20 marzo 2021 - 13:12

I meme sono arte? La storica:
«Non sono solo immagini virali,
ma un vero linguaggio»

Durante l’evento «Call me by your meme», a cui hanno partecipato anche il social media manager Daniele Zinni e lo scrittore Alessandro Lolli, si è discusso del rapporto dei meme con l’arte e la comunicazione

di Cecilia Mussi

I meme sono arte? La storica:  «Non sono solo immagini virali,  ma un vero linguaggio»
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Tutti sappiamo cosa sono, li vediamo ogni volta che apriamo un social, ma quanti saprebbero dire da dove arrivano e perché i meme, le immagini virali con frasi divertenti e pungenti, hanno così successo? Alla Milano Digital Week, nel talk «Call me by your Meme» hanno provato a rispondere alla domanda tre esperti del settore che da anni studiano il tema: la storica dell’arte Valentina Tanni, il social media manager Daniele Zinni e lo scrittore Alessandro Lolli. Tre i punti di vista da cui è stato affrontato il fenomeno: quello dell’arte, quello della comunicazione e quello della semiotica.

Che cosa si intende per «meme»

«Il meme è un linguaggio artistico, un processo collettivo di appropriazione e manipolazione anche da altri mondi, dove le persone modificano ogni volta il significato di un’immagine – spiega la storica dell’arte Valentina Tanni, autrice anche del libro “Memestetica, il settembre eterno dell’arte” – Il fenomeno dei meme ricorda quello che facevano i situazionisti, che si nutrivano della collaborazione del pubblico per creare le loro opere». La parola meme è stata coniata nel 1976 dallo studioso Richard Dawkins, che nel suo libro “Il gene egoista” usa il termine (che deriva dal greco mimema, “imitazione”) per spiegare il modo in cui le informazioni culturali si diffondono. Poi, con l’arrivo di internet e dei social, i meme sono diventati le immagini correlate da frasi o slogan simpatici da condividere online.

I meme sono arte? La storica: «Non sono solo immagini virali, ma un vero linguaggio»

Il rapporto con l’arte e i limiti

«Oggi i meme incontrano un limite: spesso sono immagini create da artisti che circolano online, mescolandosi ad altri contenuti e vengono trattate di conseguenza, cioè senza alcuna regolamentazione - continua Tanni – Queste immagini entrano nel circolo della memetica e subiscono della manipolazioni. Se, da una parte, è un processo positivo perché permette a tante persone di capire meglio l’arte e diventare parte del processo, dall’altra la grande partecipazione può diventare un’arma a doppio taglio perché più persone partecipano meno viene il controllo». Per questo Tanni ha intitolato il suo ultimo libro “il settembre eterno dell’arte”, il riferimento è al momento in cui, negli anni Novanta, la rete si è aperta a tutti mentre prima era utilizzata da un numero ristretto di persone.

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Il successo dei meme

Per Tanni due sono i motivi principali che spiegare il successo dei meme: «Il piacere della partecipazione all’interno di una comunità, perché il meme è fatto per essere condiviso e collocato dentro una catena di oggetti. Secondo, la possibilità di intervenirci, metterci mano con la propria creatività. Lo stimolo diventa un gioco collettivo, di comunità più o meno vaste, ma rimane sempre il piacere di riconoscersi parte di un gruppo». Tanni riflette anche sul rapporto tra i meme e la pandemia da Covid: «La pandemia ha forzato l’uso della tecnologia e avvicinamento alla cultura online, la memetica è stata una valvola di sfogo per la situazione, vengono usati per esprimere stati d’animo, sensazioni, commentare situazioni quotidiane. Non solo comicità ma stati d’animo».

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Gli esempi più famosi

Per concludere, Tani ha rivelato quali sono i suoi meme preferiti, tra cui alcuni diventata già storici. «Uno è la “Disaster girl”, molto vecchio ma utilizzatissimo sempre con nuove scritte, perché l’immagine è quella di una bambina ma la sua espressione si presta a diverse interpretazioni. Oppure quello del cane seduto in casa con una tazza sul tavolo mentre fuori casa ci sono le fiamme. Tra quelli più recenti c’è Bernie Sanders, la cui immagine già da sola era molto forte e non è servita una grandissima elaborazione di significato e di creatività. È diventato virale per la provenienza (il giuramento del nuovo presidente americano) e perché era già pronto e confezionato con una forte potenza comico espressiva».

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