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27 luglio 2020 - 13:41

Aeroporto, Brescia tesse l’accordo con i veneti: non ci sarà nuova gara

di P.Gor.

«Un buon accordo con i veneti di Catullo», che da 21 anni gestiscono l’aeroporto di Montichiari. L’obiettivo della società Abem, i cui soci forti sono Camera di Commercio e Associazione Industriali, è di entrare nella cabina di regia dello scalo, per far finalmente decollare il D’Annunzio, riservandogli una sola destinazione: il traffico merci internazionali. Niente passeggeri insomma, a differenza dell’ambizioso (e un po’ irrealistico) piano di rilancio previsto dai veneti, che pensavano di poter far atterrare a Montichiari già quest’anno 125 mila passeggeri.

Bresciani che fino ad oggi hanno avuto un peso a dir poco omeopatico nella gestione dello scalo, a dispetto della sua collocazione geografica. L’unico ente che possiede azioni della Catullo è la Provincia, con poco più del 2 per cento. Per dire: la provincia autonoma di Bolzano ha quasi il doppio di azioni, mentre il grosso della proprietà è diviso tra Aerogest (Comune, Provincia, Camera di Commercio di Verona e Provincia di Trento) e Save.

Al momento però non è previsto nessun nuovo braccio di ferro con i veneti. Nessun tentativo di far decadere la concessione quarantennale (affidata a Catullo nel 2013) per palesi inadempienze e rimetterla a gara, come ad esempio chiedeva un anno fa l’assessore regionale Fabio Rolfi. Chiedere il ritiro della concessione «è una strada che porterebbe ad infiniti contenziosi legali» spiega Guido Galperti, vicepresidente della Provincia con delega sull’aeroporto. La via del dialogo e della diplomazia è quella che intendono intraprendere anche i nuovi vertici di AbeM, la società delle realtà economiche ed industriali bresciane fondata nel 2007 e che da tre settimane è guidata dal numero uno degli industriali locali, Giuseppe Pasini, affiancato dal presidente nazionale Coldiretti, Ettore Prandini. Nomi di peso insomma, all’altezza della sfida. «Va aperto un fronte di dialogo e trovato un accordo con Verona sulla gestione dello scalo – spiega Prandini – e nel contempo serve una sinergia con Governo e Regione. Montichiari è strategico per Veneto, Lombardia, Emilia settentrionale e settori produttivi chiave come l’agroalimentare e l’automotive. Non può essere abbandonato come negli ultimi 20 anni. Il suo futuro logicamente ruoterà intorno al cargo».

Aeroporto che negli anni ha vissuto un costante declino e si è trasformato in un buco nero per i bilanci: «Negli anni ha sommato perdite per quasi 80 milioni» ricorda Diego Peli, ex assessore in Provincia. I passeggeri si sono polverizzati dopo l’addio di Ryanair nel 2010 e di Windrose nel 2018 che portava badanti dall’Ucraina. Oggi vive solo di pochi voli privati: 17 mila passeggeri nel 2019, crollati a soli 872 nei primi cinque mesi di questo 2020 flagellato dal Covid. Reggono invece i numeri delle merci, grazie ai voli postali ma anche all’incremento degli scambi dell’ecommerce: nel 2019 il D’Annunzio si è confermato sesto scalo italiano, con 30 mila tonnellate movimentate (il 30% del 2018). Niente male nemmeno i primi 5 mesi di quest’anno: nonostante il lockdown c’è stato un incremento medio del 20% ed ha già movimentato 10 mila tonnellate. «Dobbiamo proseguire su questa strada, il D’Annunzio deve diventare un hub lombardo-veneto delle merci» aggiunge il presidente Pasini, che conferma la non volontà di andare verso una nuova gara per la gestione dello scalo: «difficile che il ministero sfili la concessione data ai veneti». Eppure era l’indicazione data qualche anno fa dal Consiglio di Stato, in seguito al ricorso di Abem e Sacbo (aeroporto di Bergamo). I giudici avevano invitato bresciani e bergamaschi a rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea. Ma non se ne fece nulla. E non è difficile capire perché: in Italia nessuna concessione aero portuale è stata affidata con gara, e il caso Montichiari avrebbe aperto un vero e proprio vaso di Pandora.

«Certo è che se Brescia vuole contare dovrà mettere sul piatto ingenti risorse economiche» ragiona Galperti. Replica a distanza di Prandini: «Ora troviamo un buon accordo, le risorse non sono un problema». Bisognerà capire quanto conteranno i bresciani se nella futura newco: l’obiettivo è avere ben più del 20% prospettato fino allo scorso anno. Sembra lontano, per ora, il coinvolgimento di Bergamo: «Potremo fare un ragionamento in un secondo momento – taglia corto Pasini – adesso a dir la verità mi pare prematuro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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