SEZIONI

HOME

OPINIONI

LE FIRME LETTERA AL DIRETTORE IL CAFFÈ DEL GRAMELLINI LO DICO AL CORRIERE ITALIANS DI BEPPE SEVERGNINI IL TWITTER DEL DIRETTORE PADIGLIONE ITALIA LETTI DA RIFARE DI D'AVENA CRONACHETTE FACCE NUOVE

POLITICA

CRONACHE

ESTERI

ECONOMIA

L'ECONOMIA SETTIMANALE

SPORT

CULTURA

LA LETTURA

DATAROOM

SETTE

SCUOLA

SPETTACOLI

SALUTE

SCIENZE

ANIMALI

LOGIN:

MOTORI

VIAGGI

CASA

EVENTI

CUCINA

IO DONNA

27 ORA

MODA

IL BELLO DELL'ITALIA

EDIZIONI LOCALI

BERGAMO

BOLOGNA

BRESCIA

FIRENZE

MILANO

VIVIMILANO

ROMA

MEZZOGIORNO

BARI CASERTA CATANIA FOGGIA LECCE NAPOLI PALERMO SALERNO

TORINO

VENETO

BELLUNO PADOVA ROVIGO TREVISO VENETO VENEZIA VERONA VICENZA

CORRIERE TV

METEO

DIGITAL EDITION

IL PUNTO FOOD ISSUE

ARCHIVIO

SERVIZI

DIGITAL EDITION

ABBONAMENTI

ARCHIVIO STORICO

DIZIONARIO

TROVOCASA

TROVOLAVORO

TROVOASTE

CORRIERE STORE

COMUNI

LOTTERIE E GIOCHI

METEO

ACADEMY

FOTO ARCHIVIO

CODICI SCONTO

CODICI SCONTO ALIEXPRESS CODICI SCONTO SEPHORA CODICI SCONTO GROUPON

BUONPERTUTTI

NECROLOGI

CHI SIAMO

economia
3 marzo 2021 - 07:51

Alitalia, quasi 4 anni di Stato (e 8 miliardi di soldi pubblici)

di Fabio Savelli

Quattro anni di amministrazione straordinaria: cioè da maggio 2017 Alitalia l’ha presa in mano lo Stato per garantire la continuità operativa e rilanciarla pagando anche qualcosa agli oltre 13mila creditori della compagnia esposti con la precedente gestione, quella di Etihad e il mondo bancario. Quattro commissari straordinari. I primi tre – Enrico Laghi, Luigi Gubitosi e Stefano Paleari – l’hanno guidata per due anni e mezzo col mandato di venderla per intero. Zero acquirenti. Una cordata naufragata nel nulla per le resistenze di Atlantia, la holding controllata dai Benetton, che pretendeva lo scambio con la concessione di Autostrade. Per quelle di Delta che tutto avrebbe voluto tranne che rilanciarla, ma solo contenere Lufthansa. Per quelle di Ferrovie dello Stato che non voleva stressare i suoi conti in un business che non conosce.

Poi da dicembre 2019 arriva un altro commissario per conto del ministero dello Sviluppo: Giuseppe Leogrande. Incaricato di venderla a pezzi, salvare il salvabile, attutire il colpo sociale degli esuberi che inevitabilmente ci saranno. Primo bando pubblicato a marzo 2020 scritto sulla sabbia. Nessun interessato, ma non è colpa sua. Stava arrivando la pandemia e nel mentre tutte le compagnie finiscono sottosopra compresa l’unica pretendente possibile: Lufthansa salvata dal governo tedesco a suon di quattrini.

Ora il governo Draghi prova a metterci l’ultima pezza sperando in un via libera dell’Europa che deve garantire la libera concorrenza tra vettori ed evitare i ricorsi di chi si sente defraudato da una compagnia incapace di stare sul mercato e sostenuta con solo soldi pubblici. Vendere la parte aviation – cioè una parte dei velivoli, gli slot aeroportuali, una parte minimale del personale navigante – senza bando di gara ad una nuova società controllata, anche questa, al 100% dal ministero del Tesoro. Una newco che ha in dotazione tre miliardi di euro di soldi pubblici, quindi di noi tutti, che dovrebbe ereditarne una parta cominciando con circa di 50 aerei e meno di 5mila dipendenti. Meno della metà di quella attuale. Se siamo appesi alla benevolenza di Bruxelles che dovrebbe derogare alla normativa Ue sugli aiuti di Stato solo perché Alitalia da noi svolge anche un servizio essenziale come il trasporto di medicinali (oro in un momento del genere) e la continuità territoriale con le isole conviene dare un po’ di numeri.

L’istituto Bruno Leoni ha fatto un calcolo da brividi. Alitalia in amministrazione straordinaria ci sta costando 8 miliardi di euro, uno stress inaudito sui conti pubblici e sul debito lievitato a dismisura in quest’ultimo anno: 1,3 miliardi frutto di due prestiti-ponte, da 900 e 400 milioni, erogati per la continuità operativa. Entrambi a rischio bocciatura di Bruxelles perché in teoria la compagnia dovrebbe rimborsarli ai creditori, cioè al Tesoro, per non bypassare la normativa comunitaria. Ma Alitalia vale zero, ritengono tutti gli analisti di settore, considerando il valore dei suoi asset rispetto all’ammontare dei suoi debiti. Oltre 300 milioni di interessi sul prestito, scritti sulla sabbia perché anche qui chi dovrebbe rimborsarli. Circa 350 milioni di aiuti Covid per il tracollo delle prenotazioni da marzo in poi: sull’ultima tranche da 77 milioni è ancora in corso la valutazione di Bruxelles sulle rotte internazionali che potrebbe certificare che il valore sia troppo alto rispetto al crollo del business sulle tratte intercontinentali. Almeno 3 miliardi sarebbero i debiti accumulati dalla bad company rispetto ai fornitori. E gli ultimi 3 miliardi appunto in dotazione alla newco.