Di corsa per 6 giorni nel deserto dell’Oman coi viveri in uno zaino
Il racconto del commercialista ultramaratoneta Amadio: «Sabbia, stelle e fatica per 165 km, ma io Ia chiamo felicità»
PORDENONE. Giorgio Amadio, commercialista ultramaratoneta, e la sua compagna di avventure Lucia Candiotto non hanno saputo resistere al richiamo del fascino del deserto e dopo aver partecipato a due 100 chilometri nel deserto del Sahara e a una 150 chilometri non stop nell'isola capoverdiana di Boavista hanno affrontato una nuova avventura di 165 chilometri in autosufficienza alimentare nel deserto del sultanato dell'Oman.
La Oman Desert Marathon, alla sua quarta edizione, si è corsa dal 5 al 10 novembre.
Le sei tappe con chilometraggi variabili da 21 a 42 chilometri hanno portato gli ultrarunners dalle alte dune della zona di Al Wasil, località alle porte del deserto di Wahiba, dal nome della tribù beduina che lo popola, fino alle bianche spiagge del mar d'Arabia attraverso 165 chilometri di morbida sabbia e dune che raggiungono anche i 100 metri di altezza.
La corsa, alla quale hanno partecipato circa ottanta ultrarunners provenienti da tutto il mondo (una quindicina gli italiani) si è corsa in autosufficienza alimentare.
La perfetta organizzazione omanita fornisce solamente acqua e l'allestimento delle tende al termine di ogni tappa.
Ogni concorrente deve quindi essere completamente autosufficiente e deve portare con se l'equipaggiamento e il cibo necessario ad affrontare 165 chilometri in sei giorni.
Alla fatica di correre su un terreno molto soffice si aggiunge lo sforzo del peso dello zaino che difficilmente si riesce a contenere al di sotto degli 8/9 chilogrammi.
Le singole tappe, seppure di chilometraggio relativamente non eccessivo, sono rese particolarmente dure dal tipo di terreno caratterizzato, prevalentemente, da morbida sabbia che assorbe gran parte della spinta della corsa.
Dal punto di vista climatico le temperatura media durante il giorno è di circa 35 gradi con punte di 40 mentre la notte non scende al di sotto dei 20 gradi.
Il deserto è un ambiente povero che riesce comunque a trasmettere sensazioni ed emozioni profonde amplificate dalla mancanza di tutto ciò che è superfluo.
«Scoprire che è possibile sopravvivere per sei giorni in un ambiente ostile come il deserto, caricandoti sulla schiena tutto il necessario – ha raccontato Giorgio Amadio – esalta la consapevolezza della forza interiore che ognuno di noi possiede. La bellezza dei paesaggi e la meravigliosa volta celeste che ci ha accompagnato durante la tappa notturna di 42 chilometri ha sicuramente aiutato a ricaricare lo testa e lo spirito».
Ma la Oman Desert Marathon non è soltanto sabbia, stelle e fatica ma anche amicizia, «quella che nasce tra i compagni della tenda con cui condividi il dopo corsa e prepari la tappa del giorno successivo».
«La nostra – ha proseguito il commercialista ultramaratoneta pordenonese – era la mitica tenda 1. Dal Piemonte di Mario e Paolo al Friuli Venezia Giualia di Giorgio e Mauro passando per la Lombardia di Angelo, Dario e Mauro e il Veneto di Lucia e Doriano era rappresentato tutto il nord Italia con la presenza straniera della fortissima e simpaticissima portoghese Carla Andre classificatasi seconda».
Giorgio porta ancora negli occhi i fotogrammi di un’esperienza indimenticabile e di un’avventura che si porterà nel cuore, insieme ai suoi compagni di viaggio, per tutta la vita.
«L’abbraccio tra le lacrime tra Lucia e Carla nel momento dei saluti – ha rammentato – è una delle immagini più belle che ci portiamo a casa da questa avventura. La condivisione e l'incredibile capacità di adattamento a situazioni di disagio che, sorprendentemente, diventavano momenti di divertimento prolungano le piacevoli sensazioni ben oltre la corsa in una totale immersione in una dimensione dove fatica, allegria, eccitazione, ansia si fondono in un'unica emozione alla quale bisognerebbe trovare un nome. Io la chiamo felicità. Questo è il potere del deserto».
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