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15 aprile 2020 - 23:56

L’Università di Bologna lavora per perfezionare le analisi antidoping

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di MARCO BONARRIGO

Fragili, sensibili agli sbalzi di temperatura, fondamentali nel decidere sorte e reputazione di migliaia di atleti. Sono quasi un milione i campioni di urina prelevati ogni anno nei campi di gara (e a domicilio) che vengono spediti ai laboratori antidoping di tutto il mondo. Imballarli, proteggerli in modo che non si alterino e stoccarli è complicato e costoso visto che il regolamento impone di prelevare ogni volta almeno 90 millilitri di liquidi e in doppia copia. Il gruppo di ricerca di analisi farmaco-tossicologica dell’Università di Bologna (Pta Lab), coordinato da Laura Mercolini, ha ricevuto un finanziamento dall’Agenzia mondiale antidoping (Wada) per perfezionare un metodo di conservazione dei campioni che potrebbe rivoluzionare l’antidoping.

«L’obiettivo è studiare come miniaturizzare il volume delle urine tramite disseccamento — spiega la professoressa Mercolini — in modo che queste siano trasportabili e conservabili più facilmente e insensibili alle variazioni termiche che degradano i liquidi. La disseccazione delle urine prelevate avverrà sul luogo del prelievo: la procedura sarà utilissima nei Paesi da cui spedire pacchi pesanti e refrigerati è difficile e costoso. Testeremo il protocollo su ogni singola classe di prodotto dopante per poi proporre la validazione alla comunità scientifica e medico-legale». A Bologna lavoreranno tre ricercatori coadiuvati da cinque collaboratori. Il progetto, che durerà un anno, è in collaborazione con Delft University e con i Nas dei Carabinieri, per la parte legale. La procedura potrebbe, in futuro, essere estesa al sangue.

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