TRASPORTI

Aerei, Wizz Air e l’offensiva low cost sull’Italia: «Paese strategico, apriremo altre basi»

di Leonard Berberi

Aerei, Wizz Air e l'offensiva low cost sull'Italia: «Paese strategico, apriremo altre basi»

MALPENSA (VARESE) — Wizz Air, la terza low cost d’Europa, insiste sull’Italia, si prepara ad aprire nuove basi e ad avviare altri voli soprattutto interni al nostro Paese. E per attrarre quanti più passeggeri non esita ad abbattere i prezzi. «Questi giorni abbiamo messo in vendita sedili anche a un euro», dice l’amministratore delegato József Váradi durante un’intervista con il Corriere della Sera negli uffici della compagnia aerea all’aeroporto di Milano Malpensa.

Com’è andata l’estate?
«L’intero settore viene da un periodo di montagne russe dopo il fermo totale all’inizio della pandemia. Ad agosto abbiamo volato all’80% di un anno fa, siamo andati meglio della media europea che si è attestata al 49%».

Molte compagnie si aspettavano di volare tra il 70 e il 90% alla fine dell’anno: ora tutti avete ridotto quelle stime. Perché?
«Ci sono sempre più restrizioni imposte dai governi per il contenimento del Covid-19, cosa che ha conseguenze sulla domanda: per questo tutti i vettori hanno ridotto l’offerta per i prossimi mesi, noi la portiamo al 60%. Le persone vogliono muoversi, ma non lo fanno se ci sono troppe barriere. Basta vedere come a luglio-agosto — tolte le limitazioni — gli europei hanno volato, ma ora che questi ostacoli tornano le prenotazioni calano».

Cosa propone?
«Queste misure restrittive devono essere riviste, bisogna pensare a un modo più intelligente per affrontare la situazione perché così il costo economico è troppo elevato e non è sostenibile. Non solo. Ancora oggi ogni Paese va per conto suo sul tema, si finisce con l’introdurre decisioni non coordinate. Voliamo in 46 Paesi e non ne vediamo due di questi imporre le stesse misure».

E quindi cosa si deve fare?
«Via le quarantene e la chiusura delle frontiere. Si potrebbe introdurre una qualche forma di screening, ma che sia lo stesso in tutti gli Stati».

Test in partenza o all’arrivo?
«Non ci si contagia in volo, il test può essere fatto prima o dopo. Ma basta che i Paesi si mettano d’accordo sulle modalità, sull’interpretazione dei risultati e sulle tempistiche: solo così si incoraggiano le persone a muoversi».

József Váradi, amministratore delegato di Wizz Air
József Váradi, amministratore delegato di Wizz Air

Quindi concorda con la Iata (la principale associazione internazionale delle compagnie aeree, ndr) che propone i test sui voli internazionali?
«È una soluzione, certo. Ma è importante che l’approccio sia omogeneo».

Diceva prima che Wizz Air ha fatto meglio del mercato: perché?
«Intanto continueremo a fare meglio degli altri e grazie a due fattori. Il primo: siamo la compagnia più resistente. Anche nel peggior scenario — cioè lo stop ai voli — saremmo in attività tra un paio d’anni: abbiamo 24 mesi di liquidità e possiamo comunque andare sul mercato e chiedere altri soldi. Il secondo fattore: abbiamo i costi operativi più bassi. Il Covid si fa sentire anche da noi, ma fa più male agli altri. Eppoi abbiamo fatto una cosa che altre compagnie non hanno fatto».

E cioè?
«Abbiamo diversificato la nostra rete di collegamenti: abbiamo costruito un nuovo network, spostando gli aerei altrove. È quello che abbiamo fatto con l’Italia dove abbiamo aperto la base a Milano Malpensa e apriremo nei prossimi giorni Catania».

Ecco, parliamo dell’Italia: tra voi e Ryanair è scoppiata la guerra tariffaria sui voli nazionali. Ci sono prezzi mai visti.
«Succede perché abbiamo deciso di investire nel vostro Paese aprendo basi e iniziando i primi voli domestici».

Sì, ma ci sono anche voli a 6-8 euro.
«Certo, ne abbiamo messi anche a un euro. Stiamo sfidando lo status quo. I nostri prezzi bassi portano i concorrenti a reagire abbassando le loro tariffe. È un bene per i clienti».

Vi state concentrando sui voli nazionali in Italia perché è anche un investimento sicuro?
«Certo. È un modo per mitigare il rischio in questo periodo perché il mercato domestico è più resistente e perché non risente degli effetti delle restrizioni alle frontiere».

State pensando di espandervi in Italia?
«Per noi è un mercato strategico. Ci espanderemo senz’altro. Stiamo parlando con 5-6 aeroporti per aprire nuove basi, ma questo dipende quanto attrattivo è il mercato».

Ci sono delle aree del Paese dove state guardando?
«Ci sono alcuni sotto-mercati nel Nord e nel Sud che sembrano interessanti».

Ad esempio Venezia?
«Per esempio».

C’è chi sostiene — anche tra i vostri rivali diretti — che riuscite a offrire prezzi bassi anche perché pagate poco i dipendenti.
«È una cavolata. La differenza sui costi non è sulle retribuzioni, ma sugli aerei e su come li utilizziamo: i nostri velivoli hanno in media più di sedili di altre low cost che non menziono, si muovono 13 ore al giorno mentre i loro 10-11 ore, vendiamo i biglietti attraverso il nostro sito e non andiamo su altre piattaforme che chiedono la commissione di vendita».

A quanto ammontano i rimborsi per i voli cancellati?
«A oltre 80 milioni di euro».

E quanta liquidità state consumando?
«Circa un milione di euro al giorno. Molto meno di altri».

lberberi@corriere.it

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