la storia

Alitalia, dalla privatizzazione agli arabi: i 25 anni di crisi prima di Ita

di Leonard Berberi, Michelangelo Borrillo

Alitalia, dalla privatizzazione agli arabi: i 25 anni di crisi prima di Ita

Ci sono stati gli arabi, i francesi, gli olandesi. E poi lo sbarco in Borsa, i capitani coraggiosi e governi di tutti i colori che hanno cercato di salvarla. In una storia lunga 75 anni (la compagnia venne fondata nel 1946, primo volo nel 1947), di certo gli ultimi 25 sono stati i più tribolati per Alitalia. Con due grandi crisi che hanno scandito gli ultimi 5 lustri: quella del 1996 e quella del 2006. Entrambe caratterizzate da tentativi tampone del governo Prodi di privatizzare la compagnia, dopo mezzo secolo di controllo totalitario dello Stato (prima attraverso l’Iri, poi con il ministero del Tesoro). La prima privatizzazione è datata 1996: lo Stato cede il 37% della compagnia che si quota in Borsa. Ma per migliorare i conti non basta la cessione ai privati. Serve anche un partner industriale che viene individuato nell’olandese Klm. Nel 2000, però, l’accordo globale (40 milioni di passeggeri e una flotta di quasi 300 aerei) si rompe per una questione locale: gli olandesi puntano sull’hub di Malpensa, come da progetto di sviluppo del decreto Burlando, ma poi Roma (intesa come città e come governo) non permette che Fiumicino abdichi in favore dello scalo milanese.

La crisi post 11 settembre

Nel 2001, poi, arriva l’11 settembre che falcidia i bilanci di tutto il settore. Da quella crisi generalizzata Alitalia, rimasta da sola in un mare tempestoso, non riesce a risollevarsi. E così nel 2006 il governo Prodi, a dieci anni di distanza dal primo tentativo, ritenta la strada della privatizzazione-tampone, decidendo di cedere un ulteriore 39% della compagnia e quindi il controllo. Ma il tentativo non ha successo, la gara va deserta e il governo vira su una trattativa diretta. L’interlocutore unico di Alitalia diventa Air France-Klm (ancora gli olandesi). Fino a quando non irrompe sulla scena Silvio Berlusconi, all’epoca leader dell’opposizione, con la sua idea di preservare «l’italianità della compagnia». I franco-olandesi capiscono che con il successivo probabile governo non avrebbero vita facile.

I capitani coraggiosi

E così la loro ritirata spiana la strada alla cordata di «capitani coraggiosi» messa in piedi da Berlusconi, la Cai (Compagnia aerea italiana), la good company guidata dall’imprenditore Roberto Colaninno e di cui fanno parte, tra gli altri soci, anche le famiglie Benetton, Riva, Ligresti, Marcegaglia e Caltagirone, mentre la bad company rimane a carico dello Stato. Con il piano Fenice la vecchia compagnia muore per rinascere dalle proprie ceneri e a gennaio 2009 decolla il primo volo della nuova Alitalia. Ma la resurrezione ha vita breve, manca sempre il partner industriale. Che arriva nel 2014 con gli arabi di Etihad. Abituati, però, a lavorare sulle rotte a lungo raggio mentre le low-cost erodono il mercato interno di Alitalia, tanto che la compagnia non riesce a riprendersi neanche con l’azione degli emiri, arrivando a perdere quasi un milione al giorno. E così arriva l’ultima crisi: il 2016 come il 2006 e il 1996.

Il referendum e l’amministrazione straordinaria

Il 2017 è l’anno dell’amministrazione straordinaria. Preceduta dal referendum che boccia (con il 67% dei no) un pre-accordo tra sindacati e azienda con 980 esuberi. Diventa così inevitabile l’amministrazione straordinaria con la triade formata da Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, che a maggio del 2017 pubblicano il bando per le manifestazioni di interesse per la vendita. Per sostenere le casse della compagnia viene erogato un prestito ponte statale di 900 milioni, in scadenza il 15 dicembre 2018. Intanto al governo arrivano Lega e Movimento 5 stelle e il vicepremier Luigi Di Maio, a ottobre 2018, annuncia che lo Stato è pronto tornare azionista di Alitalia, grazie a una newco con una dotazione iniziale di almeno 2 miliardi, partecipata per circa il 15% dal Tesoro e con il coinvolgimento di Ferrovie dello Stato e Cdp per la flotta, insieme a un partner industriale internazionale. Ma a distanza di un anno, dopo le condizioni non soddisfatte di easyJet, la frenata di Atlantia, i dubbi di Lufthansa e la freddezza di Delta, il governo deve ammettere che la soluzione di mercato per salvare Alitalia non c’è. E a tre anni di distanza dall’ultima crisi, partita nel 2016, la questione è tutt’altro che risolta: la compagnia che fu di bandiera si ritrova a un passo dal baratro.

Il cambio: arriva il commissario unico

Il governo decide di cambiare i vertici della compagnia. I tre commissari Enrico Laghi, Stefano Paleari e Daniele Discepolo (che nel frattempo è subentrato a Gubitosi nominato ad di Tim) si dimettono e nel dicembre 2019 vengono sostituiti da Giuseppe Leogrande, avvocato che ha già gestito la crisi di Blue Panorama assieme a Giancarlo Zeni. E proprio Zeni viene scelto come nuovo direttore generale di Alitalia. Il 5 marzo 2020 Leogrande pubblica il nuovo bando di vendita della compagnia tricolore. Sono diverse le società a manifestare interesse per tutto o un pezzo della società, in particolare una cordata guidata da Almaviva, Synergy Group di German Efromovich e USAerospace. Ma in Europa è già scoppiato il coronavirus, il trasporto aereo viene decimato e il problema principale di tutti i vettori è la sopravvivenza all’emergenza sanitaria. A maggio dell’anno passato Efromovich mette a disposizione per Alitalia un miliardo di euro e promette pochi esuberi. Un mese dopo USAerospace rilancia con un miliardo e mezzo.

Nasce la newco Ita

Il governo ha però altri piani: crea una nuova società pubblica e a fine giugno, con un post su Facebook, l’allora premier Giuseppe Conte annuncia i vertici: Francesco Caio diventerà presidente e Fabio Lazzerini (fino a quel momento Chief business officer di Alitalia) sarà amministratore delegato. La newco nasce ufficialmente in autunno con il nome di Italia Trasporto Aereo, a dicembre 2020 presenta la prima bozza del piano industriale e partono le lunghe e tortuose interlocuzioni con la Commissione europea che deve anche dare il via libera stabilendo la discontinuità aziendale con Alitalia: questo perché sulla vecchia compagnia pendono due indagini Ue sui prestiti pubblici di 1,3 miliardi erogati nel 2017 e 2019. Con l’arrivo del governo di Mario Draghi e un nuovo capo al ministero dello Sviluppo economico (Giancarlo Giorgetti) il commissario Leogrande viene affiancato da Gabriel Fava e Daniele Santosuosso. Caio intanto lascia l’incarico di presidente di ITA (per fare l’ad di Saipem) e al suo posto arriva Alfredo Altavilla con un lungo curriculum in ambito industriale.

Il via libera Ue e lo stop alle vendite

Le trattative governo-Ue vanno avanti e il primo ok politico al piano industriale di Ita arriva a fine maggio. Un mese e mezzo dopo — il 15 luglio — la Commissione europea invia all’Italia una «comfort letter» in cui dà il via libera all’operazione della nuova compagnia di bandiera. Ma non senza sacrifici. Alitalia smetterà di volare il 14 ottobre, dal giorno dopo toccherà alla newco. Ita poi potrà comprare con trattativa diretta il ramo «Aviation» di Alitalia, ma il marchio dovrà essere conquistato sul campo attraverso una gara pubblica dove chiunque può partecipare, low cost comprese. Non solo: anche handling (servizi di terra) e manutenzione dovranno passare attraverso lo stesso percorso. Così come il programma fedeltà MilleMiglia che, però, non potrà andare in nessun modo a Ita. Rinunce anche in ambito slot, cioè i diritti aeroportuali di decollo e atterraggio: dopo un lungo braccio di ferro il governo italiano deve tagliare soltanto il 15% degli slot di Alitalia all’aeroporto di Milano Linate, ma lasciare il 57% di quelli posseduti a Roma Fiumicino, dove però è più facile riprenderseli. Il 16 agosto Ita effettua il volo-test di fronte agli ispettori dell’Enac e due giorni dopo ottiene il Certificato di operatore aereo, documento indispensabile per agire come aviolinea e quindi volare e vendere biglietti. Ma bisognerà aspettare un’altra settimana prima di avere la svolta: nella notte tra il 24 e il 25 agosto Alitalia smette di vendere i voli post 14 ottobre e invita i passeggeri con un biglietto in mano non più valido a chiedere il rimborso o a spostare le date di viaggio comunque entro il 14 ottobre. Ita prepara il suo sito dove iniziare a vendere i primi sedili. Come l’araba fenice, l’ex Alitalia è pronta a risorgere.

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