Milano, 2 ottobre 2017 - 07:28

Birra artigianale, torna «EurHop» con le bionde di alta qualità

Come all’Oktoberfest, tre giorni di festival internazionale. I racconti di chi ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla produzione «fatta in casa»

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Talmente grande da spingere ciascuno di loro a dire: «Mollo tutto e faccio il mastro birraio». Angelo Scacco, 40enne molisano, ex consulente di aziende. Josip Vezzoli, fonico, oltre 15 anni a spasso per l’Europa con il compito di progettare studi di registrazione. Emanuele Longo, un tempo pallavolista nei sestetti di serie A, poi insegnante di educazione fisica. Bruno Carilli, due decenni da manager di una grande multinazionale. Percorsi e formazioni diverse, ma una grande passione in comune. Talmente grande da spingere ciascuno di loro a virare drasticamente traiettoria e dire: «Cambio vita, mollo tutto e faccio il mastro birraio».

Storie personali e di successo, alcune bizzarre, altre divertenti, ma anche tendenze economiche e commerciali, con i big internazionali del settore che comprano piccoli birrifici italiani, per avere un marchio di qualità nel proprio carnet di marketing. Questo e tanto altro incontrerà da venerdì prossimo chi visiterà «EurHop!, il Festival internazionale della birra artigianale», in programma dal 6 all’8 ottobre a Roma. Un appuntamento giunto alla quinta edizione, con l’ambizione di crescere sino a diventare la risposta italiana all’Oktoberfest.

«Quella di Monaco è una festa folkloristica, ma la qualità della birra non è eccellente – inquadra Luca Migliorati, uno degli organizzatori di EurHop! –. Qui, grazie a Manuele Colonna, il maggiore esperto italiano nel settore, sono state selezionate solo birre artigianali di altissimo livello». Al Salone delle Fontane, all’Eur, saranno oltre 350 le proposte, spillate da 40 birrifici italiani e 30 stranieri, provenienti da 14 Paesi. In prima fila ovviamente l’offerta tricolore: dal pugliese Birranova al molisano La Fucina, dal Birrificio di Cagliari al laziale Vento Forte e all’umbro Birra Perugia; importante anche la componente del Nord, come Extraomnes dalla Lombardia e Foglie d’Erba dal Friuli.

Dire birra oggi, nel panorama degli alcolici, significa anche parlare di un settore che non si declina più come «riserva» maschile. Sia nei consumi sia fra gli imprenditori. È il caso della marchigiana Cecilia Scisciani, che ha smesso i panni di ricercatrice universitaria in biotecnologie per indossare quelli di birraia, senza dimenticare magari la salernitana Luana Meola, con una laurea in Statistica alle spalle. «Il mondo della birra artigianale – racconta - è soprattutto maschile, ma non maschilista. Sono stata accolta molto bene, qualche difficoltà nei rapporti con l’esterno. Spesso mi veniva chiesto di chiamare il proprietario, allora io uscivo e rientravo dicendo: Eccomi, sono io!».

Anche il prodotto base ha varianti inedite. Quest’anno a farla da padrone sono le birre alla frutta: dalle più classiche, per modo di dire, con ciliegie e lamponi, fino a quelle con mele cotogne, frutto della passione, pere Burè Roca, pesche Merendella o di Volpedo. Un bouquet apprezzato dai consumatori: la quota del consumo di birra artigianale è salita al 3,7% del totale nazionale, con 500mila ettolitri prodotti ogni anno. Trend in crescita, dunque: in Italia si contano oggi oltre 700 microbirrifici, per quasi 5mila risorse impegnate nel settore. Anche qui, come altrove, la necessità talvolta di cambiare dimensione aziendale, come caso della Birra del Borgo, storico marchio artigianale del reatino, passato nelle mani di Ab InBev, il più grande gruppo a livello mondiale. Un trend che si annuncia in crescita, visto che i big del settore hanno bisogno di diversificare inserendo anche offerte di alta qualità, garantita proprio dai micro birrifici.

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