RISPARMIO

Coronavirus, sui conti correnti 1.682 miliardi. Una montagna di risparmi uguale al Pil nel 2020

I dati Abi. Forte crescita dei depositi bancari a settembre (+8%) a causa dell'incertezza per la situazione futura che spinge famiglie e aziende a parcheggiare la liquidità in banca. Accelerano anche i prestiti: +4,8%

di Laura Serafini

Istat: con il Covid, reddito delle famiglie italiane giu' del 5,8%

3' di lettura

La nuova ondata della pandemia, in crescita anche in Italia, torna a far salire il termometro della preoccupazione tra famiglie e imprese italiane. Riprende quota la corsa verso la liquidità, che in realtà è un fenomeno in atto da diversi mesi e che nel mese di settembre ha confermato la sua ascesa.

I dati presentati ieri nel bollettino mensile dell’Abi segnano un incremento della liquidità sui depositi anno su anno dell’8 per cento, a quota 1.682 miliardi, in aumento di 125 miliardi. A fine agosto la liquidità era già su quei livelli, a 1.671 miliardi.

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E poiché la nuova impennata di diffusione del virus si è verificata a partire da inizio ottobre, sarà interessante verificare quale sarà il dato sulla liquidità alla fine di questo mese. Il trend fa più impressione se si tiene conto dell’andamento del reddito del Paese, il Prodotto interno lordo che a fine 2019 era a quota 1.787 miliardi. Le due voci, liquidità sui depositi e Pil, tenderanno a convergere nel corso del 2020: la prima aumenta con il crescere dei timori per il futuro, il secondo scende per effetto delle restrizioni che incidono su fiducia, consumi e sulla domanda di beni e servizi.

Gli accantonamenti cresciuti con il lockdown

La realtà è che la tendenza a mettere da parte i soldi era cresciuta soprattutto tra le imprese di dimensioni più grandi già prima dell’estate: i dubbi sul vigore che avrebbe potuto avere la ripresa e i timori per una nuova crisi di liquidità legata a lockdown anche solo localizzati in alcune aree ha spinto gli imprenditori alla prudenza.

È anche vero il fatto che il sistema italiano soffre in modo endemico dell’incapacità di portare tanto risparmio verso l’economia reale. Un tema sul quale è tornata soltanto lunedì scorso la presidente dell’Ania, Bianca Maria Farina, quando - in occasione dell’assemblea annuale - ha sollecitato regole più flessibili per consentire alle compagnie assicurative di investire, ad esempio, in settori chiave come le infrastrutture.

I dati del bollettino Abi confermano anche la crescita degli impieghi del settore bancario, trainata dalle garanzie pubbliche sui prestiti. L’incremento dei finanziamenti a famiglie e imprese non finanziarie è stato a settembre del 4,8 per cento anno su anno, a quota 1.316 miliardi (ad agosto l’incremento era stato del 4,1 per cento). I finanziamenti alle imprese a settembre hanno segnato l’incremento più significativo: +6% contro il +4,5 per cento del mese di agosto.

Sul fronte dei crediti deteriorati segnano uno dei livelli più bassi le sofferenze nette, che si attestano a 24,4 miliardi con un rapporto su capitale e riserve del 6,83 per cento.

Cosa cambia con le nuove regole Eba

Oggi intanto si riunisce il comitato esecutivo dell’Abi che avrà come ospite il ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola. Sul tavolo i temi di rilevanza europea, a partire dalle norme sui crediti. Come le regole Eba che introducono dal prossimo primo gennaio nuove definizioni di default, per cui anche uno sconfinamento di 100 euro per le persone fisiche per 90 giorni implica la classificazione a credito problematico.

E ancora: le norme sul calendar provisioning che impongono la svalutazione preventiva dei crediti in una fase in cui è difficile immaginare come potrà essere il futuro. Questa previsione è contenuta in una direttiva e per arrivare alla modifica - auspicabilmente l’abolizione - è necessario avviare il complesso processo di revisione legislativa europea che deve poi culminare nel trilogo.

Il ministro Amendola potrebbe dare indicazioni sull’eventuale avvio di questo percorso. C’è poi un altro importante processo, quello relativo agli accordi raggiunti a Bruxelles nel luglio scorso ai quali sono legati i destini del Recovery Fund. Anche in questo caso il percorso non è privo di difficoltà, come riferiscono le cronache di questi giorni, e dovrà trovare una sintesi nel confronto tra il Consiglio e il Parlamento europeo.

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