TRASPORTI
Alitalia, prima asta deserta per il marchio: ora via ai ribassi
di Leonard Berberi
Non ci sarebbe nessuna compagnia aerea disposta a spendere almeno 290 milioni di euro per comprare il marchio Alitalia. Alle 14 del 4 ottobre i commissari della compagnia non avrebbero ricevuto alcuna offerta vincolante, nemmeno da Italia Trasporto Aereo che giudica il valore di partenza al di fuori del mercato. È quanto apprende il Corriere della Sera da fonti qualificate. Il giornale ha chiesto conferme alla terna di avvocati che gestisce l’aviolinea che però non intenderebbe pronunciarsi prima della chiusura dell’iter prevista tra alcuni giorni.
La fase successiva
Non solo. I commissari ricordano che non c’è alcun obbligo di comunicazione dell’esito se non ai vettori autorizzati a partecipare all’asta. E infatti, al netto di colpi di scena, agli amministratori di Alitalia non resterebbe che annunciare ai soggetti ammessi a partecipare alla gara che si procederà alla seconda fase di aggiudicazione e che quindi saranno ammesse le offerte vincolanti anche con un valore inferiore ai 290 milioni di euro. Secondo le perizie di esperti esterni il brand avrebbe un valore massimo di 145-150 milioni di euro.
La trattativa diretta
Se anche la seconda fase dovesse andare deserta i commissari a quel punto dovrebbero comunicare che la procedura è risultata senza esito. In questo scenario toccherà proprio a loro — a Gabriele Fava, Giuseppe Leogrande e Daniele Umberto Santosuosso — procedere alla cessione del marchio «senza vincoli procedurali nei confronti dell’operatore economico da essi individuato» come viene messo nero su bianco sul documento di invito a partecipare alla gara. In questo caso potrebbe entrare in gioco la newco Ita.
Le frizioni con Ita
Ma le eventuali trattative commissari-Ita non si annunciano facili. La terna di avvocati non ha gradito l’uscita del presidente Alfredo Altavilla che ha ritenuto il prezzo base del marchio — 290 milioni di euro — «irrealistico». «Il bando ci ha sorpreso per i valori ottenuti, che personalmente definirei irrealistici, per una compagnia che in undici anni ha generato tre miliardi e mezzo di perdite operative», ha detto Altavilla alcuni giorni fa. «Mi sembra una valutazione non realistica e noi dobbiamo stare con mercato». Parole che hanno spinto la terna commissariale di Alitalia a pubblicare una nota confermando «che la stima rappresenta il valore minimo risultante da una perizia, dovuta per legge e operata da un professionista terzo incaricato dalla procedura, previo parere favorevole del comitato di sorveglianza».
lberberi@corriere.it