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Roberto Baggio è felice senza calcio: “In TV parlano ex calciatori che non sapevano fare 3 palleggi”

Roberto Baggio, è tornato a parlare di calcio e non è stato banale. Il Divin Codino ha detto che il calcio non lo segue quasi più, raramente guarda delle partite, preferisce il basket ed ha parlato della sua vita a contatto con la natura. Baggio ha ricordato i problemi Sacchi, esaltato Mazzone, parlato con tristezza di Paolo Rossi e soprattutto ha spiegato perché ha sempre detto di no alle offerte della TV: “Mi metterebbe a disagio dare giudizi e vedo colleghi che sentenziano da professori, ma me li ricordo incapaci di fare tre palleggi con le mani”.
A cura di Alessio Morra
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Roberto Baggio, che per molti è il più grande calciatore italiano di tutti i tempi, è tornato a parlare di calcio che ha lasciato nel 2004 e da quel momento è quasi completamente uscito dal suo mondo. Il ‘Divin Codino' è tornato a parlare di calcio in un'intervista che ha concesso al settimanale ‘Il Venerdì' de La Repubblica in cui ha confermato lo scarso feeling con Arrigo Sacchi, ha parlato con tristezza del suo amico Paolo Rossi e ha detto che il calcio senza pubblico lo intristisce. Ma soprattutto Baggio ha dichiarato che dopo aver lasciato il pallone è tornato a vivere:

Il calcio senza pubblico è tristissimo, mi fa piangere. Non guardo le partite, non mi divertono quasi mai. Lasciare il calcio mi ha ridato vita e ossigeno. Stavo soffocando, troppo dolore fisico. Quando tornavo a casa da Brescia non riuscivo a uscire dalla macchina, Andreina mia moglie mi dava una mano a uscire.

Oggi Baggio raramente guarda le partite in tv e segue soprattutto il basket: "Mi piace il calcio femminile. Il golf mi annoia, preferisco il basket e tifo per i Los Angeles Lakers". Spesso all'ex immenso numero 10 è stato chiesto di andare in tv come ospite o opinionista per parlare di calcio, ma Baggio non lo ha mai fatto e ha spiegato perché:

Mi dette disagio dare giudizi sugli altri, non vado in tv. Vedo colleghi che sentenziano da professori, ma me li ricordo incapaci di fare tre palleggi con le mani.

La vita di Baggio dopo il calcio

Per Baggio l'addio al calcio giocato è stata una liberazione. L'ex calciatore ha detto che non resisteva più in quel mondo. Nell'intervista al ‘Venerdì' ha raccontato della sua vita post calcio, a contatto con la natura dicendo che dopo l'addio al calcio è tornato a vivere:

Lasciare il calcio mi ha ridato vita e ossigeno. Stavo soffocando, troppo dolore fisico. ​Ad ammazzare me sono stati quelli fissati con il calcio tattico che pensava più a neutralizzare il gioco degli altri. Faccio la cosa più bella, sono a contatto con la natura. Spacco la legna, uso il trattore e la sera sono così stanco che mi gira la testa. Totti non voleva smettere, io non vedevo l'ora. Ibrahimovic è della stessa pasta di Francesco.

Dopo il rigore sbagliato con il Brasile avrei potuto uccidermi

Roberto Baggio in una delle rare occasioni in cui ha parlato di calcio, circa un anno fa, disse che a volte di notte ancora sognava il rigore fallito nella finale di Pasadena con il Brasile, e ha detto che tutt'ora non si perdona per quell'errore che materialmente ha dato il titolo al Brasile:

Ancora non mi perdono il rigore sbagliato nella finale del Mondiale di USA '94 contro il Brasile. Non c'è religione che tenga, quel giorno avrei potuto uccidermi e non avrei sentito niente.

I problemi con Sacchi e l'elogio a Carletto Mazzone

Hanno vissuto assieme un grande Mondiale, quello di Usa 94, ma Baggio e Sacchi hanno sempre avuto un rapporto molto complicato. L'ex numero 10 di Juventus e Nazionale ha contrapposto a Sacchi Carletto Mazzone, l'unico tecnico con cui ha avuto modo di lavorare bene:

Arrigo Sacchi non mi portò agli Europei del 1996 per dimostrare che gli schemi sono più importanti dei giocatori: non è arrivato ai quarti di finale… Non ce l'ho con gli allenatori, ma l'unico con cui mi sono trovato bene è Carletto Mazzone: un uomo libero e realizzato che non si metteva in competizione con i calciatori.

Infine Baggio è tornato sul famoso passaggio dalla Fiorentina alla Juventus: "Sono riconoscente a Firenze perché quando ero rotto mi ha aspettato due anni, anzi tre. Non volevo lasciare la Fiorentina, ma i Pontello mi avevano già ceduto agli Agnelli e se non fossi andato alla Juve, Cecchi Gori non avrebbe potuto prendere il club viola" e ha parlato del suo grande amico, e idolo d'infanzia, Paolo Rossi: "La sua morte è stata ingiusta, si era rifatto una vita anche lui e meritava di avere più tempo. Se da Maradona ti aspettavi una fine improvvisa, da lui no"

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