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padova
30 marzo 2021 - 11:38

Covid, Padova pronta a utilizzare il plasma dei vaccinati. Medici e infermieri sono i primi donatori

di Michela Nicolussi Moro

Il via libera dal Centro nazionale sangue, che sta valutando l’ipotesi da un mese, dovrebbe arrivare a giorni. Dopo la richiesta avanzata dagli ospedali di Catania e Ragusa insieme al Policlinico di Pavia, anche l’Azienda ospedaliera di Padova ha fatto domanda per poter avviare il prelievo di sangue iperimmune, cioè ricco di anticorpi contro il Covid-19, da persone vaccinate, partendo dal personale sanitario. Un’arma in più contro il coronavirus, che amplierebbe le potenzialità della Banca del plasma operativa all’ospedale di Padova dal maggio 2020 con le donazioni di pazienti guariti dalla malattia. «Attualmente disponiamo di 505 unità di siero iperimmune con titolo anticorpale superiore a 160, destinato a trattare degenti all’inizio della malattia — conferma la dottoressa Giustina De Silvestro, primario del Centro Trasfusionale —. Raccogliamo quello che ci chiedono i clinici, ma non possiamo affidarci all’infinito alla disponibilità dei 2500 ex pazienti ritenuti idonei a donarlo su un totale di 11mila volontari. Anche perché gli anticorpi contro il Covid-19 durano dai sei ai nove mesi, perlomeno quelli rilevati nei dimessi all’inizio della pandemia. Nei contagiati in questa terza onda pandemica sono in numero inferiore e sembrano durare meno tempo».

La terapia

Da qui la necessità di incrementare una terapia, che si è dimostrata efficace, con il contributo dei vaccinati, nei quali il titolo anticorpale è decine di volte superiore: si va da 320 a 640, fino a oltre 1200. L’Europa ha già dato il via libera nonostante il debutto degli anticorpi monoclonali. Ricavati da quelli naturali, sono però all’inizio e comunque piuttosto cari per il Sistema sanitario pubblico: ogni somministrazione costa duemila euro. E poi vengono riservati a pazienti curati a casa e gravati da fattori di rischio stabiliti dall’Agenzia italiana del farmaco, cioè obesità, cardiopatie o diabete. Devono assumerli entro dieci giorni dalla comparsa dei sintomi dell’infezione, in ambulatori ospedalieri scelti da ogni Usl. In Italia al momento sono stati autorizzati da Aifa quelli prodotti da Regeneron e da Eli Lilly, giù usati per guarire l’ex presidente americano Donald Trump. «I vantaggi dei monoclonali sono una maggior potenza d’azione e una disponibilità immediata — aggiunge De Silvestro —. Il siero iperimmune dipende invece dalla generosità dei volontari, ma quello prelevato dai vaccinati sarà comunque molto più efficace». Soprattutto se donato quindici dopo l’assunzione della seconda dose di vaccino, quando cioè è massima la produzione di anticorpi. Quelli «naturali» sono inoltre policlonali, cioè in grado di riconoscere e neutralizzare più parti di uno stesso antigene, ovvero l’agente esterno che il sistema immunitario non riconosce e quindi combatte. Di conseguenza contrastano meglio i virus mutanti, come il Covid-19.

L’attesa per il via libera

«Confidiamo di ricevere a breve il via libera del Centro nazionale sangue per cominciare a prelevare il plasma dei vaccinati — conclude il primario del Centro trasfusionale di Padova — siamo pronti a partire subito. Dovremmo avere ormai superato il picco di contagi di questa terza ondata, ma il coronavirus si è dimostrato imprevedibile, quindi è meglio disporre di più terapie per la cura dei pazienti. La nostra Banca del plasma è ben fornita e c’è un continuo interscambio con gli altri ospedali del Veneto, ciascuno mantiene una quota di dosi congelate che possono servire a soddisfare anche le richieste di altri centri. Siamo una rete dinamica e perfettamente integrata». I donatori sono sottoposti non a tradizionale prelievo bensì a plasmaferesi, trattamento che separa i globuli rossi dal plasma ed è in grado di «purificarlo» da componenti nocive, salvando quelle da trasfondere poi agli infetti, anticorpi in testa. Per donare bisogna essere guariti da almeno due settimane, risultare negativi al tampone, non avere co-morbilità, cioè altre patologie, ed essere dotati di un livello di anticorpi sufficiente alla donazione.

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