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3 agosto 2017 - 09:32

Gabriele Volpi, l’inchiesta sul re dei porti in Nigeria tra spalloni svizzeri e il sospetto di tangenti

di Giuseppe Guastella

Perché uno dei più ricchi italiani residenti all’estero, accreditato di un patrimonio da tre miliardi, in grado di comprarsi una banca deve rivolgersi agli spalloni per farsi portare ogni mese in Italia 250mila euro in contanti? Procura e Guardia di finanza di Como se lo chiedono da quando indagano su Gabriele Volpi accusando il protagonista della scalata alla Carige di autoriciclaggio, mentre emerge il sospetto di corruzioni in Nigeria dalle intercettazioni delle telefonate con Giampiero Fiorani, l’ex ad della Popolare di Lodi diventato il braccio destro del magnate.

Chi pensa che gli spalloni siano un nostalgico ricordo del passato si sbaglia. Operano come e forse più di prima. Lo dimostra l’inchiesta chiusa dal pm di Como Mariano Fadda e diretta dal procuratore Nicola Piacente che ha svelato un traffico milionario di pietre preziose, oro e di conta ti soldi. Volpi è tra i 27 indagati perché si sarebbe fatto portare denaro «provento di vari delitti» commessi «in Italia e all’estero», come «bancarotta fraudolenta, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nella gestione della società di pallanuoto Pro Recco, corruzione di funzionari del governo della Nigeria».

Gabriele Volpi, 74 anni, opera in Nigeria, paese di cui ha anche la cittadinanza e dove le sue società (Intels e la holding Orlean) hanno il monopolio della logistica nei quattro porti dai quali passa il petrolio dei ricchi giacimenti marini. Trascorre il suo tempo anche a Montecarlo e in Italia, dove prima di andare via «ha realizzato 3 fallimenti» per i quali è stato condannato a 2 anni e 6 mesi. I suoi interessi sono tornati a guardare anche all’Italia, come dimostra la vicenda Carige, ha acquistato lo Spezia Calcio e, scrive la Gdf, il Verona Calcio (acquisizione sempre smentita), e prima la Pro Recco, società che gli ha dato grattacapi giudiziari dopo che un’impiegata ha rivelato pagamenti in nero con contanti portati ogni mese da spalloni svizzeri. Finita sulle loro tracce in un’inchiesta indipendente, la Gdf ha incriminato loro e i loro clienti, imprenditori e professionisti, che ora rischiano il processo. Tra i clienti ci sarebbe Volpi che avrebbe richiesto un «servizio» da 250mila euro al mese, bloccato dalle fiamme gialle dopo tre consegne avvenute nelle mani di collaboratori di Volpi il quale, svelano le intercettazioni, ogni mese passa 50mila euro alla moglie separata e altrettanti a uno dei suoi figli. Ne parla lui al telefono a Giampiero Fiorani con il quale discute di affari. Condannato a tre anni per le vicende della Popolare di Lodi e Antonveneta, ma assolto nel caso Parmalat, Fiorani (non indagato in questa indagine) è diventato braccio destro di Volpi dopo che si è accorto che i precedenti amministratori svizzeri drenavano dal gruppo 3 milioni di franchi l’anno. Alcune conversazioni sono solo accennate negli atti. Ad esempio, la Gdf parla di movimenti di denaro per «favorire» in Nigeria «determinate scelte politico-economiche, oltre a “corrompere” alcuni soggetti al fine di sistemare alcune posizioni pendenti», come cause legali. Il 22 febbraio 2017, mentre i due «parlano della realizzazione di infrastrutture in Nigeria (costruzione di un’autostrada e istallazione di pannelli solari)», Volpi accenna a un contratto dal quale pare debba ricevere 840 milioni di dollari affermando di aver «visto “l’amico della presidenza dei senatori” “gli abbiamo dato i documenti di quell’altro (si riferiscono a del denaro, annota la Gdf) così li abbiamo sbolognati” (…) ha mandato un suo autista a prenderli e la differenza gliela diamo venerdì o sabato o domenica che arriva a Lagos». L’intercettazione e la sua interpretazione sono criptiche, ma i militari sottolineano che Volpi «dice di aver parlato con Mr. Mahmoud: il Presidente cambierà molti dei suoi ministri tra cui quello dei trasporti e si vedrà quello che succede» e che «ha dato 88 milioni per fare vincere il partito». Seguono altre frasi, in una dice che i soldi «è meglio darglieli perché il Presidente se muore, muore, ma se non muore comanda lui e sa che io sono il maggiore finanziatore dell’operazione». Il difensore di Volpi, l’avvocato Giacomo Fenoglio, preferisce non commentare per rispetto del lavoro della magistratura. Il 23 febbraio, Fiorani dice che «domenica vede l’amico di Lodi, che è il braccio destro di Renzi», e che «lo farà bere un po’ per poi capire cosa vogliono fare». Raggiunto al telefono, Fiorani esclude che si riferisse a Lorenzo Guerrini, l’ex sindaco di Lodi, attuale coordinatore del Pd. «È un carissimo amico che non vedo da molto tempo e volevo chiedere di lui a una persona che lo frequenta». L’ex banchiere aggiunge che, per quanto riguarda i soldi di cui parlava con Volpi, «non si tratta di tangenti, ma questioni imprenditoriali. L’equivoco nasce dalla commistione tra il governo che appalta le banchine portuali e ha un debito di 850 milioni di dollari con la Intels che le ha realizzate e il partito che guida il governo».

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