Londra bandisce Abramovich: gli oligarchi russi «amici di Putin» finiscono nel mirino di Johnson

di Luigi Ippolito

Non solo il patron del Chelsea: i magnati gestiscono affari nella City, possiedono palazzi storici e finanziano prestigiose scuole private e università come Oxford

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Bandito di fatto dalla Gran Bretagna: l’oligarca Roman Abramovich, amico di Putin e patron della squadra di calcio del Chelsea, non potrà più risiedere a Londra. La sua posizione è gestita direttamente dall’«Unità per i casi speciali» del ministero dell’Interno britannico, che ha ricevuto istruzioni affinché il magnate russo non possa legalmente fare base nel Regno Unito. L’Unità in questione fa parte del direttorato per la sicurezza e l’anti-terrorismo, che gestisce le questioni di sicurezza nazionale.

Abramovich, che siede su una fortuna di circa 10 miliardi, manca da mesi da Londra: l’ultima volta ci era stato brevemente di passaggio a ottobre, grazie al suo passaporto israeliano, che gli consente visite turistiche: ma se volesse tornare a vivere in Gran Bretagna, dovrebbe ottenere un visto. Fonti del governo hanno però fatto sapere che «ogni tentativo sarebbe respinto»

Già nel 2018 l’oligarca aveva dovuto rinunciare a chiedere uno dei cosiddetti «visti d’oro», quelli garantiti ai grandi investitori stranieri, dopo l’attacco col nervino perpetrato a Salisbury da agenti del Cremlino contro l’ex spia russa Serghej Skripal. E ora le sue chance di tornare stabilmente a fianco del Chelsea sono ridotte a zero.

Ma ovviamente Abramovich non è l’unico magnate russo nel mirino: adesso ci si chiede se Boris Johnson troverà finalmente il coraggio di stringere il cappio attorno a Londongrad, quel groviglio di soldi, affari e interessi che hanno fatto della City una succursale all’estero di Mosca.

Basti pensare che la seconda più grande residenza in Gran Bretagna, dopo Buckingham Palace, è di proprietà di un oligarca russo, Andrey Guryev: si tratta di Witanhurst, a nord di Londra, una magione del valore di oltre 350 milioni di euro. Così come Hamstone House, la casa art deco dove Churchill pianificò lo sbarco in Normandia, è stata messa sul mercato per oltre 20 milioni dal suo padrone, l’industriale russo Oleg Deripaska. Il magnate dei metalli Alisher Usmanov divide invece il suo tempo fra Beechwood House, una residenza da 60 milioni di euro a nord di Londra, e Sutton Place, un castello Tudor nel Surrey già posseduto da Paul Getty. In totale si stima che i super-ricchi russi detengano in Gran Bretagna proprietà per un miliardo e mezzo di sterline (circa 1 miliardo e 800 milioni di euro), il 28 per cento delle quali si trova nell’area di Westminster. E sono fra i 30 e i 50 gli oligarchi con legami diretti col Cremlino cha trascorrono parte dell’anno in Gran Bretagna.

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Andrey Guryev, il magnate russo che ha comprato Witanhurst

Ma c’è molto di più, e molto di più oscuro. Oltre duemila aziende registrate in Gran Bretagna sono state accusate di corruzione e riciclaggio legati alla Russia, per la stratosferica cifra totale di 100 miliardi di euro. E i personaggi coinvolti non sono in molti casi soltanto dei loschi uomini d’affari, ma membri della cerchia ristretta di Putin che agiscono per suo conto: tutta gente che è stata accolta a braccia aperte dalla City perché garantiva un flusso di capitali, per quanto di dubbia origine. Fra il 2008 e il 2015, sono stati ben 700 i “visti d’oro” concessi ai russi.

Si tratta di capitali che alimentano ogni settore della vita britannica. L’università di Oxford, ad esempio, ha ricevuto una donazione di quasi 100 milioni dall’oligarca Len Blavatnik (e gli ha in cambio intitolato la sua business school), mentre gli oltre 2300 studenti russi iscritti nelle scuole private inglesi (figli e figlie dell’élite) pagano rette per un totale di 70 milioni. A Londra un’intera economia di ristoranti, club e negozi di lusso non potrebbe esistere senza le generose spese dei loro clienti russi.

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L’università di Oxford è finanziata anche da oligarchi russi

I rubli oliano anche il mondo legale e delle pubbliche relazioni: gli oligarchi possono contare nella City su un esercito di avvocati e consulenti di pubbliche relazioni che curano i loro interessi. E infatti Abramovich ha vinto una causa contro la giornalista Catherine Belton, che lo aveva accusato di aver comprato il Chelsea su ordine di Putin.

Lo stesso partito conservatore al governo non è esente da sospetti: i Tories hanno ricevuto tre miliardi e mezzo da finanziatori russi, inclusi due milioni da Lubov Chernukin, moglie di un ex ministro di Putin, la quale due anni fa alla festa del partito ha vinto un’asta da 45 mila sterline per poter giocare a tennis con Boris Johnson. E il primo ministro è in stretti rapporti con Evgeny Lebedev, il magnate russo proprietario dell’Independent e dell’Evening Standard (oltre che figlio di un agente del Kgb), che ha ospitato più volte il premier nella sua villa in Umbria e in cambio è stato nominato alla Camera dei Lord.

Ma ora su questo mondo dorato potrebbe calare il sipario, almeno in parte. Boris Johnson ha convocato ieri i rappresentanti della City, incluse aziende come Goldman Sachs, Lloyd’s e Barclays, per avvertirli che la prossima raffica di sanzioni contro gli interessi russi dovrà “realmente mordere”. E oggi pomeriggio ha annunciato una nuova ondata di sanzioni anti russe in risposta all’azione militare di Mosca in Ucraina mettendo al bando tutte le banche russe dal mercato finanziario della City. Al bando nel Regno Unito anche Aeroflot, mentre vengono sanzionati altri 100 fra individui, entità e società russe. La guerra in Ucraina porterà a una resa dei conti con Londongrad?

24 febbraio 2022 (modifica il 24 febbraio 2022 | 20:34)