7 Luglio 2018 - 12:38

Partito Democratico: Renzi e l’applauso “accoltellatore”

renzi mediaset Decreto Dignità

Durante l’Assemblea nazionale del partito, Matteo Renzi detta le linee guida per ripartire. Ma il pubblico sottolinea la sua responsabilità

Tempi duri anche per Matteo Renzi. All’Assemblea nazionale del Partito Democratico, che scatta oggi a Roma, l’ex segretario del centrosinistra ha voluto “riportare all’ordine” il partito stesso. Il pubblico, però, non ha reagito bene.

Durante il suo discorso, infatti, proprio mentre stava ammettendo le sue colpe della Caporetto elettorale del PD, dalla platea si sono alzati scroscianti applausi. Applausi che son serviti proprio a sottolineare la responsabilità dello stesso ex segretario, che subito ha voluto stemperare gli animi, cosciente di non essere più il leader dei moderati.

Ripartenza non può essere ricostruire un simil PDS o una simil Unione.Se qualcuno pensa che sia la nostalgia la chiave non coglie la novità. Noi l’egemonia l’abbiamo avuta per tre o quattro anni. L’abbiamo persa e l’atto delle dimissioni ha questo significato, di riconoscere la sconfitta.” ha dichiarato Renzi.

A quel punto, però, è partito l’applauso “omicida” di una parte della platea. Applauso che si può considerare una vera e propria coltellata alle ambizioni dell’ex segretario, sempre più delegittimato.

Lo stesso ex premier è rimasto attonito, per un attimo, in silenzio davanti alla folla. Come un vecchio re che sa che, forzatamente, dovrà abbandonare il suo scettro, perché ormai le persone non credono più in lui.

Poi ha ripreso le redini: “Abbassiamo tutti i toni delle tifoserie. So che non sono l’unico responsabile ma in politica si fa così: paga uno per tutti.

Ma ormai è chiaro come il Sole. L’elezione di Maurizio Martina segretario, l’avvio da subito della fase congressuale, inclusi i congressi regionali, e primarie nel 2019, prima delle elezioni europee. Questi sono tutti segnali di un leader che si è bruciato da solo, consumato come un cero che brucia in Chiesa per un’offerta dettata da altri interessi.

Questo è il tramonto dell’era Renzi. Definitivo.

E ora?

Il Partito Democratico, ora, però, dovrà essere bravo a ripartire. Detto che il profilo del partito non sarà più quello immaginato da Renzi, il nuovo che avanza (Maurizio Martina) dovrà essere bravo a carpire i segnali degli italiani. Ripartire dal basso: questa sarà la nuova parola d’ordine, fondamentale per far nascere un nuovo PD.

Pian piano, però, si palesa l’ennesima scissione che andrà a coinvolgere, ancora una volta, la sinistra. Questa volta, però, è una scissione benevola, che può dare entusiasmo e può far ripartire da zero, forse definitivamente. La suggestione di un imminente divisione di Renzi e dei renziani, per ora, è stata smentita da Luca Lotti e dal portavoce Marco Agnoletto, che ha giudicato la notizia come “falsa e inventata”.

Ma la realtà è un’altra. L’ennesima divisione all’interno della sinistra italiana si paleserà, quasi sicuramente. Questo perché in primis Renzi si è accorto di aver fallito, e soprattutto perché si sta accorgendo che Martina, con la sua linea politica più volta alla plebe, sta guadagnando consensi ogni giorno di più.

I risultati delle elezioni amministrative sono il dato più palese. Il PD, a dispetto dell’avanzata della Lega, non sta più “pagando lo scotto” e pian piano sta riacquistando sempre di più il ruolo di vera alternativa al Governo populista M5S-Lega. Tutto ciò, naturalmente, è merito di Martina.

Dopo la sconfitta clamorosa del 4 Marzo, infatti, il reggente ha preso sulle spalle un partito a pezzi, e passo dopo passo lo sta riportando sui binari che tanto gli competono. La “scalata” ha un principio di fondo che può sembrare banale, ma è importantissimo: il fare politica “dal basso”.

Martina ha avuto il coraggio di riavvicinare la gente, di ridare al Partito quello scopo democratico, a sostegno dei più deboli, che Renzi aveva smarrito del tutto. L’ex sindaco di Firenze aveva trasformato il PD in una macchina radical chic, Martina la sta riconducendo all’ovile.

Avanti con Martina… o no?

Per ora, i risultati gli stanno dando ragione. Dunque Martina è sicuramente il primo pretendente al nuovo “trono” del centrosinistra, è l’uomo nuovo da cui ripartire, l’uomo in cui il pubblico democratico si identifica.

Vi è però un piccolo intoppo: Martina sarà sì il nuovo segretario del Partito Democratico a tutti gli effetti, ma solamente a tempo. Vi è, infatti, un patto tacito per il quale dovrà lasciare la poltrona quando gli verrà richiesto ma soprattutto non dovrà candidarsi al prossimo congresso. Nel frattempo, si palesano le alternative.

Alternative che, però, sono molto flebili. Detto già di un Renzi che è quasi convinto di scindersi e di formare un proprio partito, gli altri non sono poi da meno. Carlo Calenda e la sua idea di partito “unitario” sono destinate a naufragare, per volontà dello stesso ex ministro.

L’unico che effettivamente potrebbe contrastare Martina è Nicola Zingaretti, che si sta facendo un rivale sempre più spinoso per la classe dirigente renziana. Per ora, però, anche l’ex governatore del Lazio sembra essere ancora agli albori, e non sembra preoccupare particolarmente i quadri dirigenziali.

E allora… il PD?

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