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Aumento dei prezzi degli alimentari, indagine Antitrust anche su detergenti e guanti

di Fabio Savelli

Aumento dei prezzi degli alimentari, indagine Antitrust anche su detergenti e guanti

A fine marzo un’indagine di Altroconsumo aveva certificato il crollo delle promozioni nei supermercati. Meno di un quarto dei prodotti venduto a sconto. Ciò avveniva in un momento particolare. Con il Paese in lockdown e il panico collettivo che ha generato tentativi di accaparramento scomposto di generi alimentari da parte dei clienti in fila ai supermercati.

Scriveva Altroconsumo che la riduzione delle promozioni «pesa su tutto il carrello e determina un evidente svantaggio per il consumatore, che già sta facendo acquisti in un regime forzato di minore concorrenza, essendo chiamato a scegliere il negozio più vicino a casa e ad accontentarsi di quello che trova sugli scaffali quando arriva il suo turno di accedere al supermercato».

Ora a distanza di un mese l’Antitrust decide di correre ai ripari inviando richieste di informazioni a diversi operatori della grande distribuzione per acquisire dati sull’andamento dei prezzi di vendita al dettaglio e dei prezzi di acquisto all’ingrosso di generi alimentari di prima necessità, detergenti, disinfettanti e guanti «al fine di individuare eventuali fenomeni di sfruttamento dell’emergenza sanitaria a base dell’aumento di tali prezzi». I maggiori aumenti si riscontrano in aree non interessate da «zone rosse» o da misure rafforzate di contenimento della mobilità, spiega l’Autorità, non escludendo «fenomeni speculativi».

In una recente intervista al Corriere della Sera l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese, aveva ribattuto alle accuse di aumento dei prezzi sostenendo che «ciò che è cambiato è il mix nel carrello. Ora si spende di più perché siamo tutti in casa. Compriamo prodotti per la gran parte confezionati che hanno un prezzo più alto di quelli al banco da cui fuggiamo per fare la spesa più velocemente e scegliendo prodotti che si percepiscono più protetti. Soprattutto compriamo sempre più nei negozi di prossimità o negli store di minore metratura ed economie di scala diverse, sicuramente meno convenienti dal punto di vista economico rispetto agli ipermercati penalizzati dalla ridotta mobilità che abbiamo e confinati nelle periferie o su strade ad alto scorrimento. L’esito è quello che certifica Nielsen. Però se tornassimo a vivere come prima, e spero che prima o poi avvenga, spenderemmo di più. Lo scontrino alla cassa è aumentato del 40%, ma stiamo risparmiando i soldi del ristorante. E il saldo per il consumatore è positivo».

Le richieste di informazioni riguardano oltre 3.800 punti vendita, soprattutto dell’Italia centrale e meridionale, pari a circa l’85% del totale censito dall’istituto Nielsen che in questi due mesi ha certificato un aumento dei prezzi. Dalle analisi preliminari svolte dall’Autorità sui dati Istat sono emersi a marzo 2020, per i prodotti alimentari, aumenti dei prezzi rispetto a quelli correnti nei mesi precedenti differenziati a livello provinciale.«Non tutti gli aumenti osservati appaiono immediatamente riconducibili a motivazioni di ordine strutturale, come il maggior peso degli acquisti nei negozi di vicinato, la minore concorrenza tra punti vendita a causa delle limitazioni alla mobilità dei consumatori, le tensioni a livello di offerta causate dal forte aumento della domanda di alcuni beni durante il lockdown e dalle limitazioni alla produzione e ai trasporti indotte dalle misure di contenimento dell’epidemia», spiega l’authority.

I principali destinatari delle richieste di informazioni sono Carrefour Italia, MD, Lidl, Eurospin, F.lli Arena, alcune cooperative Conad (Conad Sicilia, Conad Nord-Ovest, PAC 2000, Conad Adriatico, Margherita Distribuzione), alcune cooperative e master franchisor Coop (Unicoop Firenze, Unicoop Tirreno, Coop Centro Italia, Coop Liguria, Novacoop, Coop Alleanza 3.0, Tatò Paride), Sigma e Crai

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