22 ottobre 2018 - 11:46

Francia, morto il negazionista Robert Faurisson. La fondazione Shoah: «Sue tesi immonde sopravvivono»

Aveva 89 anni ed è morto a Vichy, in Francia. L’ex accademico venne condannato più volte per aver contestato l’esistenza di crimini contro l’umanità, in particolare l’esistenza delle camere a gas durante la Seconda guerra mondiale

di Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi

Francia, morto il negazionista Robert Faurisson. La fondazione Shoah: «Sue tesi immonde sopravvivono» Robert FaurissonRobert Faurisson
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Docente di letteratura ma sedicente storico, più volte condannato dalla giustizia francese, è morto ieri a Vichy il capofila dei negazionisti Robert Faurisson, 89 anni. Dopo essere riuscito verso la fine degli anni Settanta a fare uscire le sue strampalate idee al di fuori del ristretto circolo dell’estrema destra filo-nazista, Faurisson è diventato una triste figura di riferimento presso gli antisemiti, dall'ex leader iraniano Ahmedinajad all’ex comico francese diventato provocatore politico Dieudonné. Gli storici concordano nel giudicare le sue ricerche inconsistenti e antiscientifiche, ma la negazione della Shoah resiste agli argomenti razionali. In questo, Faurisson è stato un precursore della contemporanea passione per le teorie di complotto.

La formazione

Nato il 25 gennaio 1929 in Gran Bretagna da madre scozzese e padre francese, maggiore di sette fratelli, Faurisson è stato un professore di liceo brillante e severo. Poi è passato all’università, prima a Parigi poi a Lione, frequentando gli ambienti dell’estrema destra antisemita e nostalgica del periodo collaborazionista del maresciallo Pétain a Vichy.

La svolta

Faurisson è ossessionato dal quotidiano Le Monde, al quale è abbonato pur non condividendone la collocazione politica e ideologica di sinistra moderata. All’inizio degli anni Sessanta comincia a scrivere al giornale numerose lettere di polemica letteraria, la prima sul significato di un sonetto di Rimbaud, poi all’inizio degli anni Settanta sul Nuovo Romanzo. Nel 1978 arriva la grande occasione di entrare nel dibattito storico, dopo che l’Express ha intervistato in Spagna Louis Darquier de Pellepoix, uno degli organizzatori della retata degli ebrei del Vel d’Hiv, secondo il quale «a Auschwitz sono stati gasati solo i pidocchi», sostenendo che le camere a gas furono usate a scopi di disinfestazione e non di sterminio dei prigionieri. Faurisson intravede la possibilità di intervenire, tempesta Le Monde di lettere e proposte di articoli, trovando in Jean Planchais un caporedattore più preoccupato di garantire la libertà di espressione che di controllare la fondatezza delle tesi espresse. Così, preso per stanchezza, nei giorni tra Natale e Capodanno quando i controlli talvolta si diradano, Planchais finisce per lasciare che vada in pagina il famigerato articolo di Faurisson intitolato «Il problema delle camere a gas o le voci su Auschwitz», nel quale Faurisson sostiene che le camere a gas non sono mai esistite «il che è una buona notizia per l’umanità». Le Monde accompagna l’articolo di Faurisson con gli interventi di due insigni specialisti della Shoah, Olga Wormser-Migot e Georges Wellers, che ne smontano gli argomenti. Ma l’effetto è che le due tesi - esistenza o inesistenza della Shoah - siano messe a confronto come se avessero pari dignità. Uno scivolone che rischia di accreditare a torto Faurisson come uno studioso meritevole di una qualche attenzione.

Rossi e neri

Dagli anni Ottanta in poi il discorso negazionista di Robert Faurisson si propaga in ambienti diversi: dai tradizionali circoli dell’estrema destra nostalgica di fascismo, nazismo e Pétain, alle frange dell’estrema sinistra anti-sionista, nemica di Israele. Faurisson diventa poi popolare nel mondo arabo-musulmano e nel 2012 riceve dall’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad un premio per «il coraggio, la resistenza e la voglia di combattere». Nel 2008 Faurisson era stato accolto sul palco dal comico francese antisemita Diuedonné, che gli aveva attribuito «il premio dell’infrequentabilità e dell’insolenza». Nel marzo 2011 la corte di appello di Parigi ha condannato lo stesso Dieudonné a 10 mila euro di multa per gli «insulti di carattere razzisti» pronunciati nel corso di quello spettacolo.

La reazione di Jean-Marie Le Pen

Fedele alla sua storia politica - è stato più volte condannato per avere definito le camere a gas «un dettaglio della Storia» -, il fondatore del Front National Jean-Marie Le Pen ieri ha detto che «i mezzi considerevoli impiegati nei decenni per ridurre al silenzio Robert Faurisson mi sembrano emblematici del regresso della libertà di espressione e di opinione nel nostro Paese». Ma più che le leggi francesi, a frenare la diffusione delle idee di Faurisson è stata la pochezza delle sue ricerche. Mai storico vero, Faurisson è rimasto fermo allo status di eroe degli antisemiti di tutto il mondo.

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