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Alitalia fa il pieno di ristori, i treni a secco

Il comparto Alta velocità non ha visto un euro, agli aerei già 500 milioni

Alitalia fa il pieno di ristori, i treni a secco

Trasporto ferroviario al palo, Alitalia «premiata». È la tragicomica situazione delle provvidenze post Covid dispensati dal governo a seconda del comparto interessato dalla pandemia. Mentre la ex compagnia di bandiera (in procinto di trasformarsi) ha già ottenuto 350 milioni di euro con i primi decreti (di cui sono rimasti in cassa solo 77 milioni) e sta per ricevere altri 150 milioni con il Ristori quinquies, le imprese ferroviarie a mercato Alta velocità e merci (cioè Frecciarossa, Italo e i cargo su rotaia) non hanno ancora visto un euro.

Anche se nello scorso maggio era stato predisposto un contributo straordinario a favore delle imprese ferroviarie a mercato con l'erogazione di circa 80 milioni l'anno per tutto il settore (grossomodo 80% a Trenitalia, 15% a Italo e 5% al merci) per 15 anni, tutto è stato bloccato dalla burocrazia. Solo a ottobre 2020 il ministero delle Infrastrutture e quello dell'Economia hanno siglato il decreto attuativo. A novembre il governo ha presentato la richiesta per sbloccare i ristori alla Commissione Ue, dalla quale si sta ancora aspettando la dichiarazione di compatibilità con la normativa sugli aiuti di Stato.

Insomma, l'intero settore è ancora in attesa dei fondi nonostante perdite di fatturato per oltre 1,5 miliardi nel solo 202 e una situazione insostenibile che perdura da un anno. Dallo scorso febbraio i diversi limiti di spostamenti interregionali hanno bloccato il traffico ferroviario a lunga percorrenza e si è registrato un crollo di domanda di oltre il 90 per cento. Le limitazioni al riempimento dei mezzi fissato al 50% (il treno è l'unico mezzo di trasporto regolamentato) hanno portato grandi compagnie come Italo a viaggiare all'8% della capacità

Il rischio per i consumatori è elevato poiché la concorrenza nell'Alta velocità per il trasporto dei viaggiatori ha influito positivamente sull'abbassamento delle tariffe perché è chiaro che la continua perdita di liquidità e di ricavi, senza rimborsi, consentirà di restare in piedi solo alle società che hanno un azionista fondamentalmente pubblico.

È una situazione diametralmente opposta a quella dell'Alitalia. La compagnia, in amministrazione straordinaria dal 2017, ha ricevuto 1,3 miliardi di prestito ponte in attesa che venisse concluso un processo di vendita che non si è mai concretizzato. Denaro ai quali si aggiungono i 350 milioni di maggio e i 150 di probabile erogazioni. Anche in questo caso la Commissione Ue poteva frapporsi ma ha chiuso un occhio sia per la crisi del traffico aereo che per la promessa di una semiprivatizzazione con la costituzione di Ita, destinata a rilevarne i cespiti più importanti. La nuova società, inoltre, potrà contare su una dotazione pubblica di 3 miliardi di euro, sperando che ci sia un partner estero che compartecipi. Il governo ha fatto slalom tra le numerose obiezioni che stanno pervenendo in Italia circa l'effettiva realizzabilità di un piano industriale che prevede uno sviluppo dei ricavi forse troppo ottimistico considerando l'evoluzione della pandemia, destinata a impattare anche sul 2022 nonostante i vaccini.

In questo «gioco» degli aiuti rischiano di perdere tutti: il florido comparto ferroviario potrebbe depauperarsi, mentre per il settore aereo in crisi si bruciano miliardi.

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