CORONAVIRUS

L’ad di Air Dolomiti: «I fondi pubblici servono a farci ripartire. Alitalia? Ha un’occasione unica»

di Leonard Berberi

L'ad di Air Dolomiti: «I fondi pubblici servono a farci ripartire. Alitalia? Ha un'occasione unica»

L’amministratore delegato del Gruppo Lufthansa, Carsten Spohr, lo chiama «Presidente», in italiano. E a lui ha chiesto di seguire uno dei dossier più delicati: Alitalia. Poi è arrivato il coronavirus e la questione è stata accantonata. Per ora. «Ero proprio con Spohr al simulatore di volo, a inizio marzo, quando abbiamo visto i primi effetti del Covid-19 sulle prenotazioni», racconta al Corriere della Sera Joerg Eberhart, presidente e amministratore delegato di Air Dolomiti. E come erano? «In pochi giorni segnavano un crollo del 97%, una cosa mai vista». Il vettore italiano — che fa parte del colosso tedesco dei cieli — ha il quartier generale a Verona, conta 15 aerei, impiega 748 dipendenti e nel 2019 ha trasportato 2,5 milioni di passeggeri, diventando la seconda aviolinea tricolore dopo Alitalia (21,3 milioni). In media prima della pandemia aveva ricavi mensili di circa 20 milioni di euro e costi fissi di 5-10 milioni. Con Eberhart la conversazione telefonica avviene «dopo undici settimane per niente facili».

Cosa avete fatto agli inizi della pandemia?
«La priorità è stata la tutela della salute dei dipendenti e dei clienti. I passeggeri si sono quasi azzerati entro una settimana dal primo focolaio lombardo. Abbiamo dovuto gestire una situazione drammatica cercando persino di trovare posti dove parcheggiare gli aerei».

Però non vi siete mai fermati del tutto.
«Il nostro operativo si è ridotto del 98%, siamo passati da un centinaio di voli al giorno ai due da Milano Malpensa per Francoforte — per conto di Lufthansa —, ma è chiaro che non sono profittevoli. Tutto questo al netto della decina di viaggi in collaborazione con l’Unità di crisi della Farnesina per il rimpatrio dei connazionali italiani fermi all’estero. In parallelo abbiamo dovuto gestire le cancellazioni: erano così tante che abbiamo trasferito alcune persone da altre aree per rafforzare il servizio clienti».

Carsten Spohr, ad del gruppo Lufthansa, con Joerg Eberhart, numero uno di Air Dolomiti (foto di Leonard Berberi / Corriere)
Carsten Spohr, ad del gruppo Lufthansa, con Joerg Eberhart, numero uno di Air Dolomiti (foto di Leonard Berberi / Corriere)

Niente prenotazioni, tante cancellazioni: che conseguenze hanno avuto sui soldi a disposizione?
«La liquidità è stata un problema all’inizio: sono venuti meno i ricavi, ma sono rimasti i costi fissi come il leasing, il personale. Avevamo cassa per 3-4 settimane prima del fallimento. Così abbiamo spostato i pagamenti di 120 giorni (come le bollette di Eurocontrol, i fornitori del catering), abbiamo mandato in cassa integrazione tutti i 748 dipendenti e attinto ai fondi del gruppo Lufthansa».

Come siete messi ora?
«Molto meglio: abbiamo almeno sei mesi di liquidità».

Quanto bruciate di cassa?
«Circa 5 milioni di euro al mese».

In Italia c’è anche il tema del distanziamento a bordo di un metro tra i passeggeri.
«È stata una criticità ulteriore: sui nostri Embraer da 120 posti potevamo venderne la metà, cioè 60».

Con che tassi di riempimento?
«30-40 passeggeri per volo».

Poca domanda: il distanziamento non sembra sia stato un ostacolo per voi...
«In realtà alcuni giorni avevamo molti più viaggiatori, ma non potevamo vendere i posti. Il distanziamento è un problema per il settore, speriamo si arrivi a una soluzione non così penalizzante anche in Italia».

Non le piace questa misura?
«All’inizio secondo me aveva senso, ma adesso che si va verso la riapertura mi auguro che dalla metà di giugno ci sia un accordo a livello europeo. Servono misure alternative meno penalizzanti».

L’ad di Air Dolomiti: «I fondi pubblici servono a farci ripartire. Alitalia? Ha un’occasione unica»

Il governo ha stanziato 130 milioni di euro per i vettori italiani: voi, Neos e Blue Panorama.
«Confermo. È una mossa che sicuramente ci aiuta a risarcire parte dei danni subiti a causa del coronavirus. Ma dobbiamo capire ancora i dettagli. Aggiungo anche che per noi vettori questi 130 milioni ci danno ulteriore responsabilità e ci spronano a investire al meglio questi soldi».

Quanto andrà a ciascuna compagnia?
«Non lo sappiamo ancora. Credo che saranno divisi sulla base del principio del danno subito: chi aveva più ricavi dovrebbe ricevere di più».

Lo Stato intende sborsare 3 miliardi per Alitalia. Che ne pensa?
«La situazione di Alitalia non è paragonabile a quella degli altri vettori italiani. La compagnia ora ha un’opportunità storica in un momento unico: tutte le aviolinee devono iniziare da zero».

Quindi si parte tutti dallo stesso punto?
«Sì, ma altri hanno oneri e prestiti da restituire nei prossimi anni, Alitalia no e questo la pone in una situazione favorevole. Non solo: ha la possibilità di firmare nuovi contratti, accordi di leasing e con gli aeroporti più favorevoli».

Molti dicono che quei soldi siano uno sproposito, a voler essere diplomatici.
«Io invece ritengo che sia legittimo che un governo cerchi di tutelare parte dell’infrastruttura del Paese, così fondamentale per il turismo e l’economia».

Con tre miliardi in cassa Alitalia potrebbe diventare ancora più appetibile per Lufthansa.
«Come gruppo ribadiamo di essere disposti a una partnership commerciale con loro. Ma è fondamentale che il governo italiano punti su un management che ha una esperienza profonda nel settore».

Come avete organizzato la ripartenza di Air Dolomiti?
«Da metà giugno aumentiamo i posti a disposizione del 20%. Dal 5 giugno decolliamo dall’aeroporto di Firenze verso Catania, Palermo e Cagliari».

Firenze sembra la vostra seconda base in Italia dopo Verona.
«È così. Non voliamo dalla città su rotte stagionali, anzi. Vogliamo diventare il vettore principale a Firenze, grazie anche al nuovo centro di manutenzione e agli ottimi rapporti con Toscana Aeroporti. Lo scalo fiorentino è perfetto per i nostri Embraer e nei prossimi 2-3 anni vogliamo sperimentare molto, vogliamo creare opportunità di mercato».

Da Firenze volate sui due hub di Lufthansa, Francoforte e Monaco. Dove vorreste espandervi?
«Vorremmo collegare la Toscana con gli altri hub del gruppo, Zurigo e Vienna. Ma vorremmo anche per esempio operare la Firenze-Berlino o andare verso altre capitali europee».

Quindi sta cambiando la strategia di Air Dolomiti?
«Sì, pensiamo a un nuovo modello. Non solo feederaggio verso gli hub di Lufthansa, ma anche voli punto a punto».

Nella flotta di 15 Embraer quanti voleranno a metà giugno?
«Tre».

Le prenotazioni come stanno andando?
«Meglio, sono in aumento. Per giugno vediamo ancora dell’incertezza, luglio invece inizia ad avere segnali positivi».

L’idea è di ripartire prima sui voli domestici, poi europei?
«Sì, ma è importante anche riprendere il prima possibile i collegamenti intercontinentali».

Le persone forse non si sentono ancora sicure.
«La loro fiducia è fondamentale dopo questa crisi che ha colpito tutti. Per questo servono linee guida chiare a livello europeo».

lberberi@corriere.it

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