Cronaca

‘Ndrangheta, i timori dei clan per le rivelazioni di Emanuele Mancuso: “E’ una bomba ad orologeria”

Emergono nuovi dettagli dalle 580 pagine che costituiscono l'inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro e denominata "Malapianta"

Emanuele-Mancuso-e-Carcere

Temevano le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la cui scelta veniva giudicata “vergognosa”, e l’azione sempre più incisiva dei magistrati inquirenti di Catanzaro verso i quali si sprecavano le ingiurie e gli insulti. C’era addirittura chi accostava Nicola Gratteri a Giovanni Falcone definendolo “un morto che cammina”. Particolari che emergono dalle 560 pagine che compongono l’ordinanza eseguita stamane dalla Guardia di Finanza su mandato della Dda di Catanzaro e che ha portato al fermo di 35 persone.

Gli insulti a Gratteri. Il procuratore, scrivono gli inquirenti, viene “esplicitamente menzionato in diverse registrazioni, indicato come l’artefice di una minacciosa azione giudiziaria e come colui il quale trattava, in prima persona, la gestione dei collaboratori di giustizia”. Gli indagati esprimono preoccupazione per la perseverante opera della magistratura e il magistrato, in una conversazione fra esponenti del clan Mannolo, viene apostrofato con parole ingiuriose (“questo è un figlio di puttana” ). L’intercettazione risale al 23 gennaio 2018, A parlare sono Remo Mannolo, figlio del boss Alfonso, e Franco Falcone. Alla conversazione partecipano una terza persona non indagata ed un’altra non identificata. Nel corso del colloquio i presenti associavano la figura del procuratore a quella di Giovanni Falcone, definendolo “morto che cammina”, ossia, spiegano gli inquirenti, un uomo consapevole dei pericoli insiti nella sua attività. “Si tratta – secondo l’interpretazione degli investigatori – di considerazioni che non attenevano ad alcun concreto progetto omicidiario. Dalla disamina delle stesse emergeva più una timorosa reverenza”. Nella conversazione, Gratteri è paragonato a Falcone, colpito per avere “superato il limite”. “La frase era criptica – rilevano gli inquirenti – ma carica di significato”. Nell’intercettazione finisce persino il domicilio di Gratteri: “Ma questo dove abita…? a Catanzaro?”, afferma uno di loro, “ma questo ha tutti posti segreti”, risponde un altro interlocutore, fino a chiosare “vabbé, volendo. lo scoprono!”.

Emanuele Mancuso? Una bomba ad orologeria. Tra i collaboratori di giustizia citati nell’ordinanza spicca il nome di Emanuele Mancuso. Uno degli indagati, Remo Mannolo, conversa con un soggetto non meglio identificato e parla della clamorosa collaborazione dell’ex rampollo della famiglia di Limbadi con i magistrati. Il giovane pentito viene descritto come “un tossicodipendente psicologicamente instabile che in passato avrebbe frequentemente generato una serie di problematiche di svariata natura alla consorteria d’appartenenza”. In particolare, uno dei due sostiene che il figlio di Pantaleone Mancuso, alias l’ingegnere non avrebbe subito azioni omicidiarie solo per via dello spessore criminale della famiglia d’origine. Remo Mannolo palesa all’interlocutore chiari timori in relazione alle dichiarazioni rilasciate Emanuele Mancuso e dice testualmente: “purtroppo è un casino… è una bomba ad orologeria, non si capisce come va a finire!”.

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