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28 marzo 2020 - 18:50

Coronavirus in Veneto, arrivano i farmaci per i pazienti a casa

di Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Parte dal Veneto la sperimentazione a casa dei pazienti di due tipi di farmaci per il contrasto al coronavirus Covid-19: da una parte la clorochina e l’idrossiclorochina, utilizzate per il trattamento della malaria e (l’idrossiclorochina) per l’artrite reumatoide, che l’Agenzia italiana del farmaco ha ordinato da Pakistan e India; dall’altra l’Avigan, antivirale autorizzato nel 2014 in Giappone per curare le infezioni da virus pandemico influenzale e somministrato anche ai malati di Ebola e Lassa. Le sperimentazioni cliniche in Cina in pazienti affetti da Covid-19 hanno dimostrato che l’Avigan riduce i sintomi della polmonite. Il ricorso a queste formulazioni per il trattamento dei soggetti colpiti da coronavirus è stato autorizzato da Aifa, che ha dato il via libera anche all’uso di Lopinavir e Ritonavir, terapie anti-Hiv, da usare sole, in combinazione tra loro o con clorochina e idrossiclorochina. Su richiesta del Veneto il nullaosta comprende l’utilizzo di antimalarici, Avigan e anti-Hiv non solo in ospedale ma anche, si legge in Gazzetta Ufficiale, «per il trattamento in regime domiciliare dei pazienti affetti da Covid 19. «Questi farmaci — recita il documento — dovranno essere dispensati dalle farmacie ospedaliere ed è fatto obbligo alla struttura prescrittrice di trasmettere tempestivamente all’Aifa i dati relativi ai pazienti trattati».

La somministrazione a domicilio

I medicinali descritti sono stati sperimentati con risultati importanti dalla dottoressa Annamaria Cattelan, primario delle Malattie Infettive all’ospedale di Padova, centro di riferimento regionale per l’emergenza, quindi la Regione ha deciso di somministrarli a domicilio ai pazienti nella fase iniziale della malattia, per evitare che degeneri in polmonite. Ieri il Comitato tecnico scientifico del Veneto si è riunito per definire il protocollo che nelle prossime ore sarà trasmesso alle Usl «per il trattamento precoce e in regime domiciliare dei soggetti con i primi sintomi dell’infezione». La prescrizione sarà redatta da pneumologi e infettivologi e le terapie verranno somministrate dagli infermieri dell’assistenza domiciliare integrata o dai giovani medici delle nuove «Usca», le Unità speciali di continuità assistenziale attivate dal governo per supportare i medici di famiglia nella gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Azienda Zero ha già lanciato il bando per reclutare neolaureati e specializzandi da inserire, a gruppi di tre (e pagare con 40 euro lordi l’ora), in ogni Usca. Le Usl dovranno attivarne una ogni 50mila abitanti, per un totale di un centinaio: avranno sede negli ambulatori delle Guardie mediche e funzioneranno dal lunedì al venerdì, con orario 8-20.

La sperimentazione

Un centinaio anche i pazienti da reclutare, a partire dalla prossima settimana, per la sperimentazione domiciliare, i cui dati saranno inviati agli infettivologi. Se dopo una settimana di terapia quotidiana per bocca non emergeranno effetti collaterali e la malattia sarà regredita, si proseguirà con questa modalità. Se invece il malato dovesse peggiorare, potrà essere ricoverato. «L’Agenzia lavora giorno e notte per supportare gli ospedali nell’emergenza e autorizzare le sperimentazioni sicure e ritenute efficaci in tempi molto rapidi — spiega Domenico Mantoan, presidente di Aifa —. L’azienda produttrice di Avigan, la Fujifilm, si è impegnata a garantire solo all’Italia la quantità necessaria alla sperimentazione, coordinata da un protocollo da noi appena redatto. Nel quale è specificato il profilo del paziente da trattare. La nuova frontiera è sperimentare farmaci che attacchino l’infezione quando è ancora all’inizio. Naturalmente in ospedale continuano i protocolli di cura per i pazienti che hanno invece sviluppato la polmonite da Covid-19. Inoltre — chiude Mantoan — Aifa sta lavorando per procurare alle Terapie intensive curaro e Propofol, anestetici, sia all’estero sia autorizzando l’aumento di produzione in Italia».

Il tasso di mortalità

«Il tasso di mortalità tra i nostri pazienti, a Padova, è basso — rivela la dottoressa Cattelan —. È presto per trarre conclusioni, ma forse utilizzare i farmaci precocemente può aver avuto un ruolo. Ci sono molecole in sperimentazione e altre ne arriveranno, speriamo ci diano delle buone risposte: in attesa dei vaccini dobbiamo comunque disporre di armi terapeutiche che consentano di bloccare il più possibile l’evoluzione della malattia». Nel frattempo la task force regionale si prepara alla fase più dura dell’infezione, che nel Veneto ha già colpito 7650 persone (440 in più rispetto a giovedì), uccidendone 342 (34 solo ieri). «Stiamo accelerando di meno, ma la diffusione del virus prosegue — spiega il governatore Luca Zaia —. Affrontiamo un weekend determinante in vista della prossima settimana, che ci preoccupa: sarà più impegnativa, ci avviciniamo al picco di contagi previsto per il 15 aprile». Sono 18.895 le persone in isolamento domiciliare e 337 i degenti in Terapia intensiva. Le sole note liete riguardano i 625 pazienti dimessi dall’ospedale e gli 84 nuovi nati.

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