Quale fu l’utilità concreta della Presa della Bastiglia?

Tutti i libri di storia sono concordi nel vedere il 14 luglio 1789 come la data d’inizio della Rivoluzione Francese, il periodo di radicale sconvolgimento politico e ideologico che diede inizio all’era contemporanea. Cosa accadde in questa storica data? Chiunque interrogato saprà rispondervi: la presa della Bastiglia.

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Un evento di proporzioni storiche: il popolo francese in rivolta abbatte uno dei più grandi simboli del potere monarchico, spianando la strada verso la creazione di un nuovo ordine democratico. Lungi dai mezzi utilizzati e dagli eventi successivi che hanno in parte sconfessato questo nobile intento (vedi Il Terrore), quale fu l’utilità concreta di questo grande evento?

Ripercorriamo i fatti.

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Jacques Necker

3 giorni prima, l’11 luglio, il re rimosse dall’incarico Jacques Necker, il ministro delle Finanze, diventato una figura scomoda nell’ambiente politico e finanziario per le sue riforme sociali e strutturali (per altro, era la seconda volta che succedeva dopo la cacciata nel 1781: Necker aveva infatti una concezione attiva del ruolo dello Stato, di stampo colbertiano, e la convinzione che l’economia lasciata libera non potesse creare spontaneamente il bene dei cittadini, motivo per cui era inviso a buona parte dell’alta società).

Il giorno successivo, 12 luglio, la popolazione di Parigi, che versava in uno stato di profonda miseria e sull’orlo della carestia, venne a sapere dell’avvenuta destituzione di Necker e organizzò una grande manifestazione di protesta (Necker era ‘accusato’ dai quartieri alti di avere posizioni filo-popolari e perciò ben visto dai parigini), portando in processione dei busti dello stesso ex-ministro e di Luigi Filippo II di Borbone-Orléans, padre del futuro re dei Francesi (che i reazionari accuseranno in seguito di essere alla base di ogni sollevazione popolare del periodo), protesta che si protrasse anche il giorno successivo mentre le truppe mercenarie caricavano sul popolo: 40 delle 50 porte di Parigi vennero date alle fiamme e ogni edificio sospettato di essere un magazzino di provviste venne saccheggiato.

E arriviamo alla fatidica data del 14 luglio. I popolani decisero di assaltare l’Hotel des Invalides con l’obiettivo di procurarsi delle armi: riuscirono solo in parte nell’intento, perché riuscirono a impossessarsi di quasi ventottomila fucili, ma non trovarono polvere da sparo.

Che fare a questo punto? Dove procurarsela? Pierre-Auguste Hulin, soldato delle Gardes francaises, non ebbe dubbi: “Amici, siete buoni cittadini? Sì lo siete! Allora marciamo verso la Bastiglia.”

Sì, ma cos’era la Bastiglia? La prigione che sorgeva nel centro di Parigi venne eretta inizialmente come fortezza difensiva tra 1367 e 1382 da Carlo V di Francia, e venne adibita ad uso carcerario solo sotto Richelieu nel XVII secolo: all’epoca della Rivoluzione era però divenuto inutile e costosissimo il mantenimento della grande struttura, e la stessa monarchia francese ne aveva deciso la demolizione nel 1784; gli elevati costi di smantellamento avevano spinto Luigi XVI a rimandare l’intervento, per poi disporre che venisse messo in atto, ironia della sorte, 36 giorni prima che venisse assaltata. La difesa di una struttura già destinata ad essere distrutta era perciò affidata a un reggimento di soli 82 invalides, ovvero soldati congedati per invalidità dal servizio regolare, e 32 Guardie Svizzere. A dirigere la prigione vi era Bernard-René Jordan de Launay

Il direttore Launay

Il direttore Launay

Torniamo al 14 luglio: una folla sempre maggiore si stava accalcando di fronte alla Bastiglia, e nonostante vi fossero comunque le forze sufficienti a respingere l’attacco, Launay tentò di parlamentare con gli insorti, ricevendo anche alcuni loro rappresentanti all’interno della struttura: mentre ciò accadeva però due dei rivoltosi, dopo essersi arrampicati, riuscirono a rompere le catene del ponte levatoio, e la folla si riversò all’interno della fortezza. Fu un bagno di sangue: morirono un centinaio di persone, tra cui lo stesso direttore, la cui testa venne infilzata su un palo e portata come trofeo in giro per Parigi, destino che condivise con la guarnigione di Guardie Svizzere.

Un simbolo dell’oppressione monarchica era stato abbattuto. Già, ma chi era ‘ospite’ della prigione al momento dell’attacco? Leader di correnti politiche avverse a Luigi XVI? Rivoltosi incorruttibili? Letterati avversi al regime? E qual’era la loro situazione? Torture? Pessime condizioni igieniche? Nulla di tutto questo.

Al momento dell’assalto la struttura ospitava ben 7 prigionieri: Jean Bechade, Jean de La Correge, Bernard Laroche de Beausablon, Jean-Antoine Pujade, Jacques-François-Xavier de Whyte (Conte di Malleville), Claude-Auguste Tavernier e Charles de Carmaux (Conte di Solanges). Di questi, 4 erano falsari, uno, il conte di Solanges, era dentro per ‘cattiva condotta sessuale’, e gli altri due perché pazzi (uno dei quali, Whyte, sfoggiava un barbone lungo fino al petto e si credeva Giulio Cesare).

Nè il numero nè il motivo della carcerazione paiono rilevanti, e nemmeno il trattamento era disumano: ovviamente era migliore per i nobili, ma vi sono numerose fonti che testimoniano che le condizioni fossero piuttosto confortevoli per tutti i detenuti, con orari di visita elastici e alloggi arredati. Un’opera del pittore Jean Fragonard ritrae un giorno di visita nel 1785: alcune dame elegantemente vestite passeggiano per il cortile insieme ai prigionieri, a cui erano concessi una generosa indennità per le piccole spese, un bel po’ di tabacco, di alcool, il permesso di tenere animali domestici. Jean-Francois Marmontel, detenuto dal 1759 al 1760, scrisse: “Il vino non era eccellente, ma comunque passabile. Niente dolce: si doveva pur venire privati di qualcosa. Nel complesso, ho trovato che in prigione si mangiava benissimo.”

Il dipinto di Fragonard che ritrae il cortile interno della Bastiglia

Il dipinto di Fragonard che ritrae il cortile interno della Bastiglia

A chi si deve allora l’opinione di un avamposto del terrore monarchico? Poco tempo dopo l’assalto iniziarono a circolare per le vie di Parigi stampe che ritraevano i prigionieri languire in catene tra uno scheletro e l’altro: non ne conosciamo l’autore, ma probabilmente è così che si formò l’opinione popolare delle condizioni all’interno della prigione.

Il processo di revisione storica continuò quando i rivoltosi si resero conto che nessuno dei sette prigionieri era stata imprigionato per motivi politici, e si ‘sentì il bisogno’ di inventare un prigioniero più rappresentativo al fine di rendere l’avvenuta liberazione più mirabile agli occhi dell’opinione pubblica. Sfruttando l’imponente barba bianca del già citato Whyte, ci si inventò la figura fittizia del Conte di Lorges (nobile realmente esistito circa un secolo prima e incarcerato nella Bastiglia per aver assassinato un prete).

Se indaghiamo un po’, scopriamo anche che all’epoca all’evento non venne subito data l’importanza con cui noi lo classifichiamo oggi: l’attacco venne infatti considerato alla stregua di uno dei molti tumulti allora frequenti a Parigi. Lo stesso Luigi XVI sul suo diario annotò ‘rien‘, e si riferiva per altro alla battuta di caccia.

Subito dopo, il 15 luglio, venne costituita la Guardia Nazionale, e il giorno seguente il re alle insistenti notizie di rivolte si rese conto che la situazione stava degenerando, e riprese Necker come Ministro delle Finanze. Ormai però era troppo tardi.

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