003 che<br />

piangono un loro compagno morto in guerra, opp<strong>ure</strong> le s<strong>cult</strong><strong>ure</strong> di Erez<br />

Israeli tra cui “Terrorista” del 2007, calco in resina epossidica e animali<br />

impagliati: un corpo tragi-comico che ricorda le forme della la s<strong>cult</strong>ura<br />

classica con in testa un passamontagna e animali impagliati che lo fanno<br />

assomigliare più a uno spaventapasseri. Shai Kremer presenta delle<br />

fotografie di paesaggi e <strong>part</strong>icolari del territorio come “Ulivi Palestinesi<br />

decapitati per motivi di sic<strong>ure</strong>zza a Gerusalemme Est” del 2007,<br />

altamente simbolica ed evocativa di un paesaggio dominato dalla guerra.<br />

Un video girato da Efrat Shvily propone un ripetitivo verso in ebraico<br />

“l’importante è non avere paura” tratto da un inno e fa riferimento al clima<br />

che si respirava dopo gli attacchi terroristici di qualche anno fa e alla<br />

paura della popolazione.<br />

La tradizione, la storia e i luoghi<br />

compaiono in alcuni lavori come<br />

nell’ opera di Hila Harabelnihov<br />

“MeaShearim II”, piccoli pezzettini<br />

di nastro adesivo per mascheratura<br />

colorato e Pashkevil su tela<br />

formano uno scorcio del quartiere<br />

ultraortodosso di Gerusalemme e<br />

dei suoi abitanti. Le due installazioni s<strong>cult</strong>oree di Gal Weinstein in MDF e<br />

tappeti realizzate nel 2004 presentano due realtà territoriali: la Valle di<br />

Jezreel, terra di passaggio delimitata da importanti località, palude<br />

bonificata dai pionieri nel 1911 rappresenta la trasformazione mentre la<br />

Valle di Huleh la fertilità. Yael Bartana nel video “Trembling Time”<br />

riprende un momento <strong>part</strong>icolare sul cavalcavia di una strada molto<br />

transitata dalle auto: una sirena suona e per un minuto la vita si ferma, le<br />

auto si bloccano e i passanti si immobilizzano, è il momento di memoria<br />

nella giornata dedicata ai soldati caduti nelle guerre d’Israele.<br />

Infine tematiche molto generali, argomenti più leggeri quasi un’evasione<br />

da una realtà che probabilmente non piace. E’ il caso della tematica<br />

dell’autoritratto proposta nei lavori di due artisti: Elie Shamir in<br />

44<br />

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“Autoritratto con panorama”, dipinge se stesso utilizzando lo specchio<br />

al centro di un campo arato e Durar Bacai con un autoritratto del 2008.<br />

Shahar Marcus, attraverso il video presenta una sua performance dal<br />

titolo “Sabich”, una riproduzione grande più di due metri della pita, una<br />

pietanza tipica israeliana.<br />

Questa mostra è un’iniziativa coraggiosa non solo per l’accostamento di<br />

diversi medium artistici ma anche per quanto riguarda l’allestimento,<br />

estremamente semplice, praticamente assente se si escludono le sale<br />

sc<strong>ure</strong> per la proiezione. I pannelli introduttivi sono chiari, coincisi nel<br />

linguaggio e ben leggibili, cosa quasi mai scontata. La <strong>part</strong>icolarità è data<br />

dall’utilizzo delle luci che nella leggera penombra evidenziano le opere<br />

sovraccaricandole dal punto di vista emozionale.<br />

Chi vuol saperne di più dell’arte<br />

israeliana e dei suoi protagonisti,<br />

che si stanno affermando<br />

lentamente anche in ambito<br />

internazionale, troverà sicuramente un’ottima opportunità in questa<br />

mostra che se da una <strong>part</strong>e ha l’ambizioso scopo di far conoscere una<br />

realtà diversa e lontana dalla nostra, dall’altra tenta troppo forzatamente<br />

di trasmettere un messaggio di ricerca di pace e serenità in netto<br />

contrasto con i drammatici eventi che ancora una volta segnano lo Stato<br />

d’Israele.<br />

As Is: <strong>Art</strong>e Israeliana Contemporanea<br />

Complesso del Vittoriano, via dei Fori Imperiali, Roma.<br />

Fino al 31 gennaio<br />

ingresso gratuito.<br />

45<br />

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MEDIA MUNDUS, QUATTRO PADRI SINGLE E ALTRE<br />

AVVENTURE | DI FERNANDA MONETA<br />

17 gennaio, 2009<br />

di Fernanda Moneta<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, cinema<br />

460 lettori<br />

Mentre la Commissione europea<br />

approva il programma Media<br />

Mundus che prevede 15 milioni di<br />

euro a sostegno di progetti<br />

audiovisivi che coinvolgano<br />

l’Europa e paesi terzi, con ottimo<br />

tempismo, la fiction Mediaset<br />

manda in onda, il 15 gennaio 2009,<br />

il pilota (numero unico creato per saggiare il gradimento del pubblico e<br />

destinato a fare da battistrada ad un’eventuale serie, con stessi titolo e<br />

interpreti) Quattro padri single, prodotto da Gabriele Muccino, Fabrizio<br />

Donvito e Marco Cohen, scritto e sceneggiato dallo stesso Muccino con<br />

Liz Tuiccillo, newyorkese sceneggiatrice di Sex and the City, nota in Italia<br />

anche per aver firmato con Greg Behrendt (autore di spettacoli comici e<br />

consulente per le prime tre serie del telefilm) il noto “manuale per<br />

smascherare le scuse che gli uomini raccontano e che le donne si<br />

bevono”, La verità è che non gli piaci abbastanza.<br />

Giancarlo Scheri, responsabile di fiction Mediaset fa sapere che “il “tv<br />

movie” è già stato preso in considerazione da un grande network Usa.<br />

Sarebbe la prima volta che una fiction italiana, ma girata fra New York e<br />

Boston, viene fin dall’inizio progettata anche per le tv statunitensi”.<br />

Premetto che trovo confortante sapere che Gabriele Muccino, nelle sale<br />

italiane con il suo secondo film girato con/grazie a Will Smith, ha pensato<br />

di reinvestire in un prodotto audiovisivo <strong>part</strong>e del suo attivo statunitense.<br />

Va detto inoltre che Quattro padri single è un buon prodotto televisivo,<br />

nonostante gli scivoloni di sceneggiatura legati al non rispetto per<br />

l’italianità, che si sarebbero potuti evitare dicendo “we can’t” alla Tuiccillo,<br />

che immagino esserne la responsabile, dato che Muccino è italianissimo.<br />

In genere i programmi Media, non nel senso di trasmissioni di Mediaset,<br />

ma nel senso dei programmi europei di finanziamenti a vario titolo,<br />

dedicati al cinema e agli audiovisivi, hanno come obiettivo quello di<br />

favorire coproduzioni e incontri. Va detto che, da quando sono nati,<br />

sempre meno si rivolgono ai singoli autori e sempre più alle produzioni o<br />

agli autori già sotto contratto con un produttore di un certo peso.<br />

La novità di Media Mundus è che prevede stanziamenti pubblici europei<br />

(tasse nostre) per favorire coproduzioni tra realtà pr<strong>of</strong>essionali europee e<br />

di paesi terzi. “Paesi terzi” sono tutti quelli che non fanno <strong>part</strong>e<br />

dell’Europa. Gli Usa, ad esempio.<br />

“Negli ultimi vent’anni gli sviluppi tecnologici come i video on – ha detto<br />

Viviane Reding, commissario europeo responsabile dei Media -, la Tv<br />

trasmessa su internet e la televisione digitale hanno pr<strong>of</strong>ondamente<br />

cambiato il panorama audiovisivo internazionale. Si è venuta così a<br />

creare una forte domanda di contenuti audiovisivi e occorrerà ’riempire’<br />

questi contenitori tecnologici con contenuti nuovi e interessanti. Credo<br />

che Media Mundus sia la risposta giusta, sul piano <strong>cult</strong>urale, al mutato<br />

panorama tecnologico globale. Il successo dei nostri programmi Media e<br />

Media International, dimostra che è necessario andare avanti e pensare<br />

46<br />

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in una prospettiva globale”.<br />

‚àöà chiaro così che i finanziamenti non saranno dati solo al cinema, ma<br />

in generale ai prodotti audiovisivi, con l’obiettivo di accaparrarsi fette di<br />

mercato straniero. A chi stesse per dire che il mercato è globale da un<br />

pezzo, va risposto che, nel caso della <strong>cult</strong>ura, esiste il cosiddetto “fattore<br />

di diversità <strong>cult</strong>urale” (c’è una commissione internazionale UNESCO che<br />

da tempo si occupa di questo, con successi altalenanti) che dovrebbe<br />

salvaguardare i prodotti <strong>cult</strong>urali dalle leggi di mercato applicate a tutte le<br />

altre merci. Il condizionale è però d’obbligo.<br />

“La diversità <strong>cult</strong>urale del cinema europeo e i pregi del nostro programma<br />

MEDIA – ha continuato Viviane Reding -, hanno indotto registi<br />

nell’America meridionale, in Asia, in Russia e in altri continenti a chiedere<br />

ripetutamente di instaurare una collaborazione con i mercati audiovisivi<br />

europei così da rafforzare il rispettivo potenziale.” Altri continenti?!<br />

Dall’elenco della Reding restano fuori sono l’America del nord, Australia e<br />

Oceania.<br />

‚àöà sotto i nostri occhi che i prodotti audiovisivi statunitensi sono<br />

acquistati, belli o brutti che siano, in tutto il mondo, quelli italiani, no.<br />

Un altro dato di fatto è che da anni le produzioni americane hanno seri<br />

problemi a reperire i contanti necessari per fare il proprio lavoro e<br />

cercano coproduzioni internazionali, con la Cina, ad esempio, col<br />

Giappone, e da un po’ persino con noi, che non siamo precisamente dei<br />

“Paperoni”. Lo ha detto chiaramente anche Spike Lee, che per realizzare<br />

il suo “Miracolo a Sant’Anna”, film ambientato in <strong>part</strong>e in Italia, ma<br />

decisamente americano, ha utilizzato nostri soldi pubblici, senza dei quali<br />

non avrebbe mai potuto chiudere il budget.<br />

La decisione di aprirsi alle esperienze e alle realtà cinematografiche<br />

d’oltre confine è stata dettata, dicono da Bruxelles, dal successo del<br />

precedente programma Media International con il quale l’Unione europea<br />

ha concesso un finanziamento di 2 milioni di euro a 18 progetti realizzati<br />

con <strong>part</strong>ner internazionali.<br />

Nel maggio scorso quattro film finanziati dal programma Media hanno<br />

vinto vari premi al Festival del cinema di Cannes, fra cui la Palma d’oro<br />

(Entre Les Murs, Francia) e il Gran premio della giuria (Gomorra, Italia).<br />

Questi due titoli figuravano fra i 14 film proiettati a Cannes che erano stati<br />

prodotti o distribuiti con il sostegno di oltre 900.000 euro nell’ambito del<br />

programma Media. I film che hanno beneficiato del sostegno del<br />

programma Media e hanno già vinto agli Academy Awards e agli Oscar,<br />

sono Il falsario (Die Fälscher/Austria-Germania) e La Vie en Rose (La<br />

Mome/Francia).<br />

Ho provato a raccogliere opinioni di vari amici produttori europei. Da<br />

Londra, Gareth Jones della Scenario Films Ltd., mi fa sapere, ad<br />

esempio, che “darebbe volentiri un’opinione, però sta per girare un<br />

lungometraggio”.<br />

In un comunicato del 13 gennaio 2009, gli autori italiani aderenti all’ANAC<br />

(Associazione Nazionale Autori Cinematografici) hanno parlato della<br />

“grave situazione determinata dalla politica posta in essere dall’attuale<br />

governo in campo cinematografico, la difesa del diritto d’autore che vede<br />

unite tutte le rappresentanze degli autori, la determinazione degli obiettivi<br />

nel più vasto campo della <strong>cult</strong>ura e della conoscenza, impone una forte e<br />

motivata <strong>part</strong>ecipazione degli autori cinematografici, con la loro storia e le<br />

loro battaglie, a tutte le istanze che stanno nascendo per organizzare<br />

un’attiva resistenza nei confronti della desertificazione <strong>cult</strong>urale che si sta<br />

abbattendo sul nostro paese.”<br />

47<br />

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Altro dato di fatto è l’elenco pubblicato dal Ministro per i Beni e le Attività<br />

Culturali sul n.106 di dgCinenews del 13 gennaio 2009 e dal sito della<br />

Direzione Generale per il Cinema, dei 12 film italiani ammessi ai benefici<br />

di legge della commissione per la Cinematografia, nella riunione di<br />

martedì 23 dicembre 2008: Bianco e nero di Cristina Comencini, Fascisti<br />

su Marte di Corrado Guzzanti, Grande grosso e Verdone di Carlo<br />

Verdone, La giusta distanza di Carlo Mazzacurati, La rabbia di Louis<br />

Nero, L’abbuffata di Mimmo Calopresti, L’arte del sogno di Michel<br />

Goundry, Lascia perdere, Johnny di Fabrizio Bentivoglio, Ovunque sei di<br />

Michele Placido, Piano, solo di Riccardo Milani, Signorina effe di Wilma<br />

Labate, Tutta la vita davanti di Paolo Virzì.<br />

1. Lucia scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 01:06<br />

Io mi chiedo perché brutti serial come “Tutti pazzi per amore” non ha bisogno di un pilota, mentre<br />

“Quattro padri single”, ne ha bisogno. Altra cosa che mi chiedo é perché dobbiamo scopiazzare il cinema<br />

francese (Tutti pazzi per amore) o quello americano (Quattro padri single) e non sappiamo produrre autori.<br />

é colpa dell’audience? é colpa dei produttori italiani? é colpa del fatto che si va avanti per entrat<strong>ure</strong>? é<br />

colpa del fatto che non c’é coraggio? Ma cosa vuoi che costi un film fatto in digitale se nesuno ci fa la<br />

cresta sopra?<br />

2. Teresa Schiavo scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 20:55<br />

Bellissimo articolo, accidenti! Analisi e critica senza scivoloni di nessun tipo. Come altri di questa<br />

firma. Ho anche saputo qualcosa di più come per esempio che “(…) nel caso della <strong>cult</strong>ura, esiste il<br />

cosiddetto fattore di diversità <strong>cult</strong>urale (c’é una commissione internazionale UNESCO che da tempo si<br />

occupa di questo, con successi altalenanti) che dovrebbe salvaguardare i prodotti <strong>cult</strong>urali dalle leggi di<br />

mercato applicate a tutte le altre merci (…)”.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

alina maccanico scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 20:55<br />

bel testo che personalmente condivido in pieno.<br />

Fernanda Moneta scrive:<br />

20 gennaio 2009 alle 12:07<br />

Ma si ringrazia dei complimenti in un arivista on line? Nel dubbio, io lo faccio. :)<br />

Raoul scrive:<br />

23 gennaio 2009 alle 17:03<br />

Ho letto che ha una cattedra all’Accademia di Roma. Come ci si trova?<br />

48<br />

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GALLERIA CIVICA DI TRENTO: AAA CANDIDATO MAX 35<br />

CERCASI… | DI LUCA BARBERINI BOFFI<br />

19 gennaio, 2009<br />

di l.barberini b<strong>of</strong>fi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, beni <strong>cult</strong>urali, concorsi bandi & premi<br />

471 lettori<br />

A furia di lamentele, critiche e pubblico dibattere tra addetti ai lavori e<br />

non, qualcosa sembra essersi mosso in fatto di decenza ed etica e,<br />

finalmente, la politica sembra essere tenuta alla larga da questioni<br />

connesse ad incarichi attinenti i Beni Culturali e i Musei. Infatti,è ufficiale,<br />

per eleggere una figura pr<strong>of</strong>essionale per la Galleria Civica di Trento si<br />

procederà con Bando di Concorso.<br />

Danilo Eccher, neopresidente della connessa Fondazione -gestita oltre<br />

che dal Comune da una cordata di privati-, vaglierà le candidat<strong>ure</strong> di max<br />

35enni, la<strong>ure</strong>ati in materie artistiche, ottima conoscenza della lingua<br />

inglese, esperienza curatoriale ed organizzativa di mostre nazionali<br />

e internazionali, volontà di trasferimento a Trento anche immediato.<br />

Astenersi perditempo.<br />

Non ci credete? Vale la pena di tentare, i giovani curatori interessati,<br />

siamo certi, saranno molti. Basta inviare una lettera e il curriculum vitae<br />

da spedire o inviare per email alla sede della Fondazione: c’è tempo sino<br />

al 30 gennaio 1009.<br />

Ecco il contatto:<br />

Assessorato alla Cultura, Via delle Orfane 13, 38100 Trento;<br />

email: servizio_<strong>cult</strong>uraeturismo@comune.trento.it<br />

1. Riccardo Restini scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 11:03<br />

caspita, era ora! ma poi siamo certi che questo candidato/a non l’abbiano già scelto in precedenza,<br />

che non sia già tutto previsto? a pensar male…<br />

2. A. V. scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 11:06<br />

…e se, come al solito, i giochi siano già fatti e le decisioni prese, e questo non sia che l’ennesimo<br />

fumo negli occhi per fingere democrazia e decenza…?!<br />

3. Rafael scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 11:14<br />

ci fidiamo, mi chiedo, di chi inserisce in organico al suo fianco e a rappresentar di fatto il MACRO<br />

donzelle (per una serie di scandalose ragioni) donzelle per legge incandidabili, senza titoli o con titoli<br />

reclutati appositamente, scalzando, ipotizziamo, qualcuno di realmente adatto e con il suo sudato<br />

curriculum?<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

Giovani curatori no raccomandati scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 11:15<br />

Non ci crediamo molto ma tentiamo. Senza speranza. Ciò vale anche per il nostro futuro…<br />

Giovanni Cracco scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 11:22<br />

rimpiango già il bravo CAVALLUCCI… Sbaglierò a guardare “indietro”?<br />

Teresa Schiavo scrive:<br />

19 gennaio 2009 alle 11:24<br />

Dopo Fabio Cavallucci, Danilo Eccher… Voi come lo vedete il futuro -anzi, il FUTUR- di Trento?!<br />

49<br />

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VIAGGIO ALL’ISOLA DI SAKHALIN. I DETENUTI DI<br />

REBIBBIA SUL PALCOSCENICO | DI ISABELLA MORONI<br />

19 gennaio, 2009<br />

di Isabella Moroni<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, teatro danza<br />

472 lettori<br />

Il teatro in carcere ha una valenza riabilitativa, ma ancor più di qualsiasi<br />

terapia, è in grado di accompagnare i detenuti in un progetto di ricerca su<br />

se stessi e sulla società che apre, almeno nella mente, le porte di quel<br />

microcosmo pericoloso che è il carcere.<br />

Pericoloso perchè riproduce in pochi metri quadrati tutti i sentimenti, le<br />

contraddizioni e le dinamiche che, all’esterno, si disperdono nella vastità<br />

degli spazi e nella molteplicità delle relazioni.<br />

Sono sempre straordinari i progetti teatrali realizzati dai detenuti; Lunedì<br />

26 gennaio 2009 alle ore 15.00 sarà l’ Officina di Teatro Sociale Teatro<br />

Libero di Rebibbia (in collaborazione col Di<strong>part</strong>imento<br />

dell’Amministrazione Penitenziaria Direzione C.C. Roma Rebibbia N.C.<br />

ed il Teatro Eliseo) a presentare, grazie alla Compagnia “Evadere Teatro”<br />

– Sezione G8 di REBIBBIA N.C., lo spettacolo “Viaggio all’Isola<br />

diSakhalin” tratto dai testi diAnton Cechov e Oliver Sachs.<br />

La Compagnia “Evadere Teatro” che raccoglie diciotto detenuti attori della<br />

Sezione G8 del Carcere di Rebibbia N.C. debutterà il 23 gennaio 2009<br />

con lo spettacolo Viaggio all’isola di Sakhalin, liberamente ispirato<br />

all’esperienza che Anton Cechov – nell’esercizio della sua seconda<br />

pr<strong>of</strong>essione, quella di medico – fece alla fine dell’’800 visitando la colonia<br />

penale posta all’estremo oriente della nazione russa. Allo sconvolgente<br />

reportage cecoviano sulle condizioni di detenzione degli ergastolani<br />

relegati nell’isola di ghiaccio, si intreccia il racconto di una delle più<br />

sorprendenti esperienze dello scienziato cognitivo Oliver Sachs. Nell’<br />

“isola dei senza colore” Sachs incontra uomini e donne che l’isolamento<br />

ha resi ciechi ai colori – “acromatopsia” si chiama il danno prodotto dal<br />

diffondersi di un gene misterioso, trasmesso di padre in figlio. Lo<br />

spettacolo intreccia dramma e commedia, seguendo la traccia del medico<br />

che prova a sconfiggere, con la passione dello scienziato- missionario,<br />

quel male terribile che è la “cecità degli affetti” : il male che colpisce in<br />

ogni tempo, luogo e condizione, coloro che vivono reclusi e privati delle<br />

fondamentali relazioni umane e affettive.<br />

“Viaggio all’Isola di Sakhalin” è un progetto ideato da Laura Andreini<br />

Salerno per la drammaturgia di Valentina Esposito.<br />

In scena:<br />

Franco Abate, Ottavio Canarecci, Matteo Cateni, Massimo Coccodrilli,<br />

Alfonso D’Anna, Fabrizio Diana, Vincenzo Di Letizia, Marcello Esposito,<br />

Marcello Lorenzini, Marco Marino, Roberto Pedetta, Claudio Piccirilli, Vito<br />

Pollaci, Roberto Rondoni, Renato Rotondi, Luigi Russo, Paolo Sbrescia,<br />

Andrea Zaccaria.<br />

Regia di Valentina Esposito e Laura Andreini Salerno<br />

Teatro del Carcere di Rebibbia N.C., Via Raffaele Majetti – Roma<br />

TEL. 069079216 – 0690169196<br />

50<br />

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ROTHKO. THE LATE SERIES ALLA TATE MODERN DI<br />

LONDRA | DI SAUL MARCADENT<br />

20 gennaio, 2009<br />

di s.marcadent<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

595 lettori<br />

Relazionarsi con le sue opere è<br />

faticoso e, a tratti, apparentemente<br />

impossibile. Mark Rothko<br />

(1903-1970) è tutt’oggi un artista<br />

poco conosciuto seppur le sue<br />

opere trovino spazio nei più<br />

importanti musei d’Europa, Asia e<br />

Stati Uniti.<br />

Alla Tate Modern di Londra è attualmente in corso, fino al primo febbraio,<br />

una retrospettiva insolita che si concentra sulle ultime serie realizzate. La<br />

fine degIi anni Cinquanta e i disordinati anni Sessanta segnano tappe<br />

cruciali nel lavoro dell’artista. Lontano dal brusio della Pop <strong>Art</strong> e dal<br />

silenzio del Minimalismo e dell’arte Concettuale, egli solca un percorso<br />

autonomo e indipendente che condensa, rielaborandole, queste correnti<br />

artistiche.<br />

Di fronte alle opere di Rothko c’è da poco da capire. Piuttosto, le sue tele<br />

vanno osservate. E non a caso, lungo il percorso espositivo, Achim<br />

Borchardt-Hume, curatore della personale, invita lo spettatore a<br />

s<strong>of</strong>fermarsi su porzioni delle opere in mostra ai raggi ultravioletti, per<br />

scorgerne quei tratti altrimenti invisibili a occhio nudo. Illuminati<br />

artificialmente i <strong>part</strong>icolari delle opere rivelano strati di colore, sfumat<strong>ure</strong> e<br />

dettagli impercettibili. Persino le tele bicolore dell’ultima serie Black on<br />

Gray Paintings mostrano al loro interno fasce e zone dove l’incrocio fra<br />

grigio e nero dà vita a policromie inaspettate.<br />

I dipinti di Rothko sono spesso molto grandi e invasivi. Lavorare su uno<br />

spazio ampio gli permette di entrare nel quadro, viverlo dall’interno.<br />

Scrive l’artista: To paint a small pict<strong>ure</strong> is to place yourself outside your<br />

experience. However, you paint the larger pict<strong>ure</strong>, you are in it. It isn’t<br />

something you command*. Le pennellate attente di Rothko, come la<br />

danza “distratta” di Pollock sopra la tela, sono la via tramite cui la<br />

gestualità e l’io stesso dell’artista s’inseriscono direttamente nell’opera.<br />

Ampliano il percorso espositivo i bozzetti e alcune fotografie. Gli sketches<br />

su carta in grafite e acquarelli mettono in luce la meticolosità del lavoro<br />

dell’artista. Oltre alla precisione lenticolare con la quale egli utilizza il<br />

colore, essi mostrano un’attenzione assoluta per le proporzioni. Le<br />

immagini in bianco e nero lo ritraggono, invece, pensieroso di fronte alle<br />

sue opere. Intorno a lui vive un disordine ordinato e una luce calda e<br />

strisciante s’insinua fra i colori puri delle tele.<br />

51<br />

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<strong>Art</strong>ista chiave del Novecento,<br />

Rothko resta tutt’oggi poco<br />

compreso dal pubblico. Le sue<br />

opere, seppur l’iniziale stupore per<br />

la loro grandezza e per la<br />

pr<strong>of</strong>ondità del colore, restano<br />

troppo spesso mondi esoterici. E<br />

osservando le foto che lo ritraggono<br />

di fronte ad esse, con lo sguardo perso nelle traiettorie cromatiche, lo<br />

spettatore si scopre irritato. Lo pervade una strana sensazione di<br />

impossibilità e inaccessibilità a un universo tanto affascinante quanto<br />

lontano e privato.<br />

Fino all’ 1 febbraio 2009<br />

* Dipingere su una tela piccola è porsi al di fuori della propria esperienza.<br />

Quando dipingi un quadro più grande invece, ci sei dentro. E’ qualcosa<br />

che non puoi comandare.<br />

1.<br />

aniase renzo scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 10:26<br />

faticoso, perché pr<strong>of</strong>ondo e complesso: se ti lasci andare lo “senti”!<br />

52<br />

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IL DESIGN COME RICERCA DELLA LIBERTÀ. YOSUKE TAKI<br />

PARLA DI ACHILLE CASTIGLIONI, INTERVISTA | DI<br />

MANUELA DE LEONARDIS<br />

21 gennaio, 2009<br />

di Manuela De Leonardis<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, architettura design grafica<br />

887 lettori<br />

Yosuke Taki, regista di teatro,<br />

fotografo e videoartista è autore di<br />

un volume su Achille Castiglioni<br />

edito in Giappone (Axis, Tokyo –<br />

novembre 2007); in corso di<br />

pubblicazione anche la versione<br />

italiana. Taki è tra gli artisti invitati a<br />

<strong>part</strong>ecipare alla collettiva “Focus”, a<br />

cura di Stefano Elena e Chiara Erika Manzi, in collaborazione con la<br />

Galleria artMbassy di Berlino al MLAC – Museo Laboratorio di <strong>Art</strong>e<br />

Contemporanea di Roma (22 gennaio – 27 febbraio 2009)<br />

Roma. Yosuke Taki (Tokyo 1962, vive a Roma) parla di Achille Castiglioni<br />

ricordandolo come “un marziano poetico che aveva un qualcosa che<br />

andava al di là di ogni categoria.” Il loro primo incontro avviene nel 1998.<br />

L’artista giapponese rimane colpito dalla completa libertà, curiosità,<br />

energia, e poi il rispetto, l’ironia, il rigore, il grande senso di responsabilità<br />

del grande architetto e designer italiano (Milano 1918-2002).<br />

‚”Quest’uomo ci insegna ad essere critici col mondo. Penso che sia<br />

proprio questa la lezione che ognuno di noi, anche quelli che non<br />

praticano il mestiere dell’architetto, dobbiamo imparare da lui.”. Taki è<br />

autore di un volume (che in italiano suona “Achille Castiglioni – design<br />

come la ricerca della libertà”), uscito in Giappone (casa editrice Axis di<br />

Tokyo) nel novembre 2007. La prefazione è di Gianfranco Cavaglià,<br />

collaboratore storico di Castiglioni che con Irma Barni Castiglioni si è<br />

battuto perché lo studio di piazza Castello a Milano non venisse<br />

smantellato. Un sospiro di sollievo quando, nel 2006, grazie anche<br />

all’intervento della Triennale, il luogo si è trasformato in Studio Museo<br />

Achille Castiglioni.<br />

Come nasce l’idea del libro su<br />

Castiglioni diretto al pubblico<br />

giapponese?<br />

Castiglioni, naturalmente, è<br />

conosciuto a livello internazionale<br />

per i suoi oggetti di design. Per lo<br />

più è noto questo risultato finale del<br />

suo lavoro, ma per lo meno in<br />

Giappone è del tutto sconosciuto il pensiero che c’è dietro. Nella mia<br />

ricerca ho cercato di analizzare a trecentosessanta gradi tutto il suo<br />

lavoro, inclusi i “progetti fantasma”. Parlo di progetti mai realizzati, come<br />

quello di piazza De Angeli a Milano o quello urbanistico sul sistema di<br />

illuminazione di Torino. Tra gli aspetti meno conosciuti ci sono anche gli<br />

oltre quattrocento allestimenti, da showroom a grandi mostre, realizzati<br />

da Castiglioni. Uno dei più belli è quello della mostra “L’altra metà<br />

dell’avanguardia” (1910-1940), curata da Lea Vergine a Palazzo Reale di<br />

Milano nel 1980. Mi ha colpito molto questo aspetto scenografico del<br />

lavoro di Achille Castiglioni, l’approccio teatrale e il grande<br />

53<br />

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coinvolgimento del pubblico. La sua è una sorta di regia molto attenta<br />

sugli spettatori. Usava tutti i trucchi possibili per stimolarne la percezione,<br />

la curiosità, durante l’intero percorso della mostra, soprattutto attraverso<br />

l’uso della luce. Ho avuto, poi, modo di s<strong>of</strong>fermarmi su alcuni punti in<br />

comune che ho colto tra l’opera di Castiglioni e quella di artisti, musicisti e<br />

scrittori contemporanei che stimo pr<strong>of</strong>ondamente come John Cage o Italo<br />

Calvino. Del resto lo stesso Castiglioni citava spesso la frase di Calvino:<br />

“La fantasia è come la marmellata. Bisogna che sia spalmata su una<br />

solida fetta di pane”. La creatività non basta se manca la metodologia di<br />

lavoro.<br />

Il pensiero di Castiglioni sul design era <strong>part</strong>icolarmente critico<br />

Affermava che la maggior <strong>part</strong>e del design all’interno della società<br />

consumistica non è altro che styling, cosmesi di oggetti. Anziché<br />

migliorare la vita delle persone, ha come unico obiettivo la vendita del<br />

prodotto. L’approccio personale di Castiglioni, invece, è sempre stato<br />

diverso, fin dal dopoguerra, quando iniziava l’attività, insieme ai fratelli<br />

Livio (che si dissociò subito dopo per proseguire autonomamente la<br />

pr<strong>of</strong>essione) e Pier Giacomo con cui Achille fu un tutt’uno fino alla sua<br />

morte, nel 1968. Il momento storico era <strong>part</strong>icolare, tutti volevano dare il<br />

proprio contributo alla ricostruzione del paese. Il design, come<br />

l’architettura, erano per lui un impegno sociale per il bene comune, non<br />

certo per far arricchire qualcuno, che fosse un’azienda o le proprie<br />

tasche. Non è un caso che Castiglioni non fosse interessato a costruire<br />

oggetti di lusso. Piuttosto erano di fondamentale importanza gli oggetti di<br />

uso comune, del quotidiano. La sua vocazione era fare qualcosa per la<br />

società. Tutti i suoi lavori sono caratterizzati da una forte impronta<br />

anticonsumistica.<br />

Nello studio-museo al civico 27<br />

di piazza Castello c’è un’insolita<br />

collezione di oggetti del<br />

quotidiano.<br />

Questo spazio è <strong>part</strong>icolarmente<br />

stimolante. Il visitatore si sente a<br />

casa propria. Del resto, lo stesso<br />

quando Castiglioni era molto<br />

accogliente. Cavaglià mi ha raccontato che fin dal ’61, quando vi<br />

entrarono i fratelli Castiglioni, lo studio era stato progettato non solo come<br />

luogo di lavoro, ma di incontro. Ci sono una serie di oggetti curiosi e effetti<br />

ottici decisamente insoliti per uno studio di architettura. Si ha la<br />

sensazione di entrare in una Wunderkammern. Molti oggetti sono<br />

conservati in una specie di vetrina magica. Sono per lo più di design<br />

anonimo e ap<strong>part</strong>engono ad epoche e luoghi diversi, collezionati nel<br />

corso di tutta la vita: forbici, occhiali, scarpe, giocattoli, radio…<br />

Qualunque visitatore finisce per ritrovarsi lì davanti. L’architetto li<br />

utilizzava anche durante le sue lezioni al Politecnico di Milano,<br />

portandoseli dietro persino in occasione di convegni internazionali.<br />

Ricordo che nel 1998, la prima volta in cui entrai nello studio in qualità di<br />

interprete di un gruppo di giornalisti giapponesi, quando gli venne fatta<br />

una delle solite domande sul “Compasso d’oro”, premio che Castiglioni<br />

vinse ben nove volte tra il 1955 e il 1989, lui si dileguò senza rispondere.<br />

Subito dopo tornò con un pò di oggetti della sua collezione. Mostrandoci<br />

quegli oggetti ci spiegò dove si trova il design o come l’utilizzo nel tempo<br />

ne determina la forma. Durante quel primo incontro che durò un intero<br />

54<br />

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pomeriggio mi resi conto di quanto normalmente siamo distratti nei<br />

confronti degli oggetti che ci circondano. Ma anche di quanto sia<br />

incredibilmente razionale il lavoro di progettazione “alla Castiglioni”.<br />

Nello studio sei tornato nel 2002, questa volta per girare un video…<br />

All’epoca Castiglioni stava già molto male e sua figlia Monica, che è una<br />

cara amica, mi chiese di fare delle riprese nello studio. L’idea era quella di<br />

girare un video di documentazione, anche perché non era ancora chiaro il<br />

destino del luogo. Poi mi fu proposto di riprendere i modellini dei vari<br />

allestimenti. Un lavoro che si è prolungato per un paio di anni, essendoci<br />

centinaia di modellini. Solo in un secondo momento sono tornato nello<br />

studio per i miei articoli, questa volta munito di macchina fotografica e<br />

taccuino. Lo studio di per sé, insieme al ricordo di chi ha condiviso con<br />

Castiglioni momenti di lavoro, primo fra tutti Cavaglià, sono stati<br />

fondamentali per capire il pensiero dell’architetto, la sua linea di<br />

progettazione rimasta invariata nel tempo. Castiglioni <strong>part</strong>iva sempre per<br />

rispondere ad un’esigenza della vita, intuendo addirittura quelle latenti e<br />

cercando, dopo lunghe ricerche, la soluzione il più possibile minimale.<br />

Per la mia ricerca sono stati altrettanto fondamentali i filmati, come quello<br />

realizzato dallo Studio Azzurro di una lezione al Politecnico di Milano nel<br />

1992, in cui l’architetto tira fuori vari tipi di forbici, analizzandone forma e<br />

funzione. Memorabile, addirittura esilarante, anche quello della<br />

conferenza tenuta ad Aspen (Colorado) nel 1989 con una giovane Paola<br />

Antonelli, oggi curator del di<strong>part</strong>imento di Architettura e Design del MoMa<br />

di New York, che non faceva in tempo a tradurre la valanga di parole<br />

dell’architetto intento ad insegnare l’essenza dell’oggetto utilizzandolo,<br />

indossandolo, attraverso suoni e gesti, davanti ad un pubblico<br />

letteralmente in delirio.<br />

Le lampade “Arco” o<br />

“Ipotenusa”, l’interruttore<br />

“Rompitratta”, il piatto<br />

“Bavero”… sono tutti oggetti<br />

dalle forme intramontabili.<br />

Sì, sono oggetti che non sono<br />

databili. Sembrano realizzati oggi,<br />

invece, spesso si tratta di progetti di<br />

quarant’anni fa. Lo stesso Castiglioni ha spiegato più volte il motivo di<br />

questa modernità, dovuta al fatto che alla base del progetto c’é sempre<br />

stata l’utilità. Il lato estetico non è mai stato anteposto a quello funzionale.<br />

Basti pensare al cucchiaio per la Kraft, progettato insieme al fratello Pier<br />

Giacomo come omaggio che la ditta dava ai consumatori della loro<br />

maionese. Il cucchiaio di plastica ha la sagoma dell’interno del barattolo,<br />

perché anche ogni piccolo residuo potesse essere raschiato via.<br />

Castiglioni ha fatto anche molti lavori, addirittura ready-made alla<br />

Duchamp. Utilizzava oggetti della vita quotidiana spostandoli in contesti<br />

completamente diversi. Uno degli esempi più famosi è lo sgabello<br />

“Mezzadro”, anche questo ideato nel ’54 insieme a Pier Giacomo, ma<br />

messo in commercio nel ’71. Altro non è che la seduta del trattore<br />

ricollocata in una dimensione domestica. con la sola aggiunta di due<br />

barre, una di ferro e l’altra di legno è diventato un oggetto casalingo di<br />

grande modernità.<br />

Immagini:<br />

1. Mezzadro – foto Yosuke Taki<br />

Sgabello “Mezzadro” ideato da Achille e Pier Giacomo Castiglioni nel ’54 e in commercio nel ’71<br />

Photo Yosuke Taki<br />

55<br />

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2. studio Castiglioni – foto Yosuke Taki<br />

Uno scorcio dello Studio Museo Achille Castiglioni a Milano<br />

Photo Yosuke Taki<br />

3. Roma, Yosuke Taki (foto Manuela De Leonardis)<br />

Yosuke Taki<br />

Photo Manuela De Leonardis<br />

4. disegni oggetti di Castiglioni (foto Manuela De Leonardis)<br />

Yosuke Taki mostra alcuni progetti dei Fratelli Castiglioni<br />

Photo Manuela De Leonardis<br />

1. Mario scrive:<br />

23 gennaio 2009 alle 13:30<br />

L’intervista é interessante e stimolante.<br />

Meriterebbe sicuramente un appr<strong>of</strong>ondimento, anche nei confronti<br />

della figura di Achille Castiglioni e del suo studio a Milano.<br />

Grazie.<br />

56<br />

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CAROL RAMA: UNA PASIONARIA AL CASTELLO DI<br />

LEGNANO | DI BARBARA MARTUSCIELLO<br />

21 gennaio, 2009<br />

di Barbara Martusciello<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

1.115 lettori<br />

La mostra di Carol Rama<br />

Self-portrait al Castello di<br />

Legnano è uno spettacolo per gli<br />

occhi e per la mente. Ideata da<br />

Flavio Arensi, Direttore<br />

dell’istituzione espositiva, e da<br />

Alexandra Wetzel, è un<br />

bell’omaggio ad una pasionaria del<br />

Novecento: una giovane artista di novant’anni dalla quale c’è ancora<br />

tanto da imparare sia come pr<strong>of</strong>essionisti della materia che come<br />

persone.<br />

Di questa donna minuta e forte, originale e fiera, una guerrigliera del<br />

segno e della poetica che attraverso esso si palesa, mi sono occupata più<br />

volte.<br />

Mi adirai molto quando, di fatto, le inibirono, non troppo tempo fa, la<br />

libertà di essere e agire liberamente dichiarandola non più autosufficiente,<br />

soprattutto dal punto di vista psicologico e mentale… Ricordo, anche,di<br />

aver fatto un’associazione di idee affiancando Carol ad Alda Merini…Ma<br />

questa è un’altra storia…<br />

Quella più pertinente in questo contesto<br />

riguarda quanto scrissi della sua opera e<br />

del suo essere complesso e definito.<br />

Testimoniai, infatti,e lo ribadisco dopo<br />

aver goduto della bella mostra, che nelle<br />

sue creazioni -siano disegni, incisioni,<br />

tempere od olii- la Rama sperimenta con<br />

veemenza linguaggi artistici portandovi<br />

aspetti traumatici della vita, della sua vita. La sua attenzione, nello<br />

specifico, è rivolta ad appr<strong>of</strong>ondire i rapporti tra corpo, sessualità e<br />

identità femminile.<br />

Negli anni Trenta e Quaranta, quando Carolina ha esordisce e mostra la<br />

sua creatività al mondo, le sue <strong>part</strong>icolari figurazioni sono malviste perché<br />

considerate indiscutibilmente ambito di trattazioni tabù, anche se lei le<br />

rende attraverso quei suoi originali toni grotteschi e, soprattutto, con una<br />

tale naturalezza da trasfigurarle… Nonostante ciò, incappa nelle maglie di<br />

un’ottusa censura che, nel 1945, porta le istituzioni a farle chiudere la sua<br />

prima personale e a sequestrarle i quadri, di fatto trasformandola, agli<br />

occhi della collettività torinese, in un personaggio scandaloso, pertanto<br />

molto scomodo.<br />

Questo non la ferma.<br />

Dopo una breve esperienza astratta<br />

nel MAC-Movimento <strong>Art</strong>e Concreta<br />

torinese, riafferma ed anzi marca il<br />

proprio linguaggio visivo fatto di<br />

immagini visionarie e inquietanti:<br />

<strong>part</strong>i di corpi femminili, mani, piedi,<br />

dentiere, volti, donne interrotte,<br />

smembramenti, scarpe, letti, sedie<br />

57<br />

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a rotelle, animali e tanti, tantissimi<br />

organi sessuali prendono vita<br />

senza falsi pudori, affiancandosi<br />

l’uno all’altro e quasi rincorrendosi<br />

sulla superficie pittorica, ripetendosi negli anni in un furioso ed insieme<br />

elegante turbinio, per quanto sempre perturbante: in bilico costante tra<br />

angoscia e ironia, cruda realtà e fiaba. Un pò come è stata ed è la sua<br />

lunga, intensa, complicata e avventurosa vita.<br />

La mostra è corredata da un catalogo con testi introduttivi di Giacinto Di<br />

Pietrantonio (Direttore della Gamec di Bergamo) e di Flavio Arensi; è in<br />

edizione bilingue italiano/inglese ed è edito da Umberto Allemandi & C.<br />

Legnano, Castello di Legnano, Via Toselli.<br />

la mostra è in corso sino al primo febbraio 2009.<br />

Ufficio Stampa: Elisabetta Benetti, tel. 0331.471244,<br />

comunicazioni@legnano.org.<br />

1.<br />

alina maccanico scrive:<br />

21 gennaio 2009 alle 14:18<br />

La adoro! Grazie mille per il bellissimo testo.<br />

2. Renato M. scrive:<br />

21 gennaio 2009 alle 14:20<br />

Ciao barbara martusciello,<br />

concordo con quello che ci dicemmo tempo fa all’inaugurazione della mostra della Rama: lei e la poetessa<br />

Merini sono un bel binomio possibile. Mi complimento anche per questo bell’appr<strong>of</strong>ondimento.<br />

3. alex gk scrive:<br />

22 gennaio 2009 alle 13:37<br />

come é andata a finire la querelle sull’infermià mentale dell’artista nella quale l’hanno inchiodata a<br />

Torino?!<br />

4. aniase renzo scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 14:52<br />

La signora straordinaria, Carola Rama, non sta bene di testa, dicono i più.. e la fermano, la<br />

controllano, la interdicono..: la sua liberà, per la quale ha lottato una vita, ora é praticamente “vigilata”.<br />

Perché? A che titolo? Chi gestisce la cosa? E’ davvero per il suo esclusivo bene? Ci si augura davvero che<br />

in questa decisione ci sia solo amore..<br />

5. Andrea Emiliano scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 17:00<br />

queste erano e son donne, altro che tette-e-culi da Grande Fratello, veline e diavoline! Donne,<br />

riprendetevi la vostra vita, recuperate amor proprio e fatevi (ri)sentire! (E lo dice un maschietto a cui<br />

piacciono le femmine, ma Donne, mica bambolotte noiosette viziatelle calcolatrici mortalmente asfittiche e<br />

monoriferite!!!!!). Grande applauso alla grande artista Carolina!<br />

6. Giuseppina scrive:<br />

26 gennaio 2009 alle 13:15<br />

Che felicità leggere i commenti di Andrea Emiliano, di Renzo e di Renato. Vorrei sentire spesso<br />

opinioni e pensieri di questo genere da uomini. Da donna vi ringrazio e, ringrazio Carol Rama di esistere.<br />

7. candido scrive:<br />

26 gennaio 2009 alle 18:53<br />

Straordinario esempio di libertà; purissima essenza di vita – arte ed eterno baluardo alle<br />

“malelingue”.<br />

Grazie di essere Te:CAROLRAMA<br />

58<br />

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CAROLA SPADONI: THE SUDDEN OUTPOST | DI LAURA<br />

CHERUBINI<br />

22 gennaio, 2009<br />

di arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong> redazione<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, cinema<br />

445 lettori<br />

La riflessione sul cinema attraversa tutto il lavoro di Carola Spadoni. In<br />

una prima fase come filmmaker realizza video e film come Al confine tra il<br />

Missouri e la Garbatella (1997) e Giravolte (2001), con le installazioni Dio<br />

è morto (2003), Live Trough This (2006), Ossi d’eco (2007) si afferma<br />

un’idea di mise en espace del cinema. The Sudden Outpost, la mostra<br />

presentata nella galleria di Cesare Manzo a Roma, segna una nuova fase<br />

nel percorso di lavoro di Carola Spadoni. Attraverso banners, coperte e<br />

st<strong>of</strong>fe ricamate, assemblaggi, foto, light box, super 8 e video l’artista ci<br />

porta sulla pista di un percorso nella <strong>cult</strong>ura popolare italiana, americana<br />

e indiana. Si tratta di un unico grande assemblaggio narrativo, un lavoro<br />

basato sull’idea, tipicamente americana, di patchwork. Il riferimento è il<br />

contesto romano e newyorkese da cui proviene, i viaggi, le passioni<br />

<strong>cult</strong>urali e il vissuto. Le adiacenze e le contraddizioni che questo percorso<br />

apre.<br />

La carta da pacchi è da sfondo a questo avamposto improvviso dove i<br />

banners riprendono slogan, frasi emblematiche o banali, di recente<br />

memoria ed attuali, sempre dissacranti e pungenti. I veloci paesaggi<br />

americani delle light box sono stampe da fotogrammi Super 8<br />

Kodakrome, un tipo di pellicola che la Kodak non fabbrica più: come molti<br />

artisti oggi Spadoni sente il fascino di tecnologie obsolete, provenienti da<br />

un passato prossimo. Un mandala fatto di st<strong>of</strong>fe (seta, shantung, cotone,<br />

tulle) e stampe da foto è montato a parete (al MART di Rovereto per la<br />

mostra Eurasia la stessa formazione concentrica, più grande e dai colori<br />

variegati era posata a terra): alcune delle foto sono state scattate nella<br />

capitale del Rajasthan, Jajpur, e presentano immagini di strumenti per la<br />

misurazione del tempo altre sono state scattate nel deserto del Thar. Una<br />

delle strategie di lavoro di Carola Spadoni consiste nel rimettere in<br />

contesto <strong>part</strong>i di lavoro già fatto, ne sono esempio le foto tratte da Dio è<br />

morto, un anti-western con una silenziosa ed incessante protagonista<br />

femminile. Cosi’ come l’intreccio di materiali commerciali, conservati e<br />

trovati.<br />

Una chiave di lettura di questa ricca e complessa installazione<br />

multimediale è in Stay gold, foto scattata in Arizona che l’artista tiene con<br />

sé da quindici anni. Inquadra una sorta di backstage, il retro di un<br />

cartellone pubblicitario situato in un luogo marginale, un angolo periferico<br />

dallo squallido e fascinoso aspetto. Si tratta di uno dei tipici luoghi<br />

borderline scelti dall’artista, siti reali e mentali al tempo stesso. Stay gold<br />

è una frase idiomatica americana, un monito a non inaridirsi e a<br />

mantenere un’integrità, che si allarga dal singolare al plurale,<br />

dall’individuo alla collettività: “Resta così!”.<br />

Carola Spadoni è nata a Roma il 16 Febbraio 1969.<br />

Filmmaker ed artista visiva formatasi a New York dove ha vissuto negli<br />

anni novanta, ha scritto e diretto un lungometraggio, documentari, music<br />

videos e cortometraggi selezionati in film festival e rassegne<br />

internazionali, tra cui la 52a Berlinale, il Chicago Int’l FF, il Torino FF.<br />

Dagli anni duemila la ricerca nel linguaggio cinematografico l’ha portata a<br />

realizzare installazioni film e video esposti in gallerie e musei. Nel 2003 è<br />

tra i vincitori del Premio Giovane <strong>Art</strong>e Italiana, espone alla 50a Biennale<br />

59<br />

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d’<strong>Art</strong>e di Venezia l’opera Dio è Morto che entra a far <strong>part</strong>e della collezione<br />

permanente del museo MaXXI di Roma.<br />

Tra le ultime mostre si ricorda la personale echo’s bones/ossi d’eco per il<br />

ciclo <strong>Art</strong>ist’s Corner, Auditorium Parco della Musica, Roma 2007. Le<br />

collettive Collateral: Quando l’<strong>Art</strong>e guarda il Cinema, Hangar Bicocca<br />

2007 e Collateral: Quando l’<strong>Art</strong>e olha o Cinema, Sao Paulo 2008,<br />

Eurasia, dissolvenze geografiche dell’arte, con il site specific Local &<br />

Craft, Museo Mart di Trento e Rovereto 2008. Tra le rassegne la<br />

monografia ‘Carola Spadoni: un artista totale’, a cura della Cineteca<br />

Nazionale, Sala Trevi Roma 2007.<br />

Carola Spadoni è in mostra dalla Galleria Cesare Manzo,Roma:<br />

inaugurazione venerdì 30 gennaio 2009 h 18,30. Fino a sabato 14 marzo<br />

2009. Sarà edito un catalogo con un testo della curatrice, Laura<br />

Cherubini, che verrà presentato in occasione del finissage della mostra.<br />

galleria cesare manzo<br />

vicolo del governo vecchio 8 – 00186 roma<br />

t +390693933992<br />

roma@galleriamanzo.it<br />

www.galleriamanzo.it<br />

Orari: dal martedì al venerdì 16-20; sabato 15,30-19<br />

1.<br />

2.<br />

alex gk scrive:<br />

23 gennaio 2009 alle 09:32<br />

finalmente Manzo riprende attività interessanti, a Roma, era ora!<br />

aniase renzo scrive:<br />

23 gennaio 2009 alle 09:33<br />

Brava la Spadoni, ci complimentiamo per la scelta di una galleria ultimamente un pò appannata…<br />

3. aniase renzo scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 14:54<br />

Molto, molto contenti per la curatela della Laura Cherubini, donna e pr<strong>of</strong>essionista di tutto rispetto,<br />

acuta osservatrice e penna di talento, che ci auguriamo di vedere un pò più spesso a Roma, e qui su<br />

questo schermo…<br />

4. a. s. scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 10:11<br />

Inaugura il 30, grande Spadoni, una donna alla conquista (forse) di un sistema maschile e<br />

prepotente! In bocca al lupo!<br />

60<br />

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ALDO ROSSI TRA IDENTITÀ ITALIANA LOMBARDA E<br />

APERTURA INTERNAZIONALE | DI PAOLO DI PASQUALE<br />

24 gennaio, 2009<br />

di Paolo Di Pasquale<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, architettura design grafica<br />

846 lettori<br />

Allo Spazio mostre del Campus<br />

Bovisa del Politecnico di Milano<br />

si inaugura, lunedì 26 gennaio<br />

2009, la mostra Aldo Rossi.<br />

Identità lombarda e vocazione<br />

internazionale. Disegni e modelli<br />

di opere e progetti dell’archivio<br />

personale di Aldo Rossi dalle<br />

collezioni PARC – MAXXI, a cura<br />

di Francesco Moschini. Dopo la mostradell’Accademia nazionale di<br />

San Luca a Roma (Rossi ne fu eletto accademico dal 1979) una nuova<br />

iniziativa confronta il segno italiano lombardo e milanese della poetica di<br />

Aldo Rossi con la sua vocazione internazionale, presentando disegni e<br />

modelli di architettura elaborati tra il 1964 e il 1997.<br />

La sede della mostra è strettamente legata ad Aldo Rossi: al Politecnico,<br />

infatti, egli ha insegnato lasciandovi una eredità pr<strong>of</strong>ondamente<br />

significativa della quale, più globalmente, la <strong>cult</strong>ura e l’architettura devono<br />

essere grati, comunque la si pensi:dal progetto per l’Hotel Duca a Milano<br />

a quello del complesso alberghiero di Fukuoka in Giappone, dal<br />

Bonnenfantenmuseum di Maastricht in Olanda agli allestimenti per la<br />

Triennale al Deutsches Historisches Museum di Berlino, i suoi interventi<br />

hanno segnato la storia dell’estetica e della funzionalità non solo italiane.<br />

Lo evidenzia bene questa esposizione attraverso i materiali autografi<br />

selezionati dalle Collezioni PARC-MAXXI, palesando una vera e propria<br />

ossessione di Aldo Rossi per gli oggetti, per l’essenzializzazione fino<br />

all’elementarismo, per un peculiare uso della “variazione scalare che<br />

modifica le proprietà delle forme e dello spazio”, per l’idea di una città<br />

costruita per frammenti.<br />

E’ anche possibile rendersi conto della differenza e delle similitudini<br />

progettuali traopere pensate e realizzate per il nord Italia (tra i qualil’Unità<br />

d’abitazione al quartiere Gallaratese del 1969-72, il Cimitero di San<br />

Cataldo a Modena del 1971-76, la Scuola di Fagnano Olona a Varese del<br />

1972, il Teatro del Mondo per la Biennale di Venezia del 1979, il Palazzo<br />

dei Congressi di Milano del 1982-89, l’Aeroporto internazionale di Linate<br />

del 1991-92),architett<strong>ure</strong> museali anche più contenute (Vassivière e<br />

Maastricht del 1990) e progetti internazionali come l’Unità residenziale a<br />

Set‚àö‚à´bal in Portogallo, la Torre di Buenos Aires (1984), il Campus di<br />

Miami (1986), il Complesso Residenziale e di Uffici di Schlachthuis<br />

all’Aiae le Case unifamiliari a Monte Pocono (Pennsylvania), entrambi<br />

del1988; e ancora: i progetti per la Walt Disney di Parigi (p<strong>ure</strong> del 1988) e<br />

di Orlando (1991). Particolare attenzione è riservata ai progetti e alle<br />

realizzazioni “tedesche” di Aldo Rossi: il Concorso per la Leipzigerplazt<br />

(1990), il complesso residenziale in Schützenstrasse (1992) e il<br />

Deutsches Historisches Museum (1988-1989), tra gli altri.<br />

Aldo Rossi, tra i più importanti architetti e teorici dell’architettura, nasce<br />

nel 1931 a Milano dove cresce e dove si la<strong>ure</strong>a brillantemente nel 1959.<br />

Pr<strong>of</strong>essionalmente, si forma nello studio di Ignazio Gardella e Marco<br />

Zanuso, collaborando alla rivista”CASABELLA-CONTINUITA’” e ai<br />

61<br />

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periodici”Il Contemporaneo” e “Società”.<br />

Dal 1963 è ad Arezzo alla Scuola di Urbanistica, assistente di Ludovico<br />

Quaroni e poi è a Venezia, all’Istituto di Architettura, assistente di Carlo<br />

Aymonino. Insegna poi, abbiamo detto, al Politecnico di Milano,a quello di<br />

Zurigo, all’Istituto universitario di Architettura veneziano e in molte<br />

università americane. nel 1973 è Direttore della Sezione internazionale di<br />

Architettura alla Triennale di Milano e dieci anni dopo ha l’incarico di<br />

Direttore della Sezione Architettura della Biennale di Venezia. Cura<br />

importanti mostre realizzando, negli anni, come abbiamo indicato, progetti<br />

in tutto il mondo, dall’Italia alla Germania e in Europa con progetti in<br />

Giappone e negli Stati Uniti.<br />

Redige, inoltre, due libri divenuti celebri: quel testo del 1966,<br />

L’architettura della città e l’Autobiografiascientifica del 1981risultati<br />

fondamentali pubblicazioni per appr<strong>of</strong>ondire la storia dell’architettura del<br />

secondo ’900.<br />

Tra i riconoscimenti ricevuti, oltre a mostre sulla sua opera ed omaggi<br />

internazionali, si annoverano il Pritzker Prize (1990), il Premio onorario<br />

dell’Aia del 1991, iljeffersn Memorial Award (1992), l’elezione<br />

newyorkesea Membro onorario dell’American Academy <strong>of</strong> <strong>Art</strong>s & Letters<br />

(1996), il Premio speciale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per<br />

la Cultura, settore “Architettura e Design” (1997). Lo stesso anno di<br />

questa prestigiosa nomina scompare, lasciandoci opere e un nome che il<br />

mondo ricorderà con rispetto.<br />

ALDO ROSSI. Identità Lombarda e Vocazione Internazionale. Disegni e<br />

modelli di opere e progetti dell’archivio personale di Aldo Rossi dalle<br />

collezioni PARC – MAXXI. A cura di Francesco Moschini, coordinamento<br />

di Valentina Ricciuti.<br />

Inaugurazione: 26 gennaio 2009 – ore 16.30; dal 26 gennaio al 6<br />

febbraio 2009.<br />

Spazio mostre del Politecnico di Milano – Campus Bovisa, Via Durando<br />

10, 20159 Milano.<br />

Per informazioni: DPA – tel. 02.23995640, dpa.comunicazione@polimi.it<br />

1. aniase renzo scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 08:54<br />

la foto che avete scelto per aprire questo articolo non é tra le più rappresentative della produzione<br />

del grande ALDOROSSI ma l’articolo é molto ben scritto, grazie della veloce ma puntuale segnalazione.<br />

2. aniase renzo scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 14:49<br />

ora sì che ci piace la scelta fotografica! E anche il fatto che ci sia una VERA collaborazione e<br />

interazione tra i lettori <strong>part</strong>ecipativi… Buon lavoro a tutti e grazie, davvero una gradevole sorpresa!<br />

3.<br />

m.s. scrive:<br />

31 gennaio 2009 alle 10:26<br />

Ciao Pr<strong>of</strong>, sempre un piacere leggerti! Quando inizia il tuo Corso allo IED?<br />

62<br />

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IL LAUREATO A TEATRO | RECENSIONE DI FABIOLA<br />

CINQUE<br />

25 gennaio, 2009<br />

di arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong> redazione<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, teatro danza<br />

1.151 lettori<br />

Sono andata a vedere al QUIRINO<br />

a Roma “Il la<strong>ure</strong>ato”. A chi ha<br />

amato il libro, ed ancor più il film<br />

che uscì circa quarant’anni fa e fu<br />

una delle più scandalose pellicole<br />

dell’America perbenista degli anni<br />

Sessanta e che è diventato ben<br />

presto un <strong>cult</strong>, consiglio vivamente<br />

questo spettacolo.<br />

La conturbante e tormentata signora Robinson (Anne Bancr<strong>of</strong>t nel film),<br />

con la celeberrima canzone di Simon & Garfunkel, è interpretata qui da<br />

una bravissima, bellissima ed in gran forma (presente anche con qualche<br />

scena di nudo!) Giuliana De Sio.<br />

Il giovane Benjamin Braddock, che fu impersonato sul grande schermo<br />

da Dustin H<strong>of</strong>fman, è Giulio Forges Davanzati, un bravo giovane attore<br />

alla sua prima esperienza significativa.<br />

Per chi poi, come me, è un’appassionata della Moda, sono da segnalare<br />

gli abiti della la costumista Teresa Acone.<br />

Il taglio della rappresentazione è molto cinematografico, con numerosi<br />

cambi di scena. Dulcis in fondo, per deliziare oltre che la vista anche<br />

l’udito, la colonna sonora è chiaramente ripresa dai brani originali di Paul<br />

Simon e <strong>Art</strong> Garfunkel.<br />

Non era facile rendere un film <strong>cult</strong> come questo, ma l’esperimento è<br />

riuscito, lo consiglio vivamente, ai nostalgici e non, a chi l’ha “vissuto”<br />

tempo fa e alle nuove generazioni che lo troveranno attualissimo<br />

comunque!<br />

a cura di Fabiola Cinque<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

Andrea Emiliano scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 16:43<br />

addddorooooo la rossa accattivante e tosta De Sio! Condivido il giudizio di cui sopra.<br />

crewRef1 scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 21:06<br />

LA MIA PROFESSORESSA!!!!<br />

r. g. c. e. & t. scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 21:07<br />

Ciao pr<strong>of</strong>essoressa, che bello trovarti qui. Lo spettacolo a noi é piaciuto un sacco!<br />

63<br />

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REPORTAGE | NELLA NEBBIA DI MILANO È ANCORA<br />

POSSIBILE EMOZIONARSI TRA I PERSONAGGI E LE STORIE<br />

DEL CORRIERE DEI PICCOLI | DI RAFFAELLA LOSAPIO<br />

25 gennaio, 2009<br />

di Raffaella Losapio<br />

inserito in photogallery<br />

1.077 lettori<br />

XXX<br />

XXX<br />

XXX<br />

XXX<br />

64<br />

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XXX<br />

XXX<br />

XXX<br />

65<br />

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REPORTAGE | ALFREDO JAAR | CONVEGNO E<br />

ANTOLOGICA HANGAR BICOCCA, MILANO | DI<br />

RAFFAELLA LOSAPIO<br />

25 gennaio, 2009<br />

di Raffaella Losapio<br />

inserito in photogallery<br />

836 lettori<br />

66<br />

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67<br />

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1.<br />

Andrea Emiliano scrive:<br />

25 gennaio 2009 alle 17:22<br />

le prime due foto, quelle dei poster d’arte di JAAR sono pazzescamente azzeccate! E’ un grande!<br />

68<br />

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IL GIALLO E IL ROSA. SHOÀ E HOMOCAUST NEL GIORNO<br />

DELLA MEMORIA 2009 | DI ISABELLA MORONI<br />

26 gennaio, 2009<br />

di Isabella Moroni<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, news<br />

428 lettori<br />

Lunedì 26 gennaio sarà il Giorno<br />

della Memoria 2009.<br />

E per il terzo anno consecutivo il<br />

progetto “La Memoria degli altri”<br />

ideato da Vittorio Pavoncello, poserà<br />

lo sguardo sullo sterminio dei<br />

“diversi”.<br />

“Il Giallo e ilrosa – Shoà e<br />

Homocaust due genetiche epr uno sterminio” è infatti il titolo dell’evento di<br />

quest’anno dedicato ad Ebrei ed omosessuali che segue quellidegli anni<br />

precedenti dedicati ad “Ebrei e Rom” (Auditorium Ara Pacis, 2006) ed<br />

“Ebrei e Disabili” (Auditorium Parco della Musica, 2007).<br />

Nella cornice multipiano della Discoteca Qube, lunedì 26 gennaio, dalle<br />

11 alle 24, la Shoà sarà così ricordata attraverso testimonianze parlate,<br />

discusse, filmate, raffigurate e interpretate che oltre a tracciare la storia<br />

passata, cercheranno di disegnare più civili modi di comprensione, analisi<br />

e dialogo per le persone e gruppi che da sempre hanno costituito fonte e<br />

stimolo per l’identità europea.<br />

Tra gli argomenti affrontati negli incontri-dibattito Gianfranco Goretti<br />

tratterà delle politiche discriminatorie nei confronti degli omosessuali<br />

durante la seconda guerra mondiale. Si parlerà anche di Genetica e<br />

Sessualità, a <strong>part</strong>ire dalle riflessioni di Magnus Hirschfeld, una delle fig<strong>ure</strong><br />

dominanti nell’ambito della difesa dei diritti politici degli omosessuali<br />

(1868-1935): ebreo, omosessuale e social-democratico, Hirschfeld si<br />

occupò di studi di sessuologia, espresse il concetto di terzo sesso e<br />

fondò il “Comitato scientifico-umanitario” e l’”Istituto di Scienze Sessuali”.<br />

Tra i relatori si segnalano le presenze di Luigi Attenasio, Imma Battaglia,<br />

Anna Foa, Pupa Garribba, Franco Grillini, Enrico Oliari, Angelo Pezzana,<br />

Rossana Praitano, Marcello Pezzetti, Marco Reglia e Franco Siddi.<br />

Il teatro sarà presente con un triplice appuntamento: I sogni e le pietre,<br />

suggestiva creazione di teatro-danza di Marco Mattolini liberamente<br />

ispirata alle opere di Primo Levi, Daniela Padoan, Martin Shermann e<br />

Bertolt Brecht, con Francesco Magali, Raffaella Mattioli, Gloria Pomardi,<br />

Leonardo Sbragia e Giuseppe Grisafi, coreografie di Gloria Pomardi; Al di<br />

qua del bene e del male di Marco Belocchi, spettacolo itinerante<br />

elaborato su testi da Primo Levi, Wiesel, Kertesz, Frank, Bruck e Bassani,<br />

con un cast di attori formato da Daniela Di Bitonto, Maurizio Palladino,<br />

Eleonora Pariante, Alessandro Waldergan, Paola Surace, Valter<br />

Vent<strong>ure</strong>lli, Valentina Maselli e Marco Belocchi; La scelta di Turing di<br />

Vittorio Pavoncello, uno spettacolo su Alan Turing, il noto matematico che<br />

permise di decifrare i codici crittografati dei nazisti (ENIGMA)<br />

permettendo così agli alleati di vincere la guerra e in seguito, a guerra<br />

finita, portato al suicidio perché omosessuale. Protagonisti Bruno<br />

Maccallini, Toni Garrani, Arianna Lazzaro e Cristina Aubry, musiche di<br />

Enzo De Rosa, scene e costumi di Toni Saracino.<br />

Le performance musicali, ispirate alle tragedie dei campi di<br />

concentramento, saranno espresse da molteplici contesti sonori: il duo<br />

Neoklassic formato da Enzo De Rosa e Kyung Mi Lee interpreteranno al<br />

69<br />

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pian<strong>of</strong>orte e violoncello la composizione Il giallo e il rosa; il soprano<br />

Monica Benvenuti eseguirà l’opera Nudo di Sylvano Bussotti su testo di<br />

Aldo Braibanti; Francesco Lotoro e l’Ensemble Musica Judaica<br />

proporranno un’antologia di musiche “concentrazionarie” scritte dal 1933<br />

al 1945 dal titolo Musica dell’Uomo di domani; il violinista Marco<br />

Valabrega e il Trio Dreidel con la cantante Ruth Ejzen in brani tratti dal<br />

loro ultimo lavoro Eyn, tsvey…Dreidel.<br />

Il cinema testimonierà il passato “giallo-rosa” tramite una duplice<br />

proiezione: Grune Rose di Dario Picciau, un film-racconto omaggio a<br />

Richard Grüne, artista e testimone dello sterminio degli omosessuali<br />

sotto il nazismo, prodotto da Visions e Arcigay Firenze “Il Giglio Rosa” su<br />

soggetto e sceneggiatura di Roberto Malini; Paragraf 175, l’opera diretta<br />

da Rob Epstein e Jeffrey Friedman su testo di Sharon Wood, narrata<br />

nella versione originale da Rupert Everett: uno straordinario documento<br />

tragico e commovente che ritrae 6 sopravissuti alla persecuzione nazista<br />

contro gli omosessuali.<br />

Le mostre Homocausto, a cura del Circolo Mario Mieli e di Arcigay<br />

proporranno un buon livello di appr<strong>of</strong>ondimento del quadro storico<br />

sull’approccio del fascismo all’omosessualità e sulla persecuzione delle<br />

donne lesbiche, con <strong>part</strong>icolare attenzione anche alle discriminazioni<br />

effettuate nei regimi totalitari (fornito è l’elenco dei paesi che prevedono<br />

norme contro l’omosessualità).<br />

L’esposizione sarà affiancata dall’omaggio pittorico <strong>Art</strong>e e Shoà di 20<br />

artisti sul tema della Shoà e dell’Homocaust, tra i quali si segnalano<br />

Eclario Barone, Franca Bernardi, Paola Casalino, Fiorella Corsi, Giorgio<br />

Fiume, Stefano Frasca, Vardi Kahana, Menashè Kadishman, Lughia, Rita<br />

Mele, Teresa Pollidori, Eliana Prosperi, Rosella Restante, Giovanni<br />

Liberatore, Teresa Mancini, Birgitt Shola Starp.<br />

Per informazioni: ECAD<br />

Ebraismo Cult<strong>ure</strong> <strong>Art</strong>i Drammatiche<br />

Via del Portico d’Ottavia 13 – Roma<br />

Tel. 366 454565 Fax 1786029584<br />

www.ecad.name – ecad@live.it<br />

nell’immagine “prospettiva della Memoria” di Birgitt Shola Starp<br />

70<br />

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PREMIO FURLA: AL VICENTINO ALBERTO TADIELLO, 26<br />

ANNI, L’AMBITO RICONOSCIMENTO | DI LUCA<br />

BARBERINI BOFFI<br />

26 gennaio, 2009<br />

di l.barberini b<strong>of</strong>fi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, concorsi bandi & premi<br />

547 lettori<br />

E’ vicentino, classe 1983, l’artista che ha vinto la 7a ediz. di questo<br />

Premio Furla, evento tra i più attesi della bolognese <strong>Art</strong>efiera,<br />

tutt’ora in corso.<br />

Stiamo parlando di Alberto Tadiello che, risultato finalista accanto ai<br />

colleghi Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979), Meris Angioletti<br />

(Bergamo, 1977), Giulia Piscitelli (Napoli, 1965), e Ian Tweedy<br />

(Hahn-D, 1982) li ha sbaragliati sul fil di lana.<br />

Segnaliamo che il format quest’anno era effettivamente, come<br />

comunicato, “rinnovato”: un premio italiano di eccellenza a sostegno della<br />

giovane creatività artistica che ha confermato quanto la sua identità sia<br />

rintracciabile essenzialmente “nella capacità di crescere ed evolversi con<br />

un continuo aggiornamento, inteso quale strumento di indagine critica e<br />

discussione della ricerca artistica contemporanea”.<br />

L’ambito riconoscimento, ancora più atteso, quest’anno, è andato,<br />

dunque, a questo già coccolato (dal sistema dell’<strong>Art</strong>e) ragazzo di 26 anni<br />

scelto all’unanimità dalla giuria internazionale (Marina Abramovic,<br />

madrina del Furla 2009; Roberto Daolio, indipendent curator, Alessio<br />

Antoniolli, direttore Gasworks di Londra; Zdenka Badovinac, direttrice<br />

Moderna Galerija e del Museum <strong>of</strong> Modern <strong>Art</strong> di Lubiana; Hans Ulrich<br />

Obrist, codirettore della Serpentine Gallery di Londra), che ha incoronato<br />

TADIELLO dopo il convegno, promosso dallo stesso Premio Furla,<br />

titolato, non a caso, “Progettare per un artista” e animato dai citati<br />

componenti della Giuria accanto a Laura Barreca, Chiara Bertola, Daniel<br />

Birnbaum, Caroline Corbetta, Giacinto Di Pierantonio, Walter Guadagnini,<br />

Francesco Manacorda, Gianfranco Maraniello, Alessandro Rabottini,<br />

Pierluigi Sacco, Andrea Viliani.<br />

Ai cinque artisti finalisti quest’anno era stata chiesta la progettazione di<br />

una nuova opera e una riflessione ampia sul tema del progettare,<br />

“cogliendo un punto di criticità <strong>part</strong>icolarmente sentito nel sistema italiano<br />

dell’arte. L’idea di <strong>of</strong>frire agli artisti italiani uno spazio concreto per ideare<br />

nuove produzioni da realizzare e destinare alla fruizione pubblica in un<br />

contesto museale rappresenta una straordinaria scommessa sul futuro<br />

che punta sulle ricerche artistiche più decisive nella contemporaneità.<br />

Questa formula rappresenta inoltre una sfida affascinante anche per<br />

l’artista, chiamato a mettersi alla prova affrontando un percorso creativo<br />

finalizzato ad una specifica destinazione”.<br />

Le motivazioni della scelta di TADIELLO sono molte, ovviamente: “la<br />

valenza puramente funzionale e allo stesso tempo strutturale dell’opera”<br />

e “la capacità del suo progetto di far sentire la presenza fisica e<br />

immateriale del suono provocando una tensione vitale”, e la resa<br />

“poeticamente manifesta” ai sensi “dell’energia nascosta del reale, la sua<br />

dimensione di artista inventore che lascia immaginare un futuro ricco di<br />

nuove idee creative, la facoltà di assorbire e rilanciare l’energia parassita<br />

del sistema dell’arte”. Scusate se è poco<br />

Il Premio Furla, ideato da Chiara Bertola è promosso da Fondazione<br />

Furla, Fondazione Querini Stampalia, MAMbo – Museo d’<strong>Art</strong>e Moderna di<br />

Bologna e UniCredit Group con la collaborazione di Viafarini e <strong>Art</strong>e Fiera.<br />

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Catalogo: Charta, Milano<br />

Fondazione Furla<br />

Carolina Pr<strong>of</strong>ilo, tel. +39 0276075146, carolina.pr<strong>of</strong>ilo@furla.it; www.furla.com;<br />

Fondazione Querini Stampalia Onlus | Anna Fantelli, tel. +39 0412711411/2711432,<br />

artecontemporanea@querinistampalia.org; www.querinistampalia.org.<br />

MAMbo-Museo d’<strong>Art</strong>e Moderna di Bologna | Lara Facco, tel. +0516496654, www.mambo-bologna.org,<br />

lara.facco@comune.bologna.it.<br />

Ufficio stampa: Studio Pesci, Bologna, tel. +39 051269267, info@studiopesci.it, silvia.tonelli@studiopesci.it,<br />

www.studiopesci.it.<br />

72<br />

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ASPETTANDO LE CELEBRAZIONI DEL CENTENARIO DEL<br />

FUTURISMO: IL VENDITORE DI FUMO | DI FERNANDA<br />

MONETA<br />

27 gennaio, 2009<br />

di Fernanda Moneta<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, art fair biennali e festival, arti visive, libri letteratura e<br />

poesia<br />

788 lettori<br />

“Io, vedete, sono un disoccupato<br />

furbo.”, fa dire Gian Gaspare<br />

Napolitano ad un personaggio della<br />

sua commedia in quattro quadri “Il<br />

venditore di fumo” messa in scena<br />

la prima volta nel 1929 presso il<br />

Teatro degli Indipendenti di Roma e<br />

da poco in libreria (o in rete) a cura<br />

delle Edizioni Sabinae.<br />

Anche il libretto è “furbo”, con la quarta di copertina illustrata da uno<br />

schizzo di Carlo Ludovico Bragaglia che nel 1930 ci restituisce il<br />

boccascena del Teatro degli Indipendenti, a quei tempi fucina di<br />

sperimentazione.<br />

L’introduzione al testo teatrale è invece la ristampa di un articolo di<br />

Napolitano uscito su “Settimo Giorno” nel 1960.<br />

Concludono la compilazione alcune foto d’epoca, una delle quali (a<br />

pag.14) ha più valore affettivo che documentario, data la scarsa qualità,<br />

che forse, operando meglio in photoshop si sarebbe potuta migliorare,<br />

Il testo è inframmezzato da alcune interessanti incisioni di Carboni, tutte<br />

del 1929.<br />

Conclude il tutto altro materiale iconografico: locandine, ritratti di<br />

Napolitano realizzati a carboncino (uno) e a china (gli altri), a firma di di<br />

autori vari (Anselmo Bucci, Bernardo Leporini, F. Ciarletta).<br />

Una volta Claudio Meldolesi, uno degli storici del Teatro Italiano più lucidi<br />

e scomodi (vedi l’illuminante “Fondamenti del tratro italiano. La<br />

generazione dei registi”, edito da Sansoni nel 1984 e subito dimenticato<br />

dal mercato editoriale), mi disse che il teatro non può essere<br />

rappresentato se non dal teatro stesso. Per questo, non c’era da<br />

preoccuparsi troppo di registrare l’evento con fotografie e video: tanto il<br />

teatro è induplicabile.<br />

Provai un senso di vuoto perchè ap<strong>part</strong>enevo alla generazione televisiva.<br />

Erano gli anni 80 e i libri sul teatro in lingua italiana erano pochi e senza<br />

illustrazioni, fatta eccezione per l’Enciclopedia dello Spettacolo edita dalla<br />

Siae.<br />

I testi inerenti il teatro futurista o in genere italiano degli anni 30 e 40,<br />

erano ancora meno. Vigeva una sorta di superfiltro censorio, non proprio<br />

palese, ma reale, che impediva di parlare in termini anche solo scientifici<br />

della <strong>cult</strong>ura di quel periodo. Lo stesso Carmelo Bene si era picchiato in<br />

un bar d’Ivrea per difendere il suo diritto a portare in scena poeti futuristi<br />

non-sovietici. Ancora nel 1987, lo spettacolo di atti unici teatrali futuristi<br />

messo in scena dalla Koinè di Carpi non richiamò grandi folle, che invece<br />

seguivano la stessa compagnia quando metteva in scena testi ispirati a<br />

Ubu.<br />

Erano altri tempi: all’epoca avrei amato un libro come questo. Oggi,<br />

nonostante l’overdose di informazioni sulle mis<strong>ure</strong> del seno di <strong>part</strong>ecipanti<br />

al Grande Fratello, la generazione di internet, probabilmente sarà<br />

73<br />

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sorpresa di scoprire che oltre Filippo T. Marinetti, in Italia, c’erano altri che<br />

facevano sperimentazione in ambito teatrale.<br />

1. adrea lissi scrive:<br />

27 gennaio 2009 alle 16:18<br />

finalmente libero il futurismo da anni viaggia confermando la sua forza e premonizione non solo nel<br />

campo della <strong>cult</strong>ura. Attendiamo le Celebrazioni per scoprire, rivedere, appr<strong>of</strong>ondire, confrontarci su uno<br />

dei movimenti più importanti che l’arte del Novecento e del Duemila abbia prodotto!<br />

2.<br />

asdrubali scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 10:28<br />

bel testo bel libro grazie dell’informazione e dell’appr<strong>of</strong>ondimento. Utile.<br />

3. Lucia scrive:<br />

2 febbraio 2009 alle 00:56<br />

lo so che non c’entra col suo pezzo, ma lei cosa ne pensa di questa serie di stupri di gruppo? Anni<br />

fa ricordo che pubblicò un pezzo contro gli stupratori su Paese Sera definendoli “impotenti”. La pensa<br />

ancora così? Lucia.<br />

4. u-mix scrive:<br />

2 febbraio 2009 alle 12:57<br />

il futurismo fu un bel movimento, si, come altri di quell’epoca. Ma fu paradossalmente statico e<br />

chiuso su se stesso, Probabilmente l’uso che ne fece il fascismo lo penalizzò molto.<br />

5. Lucia scrive:<br />

3 febbraio 2009 alle 15:08<br />

Il fascismo non usò il futurismo più di quanto non usò tutto il resto. Il fascismo, ai tempi del<br />

fascismo, era un’ideologia condivisa dalla maggioranza assoluta del paese, compresi tanti che poi si sono<br />

lavati la faccia e le mani dicendo che in realtà non erano daccordo.<br />

Ancora con queste interpretazioni da guerra fredda? Andiamo oltre, appr<strong>of</strong>ondiamo l’analisi storica.<br />

Abbiamo perso la guerra, u-mix, l’Italia perse la II guerra mondiale. Fattene una ragione, invece di<br />

nasconderti dietro la favoletta che noi in realtà eravamo tutti comunisti e democristiamìni senonché c’era un<br />

cattivone che ci dominava. Nessuno prende e resta al potere da se stesso: ha bisogno del consenso. E il<br />

fascismo, ai tempi del fascismo era l’Italia.<br />

6. u-mix scrive:<br />

3 febbraio 2009 alle 18:08<br />

Lucia, dal momento che la sua interpretazione e risposta al mio commento é chiaramente di <strong>part</strong>e<br />

e faziosa, con alcuni passi molto discutibili, tralascio e dico: l’arte se viene calvalcata da una ideologia ne<br />

assume le sue sembianze e limiti. Punto e basta. Il resto sono chiacchiere. Come d’altronde la sua risposta<br />

al mio precedente commento.<br />

7. Lucia scrive:<br />

4 febbraio 2009 alle 01:46<br />

Ma quale <strong>part</strong>e e quale fazione. Qui si tratta di togliersi il prosciutto dalle orecchie, caro mio. Non<br />

andremo mai oltre se continuiamo a trattare la storia come un teatrino da psicoanalisti. Se non sa<br />

affrontare la sconfitta, peggio per noi: se cominciassimo a fare come la germania, che sa di aver perso,<br />

forse riusciremmo a rimetterci in piedi prima.<br />

8. Fernanda Moneta scrive:<br />

4 febbraio 2009 alle 01:55<br />

Lucia, non c’é nulla che mi saventi di più che l’essere privata della mia libertà personale. Immagina<br />

cosa penso degli stupratori. All’epoca però, l’immigrazione era fatto raro e limitato. Incideva poco nel<br />

sociale. Oggi non é così. Non c’é preparazione da <strong>part</strong>e di etnie diverse, <strong>cult</strong><strong>ure</strong> diverse, ad accettare la<br />

donna come essere alla pari. Per tante <strong>cult</strong><strong>ure</strong>, la donna é una bestia da domare. Per altre, se la donna<br />

non si veste o comporta in certo modo standard, é come se chiamasse la violenza. Poi c’é l’abuso d’alcol e<br />

di certe droghe che fa venir fuori il peggio delle persone. Mai andare in giro con persone ubriache o che si<br />

sa che si ubriacheranno. Meglio soli. I sobri sono tanti: cercateli. Possibilmente fuori dai bar.<br />

Io credo che ognuno dovrebbe avere il diritto di andare in giro come gli pare, a qualsiasi ora del giorno e<br />

della notte senza essere in pericolo. Però credo anche che non sia possibile, quando si vive in una nazione<br />

aperta così com’era Roma nel dopoguerra. Il mio consiglio é: fare come se si fosse in guerra e capire che<br />

per l’altro, il nemico, siamo prede. Difendiamo la nostra vita. Proteggiamoci.<br />

9. annamaria scrive:<br />

6 febbraio 2009 alle 10:24<br />

Siamo così abituati a pensare in termini di destra o sinistra che se incontriamo una persona<br />

indipendente (e questa lo é) non la riconosciamo e polemizziamo. Il vecchio detto “o con me o contro di<br />

me” é sempre valido, in Italia, vedo. Ho fatto bene ad andarmene negli USA.<br />

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ACQUARIO CIVICO DI MILANO – MINIERE DEL SULCIS:<br />

FOTOGRAFIE DI UN VISSUTO INTERROTTO OSPITATE IN<br />

UN MUSEO VIVENTE | DI RAFFAELLA LOSAPIO<br />

28 gennaio, 2009<br />

di Raffaella Losapio<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, news<br />

508 lettori<br />

Il museo vivente dell’Acquario Civico di Milano ospita la mostra “Sulcis<br />

la miniera interrotta“,<br />

il più recente lavoro del fotografo Fausto Foddai.<br />

L’esposizione, a cura di Erminio Travaglia, con il patrocinio della<br />

Regione Autonoma della Sardegna, mette in evidenza un viaggio<br />

attraverso un vissuto ormai interrotto che racconta la dimensione umana<br />

della miniera, con i suoi cunicoli, i macchinari, gli spazi istituzionali:<br />

luoghi <strong>part</strong>icolari che, attraverso l’esperienza quotidiana, la difficoltà,<br />

l’energia e il sudore di chi l’ha fatta vivere, hanno lasciato un segno<br />

indelebile nella compagine sociale e persino politica della Sardegna. Le<br />

immagini, realizzate nella regione del Sulcis-Iglesiente, a sud-ovest<br />

della Sardegna, interagiscono con i frammenti scritti di Caterina<br />

Carzedda in un percorso emozionale capace di parlare al visitatore in<br />

maniera forte e forse contraddittoria. Contraddittoria lo è, del resto, anche<br />

la realtà di un territorio dove la fatica e il dramma di un lavoro duro e<br />

pericoloso, malsano e malpagato, si affianca ad una sorta di orgoglio<br />

incarnato nei lavoratori oggi in pensione e nelle famiglie che hanno<br />

condiviso questa storia mineraria; loro ma anche la terra di Sardegna,<br />

devastata da questa storia di sfruttamento in ogni senso, ap<strong>part</strong>engono a<br />

questo passato che rivendicano e in qualche modo cullano per evirarne<br />

l’oblio rendendolo, agli occhi del presente, dell’oggi, qualcosa di epico:<br />

terribile, luminoso ed eroico come ogni epica che si rispetti deve fare.<br />

L’Acquario Civico e Stazione<br />

Idrobiologica di Milano,<br />

progettato dall’architetto<br />

Sebastiano Locati, fu realizzato in<br />

stile liberty nel 1906, in occasione<br />

dell’Esposizione Internazionale di<br />

Milano per festeggiare l’apertura<br />

del Traforo del Sempione.<br />

L’Istituto, cui nel 1908 fu associata<br />

una Stazione di Idrobiologia, fu<br />

danneggiato nel 1943 dai<br />

bombardamenti che colpirono<br />

Milano e, dopo un ventennio di<br />

abbandono, fu restaurato e riaperto<br />

al pubblico nel 1963.<br />

L’attuale ristrutturazione, durata tre anni, si è conclusa con la riapertura<br />

nell’aprile del 2006, in occasione del centenario, sotto la direzione<br />

scientifica del Dott. Mauro Mariani.<br />

Nelle sue vasche completamente rinnovate l’Acquario racconta la storia<br />

dell’acqua, dalla sua caduta sulla terra fino al mare. A tal proposito sono<br />

stati ricostruiti i principali ambienti di acqua dolce e marina che la stessa<br />

acqua forma nel suo ciclo. Gli ambienti sono prevalentemente italiani ad<br />

eccezione di una scogliera madreporica del Mar Rosso.<br />

Le Collezioni scientifiche ricche di reperti, la Biblioteca specialistica con<br />

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oltre 13.000 monografie sull’acqua e circa 1000 periodici e, infine<br />

l’Archivio fotografico con migliaia di immagini, sono la base indispensabile<br />

per la ricerca scientifica che si rivolge sia alle acque dolci italiane sia a<br />

quelle marine nostrane e tropicali.<br />

In qualità di editore l’Istituto pubblica poi la rivista scientifica “Quaderni<br />

della Civica Stazione Idrobiologica di Milano” oltre ad una collana dal<br />

titolo “Cose d’Acqua”.<br />

La vera grande innovazione è quella di richiedere al visitatore di non<br />

considerare più l’Acquario come “la casa dei pesci” ma piuttosto il luogo<br />

dove studiare e conoscere l’elemento che li contiene: l’acqua. Tutto il<br />

percorso espositivo si svolge, infatti, seguendo l’acqua: dal suo nascere<br />

come ruscello montano fino al suo riversarsi nel mare.<br />

Cenni storici sulle miniere di<br />

Sardegna<br />

La storia delle miniere di Sardegna<br />

è storia antica.<br />

Già nel Neolitico, i primi abitanti<br />

dell’isola trovarono nell’ossidiana la<br />

materia con la quale produrre i loro<br />

arnesi. Sarà invece la cività<br />

nuragica che per prima scoprirà<br />

l’impiego del metallo, specialmente<br />

il rame e lo stagno, dalla cui<br />

elaborazione nasceranno gli<br />

essenziali bronzetti.<br />

Tale prototipo di attività mineraria si<br />

inserisce in un contesto di<br />

utilizzazione del territorio<br />

circoscritta alle necessità<br />

contingenti.<br />

Con la dominazione romana ebbe,<br />

invece, spazio un concetto definito<br />

di sfruttamento della materia indotto<br />

dalle nuove tecniche di estrazione e<br />

da un’ottica di uso del minerale<br />

estratto al di fuori dei confini del<br />

luogo di estrazione.<br />

L’attività mineraria alternò in<br />

Sardegna periodi di fulgore a lunghi<br />

secoli di stasi. Le dominazioni che<br />

si susseguirono considerarono<br />

anche i bacini minerari come<br />

territorio da conquistare e<br />

consumare, catalizzando la totale attività delle genti che abitavano le<br />

zone interessate così da renderle completamente dipendenti dall’esterno<br />

per qualunque altra loro esigenza.<br />

Quando, sotto i Piemontesi, i giacimenti isolani conobbero nuovo impulso<br />

in virtù della ripresa economica europea, la manodopera impiegata nei<br />

pozzi aumentò, inglobando al suo interno migliaia di contadini e pastori,<br />

spinti dalla grande crisi delle campagne a cercare occupazione<br />

nell’industria estrattiva. Le maestranze minerarie isolane erano in realtà<br />

sottoproletariato rurale impegnato in mansioni generiche, mentre la<br />

specializzazione dei ruoli fu affidata a lavoratori provenienti dal<br />

continente.<br />

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L’incremento produttivo delle miniere (soprattutto quelle ubicate nel<br />

Sulcis-Iglesiente) andava di pari passo con il sensibile peggioramento<br />

delle condizioni lavorative dei minatori. Turni di lavoro massacranti, senza<br />

riposo settimanale e diritto alle ferie, remunerazioni pagate ad arbitrio del<br />

concessionario, malattie e infortuni costanti, indussero i lavoratori ad<br />

azioni di lotta spesso spontanee e non organizzate e, non di rado,<br />

represse con la forza. Il 4 settembre 1904, a Buggerru, intervenne<br />

l’esercito a sedare uno sciopero che durava oramai da cinque giorni: tre<br />

operai rimasero uccisi, più di dieci feriti.<br />

Dal 1930 inizia la lunga crisi del com<strong>part</strong>o minerario sardo: chiudono i<br />

primi giacimenti e vengono progressivamente ridotte le maestranze.<br />

Al finire della seconda guerra mondiale, le miniere poterono continuare a<br />

produrre grazie alla richiesta di materia prima legata alla ricostruzione del<br />

paese.<br />

Tuttavia, già dalla fine degli anni ’50, a causa di una congiuntura<br />

internazionale sfavorevole, molte miniere dovettero decretare la loro<br />

chiusura.<br />

Nel 1968, fu fondato l’Ente Minerario Sardo, sotto il controllo della<br />

Regione, allo scopo di interrompere il processo di declino dei giacimenti<br />

sardi. Nonostante l’intervento del capitale pubblico, però, la situazione<br />

continuò a peggiorare e la crisi investì anche le miniere di carbone.<br />

Nei primi anni ’80, il com<strong>part</strong>o minerario fu rilevato dall’ENI ma, oramai, la<br />

condizione produttiva era irrimediabilmente compromessa.<br />

Nel 1995 chiuse definitivamente anche l’ultima miniera.<br />

Nel 1997 l’UNESCO decreta l’area mineraria del Sulcis-Iglesiente<br />

patrimonio dell’umanità.<br />

Ancora oggi, però, il primo Parco Geominerario Storico e Ambientale del<br />

mondo, attende, incompiuto, una piena realizzazione.<br />

Ciò che rimane, invece, è un territorio depredato e i fantasmi di quanti,<br />

ancora, vagano nelle buie gallerie abbandonate.<br />

Dal 28 gennaio al 29 marzo 2009 ore 18:00-21:00<br />

Mostra fotografica: “Sulcis la miniera interrotta“.<br />

Fotografie di Fausto Foddai e frammenti di di Caterina Carzedda<br />

Acquario e Civica Stazione Idrobiologica Milano<br />

Viale Gadio 2 MM2 Lanza – tel 0288465750<br />

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FUTURISMO: CENTENARIO | ROMA FESTEGGIA E<br />

CELEBRA COSÌ | DI LUCA BARBERINI BOFFI<br />

28 gennaio, 2009<br />

di l.barberini b<strong>of</strong>fi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, art fair biennali e festival, news<br />

871 lettori<br />

26 febbraio – 16 maggio 2009: FUTUROMA FUTURISTA, 100 anni di<br />

Futurismo.1909 – 2009.<br />

Sono moltissime leiniziative in procinto di inaugurare, o già in<br />

corso,organizzate per ricordare, omaggiare ed appr<strong>of</strong>ondire uno dei<br />

massimi movimenti dell’arte al quale tanto, tantissimodi quello che venne<br />

dopo guardò, si ispirò, che citò o la cui lezione, spesso pr<strong>of</strong>etica mise in<br />

pratica o percorse. Molto di quanto abbiamo visto e vediamo della ricerca<br />

contemporanea, in ogni campo delle arti e del sapere,deve qualcosa al<br />

Futurismo, ormai sdoganato, riconsiderato e consegnato alla storia come<br />

una tra le ricercheartistiche più importantia livello internazionale.Non è un<br />

caso che un numero notevole di musei e istrituzioni estere abbiano, nelle<br />

loro Collezioni,opere dei protagonisti di questa viatlissima, luminosa<br />

avanguardia.<br />

In Italia e un pò ovunque negli altri Paesi, se ne celebra il Centenario<br />

della nascita conmostre, convegni, spettacoli, libri, eventi di vario genere<br />

(vedilink qui pubblicati). Roma non poteva non essere tra le città<br />

impegnate in questa lunga kermesse celebrativa con ben 46 progetti. Tra<br />

questi si preanninciano 7 spettacoli teatrali, 6 presentazioni di libri, 5<br />

mostre, 5 convegni multimediali, 4 mise en éspace, 2 progetti di<br />

intelligenza artificiale, 2 seminari di studio, 2 happening urbani…<br />

Naturalmente, anche un collegamento con “Le Figaro” a Parigi; e<br />

ancora:un’opera video-sonora, un progetto di spettacolazione urbana, un<br />

concerto, un’opera-balletto,un progetto performing-media, una mostra di<br />

libri antiquari, un happening giovanile, una rassegna jazz, una pellicola<br />

capolavoro restaurata, una performance artistica, un documentario<br />

storico, un film su Marinetti e una rassegna cinematografica.<br />

Sulla carta, possiamoessere soddisfatti dell’attenzione che la<br />

Capitaleriserva al “nostro” Futurismo che qualche mese fa i francesi<br />

hanno tentato di rivendicare come loro…<br />

Da quel lontano 20 febbraio 1909 sono passati cento anni e Roma, in<br />

concomitanza con altre capitali europee e altre città italiane, si prepara a<br />

celebrare il primo secolo di vita del movimento con”FUTUROMA<br />

FUTURISTA” che,appunto,dal 20 febbraio 2009 enei mesi<br />

successivi,coinvolgerà l’intero territorioproiettandolo“nel dinamismo, nella<br />

velocità e nella fantasia creativa di uno dei più straordinari movimenti<br />

artistici del ventesimo secolo” rilanciando gli elementi di attualità e<br />

modernità che lo caratterizzano e valorizzando il suo messaggio artistico.<br />

Dobbiamo ricordare la sua storia e la sua parabola?<br />

Il 20 febbraio 1909 lo<br />

scrittore Filippo Tommaso<br />

Marinetti pubblicava sul<br />

prestigioso quotidiano<br />

parigino “Le Figaro” il<br />

Manifesto del Futurismo,<br />

proclama fondante di un<br />

movimento innovativo e<br />

rivoluzionario che avrebbe sovvertito i parametri di gran <strong>part</strong>e della<br />

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poetica del primo Novecento; un movimento destinato a permeare ogni<br />

forma artistica con teorie e suggestioni che percorreranno la vita<br />

intellettuale dell’intero secolo. “Nasceva così la più fertile avanguardia<br />

italiana, caratterizzata da un radicale rifiuto del passato e della tradizione,<br />

ambiziosa di conferire alla propria azione di rinnovamento una<br />

dimensione totale, travalicando ogni confine tra i generi artistici<br />

(letteratura, teatro, pittura, s<strong>cult</strong>ura, musica, danza) per immergersi in<br />

ogni ambito moderno della vita sociale e del costume (cinema, design,<br />

pubblicità, arredamento, gastronomia, fotografia, architettura, moda).<br />

Nell’èra della rivoluzione tecnologica, del trionfo della macchina, del<br />

vapore e dell’elettricità, della grande industria e del progresso, il<br />

Futurismo coltiva il mito della velocità e del dinamismo, affermando la<br />

visione di un uomo nuovo fortemente proiettato nel futuro, in un futuro<br />

inteso come conquista, come traguardo di un agonismo esistenziale che<br />

si realizza nell’elaborazione di forme espressive radicali e non<br />

conformiste”.<br />

Non lo scopriamo oggi, ma ribadiamo come quella futurista sia stata una<br />

vera e globalerivoluzione <strong>cult</strong>urale che, come hanno sottolineato<br />

inconferenza stampa gli organizzatori della kermesse: “interesserà l’intero<br />

spettro delle moderne forme espressive. Si può affermare che con il<br />

Futurismo nasca il concetto odierno di pubblicità e di comunicazione<br />

globali. Marinetti utilizzerà strumenti promozionali sino ad allora<br />

sconosciuti nonché le più rivoluzionarie tecniche della diffusione<br />

editoriale. Si pensi, in tal senso, alla stessa dirompenza dell’atto fondativo<br />

del movimento: un manifesto pubblicato su uno dei principali quotidiani<br />

della città più cosmopolita d’Europa; e all’impiego che dei manifesti in<br />

generale – veri e propri strumenti di elaborazione pubblica delle molte<br />

rivoluzioni del gruppo – verrà fatto nel tempo. Lo stile innovativo – la<br />

nuovissima forma del proclama - che impiega un linguaggio e una<br />

sintassi spesso sovvertiti, la facile riproducibilità e la distribuzione<br />

capillare per la strada o addirittura porta a porta – secondo l’idea futurista<br />

di portare l’arte nella vita quotidiana – fanno del manifesto uno strumento<br />

unico, assolutamente innovativo e di forte impatto mediatico”.<br />

Segnaliamo di seguito i principali eventi promossi<br />

dall’amministrazione comunale che si svolgeranno in<br />

data 20 febbraio 2009.<br />

Aprirà al pubblico, eccezionalmente fino all’una del<br />

mattino, la mostra di Didier Ottinger FUTURISMO.<br />

AVANGUARDIA-AVANGUARDIE in programma fino al<br />

24 maggio alle Scuderie del Quirinale, realizzata in<br />

collaborazione con il Musée National d’<strong>Art</strong><br />

Moderne/Centre Georges Pompidou di Parigi e la Tate Modern di<br />

Londra.<br />

Si inaug<strong>ure</strong>rà alle ore 18.00 al Macro Fut<strong>ure</strong> la mostra FUTURISMO<br />

MANIFESTO 100X100 a cura di Achille Bonito Oliva e interamente<br />

dedicata al linguaggio e allo stile dei Manifesti Futuristi.<br />

Alle ore 18.30 a Piazza Orazio Giustiniani c’è DA MACRO A MICRO:<br />

ROMA CHIAMA PARIGI, a cura dell’Associazione Culturale Micro,<br />

dove sarà allestito un collegamento con la redazione de “Le Figaro”<br />

per festeggiare insieme il centenario.<br />

In collaborazione con la Fondazione Memmo in Palazzo Ruspoli, su<br />

Via del Corso, sarà aperta al pubblico PRESENTISM, TIME AND SPACE<br />

IN THE LONG NOW, un’istallazione del grande artista Brian Eno<br />

appositamente creata per Roma futurista, con la quale l’artista britannico<br />

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proporrà una sorta di gemellaggio poetico con le idee e le visioni futuriste.<br />

Alle ore 19.30 in Piazza Colonna è prevista la spettacolare e irripetibile<br />

performance PITTURA ESTREMA del pittore Giuliano del Sorbo che,<br />

con l’ausilio di tecniche alpinistiche, dipingerà una grande tela posta sulla<br />

facciata di Palazzo Wedekind, sede del quotidiano “il Tempo”, a parecchi<br />

metri di altezza e sotto gli occhi del pubblico, accompagnato dalla<br />

esecuzione dell’op. 30 “Inno alla vita” del compositore futurista Francesco<br />

Pratella realizzata dal Duo Diaghilev.<br />

Dalle 21.15 fino all’alba Piazza Venezia e Piazza del Popolo saranno<br />

collegate dalla luce grazie al progetto NUOVE IRIDESCENZE del regista<br />

Giancarlo Cauteruccio. Piazza Venezia si trasformerà in un Laboratorio<br />

per l’addestramento della luce, la cui colonna sonora sarà costituita dai<br />

suoni e dai rumori effettivi della piazza, mentre con Onde di luce<br />

1909-2009 a Piazza del Popolo sarà inscenata una suggestiva danza di<br />

luci che fungerà da asse portante della drammaturgia curata da Gioia<br />

Costa.<br />

A Piazza San Lorenzo in Lucina alle ore 21.15 e alle ore 23.00 sarà di<br />

scena VISIONI SIMULTANEE, per la regia di Alessandra Vanzi e Marco<br />

Solari, uno spettacolo basato sull’energia, sulla simultaneità e sulla<br />

sorpresa, con la performance di un nutrito gruppo di artisti di teatro,<br />

danza, musica, video, arti visive.<br />

Il 20 febbraio ore 22.00 e 23.30 ed il 21 febbraio ore 21.00 e 22.15, si<br />

svolgerà presso la Galleria Alberto Sordi, DONNE VELOCIT‚àö√Ñ<br />

PERICOLO, di Francesco Sala, Viola Porcaro, Edoardo Sylos Labini,<br />

uno spettacolo teatrale dichiaratamente neo-futurista ispirato a tre<br />

romanzi meno noti di Marinetti e supportato dall’enorme lavoro di ricerca<br />

di Luce Marinetti, che ha messo a disposizione documenti originali ed<br />

inediti, schizzi e fotografie ap<strong>part</strong>enuti al padre. Ambientato su una<br />

locomotiva nei primi del ’900, propone un ritratto dell’uomo futurista<br />

italiano – spavaldo ed umorista seduttore – tra declamazioni di bizzarre<br />

parole, sensazioni tricolori e impeti furoreggianti.<br />

Dal 20 febbraio prenderanno il via in 10 spazi della Capitale due progetti<br />

che si avvalgono delle più moderne tecnologie. Il primo è MARINETTI4<br />

(MARINETTI ALLA QUARTA), un progetto tecnico V-Minds ideato,<br />

sceneggiato e diretto da Lorenzo Pizzanelli. Si tratta di una incredibile<br />

performance-installazione-video-interattiva, che consentirà al pubblico di<br />

dialogare in tempo reale con un modello di Filippo Tommaso Martinetti<br />

dotato di intelligenza artificiale.<br />

Il secondo è FUTURTAL, di Andrea Paoloni e Giordano Bruno Guerri,<br />

che consentirà di ricevere informazioni audio-video sul futurismo presso<br />

vari “totem” dotati di apposito s<strong>of</strong>tware e opportunamente stimolati da<br />

interrogazioni vocali, in virtù di un sistema di sintesi della voce e di un<br />

avatar che risponderà alle domande.<br />

L’antico Tempio di Adriano, in Piazza di Pietra, si trasformerà nel<br />

PERFORMING MEDIA.POINT, un ambiente interattivo, a cura di Carlo<br />

Infante/performingmedia.org in collaborazione con Promoroma<br />

(Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma), dove navigare<br />

nel geoblog (www.geoblog.it/futur) attraverso le mappat<strong>ure</strong> dei luoghi<br />

della memoria futurista a Roma e degli eventi in progress, in architett<strong>ure</strong><br />

digitali ed esperienze immersive nel virtuale, per tracciare una relazione<br />

tra l’esperienza storica del Futurismo e quella del futuro digitale.<br />

Il Museo del Louvre presenta IL PUGNO DI BOCCIONI, una libera<br />

serata futurista dalle ore 20 in poi tra Vicolo della Reginella e piazza<br />

Mattei. Sulla strada, in piazza ed in quattro negozi sarà ricreata una<br />

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scenografia futurista e un ambiente antipassatista con installazioni,<br />

cucina, teatro, sartoria, musica, proiezione di film.<br />

La Libreria Arion e la Libreria Antiquaria Philobiblon realizzeranno<br />

AEREALIBRARIA presso la Libreria Montecitorio, mostra antiquaria di<br />

volumi futuristi, che resterà aperta al pubblico fino all’11 aprile.<br />

Una piccola, importante vigilia sarà <strong>of</strong>ferta il 19 febbraio dalla<br />

Compagnia teatrale Il Gruppo diretta da Edoardo Torricella, che, nel<br />

quartiere delle Torri, presenterà a <strong>part</strong>ire dalle 18.30 fino alla<br />

mezzanotte SCAGLIAMO UNA VOLTA ANCORA LA NOSTRA SFIDA<br />

ALLE STELLE!, un happening di futurismo in periferia con lett<strong>ure</strong> dei<br />

manifesti, proiezioni video, teatro e musica futurista, che si svolgerà<br />

anche il 20 febbraio.<br />

Dopo il 20 febbraio continueranno<br />

a Roma le celebrazioni per il<br />

centenario del primo Manifesto<br />

Futurista con numerose altre<br />

iniziative.<br />

Quattro notti di jazz ispirate alla<br />

musica e alla <strong>cult</strong>ura futuriste si<br />

svolgeranno dal 24 al 28 febbraio<br />

presso lo storico AlexanderPlatz JazzClub nell’ambito del progetto<br />

BALLA CON DEPERO! con diverse band musicali coordinate dal<br />

maestro Marcello Rosa.<br />

I musei di Villa Torlonia presentano al Casino dei Principi la mostra<br />

L’ARTE DELLA PUBBLICIT‚àö√Ñ. IL MANIFESTO ITALIANO E LE<br />

AVANGUARDIE 1920-1940, che dal 25 febbraio illustrerà l’evoluzione<br />

dell’arte della pubblicità attraverso manifesti e s<strong>cult</strong><strong>ure</strong> delle avanguardie<br />

artistiche tra il 1920 ed il 1940.<br />

Nella Sala Cinema del Palazzo delle Esposizioni saranno proiettati due<br />

filmati in anteprima. Il 21 febbraio il documentario inedito SULLE<br />

TRACCE DEL FUTURISMO, recuperato e restaurato dall’Archivio<br />

Carlo Erba di Roma a cura di Marco Rossi Lecce e di Francesca<br />

Franco, e il 6 marzo il film THAIS di Anton Giulio Bragaglia, presentato<br />

dall’Associazione Culturale ROUTE 66, con musiche dal vivo del<br />

Maestro Sylvano Bussotti.<br />

Dall’1 al 3 aprile il Nuovo Cinema Aquila presenta la rassegna di<br />

cinema futurista AL CENTRO DI UN QUADRO.<br />

Il 5 aprile inaugura la mostra IL FUTURISMO IN AMERICA LATINA a<br />

cura dell’Istituto Italo-Latino Americano con opere di Enzo Benedetto<br />

e di Emilio Pettoruti.<br />

Dal 9 aprile al 31 maggio nello Spazio <strong>Art</strong>e dell’Auditorium Parco<br />

della Musica si svolgerà la mostra a cura di Claudia Salaris<br />

PENTAGRAMMA ELETTRICO Suoni, rumori e parole in libertà, che<br />

ripercorre la storia del futurismo dal punto di vista musicale, attraverso<br />

l’esposizione di materiali e documenti originali, e l’ascolto di registrazioni<br />

di musica e canzoni futuriste.<br />

La Casa delle Letterat<strong>ure</strong> e Arcipelago Italia propongono incontri<br />

tematici sul Futurismo nell’ambito dell’iniziativa IL FUTURISMO E IL<br />

MONDO NUOVO a cura di Arnaldo Colasanti, Massimo Cinque e<br />

Maria Ida Gaeta, presso il Teatro Studio dell’Auditorium Parco della<br />

Musica nelle date del 26 gennaio, 24 febbraio, 30 marzo e 14 aprile.<br />

Il 18 e 19 aprile alle ore 21 il Teatro Brancaccio propone Il poeta<br />

Straniero ovvero STRANIERO UGO,di Maurizio Costanzo e Enrico<br />

Vaime con Roberto Herlitzka, Nancy Brilli e la RIMBAMBAND, per la<br />

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egia di Marco Mattolini. Una celebrazione della poesia e del teatro<br />

futuristi, attraverso la storia totalmente inedita di un poeta futurista, Ugo<br />

Straniero, che non ebbe grandi riscontri in vita e morì, poco più che<br />

sessantenne, facendo il bibliotecario.<br />

Dal 7 al 10 maggio il Teatro<br />

dell’Opera di Roma propone lo<br />

spettacolo FUTURISMO THE BAD<br />

BOYS OF PIANO con musiche di<br />

Savinio, Lourié, Casella, Mortari,<br />

Mix, Casavola, Giuntini, Antheil.<br />

L’esecuzione pianistica di Daniele<br />

Lombardi si fonde con i colori, le<br />

luci, la danza e i filmati, ricreando un clima di nuova spettacolarità in<br />

sintonia con quanto Marinetti ebbe modo di teorizzare nei suoi manifesti<br />

futuristi. Con Ileana Citaristi, Tadashi Endo, Carla Fracci, Maximilian<br />

Nisi, il soprano Susanna Rigacci e il corpo di ballo del Teatro dell’Opera.<br />

Anche la nona edizione della nota rassegna di musica elettronica e arte<br />

digitale DISSONANZE, che si svolgerà l’8 e il 9 maggio presso il Palazzo<br />

dei Congressi e l’Ara Pacis, rivolgerà quest’anno <strong>part</strong>icolare attenzione<br />

alla poetica futurista.<br />

Sempre nel mese di maggio, l’amore segreto e le lettere fra Umberto<br />

Boccioni e Vittoria Colonna saranno narrate dallo spettacolo UNA<br />

PARENTESI LUMINOSA, a cura di Giancarlo Cauteruccio e Gioia<br />

Costa.<br />

L’Associazione Culturale Diritto e Rovescio presenterà invece<br />

CONCERTO A 2 VOCI con Roberto Herlitzka, uno spettacolo di<br />

straordinaria suggestione ispirato a testi di Marinetti, Settimelli, Corrà,<br />

Boccioni, Balla e Cangiullo.<br />

L’ATDC <strong>of</strong>frirà inoltre una SERATA FUTURISTA, rievocazione delle<br />

mitiche serate futuriste, sempre in bilico fra il gioco e la rissa, fra la<br />

battaglia di idee e la beffa, con Giuseppe Pambieri e Sabrina Negri, per<br />

la regia di Giovanni Antonucci.<br />

Music Theatre International propone, poi, LA DIVINA MARCHESA<br />

CASATI, progetto dedicato a una delle muse ispiratrici del Futurismo, la<br />

Marchesa Luisa Casati.<br />

Punto di riferimento dell’estetica futurista, l’aeroplano rappresenta per<br />

Marinetti il simbolo della velocità che permette di realizzare il sogno<br />

dell’uomo di liberarsi dalla schiavitù della gravità, forza passatista. Così,<br />

nell’ambito delle celebrazioni per il centenario, ben si inseriscono tre<br />

iniziative dell’Aeronautica Militare. Il 30 marzo a Centocelle la mostra<br />

“1909-2009 centenario del primo volo in Italia”, nel mese di maggio la<br />

mostra “100 anni del volo”, a giugno presso il Palazzo Aeronautica<br />

una mostra in collaborazione con l’Università di Valle Giulia su<br />

“Aeromoda Futurista”.<br />

Una serie di libri futuristi saranno infine presentati al pubblico nel corso<br />

delle celebrazioni romane per il centenario della nascita del movimento:<br />

FUTURISTE ITALIANE NELLE ARTI VISIVE di Mirella Bentivoglio e<br />

Franca Zoccoli (De Luca Editori d’<strong>Art</strong>e); MARINETTI di Giordano<br />

Bruno Guerri (Mondadori), CACCIATORE DI IMMAGINI di Mario<br />

Verdone (Memori Editore), FUTURISTE. LETTERATURA-ARTE-VITA a<br />

cura di Giancarlo Carpi (Castelvecchi); BOCCIONI DA VICINO di Gino<br />

Agnese (Liguori Editore); I FUTURISTI E LA QUADRIENNALE Autori<br />

Vari (Electa Editrice).<br />

FUTUROMA è un progetto realizzato dal Comune di Roma, Assessorato<br />

82<br />

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alle Politiche Culturali e della Comunicazione, con il coordinamento<br />

organizzativo di Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con il<br />

Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con il Ministero degli Affari<br />

Esteri, in base a quanto previsto dal memorandum del luglio 2007 che<br />

prevede la circuitazione degli eventi organizzati dal Comune di Roma<br />

all’interno degli Istituti Italiani di Cultura all’estero.<br />

Informazioni su FUTUROMA, contact center del Comune di Roma<br />

060608, tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 22.30, opp<strong>ure</strong> navigare sul sito<br />

web. Ufficio Stampa Zètema Progetto<br />

Cultura,p.morici@zetema.it,g.alessio@zetema.it; www.zetema.it.<br />

1.<br />

a. s. scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 10:09<br />

Una meraviglia! Grazie Roma.<br />

2. a. s. scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 10:16<br />

vi ricordate, voi che avete studiato Storiadell’<strong>Art</strong>e solo sull’ARGAN, testo unico per noi studenti di<br />

anni fa, le pochissime righe sul Futurismo? Che indecenza, che miopia!!!!<br />

3. asdrubali scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 10:18<br />

…e pensare che in anni lontani -ma non della pietra- se ne parlava sussurrando, vietato<br />

considerarlo un movimento tra i puiù importanti della <strong>cult</strong>ura, in Italia! Che ridicoli imbecilli! Finalmente ora<br />

un’appr<strong>of</strong>ondimento a tutto campo per celebrare, sì, ma anche per ricordare, capire, sapere più e meglio.<br />

Questo é il modo per crescere intellettualmente come Paese, e per dare ai cittadini informazione, <strong>cult</strong>ura,<br />

amore per le arti!<br />

4.<br />

5.<br />

Ida Gerosa scrive:<br />

2 febbraio 2009 alle 10:51<br />

Fnalmente anche Roma si sveglia e comincia a far <strong>part</strong>e del mondo copntemporaneo…<br />

u-mix scrive:<br />

2 febbraio 2009 alle 13:01<br />

é deprimente l’attenzione al Futurismo solo perché é il centenario della sua nascita.<br />

83<br />

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FOCUS ON VITERBO 1. ARTE CONTEMPORANEA VS LA<br />

CITTÀ | DI ERICA MARINOZZI<br />

30 gennaio, 2009<br />

di Erica Marinozzi<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti<br />

614 lettori<br />

Occhi puntati su Viterbo, con la<br />

prima <strong>part</strong>e di questa panoramica<br />

che ha lo scopo di far conoscere le<br />

modalità attraverso le quali l’arte<br />

contemporanea sta cercando di<br />

definire il suo spazio anche nella<br />

Tuscia grazie al lavoro di ancora<br />

pochi operatori che con coraggio e<br />

passione si mettono in gioco misurandosi con una realtà difficile, se non<br />

impossibile. Si perché parlare di un’arte diversa da quella medievale o<br />

moderna e tentare un approccio allo sperimentale fino a qualche anno fa<br />

era quasi come compiere un sacrilegio. Valga come esempio quello che<br />

accadde undici anni fa in occasione della mostra “Adieu” organizzata<br />

dalla Galleria Ugo Ferranti di Roma presso l’ex chiesa cinquecentesca<br />

di S. Giovanni Battista degli Almadiani trasformata nel corso degli anni in<br />

sede espositiva peraltro non <strong>part</strong>icolarmente funzionale. Le installazioni<br />

permanenti degli artisti Daniel B<strong>ure</strong>n, Sol Le Witt e Jannis Kounellis<br />

destarono talmente tanto scalpore che il consiglio comunale di allora optò<br />

per la cancellazione, nel vero senso della parola¬π. Perdita immensa<br />

non solo per il loro valore ma anche per lo splendido esempio di “dialogo”<br />

tra antico e contemporaneo attualmente tanto in voga all’interno delle<br />

città. Ma erano altri tempi.<br />

In effetti sembrano passati secoli se si pensa che oggi sono in gran <strong>part</strong>e<br />

le istituzioni viterbesi a valutare, selezionare e finanziare i progetti relativi<br />

all’<strong>Art</strong>e e alla <strong>cult</strong>ura contemporanea. Principalmente l’Assessorato alla<br />

<strong>cult</strong>ura della Provincia con il bando di concorso per i contributi per<br />

la <strong>cult</strong>ura (scadenza febbraio 2009) e l’altrettanto importante bando<br />

della Fondazione Carivit che persegue tra i propri fini istituzionali anche<br />

un <strong>part</strong>icolare intervento nell’ambito dell’arte, delle attività artistiche e dei<br />

beni <strong>cult</strong>urali. Fondi che, secondo l’opinione diffusa e quanto sostengono<br />

le associazioni che hanno preso <strong>part</strong>e ai bandi 2008, nella maggior <strong>part</strong>e<br />

dei casi coprono solo in <strong>part</strong>e le spese sostenute per la realizzazione e<br />

che quindi “limitano” l’evento in mancanza di una forma di finanziamento<br />

privata o sponsorizzazione.<br />

Parlando di Associazioni, c’è da menzionare l’Associazione<br />

Universitaria Spatrimonio, nata all’interno della Facoltà di<br />

Conservazione dei Beni Culturali di Viterbo dell’Università degli<br />

Studi della Tuscia, riesce solo in minima <strong>part</strong>e a far fronte alla<br />

mancanza di una seria rete universitaria creatrice e promotrice di azioni<br />

ed eventi <strong>cult</strong>urali e d’arte. Opera nella tutela e valorizzazione e tra le<br />

varie attività organizza convegni, dibattiti ed eventi <strong>cult</strong>urali e artistici. Ne<br />

è un esempio il progetto Cantieri d’<strong>Art</strong>e. La manifestazione, che<br />

quest’anno festeggia il suo quinto compleanno utilizza l’arte<br />

contemporanea per indagare la tematica del rapporto arte-città operando<br />

in luoghi non istituzionali: dal quartiere medioevale della prima edizione<br />

all’intero centro urbano di “Ridisegnare i Luoghi Comuni“ con interventi<br />

site specific degli artisti e architetti 0100101110101101.ORG,<br />

Abbominevole, Com.plot S.Y.S.tem, Ozmo, Franco Menicagli, Alex<br />

84<br />

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Pinna, Stalker e Paul Wiedmer che hanno creato notevole scalpore a<br />

livello nazionale e locale.<br />

Con “La città dei biSogni” titolo<br />

della terza edizione curata da Isabella<br />

Aquilanti, Paolo Martore, Marco<br />

Trulli e Claudio Zecchi, alla quale<br />

hanno preso <strong>part</strong>e gli artisti Elena<br />

Arzuffi, Davide Bertocchi, Botto &<br />

Bruno, Santiago Cirugeda, Paolo<br />

Chiasera, Sarah Ciracì, Com.plot<br />

S.Y.S.tem, Paola Di Bello, E’xtra<br />

paysage, Exyzt, Thorsten Kirchh<strong>of</strong>f,<br />

Eva Marisaldi, Stefano<br />

Mandracchia, ON/Stalker, Nicoletta<br />

Sandrine, Franco Scognamiglio,<br />

Sabrina Torelli , S.O.S. Workshop,<br />

Luca Trevisani e Dubravka Vidovic,<br />

Cantieri d’<strong>Art</strong>e comincia ad essere impostata con una serie di quattro<br />

programmazioni durante tutto l’anno associate a conferenze, dibattiti,<br />

proiezioni video e interventi artistici non più esclusivamente site specific.<br />

E infine l’edizione 2008 “Visioni Urbane Contemporanee” a cura di<br />

Marco Trulli e Claudio Zecchi, ancora una volta articolata in diversi<br />

eventi con gli artisti Elena Arzuffi, Flavio Favelli, Andrea Mastrovito,<br />

Laboratorio Saccardi, Andrea Salvino che hanno <strong>of</strong>ferto una lettura<br />

della città legata ad approccio più visivo-percettivo, una città<br />

contemporanea e pop che si nutre di suggestioni di tipo utopico e<br />

visionarie. Inoltre per la prima volta è stato associato alla manifestazione<br />

un concorso per giovani artisti per lo special project “Spazi Manifesti”<br />

vinto dall’artista romano Sebastian Comelli. Per il 2009 Cantieri d’<strong>Art</strong>e<br />

realizzerà “s(PIAZZA)menti” l’ultima <strong>part</strong>e di Visioni Urbane<br />

Contemporanee in collaborazione con il Comune di Viterbo:<br />

un’installazione permanente del gruppo A12, una rievocazione<br />

emozionale attraverso un sistema sonoro che riproduce il suono delle<br />

acque del fiume Urcionio nel sottosuolo. E poichè cinque anni sono tanti<br />

ed è tempo di bilanci, è in preparazione un video-dossier con interviste<br />

agli artisti. Ma si pensa anche al futuro con un ambizioso progetto: la<br />

realizzazione di un network di scambio e relazioni con altri progetti d’arte<br />

contemporanea nello spazio pubblico del Lazio.<br />

Nel capoluogo della Tuscia c’è<br />

un’altra realtà che sta crescendo e<br />

lascia ben sperare e della quale<br />

abbiamo già parlato poiché è da poco<br />

terminata la seconda edizione. Si<br />

tratta di AMBIENTARTI evento d’arte<br />

per l’educazione ambientale<br />

organizzata dall’Assessorato<br />

all’ambiente della Provincia di Viterbo<br />

in collaborazione con gli Assessorati<br />

provinciali al Turismo e alla Cultura<br />

e curata da Cristina Antonini e<br />

Davide Sarchioni. Come si deduce dal titolo stesso, la tematica è<br />

principalmente rivolta all’ambiente, indagato attraverso opere di giovani<br />

artisti contemporanei. La prima edizione, dedicata ai cambiamenti<br />

climatici, si è svolta in due appuntamenti, rispettivamente in estate<br />

85<br />

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all’Orto Botanico dell’Università della Tuscia e in autunno nella pittoresca<br />

cornice del Palazzo Doria Pamphilj a San Martino nel Cimino in provincia<br />

di Viterbo. Quattro le mostre (“Ambient<strong>Art</strong>i” di arte contemporanea, “Ad<br />

Ogni Latitudine: storia e paesaggi per immagini” di fotografia, “La<br />

Voce Del Fiume: gli insetti raccontano la qualità delle acque” di<br />

didattica e infine “La Casa Ecologica” <strong>of</strong>ferta dalla Regione Toscana) e<br />

la <strong>part</strong>ecipazione dei seguenti artisti, la maggior <strong>part</strong>e dei quali gravitano<br />

nell’ambiente viterbese: Paul Wiedmer, Corrado Nucci, Igor Imh<strong>of</strong>f,<br />

Patrick Alò, Lapo Simeoni, Cristina Antonini, Davide Sarchioni,<br />

Maurizio Aprea, Nemanja Nikolic, Margherita Levo Rosemberg,<br />

Francesco Varesano, Gianni De Paoli, Stefano Di Maulo, Manuela<br />

Feliziani, Marco Minotti, Andrea Sterpa, Federico Pacini, Federica<br />

Chimenti, Mauro Sergio Neri Da Silva.<br />

La seconda edizione da poco terminata, ha affrontato come tematica una<br />

riflessione sull’arte che si inserisce nell’ambiente e comporta una rilettura<br />

e un approccio diverso sia che si tratti dell’esterno (“Ambiente-Outside”<br />

a maggio presso l’Orto Botanico di Viterbo) sia negli interni (Habitat –<br />

Ambiente 1 a Palazzo Gentili sede della Provincia di Viterbo,<br />

Landscapes / Inscapes under construction-Ambiente II a Palazzo dei<br />

Priori, sede del Comune di Viterbo e infine Project Room Ambiente III<br />

presso l’ex Tribunale con relativa Chiesa tutti all’interno del centro storico<br />

della città). Lo stile della manifestazione è piaciuto talmente tanto che,<br />

per questo 2009, qualcosa del genere sembra verrà realizzato anche a<br />

Siena, fortemente voluto, pare, dal Comune di Siena con la<br />

collaborazione di SMS Contemporanea (per chi non lo sapesse è il nuovo<br />

nome del Centro <strong>Art</strong>e Contemporanea di Palazzo delle Papesse), ma<br />

ancora è tutto ufficioso e non ufficiale.<br />

Non mancherà ovviamente l’edizione viterbese che ormai punta a<br />

diventare un must e questa volta come ci dice Davide Sarchioni uno dei<br />

curatori, sceglierà come sfondo le bellissime piazze viterbesi e un tema<br />

molto attinente alla luce. Questo per quanto riguarda l’estate…: per<br />

l’inverno ci sarà tempo!<br />

1 – Ne parla Marcello Carriero nel catalogo “Iperluogo e Altri Luoghi”,<br />

Border Image, Collana di Cultura Visiva Contemporanea, Ed. King,<br />

Viterbo 2007<br />

Risorse Online:<br />

Sito della provincia di Viterbo www.provincia.vt.it<br />

Sito della Fondazione Carivit www.fondazionecarivit.it<br />

Link per l’Associazione <strong>cult</strong>urale Spatrimonio www.unitus.it/beni/index.php/studenti/associazioni<br />

/spatrimonio<br />

Cantieri d’arte www.cantieridarte.org<br />

Ambientarti www.ambientarti.eu<br />

1. a. s. scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 10:08<br />

ma che buffo, pensavamo che Viterbo fosse del tutto morta, invece qualche segno di vitalità<br />

<strong>cult</strong>urale c’é… Stando nell’hinterland, queste notizie ci rallegrano. Grazie.<br />

2.<br />

Erica Marinozzi scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 12:43<br />

Qualche spiraglio di luce ogni tanto si intravede…<br />

3. angelo scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 16:09<br />

s<strong>of</strong>fiamo , s<strong>of</strong>fiamo tutti insieme in modo che le nebbie della ‘gnuranza si dissolvano facendo<br />

passare sempre più raggi di luce,<br />

tifo per voi viterbesi.<br />

4.<br />

daw scrive:<br />

30 gennaio 2009 alle 18:36<br />

non siete messi per niente male<br />

86<br />

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IL DIO TEMPO A YAZILIKAYA | DI CARLO FORIN<br />

31 gennaio, 2009<br />

di arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong> redazione<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, beni <strong>cult</strong>urali<br />

575 lettori<br />

di Carlo Forin | Ho chiesto alla redazione di “art a <strong>part</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong><strong>ure</strong>” di<br />

<strong>part</strong>ecipare alla rivista con l’illustrazione del corteo divino dei Massi Incisi<br />

di Yazilikaya. Ne ho ricevuto il consenso di cui la ringrazio.<br />

Sono stato attratto, come onomasiologo -studioso dei nomi-, dal nome<br />

“art a <strong>part</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong><strong>ure</strong>” perché io, come archeologo del linguaggio, mi sento<br />

<strong>part</strong>e altra dell’unica <strong>cult</strong>ura a cui ap<strong>part</strong>eniamo.<br />

E’ oggetto principale della mia attenzione un fenomeno artistico privo di<br />

nomi nella sua configurazione originale su pietra (da qui l’apertura del<br />

dialogo con voi), ma che con i nomi che gli studiosi hanno sovrapposto<br />

nel tempo è pronto finalmente alla ’comprensione’ di tutti (come la intende<br />

Hans Georg Gadamer in Verità e metodo [Bompiani 2004]).<br />

L’<strong>Art</strong>e in questione è questo oggetto del 1250 a.C.:<br />

http://www.atamanhotel.com/whc/hattusa-yazilikaya-relief.html<br />

Qui sopra, potete osservare un corteo di fig<strong>ure</strong> divine antiche incise sulla<br />

roccia alle quali dei nostri contemporanei hanno sovrapposto,<br />

nell’immagine Internet, dei numeri che a <strong>part</strong>e decodificano con i nomi<br />

degli dèi corrispondenti, ma con spiegazioni molto parziali.<br />

Con una eidologia, neologia, che uso come ’prima immagine del tutto’<br />

osservato, chiamo il fenomeno da spiegare adeguatamente ’corteo del<br />

dio del tempo’ (Il concetto di tempo di Martin Heidegger si allarga in<br />

questo modo al passato, dal futuro).<br />

Il tempo della presente analisi si colloca tra l’evento accaduto il 5 aprile<br />

2008 a Vittorio Veneto – convegno nazionale “Antares, alle origini perdute<br />

della <strong>cult</strong>ura occidentale” del quale sono in stesura gli Atti, che potete<br />

prenotare a questa e-mail- ed il Global Rock <strong>Art</strong> – IFRAO International<br />

Congress <strong>of</strong> Rock <strong>Art</strong> National Park, Serra da Capivara РPiau√≠,<br />

BRAZIL – June 29 – July 3, 2009.<br />

Antares è il nome di una stella ed il nome di un dio, esaminato in 137<br />

articoli su www.siagrio.it dal dicembre 2001 al febbraio 2009.<br />

Ho chiamato teonomasiologia la rubrica, come ’studio comparato dei<br />

nomi degli dèi’.<br />

In sette anni è emersa, in questo studio, l’archeologia del linguaggio, sulla<br />

base della constatazione del tempo diverso di durata di una parola<br />

comune rispetto a quello del nome di un dio: il tempo di una parola<br />

normale è inframillenario, quello di un teonimo è ultramillenario.<br />

Così, come un reperto archeologico materiale stacca dagli altri detriti, il<br />

nome di un dio stacca dalle altre parole storiche.<br />

Il nome Antares ha 4279 anni.<br />

Radica nella <strong>cult</strong>ura sumero-accadica come AN TAR ISH e TAR AN ISH,<br />

ha riscontro ad Ebla come AN TAR ESH, nei Veda come ANTARIKSHA,<br />

nell’impero ittita come EZEN AN.TAH-SUM, tra I Celti come Taranis. Un<br />

documento dell’archivio storico della Biblioteca Civica di Vittorio Veneto lo<br />

fa risalire al 1435 per identificare il colle al centro della Città: il monte<br />

Altare.<br />

Massi incisi per<br />

legittimare il potere<br />

Noi lo osserviamo in<br />

questo link nei Massi<br />

incisi di Yazilikaya, nel<br />

87<br />

art a aprt <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>) | www.arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.net


Nord-Est dell’Anatolia,<br />

a 200 chilometri ad<br />

oriente di Ankara, in<br />

periferia dell’antica<br />

capitale ittita di<br />

Hattusa, odierna<br />

Bogdazoy.<br />

E’ opera nel 1250 a.C.<br />

di Puduhepa, vedova di<br />

Hattusilis III, madre di<br />

Tudhalya, che fu IV e<br />

regnò dal 1250 al 1225.<br />

Questo re non era<br />

titolato al regno, che<br />

non spettava nemmeno<br />

al padre, ma ad Uri Teshup, figlio di suo fratello Muwatallis che combattè<br />

a Qadesh contro Ramses II.<br />

La costituzione ittita riservava la corona al secondogenito -Muwatallis- e<br />

alla sua discendenza -Teshup-, mentre il primogenito -Hattusilis IIIdoveva<br />

essere destinato agli dei come sacerdote.<br />

Hattusilis, devoto ad Ishtar, frequentò un tempio di Ishtar, incontrò la figlia<br />

del gran sacerdote Puduhepa, ierodula -puttana sacra- la fece sua moglie<br />

e generarono Tudhalya.<br />

Il tempo dell’illeggitimità è totale fin dal loro sedere al trono.<br />

La figura 44 del corteo sopra istoriato è lo scopo di tutta l’opera.<br />

Mentre gli Usa hanno riconosciuto legittimo il loro 44a presidente, gli Ittiti<br />

tendevano a non riconoscere legittimo possessore dell’imperium, cioè del<br />

diritto di vita e di morte su ogni suddito, il figlio di Puduhepa -rimasta<br />

vedova di Hattusilis III- perché non titolato. La regina aveva gli Hurriti,<br />

popolo bellicosissimo, a sostenerla, ma sapeva bene che la legge non<br />

era dalla sua.<br />

Dunque, ha esposto la sua ideologia religiosa per giustificare un potere<br />

che non spettava né a lei, né al marito né al figlio. La Storia ci dice che il<br />

figlio regnò in seguito per 25 anni.<br />

Dunque, la rappresentazione, unita alle armi in mano agli Hurriti, fu<br />

efficace.<br />

-Per amore e per forza- come si canta ancora al Palio di Siena.<br />

Eidologia-Ideologia del tempo<br />

Il dio del tempo del corteo ha il numero 42 col nome di TE SHUP, mentre<br />

la n. 43 che gli sta di fronte è HE PATU. Il 44 è SHARRUMA.<br />

Costui è undicesimo di una sequenza che comincia dal n. 34.<br />

Chiamiamo la sequenza 34-43: AN TAR ISH, che si legge ’unione e<br />

separazione (TAR) del Cielo (AN) e della vita sulla Terra (ISH)’.<br />

Chiamiamo eidologia (ciò che appare) il sistema divino così configurato,<br />

ideologia, invece, Puduhepa al n. 43, Hattusilis III al n. 42, Tudhalya al n.<br />

44.<br />

Ovvero: l’autrice invita gli osservatori a riconoscere lei stessa nel destino<br />

di entrare nel n. 43, il marito morto nel n. 42, il figlio nel n. 44 post<br />

mortem.<br />

Quest’ultimo punto viene meglio spiegato dal figlio con l’immagine che lo<br />

rappresenta sotto braccio a Sharruma istoriata sul suo sarc<strong>of</strong>ago.<br />

Lustro<br />

La jerogamia, il matrimonio sacro, è il tema più generale qui sviluppato.<br />

88<br />

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Il lustro, il tempo di cinque anni-sessanta mesi, ci è chiaro ora dopo la<br />

provocazione introdotta al congresso Antares di Vittorio Veneto<br />

dall’archeoastronomo Adriano Gaspani, che pronunciò circa queste<br />

parole:<br />

-Io, come archeoastronomo, ho prove della conoscenza europea, letta<br />

nell’ordine del cielo, del tempo di cinque anni necessario all’anno lunare,<br />

di 11 giorni più corto di quello solare, per pareggiare circa il ciclo del sole.<br />

Voi, che sostenete la tesi di Giovanni Semerano, alla cui memoria questo<br />

convegno è dedicato, dimostratemi che questa misura del lustro era<br />

notoria in Oriente ed avremo la base per discutere serenamente il tema<br />

su cui siamo convenuti-<br />

(Re.: “Antares, alle origini perdute della <strong>cult</strong>ura occidentale”).<br />

BIL KI LIB BA, “Il doppio circolo del Cielo (LIB) e della Terra (KI)” è il tema<br />

sumero sviluppato nei due circoli 34-38 e 39-43. BA, l’anima, è il<br />

connettivo dei due circa, KIR KA, in etrusco = anima (KA) che fa andare<br />

IR la Terra KI<br />

e replica BI la vita (bis) di IL, il dio del Cielo e dell’Aria En Lil.<br />

Il Sole n. 34 sposa la Luna n. 35 ed ISH TAR, SHAUSHGA in hurrita, n.<br />

38 li unisce e separa con le sue attendenti Ninattu e Kulitta, 36 e 37.<br />

N. 39 è Ea, ID EA, il dio Ea, fratello gemello di IL, En Lil.<br />

AE DI, Aedi, il tempio in ablativo, è il seme A della casa E del dio DI.<br />

Ideale, latina ideale connette gli dei gemelli EA ed EL col ribaltamento di<br />

LE.<br />

Lustro ‚Äö√ú√ lustro ‚Äö√ú√ LUS TUR = SUL TUR, dove il giro Sole<br />

(Sol) Luna (lus) sono due circoli circa sovrapposti. Il lustro come<br />

cerimonia di purificazione, lustrale, è ampiamente documentato nella vita<br />

latina con i cortei lustrali che <strong>part</strong>ivano dal campo Martio.<br />

Lustra sex jam peregit è un inno di Venanzio Fortunato alla passione di<br />

Cristo che aveva compiuto ormai sei volte i cinque lustri prima di caricarsi<br />

tutti i peccati del mondo per purificarlo con la Croce.<br />

Suggerisco il link<br />

http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article3213<br />

per ripercorrere il tema dei cortei dei penitenti e dei flagellanti cominciato<br />

qui il 5 giugno 2008 per proseguire su Yazilikaya e concludere con La<br />

sc<strong>ure</strong> nel fascio.<br />

Chi scrive è perfettamente consapevole della rivoluzione <strong>cult</strong>urale<br />

sollevata dalla comprensione di quest’opera d’arte.<br />

Ho il piacere di aver potuto esporre il ’libro’ Lingua fu dingua in<br />

www.agoramagazine.it dal 29 novembre al 31 dicembre 2008.<br />

Vi ringrazio dell’ospitalità,<br />

dr Carlo Forin<br />

carlo.forin1@virgilio.it<br />

gradisco il dialogo.<br />

Ometto la bibliografia per via della commistione cartaceo web che<br />

indurrebbe in omissioni certe.<br />

1. erminia scrive:<br />

2 febbraio 2009 alle 15:35<br />

accidenti, che bel testo, originale, forbito, interessantissimo. grazie della scelta.<br />

erminia s.<br />

2. paola scrive:<br />

2 febbraio 2009 alle 20:29<br />

Stupendo! Anche per chi, come me, non é proprio dentro ‘alle segrete cose’ dell’arte e<br />

dell’archeologia.<br />

Se ne dovrebbe parlare di più.<br />

Complimenti.<br />

3.<br />

Carlo scrive:<br />

89<br />

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4.<br />

3 febbraio 2009 alle 06:46<br />

Grazie ad Erminia e a Paola.<br />

Ne parlerò di più, qui! Vi ringrazio, soprattutto, di aver preso l’iniziativa del commento.<br />

Ti confesso, Paola, che io ho dall’arte solo le poche nozioni datemi a scuola, al liceo scientifico poi, negli<br />

anni sessanta. La comprensione mi viene dall’archeologia del linguaggio.<br />

Ho scritto più di 400 articoli in vari siti Internet, perché il mondo del cartaceo é preda di circoli riservati.<br />

Pensate che ho dovuto raccogliere 10 euro ciascuno da 100 cittadini per stampare il mio libretto Antares,<br />

dagli déi di Babele alle lingue d’Europa! Che vi posso mandare.<br />

Ho scritto 137 articoli su http://www.siagrio.it /Antares.<br />

Comunque sia, visto che ho trovato, e finalmente, la sensibilità acuta di due come voi, Erminia e Paola,<br />

sarà una gioia parlarne di più, qui in art a <strong>part</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong><strong>ure</strong>!<br />

lello v scrive:<br />

3 febbraio 2009 alle 10:37<br />

<strong>Art</strong>icolo <strong>part</strong>icolarissimo, pieno di input per appr<strong>of</strong>ondimenti futuri… grazie ragazze/i!<br />

90<br />

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GLI SCHELETRI DI VIA DUOMO. IL GIALLO DI STEFANIA<br />

NARDINI FRA PRESAGI E MEMORIE | DI ISABELLA<br />

MORONI<br />

31 gennaio, 2009<br />

di Isabella Moroni<br />

inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, libri letteratura e poesia<br />

459 lettori<br />

Gli Scheletri di Via Duomo è una<br />

chiave.<br />

Una chiave conservata con<br />

prudenza e delizia per proteggere<br />

quel che si nasconde dietro quella<br />

porta.<br />

Una chiave per accedere agli anni<br />

’70 ed in <strong>part</strong>icolare alla Napoli<br />

degli anni ’70, un mondo a <strong>part</strong>e che l’autrice costruisce come un origami.<br />

Poche mandate e la porta si apre.<br />

Stefania Nardini ci guida in questo mondo riemerso, fatto di transistor e<br />

contrabbando, di portierati potenti, cartomanti e scugnizzi. Gli stessi<br />

destinati a diventare uomini e capi dei clan attuali, senza più memoria di<br />

quella malavita romantica e guascone alla quale ancora ci si inchinava<br />

poco più di 30 anni fa.<br />

Una guida scaltra e provocatoria che, nel pr<strong>of</strong>ondo del cuore patteggia<br />

per la città, anche se è sporca e ferita, mariuola ed affamata.<br />

La scrittura di Stefania Nardini non edifica, svela.<br />

Come nel migliore giornalismo d’inchiesta, prende possesso dell’occhio<br />

del lettore e ne ravviva la curiosità ed i sentimenti costruendo pagina<br />

dopo pagina, con repentini cambi di inquadratura, tagli e primissimi piani,<br />

una storia stupefacente e prodigiosa, densa di <strong>part</strong>icolari e di scoperte.<br />

Così si penetra in quel “ventre di Napoli” di confine che è Forcella, un<br />

quartiere a cavallo fra l’anima levantina della Marina e quella tradizionale<br />

del Duomo; si ricordano o si scoprono personaggi, vicende, amori e<br />

segreti, si rievocano oggetti perduti (un mangianastri, un transistor, una<br />

macchina per scrivere) canzoni passate, poteri e strategie dimenticate,<br />

mentre Radio Camorra trasmette crittografie, codici segreti, pizzini<br />

Di questo libro così speciale ne parliamo con l’autrice.<br />

1.Stefania Nardini, dunque: dove nasce la passione per questa<br />

storia un po’ noir?<br />

La storia si ispira a un fatto di cronaca realmente accaduto. Di quelli che<br />

catturano l’attenzione dell’intera città. Avendo lavorato dieci anni a Il<br />

Mattino ne avevo sentito parlare in <strong>part</strong>icolare dal mio compagno. Perché<br />

in effetti fu lui a seguirla come cronista. E mi spiaceva che andasse<br />

dimenticata come tante altre. L’ho recuperata, l’ho infarcita di personaggi,<br />

mi sono lasciata trascinare. E’ stato un lavoro di grande aiuto. Ero stata<br />

appena operata di cancro, avevo un tubo di drenaggio e dolore. Ho<br />

sperimentato cosi’ che la scrittura è meglio di una medicina.<br />

2.Gli anni 70 a Napoli hanno un gusto quasi casereccio: la camorra<br />

di allora era ancora davvero solo contrabbando, opp<strong>ure</strong> già si<br />

preparava la nuova organizzazione?<br />

Era una camorra diversa. In realtà, anche se puo’ sembrare paradossale,<br />

la lotta contro il contrabbando delle sigarette ha rapidizzato lo spaccio<br />

dell’eroina. La Forcella che racconto nel libro è un quartiere che vive<br />

ancora dell’epopea degli anni della guerra. Forcella era l’illegalità intesa<br />

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come ragione di sopravvivenza. Poi le cose cambiarono con gli scontri tra<br />

le famiglie che si contendevano il mercato della droga. E tutto si ando’<br />

esasperando. Stava cambiando anche il “codice” della camorra sempre<br />

più spietata sempre più “azienda”. Basti pensare ad Annalisa, la ragazza<br />

che venne uccisa per sbaglio durante un regolamento di conti proprio a<br />

Forcella. Ai Giugliano , al loro impero, alla cocaina che travolse anche<br />

Maradona. La camorra degli anni ’70 era ancora quella di uomini e donne<br />

d’”onore”. Oggi assolda i ragazzini li equipaggia di motorini,<br />

rigorosamente senza casco per evitare che li scambino per killer, per fare<br />

i corrieri, i pali. “Mio figlio ora si puo’ sposare” mi racconto’ una persona<br />

“guadagna col “mezzo” e porta a casa 500 euro a settimana. Tanto era<br />

disoccupato”<br />

3.Napoli, ancor più del cronista che ci racconta l’evento, sembra<br />

essere la vera protagonista del tuo libro. Cosa è rimasto oggi della<br />

città di cui narri ?<br />

Al di là dei luoghi comuni è rimasto molto. Napoli è una città straordinaria<br />

nel bene e nel male. Quale quella città dove, se hai problemi a<br />

parcheggiare perché l’abusivo è andato a prendere un caffè, ti ritrovi un<br />

tizio che si improvvisa volontario per darti una mano? Anche il dialetto,<br />

che poi è una lingua, è ricco di una poesia meravigliosa. Ma ripeto è<br />

estrema nel bene e nel male. Cos’è rimasto della Napoli che racconto?<br />

La generosità e la “fetenzia”. E poi questa <strong>cult</strong>ura del favore, della<br />

clientela, che è nel dna della città. E’ una <strong>cult</strong>ura che resiste e resisterà<br />

perché Napoli non crede di avere dei diritti ma delle “cortesie”. E’ un<br />

circolo vizioso. Ho conosciuto la Napoli di tangentopoli che reagi’ da vera<br />

città plebea, pronta a sputare in faccia al potente che aveva riverito fino al<br />

giorno prima. La Napoli che di fronte al dramma dei rifiuti, che non è mai<br />

stato una novità, tranne manifestazioni spontanee, talvolta anche<br />

impulsive, in realtà non si è ribellata di fronte a chi aveva delle<br />

responsabilità. Napoli è una città combattente, capace di dare il massimo,<br />

quando deve cacciare lo straniero. Ma se il nemico è in casa non riesce<br />

ad essere aggressiva ad imporsi strategicamente. Al massimo, come<br />

spesso è accaduto ieri e oggi, sputa in faccia al potente sconfitto. Napoli,<br />

secondo me, a <strong>part</strong>e la letteratura più classica, è ben emblematizzata in<br />

due opere: don Raffaé di De André, e “Cosi’ parlo’ Bellavista”<br />

Ma Napoli è, come è sempre stata, una grande madre. E non mi<br />

dicessero che è razzista. Puo’ esserlo nei discorsi di fantapolitica da bar.<br />

Ma alla fine il piatto di minestra ci scappa anche per il senegalese<br />

clandestino.<br />

4.Tutti i personaggi di questa storia, compresi gli scheletri, hanno<br />

una personalità unica ed originale; ognuno è una storia nella storia.<br />

Da quali ricordi e da quale immaginario provengono?<br />

Dal mio amore per la città. Un amore antico, anche perché io sono<br />

romana. Ci sono personaggi che ho conosciuto nella mia infanzia. O che<br />

mi sono stati raccontati da mia madre, figlia di un napoletano e in più<br />

attrice di teatro, e il teatro ha sempre avuto un grande riconoscimento a<br />

Napoli. Poi facendo la giornalista di soggetti interessanti ne ho incontrati<br />

tanti. Ma sai non è una questione di pr<strong>of</strong>essione, ma del saper cogliere<br />

l’occasione che il grande palcoscenico della città ti <strong>of</strong>fre. Di comari<br />

“Schiattamuorti” o di portiere come Maria ce ne sono un’infinità. Basta<br />

fermarsi, osservare, chiacchierare.<br />

5.La tua scrittura sembra scaturire spontanea dal cuore della città:<br />

qual è il legame fra te e questa Napoli “miracolosa”?<br />

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Un legame fortissimo. A <strong>part</strong>e avi napoletani, quel “miracolo” l’ho sempre<br />

respirato, anche scelto. Non a caso ho sposato un napoletano. Ma c’è di<br />

più. Quando rimasi incinta abitavo a Roma. Ma scelsi di <strong>part</strong>orire a<br />

Napoli. Fu un omaggio a mio figlio che oggi vive questo aspetto<br />

anagrafico con un forte senso di identità pur essendo cresciuto altrove.<br />

Che dire? Io resto incantata quando Antonio Ghirelli mi racconta le sue<br />

storie napoletane. C’è una poesia, un relax, un’atmosfera straordinaria. E<br />

poi la musica. Fin da piccola ascoltavo le canzoni di mio padre, p<strong>ure</strong> lui<br />

romano, ma un fan di Sergio Bruni, Mario Abbate. E quelle canzoni sono<br />

state la colonna sonora della mia infanzia. Mi hanno trasmesso un senso<br />

di creatività, di leggerezza. Anche nei momenti dolorosi. Poi le ho anche<br />

contestate per dovere generazionale, ma mai fino in fondo. Poi per<br />

temperamento non amo le città piatte. Non a caso ho vissuto quattro anni<br />

a Marsiglia. Che pero’ essendo francese è molto più “ordinata”. Napoli è<br />

l’eccellenza nel miracolo. Perché il miracolo è quotidiano. Anche se poi<br />

ha la sua invivibilità, disagi che sono inimmaginabili altrove. Ma è cosi’.<br />

Sarà sempre cosi’ perché è questa la sua eternità.<br />

Stefania Nardini giornalista e scrittrice, è una romana innamorata delle<br />

due città dove ha vissuto: Napoli e Marsiglia. Vive tra l’Umbria e la<br />

Francia. Ha pubblicato Roma nascosta (Newton Compton, 1984) e<br />

Matrioska (Pironti, 2001). Ha fondato con Giulio Mozzi Vibrisselibri, è<br />

redattrice del multiblog La poesia e lo spirito. Cura la pagina libri Scritt<strong>ure</strong><br />

& pensieri per il quotidiano dell’Italia centrale Corriere Nazionale.<br />

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