21 marzo 2020 - 22:09

Coronavirus, la caccia a 130 milioni di mascherine al mese

L’esplosione dei costi per fornirle almeno a chi lavora. Atterrato il Cargo bloccato in Cina con 900 mila pezzi. Il sequestro di farmaci e respiratori destinati all’export

di Federico Fubini

Coronavirus, la caccia a 130 milioni di mascherine al mese Una mascherina chirurgica
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La segnalazione è arrivata ieri sera poco prima dell’ora di cena dall’Agenzia delle Dogane: dalla Lombardia stava partendo verso l’estero una partita di dosi di un farmaco essenziale per mantenere sedati i pazienti finiti in terapia intensiva per Covid-19. Il produttore aveva dovuto specificare la natura della spedizione nei moduli per l’export e le dogane hanno subito girato i dati al ministero della Sanità, che li ha mandati all’ufficio di Domenico Arcuri all’estrema periferia Nord di Roma nella sede della Protezione civile. Nel giro di qualche minuto Arcuri, da quattro giorni formalmente commissario straordinario, ha firmato un provvedimento da tempo di guerra: requisizione immediata (con indennizzo). Non è stata la prima misura del genere da parte di questo manager, presidente di Invitalia, al quale il governo ha dato ampi poteri esecutivi per garantire a un Paese nella morsa dell’epidemia tutte le forniture che servono di farmaci, dispositivi salva-vita, strumenti di protezione come le mascherine o le tute ospedaliere.

340 respiratori requisiti

Uno dei primi atti del commissario è stata la requisizione di 340 respiratori nei magazzini della Siare Engineering, già destinati all’export verso l’Asia. L’azienda di Valsamoggia, vicino a Bologna, è la sola in Italia a produrre ventilatori e da subito ha avviato con Arcuri una stretta collaborazione: ora venticinque esperti del genio militare lavorano negli impianti e il gruppo Fca (inclusa Ferrari) collaborano al ciclo produttivo. In un altro caso Arcuri ha fatto requisire attraverso l’Agenzia delle Dogane dei componenti di sistemi di rianimazione pronti per l’export e, poco dopo, ha bloccato una partita di strumenti di protezione in arrivo: l’importatore dall’Estremo Oriente stava organizzando una rivendita all’estero a prezzi molto maggiorati. Proprio le mascherine sono forse oggi il fronte nevralgico della battaglia per le forniture.

Il fabbisogno: 90 milioni di mascherine chirurgiche

Ieri è atterrato a Malpensa un cargo dal Cairo con 900 mila pezzi, che era bloccato da giorni in Cina. Ma quella partita oggi copre il fabbisogno italiano per qualche ora, non di più. L’ufficio di Arcuri, che assorbe poche decine di addetti di Invitalia, ha ormai stime precise. Per rispondere alle necessità del personale medico e di tutela sanitaria in tutte le aziende, dopo l’accordo fra sindacati e associazioni degli imprenditori di una settimana fa, serve un numero enorme di maschere monouso: 90 milioni di pezzi al mese di quelle definite «chirurgiche» (in realtà le più semplici, in tessuto non tessuto) e fra 30 e 40 milioni al mese del modello FFP2, che protegge di più e viene usato negli ospedali. L’Italia aveva smesso da anni di produrre quei beni, perché sembravano a basso valore aggiunto. Prima della crisi modelli chirurgici si vendevano a otto o al massimo dieci centesimi a pezzo, fatti come sono in poliammide o in poliestere. Adesso quelle semplici mascherine sono sul mercato a 60 centesimi l’una all’ingrosso, mentre ieri sera su Amazon e Alibaba si vendevano per pacchetti al dettaglio anche a due euro a pezzo. Dato il fabbisogno in Italia, i prezzi attuali comporterebbero una spesa pubblica di circa un miliardo in un anno solo per permettere a chi lavora di coprirsi.

La sicurezza delle forniture

Ma il problema principale resta la sicurezza delle forniture, non il costo. Una delle missioni urgenti della squadra di Arcuri è l’avvio entro un mese di una maggiore produzione interna, anche in deroga ai requisiti di legge pre-epidemia. Centinaia di imprese in settori paralizzati – soprattutto tessile o moda – stanno già cercando di riconvertirsi e hanno mandato candidature all’Istituto superiore di sanità: vanno specificati materiale, processo produttivo e il tipo di maschera che si intende produrre. L’investimento iniziale in macchinari è di circa 250 mila euro, ma se c’è il via libera dell’Iss, fatte le verifiche, Arcuri ha un bilancio di 50 milioni di euro da investire in incentivi con un tetto di 800 mila euro a impresa. Non tutte le richieste sono accolte, se non convincono. Ma già domani partono le prime richieste di autorizzazioni di aiuti di Stato per Bruxelles, che si è impegnata a rispondere in alcune ore. In poche settimane, l’Italia e le sue strutture pubbliche e private sono discese in un’economia di guerra. Ora va vinta.

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