STORIE | Quindici anni fa l’addio ad Onofrio Brindisi, protagonista della vita culturale e religiosa di Vibo

L'amore per Cristo e per gli emarginati. Il tre gennaio del 2004 la città si svegliava con una notizia triste: monsignor Onofrio Brindisi tornava alla casa del Padre

brindisi

Tre gennaio 2004, la giornata è fredda a Vibo Valentia. E’ un sabato. La città è una coltre di gelo e si prepara per il tradizionale mercato in vista della Epifania. Una notizia triste la attraversa per un risveglio amaro: Mons. Onofrio Brindisi è tornato alla casa del Padre.

La biografia. Nato a Reggio Calabria l’11 novembre 1933, da papà Antonino e mamma Antonia, primo di tre fratelli – lo seguirono Pasqualino e Adriano – nella città della Fata Morgana, il piccolo Onofrio compie i suoi primi studi. Durante l’anno scolastico 1943-44 si trasferisce a Polistena, dove frequenta la prima media.
“Era un dodicenne gracile, ma dinamico. Non c’erano dubbi sulla sua vocazione”, scrivono Filippo Ramondino e Agostino Carrabba nel libro Onofrio Brindisi, sacerdote e scrittore (Adhoc, 2009).
Ai primi di ottobre del 1946, papà Nino carica la sua auto con “due valigie… due sacchi di farina per la retta, il materasso e una sedia”. Con questa “dote”, Onofrio fa il suo ingresso al Seminario di Mileto, un enorme edificio che accoglie, in quegli anni, ben 120 allievi. Onofrio frequenta con gran profitto le classi ginnasiali, per poi proseguire presso il liceo del Pontificio Seminario Pio XI di Reggio Calabria. Qui inizia il suo contatto con il mondo dei Gesuiti che continuerà con gli studi Universitari a Napoli presso la Pontificia Facoltà di Teologia, guidata dal gesuita padre Armando Gargiulo. Studi che si concluderanno nel 1957 con la licenza in Sacra Teologia.
Brindisi rimane folgorato dalla figura dello scienziato e teologo gesuita Teilhard de Chardin, incentrata sulla unificazione cristica dell’universo (“Tutto è stato creato per Lui e in vista di Lui”, Col. 1,16). Pensiero in cui è compresa e comprensibile la teoria dell’evoluzione che si concilia con l’antropologia cristiana. La complessità del pensiero Teilhardiano, lo accompagnerà per tutta la vita.

Da Polistena a Vibo. Il 25 luglio 1957, Brindisi viene ordinato sacerdote nella chiesa madre di Polistena dal vescovo Vincenzo De Chiara. Quattro anni dopo, il 23 ottobre, prende possesso della sua prima parrocchia, Maria SS. Del Rosario a Polistena. E’ un sacerdote che ama e si fa amare dalla sua comunità parrocchiale.
E’ in questi anni che inizia la sua produzione letteraria. Nel 1966 collabora con l’Avvenire di Calabria e nel frattempo scrive i suoi primi libri: Il Catafratto (1970) e Un diario. Ovverossia un caso serio (Pellegrini, 1971).
Nel 1971, dopo un decennio, lascia Polistena, che rimarrà sempre nel suo cuore, per arrivare nella città che amerà incondizionatamente. Di Vibo Valentia conosceva bene la sua lunga e nobile storia, avendo letto quasi con avidità di conoscenza i libri di mons. Francesco Albanese. Una storia che lo aveva intrigato e catturato nel profondo dell’animo e di cui sarebbe diventato non solo mentore, ma protagonista.
Di questo suo amore vi è traccia indelebile nella dedica di apertura della sua ultima fatica letteraria Vento sulla Collina, Un racconto di Vibo Valentia (Mapograf, 1993), dove si legge: “A Vibo Valentia madre di gioie e madre di dolori”.
Don Onofrio Brindisi giunge a Vibo Valentia, come arciprete del Duomo di San Leoluca e Santa Maria Maggiore, il 17 ottobre 1971. In quegli anni la città è un cantiere sociale e culturale aperto e fervido. In questo contesto di crescita non pare vero di potersi cimentare a don Onofrio. Un’arena di cultura attenta e un ambiente religioso vivo.
Don Onofrio fa subito comunità, intorno a lui si radunano diversi gruppi di giovani. Sotto di lui, la parrocchia prende nuova vita e anche la chiesa nella sua struttura viene interamente restaurata. Vengono avviati una serie di progetti, tra cui la realizzazione delle Porte del Tempo, in bronzo, dello scultore polistenese (un legame…) Giuseppe Niglia, inaugurate il 7 dicembre 1975.

Il Premio Internazionale della Testimonianza. Nel frattempo, Brindisi istituisce nel 1973 – con felice intuito – il Premio Internazionale della Testimonianza, da consegnare ogni anno in occasione della festa del santo patrono. Un premio destinato a lanciare e a lasciare un messaggio della Parola, e destinato alla storia dell’antica Ipponio. Tanti i testimoni che si susseguono, tra cui Madre Teresa di Calcutta, il cardinale Glemp, lo scienziato Zichichi, i genitori di Nicholas Green, il ct azzurro Arrigo Sacchi. Purtroppo come ogni cosa calabrese, il Premio viene trascurato dalla grande stampa e questo lo cruccia non poco.
“Il bene che si fa in Calabria non deve fare notizia, il bisogno di rinascita che prova una terra nella maggioranza nobile e buona, deve andare frustrato, la stampa che vuole la nostra gente ignorante, infarcita di mafie e faide, deve essere rispettata a tutti i costi”, così scrive nel marzo 1995 mons. Brindisi in una dura nota diretta agli organi di stampa – compreso il cattolico Avvenire – che non avevano fatto menzione al riconoscimento dato ai coniugi Green per la donazione degli organi del piccolo Nicholas.

Il Valentianum. Si deve alla sua instancabile opera il recupero del Valentianum, la istituzione del Museo del Duomo, l’organizzazione di incontri, convegni, iniziative culturali, tra cui la nascita della scuola sociale Diakonia e il tentativo di dare una libera università a Vibo Valentia, con la istituzione dell’Humania, ma anche la realizzazione di centri di accoglienza, di impegno in favore dei poveri, degli emarginati, dei disabili. Nascono così la Casa di Nazareth, centro di accoglienza, la mensa del Samaritano, la Casa di Marta, per ragazze in difficoltà.
A Vibo continua senza soste anche l’opera letteraria di Brindisi, che dà alle stampe Vriemia (1975), Le Porte del Tempo (1978), Una Murra con Cristo (1981), Mater (1982), Clessidra (1984), La ballata della Trinità (1988). Collabora con il settimanale Pronto? Qui Calabria ed edita, anche se per pochi numeri, il giornale Diakonia.
“Nè vi dirò se fosse lì lì per essere nominato vescovo… Altri ne han parlato e chissà quanti ne parleranno ancora…”, scrive Filippo Curatola all’indomani della morte di Onofrio Brindisi. Di certo la sua opera, le sue parole, il suo pensiero, il suo amare, la sua instancabile testimonianza cristiana e umana rimarranno nel segno di Cristo, nella storia della sua Ipponio – Valentia.

L’addio. I suoi funerali vengono celebrati il 4 gennaio 2004. Nella sua omelia il vescovo Domenico Tarcisio Cortese lo descrive così: “Nel nostro ricordo rimarrà una persona che ha servito con grande passione la Chiesa e con grande dedizione la città…”.
Per ricordare il quindicesimo anno della sua scomparsa, sabato 5 gennaio sarà celebrata una messa nella sua casa terrena, il Duomo di San Leoluca e Santa Maria Maggiore.

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