IL RETROSCENA

La storia segreta della crisi di governo: e se non fosse stata un imprevisto?

La storia segreta della crisi di governo: e se non fosse stata un imprevisto?

E se «la crisi più pazza del mondo» non fosse stata un imprevisto? Se non avesse colto nessuno impreparato? Perché ripercorrendo il mese che ha cambiato il corso della politica e il colore del governo, si scorgono così tanti indizi che è difficile non elevarli a prove. Salvini rompe formalmente coi grillini l’8 agosto, quando già erano accadute molte cose. Il 16 luglio i giallo-verdi si erano divisi nel voto sulla presidenza della Commissione europea. L’elezione della popolare von der Leyen con il concorso di Pd e M5S non era considerata allora l’atto di nascita della nuova maggioranza, ma nemmeno una settimana dopo (il 22 luglio) il dem Franceschini rilasciava al Corriere un’intervista in cui sosteneva che «i Cinquestelle sono diversi dalla Lega», e si appellava a Conte e Fico dicendo che «insieme possiamo difendere certi valori».

Il fuoco di sbarramento di Di Maio e di Renzi lasciava supporre che fosse stato un colpo a salve. Ma due giorni più tardi al Senato, il premier — oltre a parlare di Salvini e del Russiagate — annunciava che «in questo consesso tornerò se ci fosse una cessazione anticipata del mio incarico». «Conte cerca voti per una nuova maggioranza, come si cercano funghetti in Trentino», commentava il leader della Lega. Che dunque non poteva non sapere cosa stesse accadendo, e soprattutto come avrebbe reagito Conte quando l’8 agosto gli avrebbe chiesto di dimettersi per andare alle elezioni: fingersi stupito prima di chiedere ai parlamentari di «alzare il c...» e tornare a Roma per votare la sua mozione di sfiducia, faceva parte del gioco.

Così «la crisi più pazza del mondo» appare adesso una sorta di crisi pilotata, perché in effetti «è stata una sfida — come racconta oggi un autorevole esponente del Pd — tra due scommesse: da una parte Salvini, che scommetteva non avremmo fatto in tempo a costruire una nuova maggioranza; dall’altra noi, che a quella maggioranza avevamo iniziato a lavorare, scommettendo a nostra volta che Salvini avrebbe aperto la crisi entro l’estate». Trattandosi di due scommesse, il finale non era scontato. E il percorso infatti non è stato lineare. Nel Pd Zingaretti era tentato dal voto, la sua tesi era che Salvini avrebbe vinto le elezioni ma si sarebbe poi schiantato con la Finanziaria. Nel partito avevano dovuto convincerlo che «non si poteva correre il rischio di vedere l’Italia orbanizzata». E fuori dal partito Prodi e D’Alema, Veltroni e Amato, avevano preso a tempestarlo di telefonate. «E va bene», aveva replicato infine il segretario del Pd: «Ma a una condizione. Prima deve parlare Renzi, pubblicamente». E Renzi l’11 agosto, tre giorni dopo l’apertura della crisi, si spende sul Corriere: «Sarebbe folle votare subito».

Ecco cosa mette in allarme Salvini, che dopo aver chiesto le urne e «pieni poteri» per governare, teme di poter perdere la scommessa e prova a corteggiare di nuovo Di Maio. Perché l’altro fronte, quello grillino, è diviso. Al Pd non basta il solo Fico, che vuole veder finire «l’incubo populista di destra» ma è minoranza davanti a Di Maio e Casaleggio, contrari a un’intesa con i dem che «farebbe scattare la rivoluzione tra i nostri militanti». È a questo punto che entra in campo Grillo, il cui ruolo sarà determinante. Il 20 agosto Conte sale al Quirinale per le dimissioni, dopo il vertice grillino di due giorni prima nella residenza del fondatore del Movimento. Sa di essere il re-incaricato in pectore per M5S, forte del suo discorso al Senato contro Salvini che in poche ore fa dodici milioni di contatti: record di visualizzazioni.

Alle consultazioni, è il 23 agosto, Salvini tenta la carta della disperazione e indica Di Maio come possibile premier di un nuovo governo giallo-verde. Ma Grillo ha tracciato il solco e Conte il 24 agosto lo difende: «Mai più con la Lega». E appena Di Maio prova a scartare ci pensa Grillo a bacchettarlo: «Basta con i punti di programma che raddoppiano come i punti della Standa». Ecco come nasce il governo più sbilanciato a sinistra nel momento in cui l’Italia appare più sbilanciata a destra. Non è certo che il Conte-bis arriverà al termine naturale della legislatura, ma la scommessa (un’altra) è che la legislatura arriverà al suo termine naturale

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