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Il disastro del test-pilota di Bolzano, che finisce in lockdown

Ansa
Ansa 

Passava per l’esperimento-pilota, per il modello degli screening di massa di cui tutti i telegiornali nazionali e internazionali hanno parlato. Invece, mentre in tutta Italia la situazione del contagio va sostanzialmente e in diversi casi rapidamente migliorando, mentre nel confinante Trentino a breve riapriranno anche gli impianti sciistici, l’Alto Adige ha appena dichiarato un nuovo “lockdown duro” di tre settimane.

Da lunedì si procederà così a una nuova chiusura di scuole, negozi, bar e ristoranti. Il motivo è evidente: i numeri del contagio appaiono sostanzialmente fuori controllo, così come quelli dei ricoveri e delle terapie intensive. 

La doccia non è solo fredda ma gelata, soprattutto in considerazione di una narrazione continua e martellante di quello che veniva descritto come esempio virtuoso nella lotta alla pandemia, una via tutta particolare e originale che basava molto del suo presunto “successo” sul famoso screening di massa del dicembre scorso, effettuato tra mille fanfare e rivelatosi poi alla prova dei fatti, al di là della propaganda, oggettivamente inefficace, oltre che costoso.

Via via, con il passare dei giorni, è stato sempre più chiaro che la strategia messa in campo non funzionava, ma non si è voluto ammetterlo. E così, anche davanti a numeri sempre più impietosi, anziché prendere atto degli errori commessi e tentare con umiltà di porvi rimedio, ci si è avventurati in una sorta di autoesaltazione, con tanto di sgangherate polemiche sia con i tecnici nazionali sia europei. Quello che si considerava il “modello virtuoso” da imitare non tollerava critiche o anche solo osservazioni basate sui dati, probabilmente continuando a sperare nell’effetto miracolistico dello screening. Effetto che, malauguratamente, nella sostanza non c’è stato. 

Si è insomma ricercata a ogni costo l’originalità e la differenziazione, la si è cioè perseguita non tanto e non solo come metodo, ma soprattutto come principio e probabilmente puntiglio ideologico. Se nel resto d’Italia chiudono i bar, noi a Bolzano li apriamo. Se nel resto d’Italia riaprono bar, noi li chiudiamo: un tic di contraddizione da avviare quasi a prescindere. 

I danni economici sono sempre più ingenti. Il turismo, fondamentale per l’economia provinciale, è in ginocchio; bar, ristoranti e tutte le attività ricettive si ritrovano da ormai quasi un anno in una crisi senza precedenti.

Sul morale della popolazione, notoriamente tra le più disciplinate e rispettose delle regole d’Italia, gli effetti sono disastrosi: considerare che il vicino Trentino potrà a breve avviare la stagione sciistica, mentre a Bolzano sarà tutto sbarrato, è devastante. Lo è anche per una Provincia che si è sempre considerata, spesso a ragione, modello di buona amministrazione.

Cosa è accaduto? Che cosa non ha funzionato? Dove si è sbagliato?

Le risposte a queste domande nessuno le conosce, o almeno nessuno le fornisce. Di certo non le fornirà la propaganda, che peraltro non è mai stata una buona consigliera.

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