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Le aspirazioni represse dei curdi e dei catalani

«Casi esplosivi, risposte dei Governi fuori dalla Costituzione»

2 minuti di lettura
Luglio 1936, inizio della rivoluzione in Catalogna. Ottobre 1991, istituzione formale del Kurdistan Iracheno: è la storia di due popoli, di due culture, di due luoghi geografici assai distanti tra loro. Ma chi pensava che il destino di due entità nazionali così diverse potesse essere segnato dalla medesima tragica fine, una controversa repressione? Si tratta rispettivamente del più grande gruppo etnico senza alcuna forma di indipendenza statale e di una delle minoranze iberiche più legate alla propria cultura.

I curdi iracheni sono probabilmente coloro che hanno subito la reazione più ampia, ossia un’immediata opposizione a livello diplomatico da parte di tutti i paesi confinanti, preoccupati a causa delle eventuali rivendicazioni future da parte delle popolazioni curde nei loro territori. Mentre Siria, Iraq e Iran usano parole durissime e la Turchia minaccia azioni militari, modestissimo è stato l’appoggio internazionale, da evidenziare quello israeliano in chiave anti-iraniana. La nascita di un nuovo stato laico e democratico potrebbe infatti portare più pace e prosperità in un paese creato a tavolino come l’Iraq, nato per volontà antica di potenze coloniali. Vi è chi sostiene invece che il referendum del 25 settembre di Massoud Barzani sia stato solo l'ennesimo focolare di instabilità di una tesa e calda regione.

Tutti questi dubbi, queste speranze, queste paure e queste problematiche coinvolgono in contemporanea anche i catalani, chiamati ad esprimersi, ma ostacolati tenacemente dal governo di Madrid. La Catalogna, difatti, reclama le proprie diversità linguistiche e culturali, è dotata di un proprio corpo di polizia (Mossos d’Esquadra) che avrebbe dovuto requisire il materiale elettorale. Così non è stato e la polizia regionale si è trovata faccia a faccia contro reparti della Guardia Civil. La tifoseria unionista include una variegata schiera di pensieri e moventi: sotto la tenaglia di costituzionalisti, ultraeuropeisti, moderati, nazionalconservatori e neo-franchisti suscitano sdegno oltre 800 feriti civili e bomberos manganellati.

In entrambi i casi la risposta dei governi centrali viola la costituzione. Ma quanto il costituzionalismo si può oggi porre a garante della sovranità popolare in casi così esplosivi come questo? Quanto un popolo come quello curdo sarà costretto a versare sangue per vivere a pieno titolo nella terra dei propri avi? Massacrati ovunque, con un’identità negata, deturpata e umiliata da forze più grandi, sostenuti dagli americani nei momenti di interesse, sterminati con i gas dal regime di Saddam, impossibilitati dal parlare la loro lingua nella Siria baathista, discriminati dalla teocrazia iraniana e odiati in Turchia sia dai repubblicani laici che dai religiosi: questo è solo un minimo elenco delle vessazioni a cui è sottoposto il popolo curdo, indoeuropeo, estraneo per lingua e cultura a quello arabo, turco e persiano. E quanto invece la Catalogna può essere definita entità differente e scollegata dalla realtà storico-culturale spagnola? Per le strade di Barcellona, molti invocano una presunta eredità antifascista e si teme una dichiarazione scismatica unilaterale. Le domande non sempre conducono ad una risposta precisa, si tende ad una sistematica esclation di violenza. Forse i curdi ricordando la memoria storica dei rivoluzionari catalani intonerebbero oggi "Werin barîkadan, werin barîkadan/ Ji bo serkeftina konfederasyon" sospirando e osservando l’orizzonte piegato tra i monti e il cielo di Erbil, sperando in cambiamenti e momenti più prosperi.

Yahia Al Mimi

Classe 5ª E

Liceo Scientifico Copernico, Pavia