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l’intervista 

«L’arte è stata per me una rinascita E la carta mi fa sentire indipendente»

Barbara Antoni
«L’arte è stata per me una rinascita E la carta mi fa sentire indipendente»

James Lake è l’autore di Paperman, una delle sculture monumentali di Lucca Biennale 2018: è il suo autoritratto 

05 agosto 2018
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lucca

L’arte come riscatto, come processo di autorigenerazione. E “Paperman” (uomo di carta) la scultura che ha creato per Lucca Biennale 2018 - rassegna di arte contemporanea con opere in cartone nata nel 2004 come Cartasia - è per lui un nuovo inizio, «la prima volta in cui mi sento artista appieno. Per me la cosa più importante è che la mia opera trasmetta emozione alle persone che la guardano». L’autore di Paperman, l’uomo seduto sulla sua unica gamba sinistra circondato da dodici piccole giraffe in cartone (esposta in piazza San Frediano) è James Lake, 44 anni, britannico, nativo di Londra ma residente a Exeter, venti chilometri da Devon.

È lui l’uomo di carta “gigante”, lui che a diciassette anni, aggredito da osteosarcoma alla gamba destra, ha dovuto subirne l’amputazione. «Durante il periodo della chemioterapia ho iniziato a usare l’arte per aiutarmi - racconta -, sentivo la necessità di riconcentrarmi su qualcosa. Ho fatto volontariato in un doposcuola per bambini. Con loro ho iniziato a lavorare carta e cartone, sono materiali che offrono tante possibilità. In breve sono diventato molto conosciuto nella mia città».

Qual è stata la prima opera importante realizzaa«?

«La prima opera esposta è stata “Seduto senza uno scopo”, il ritratto di mio padre nel periodo in cui aveva perso il lavoro e si domandava cosa avrebbe fatto in futuro. È stata inserita in un archivio molto importante in Inghilterra. Ha un significato profondo».

Perché la carta come materiale da lavorare?

«Perché è un materiale bellissimo, si trova gratis, è ecosostenibile e si può riutilizzare. Non rovina il pianeta, e questo è molto importante. E non è un materiale politico».

Non politico: perché questa sottolineatura?

«Perché l’educazione è spesso pilotata dai governi. Io sono un artista autodidatta e la carta mi fa sentire indipendente. Le opere che realizzo voglio che non abbiano alcuna connotazione politica. Anche se come cittadino, al referendum per la Brexit, ho votato per rimanere in Europa, perché penso che quando iniziamo a dividerci in gruppi ci impoveriamo, e invece che fare passi avanti in termini sociali e di civiltà andiamo all’indietro».

In cosa sta, secondo lei, il potere dell’arte?

«Da quindici anni a questa parte lavoro in scuole elementari e superiori. Uso la mia arte per arricchire gli altri, in particolare i ragazzi. La cosa principale è che l’arte può rompere le barriere nell’educazione e nella vita sociale. Io cerco di insegnare agli altri a produrre arte, anche se provengono da un ambiente privilegiato. Il processo che cerco di trasmettere è che questa forma d’arte non richiede specializzazione, tant’è che io ho iniziato senza averne e da qui è nata la mia carriera».

Lucca Biennale l’ha chiamata. Come si è sentito?

«Essere invitato a partecipare a questa mostra è stato per me un privilegio inaspettato. Ho risposto a Emiliano (Galigani, ndr, direttore della manifestazione) “ma io lavoro nel mio garage. Sei sicuro che sia adatto a questo evento?”. Emiliano ha detto di sì, e sono venuto».

Perché l’autoritratto come opera per partecipare alla rassegna lucchese?

«È una scultura di me che faccio sculture, ho ritratto me stesso mentre costruisco opere di carta: mi è sembrato il modo migliore di rappresentare il tema della mostra, cioè caos e silenzio. Il silenzio di me che lavoro a casa, il caos del portare le mie opere fuori. Qui gli artisti arrivano con un modellino. Io avevo solo qualche foto: mi sono seduto per terra su un cartone e una persona vi ha disegnato sopra la mia sagoma. Ho moltiplicato le dimensioni per tre, ho usato molto lo specchio per rappresentarmi: è stato più un lavoro di pittura che di scultura». —

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