Ecologia

La mappa dei nuovi tesori dell'Artico

Zanne di mammut, petrolio, minerali, criovulcani... la fusione di ghiacci e permafrost nelle regioni artiche riporta alla luce resti e materie prime che fanno gola a molti, ma che alimentano anche nuove minacce.

Dal 1979 a oggi, l'estensione annuale minima dei ghiacci artici si è ridotta di 900 mila chilometri quadrati: una perdita che, se da un lato dà la misura della catastrofe ambientale innescata dal global warming, dall'altro ha aperto possibilità economiche e di ricerca inaspettate attorno al Polo Nord.

Lo racconta un articolo sul New Scientist, che traccia una mappa dei nuovi traffici commerciali e dell'inedita geologia svelati dalla fusione di ghiacci e del permafrost, elencando i punti di interesse attorno ai quali si gioca la partita geopolitica di molte potenze. Ne diamo una sintesi qui di seguito.

ambiente, Circolo Polare Artico, scioglimento dei ghiacci e del permafrost, opportunità e pericoli
Una "mappa del tesoro" dell'Artico, realizzata dal New Scientist. © New Scientist

1. Il primo criovulcano terrestre. L'improvvisa comparsa di una serie di crateri nel permafrost della penisola siberiana dello Yamal, nel 2014 - uno dei quali ampio circa 30 metri - ha alimentato varie supposizioni circa l'origine di queste voragini. La più interessante, avanzata dagli scienziati della Lomonosov Moscow State University (Russia) è che questo e altri "buchi" nella regione possano essere i resti di criovulcani, montagne che eruttano acqua ghiacciata e gas anziché lava, osservati prima d'ora soltanto su Titano, Plutone e Cerere.

L'idea è che i criovulcani siano alimentati da laghi che ghiacciano sopra uno strato di permafrost. L'acqua ghiacciata si espande nel suolo, e la pressione stimola l'espulsione dell'anidride carbonica dal terreno ghiacciato. Questo fenomeno dà luogo a rigonfiamenti di ghiaccio coperti di terra che prendono il nome di pingo. Quando la pressione del gas sottostante ha la meglio, il criovulcano erutta, espellendo il ghiaccio all'esterno e lasciando, al suo posto, un cratere. Il riscaldamento globale facilita i cicli di fusione e congelamento, rendendo questi fenomeni meno rari: ben presto l'Artico potrebbe diventare un modello per studiare quanto avviene su satelliti e pianeti nani del Sistema Solare.

Veduta aerea di una delle voragini spalancatesi nel permafrost siberiano, nel 2014. © The Siberian Times

2. Zanne di mammut. È di poche settimane fa la notizia del ritrovamento, grazie alle analisi del DNA realizzate da un team di scienziati scozzesi, di zanne di mammut siberiano nei mercati di souvenir della Cambogia (ne abbiamo scritto qui). Ogni estate, la fusione del permafrost nella Russia nordorientale rende più facile riportare alla luce i resti della megafauna preistorica, il cui commercio è - per il momento - legale e molto redditizio. L'avorio di mammut è, a un occhio inesperto, praticamente identico a quello di elefante: non è chiaro se la sua diffusione possa contrastare, o al contrario alimentare, il contrabbando dei macabri trofei del bracconaggio.

3. Minerali (e conquista territoriale). La fusione dei ghiacci significa anche un più facile accesso alle riserve minerarie offerte dalla regione artica.

Qui si trovano la miniera di carbone più settentrionale della Terra - nell'isola di Spitsbergen, nell'arcipelago delle Svalbard - ma anche depositi di terra e di mare di palladio, nichel, fosfato, bauxite e terre rare. Come scrive Frank Swain, il 90% dei depositi di nichel e cobalto, il 60% di quelli di rame e il 96% di quelli di platino della Russia si trovano nel Circolo Polare Artico. La Cina ha messo gli occhi sulle miniere di zinco e sulle terre rare della Groenlandia: l'estrazione, in queste condizioni climatiche, è difficile, ma spesso dietro a queste manovre c'è la volontà di posizionarsi politicamente in un territorio che si profila come molto redditizio.

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La miniera di carbone russa di Barentsburg, nelle isole Svalbard. © Shutterstock

4. Nuove rotte commerciali. Gli esploratori del passato sognavano un passaggio che permettesse di passare dall'Atlantico al Pacifico senza circumnavigare l'Africa o le Americhe, o che collegasse la Cina all'Europa senza dover transitare dal Canale di Suez. Il sogno, o incubo, per i glaciologi, si è avverato nel 2013, in anticipo di 40 anni rispetto alle previsioni climatiche, quando il primo carico commerciale (di carbone: un combustibile fossile, ironia della sorte) fu portato dal Canada alla Finlandia attraverso un Passaggio a Nord-Ovest libero dai ghiacci. Nello stesso anno, una nave commerciale cinese raggiunse l'Olanda attraversando l'Oceano Artico (Passaggio a Nord-Est).

Queste rotte che potrebbero dare una spinta al commercio navale solleticano diversi interessi economici. Canada, Danimarca e Russia sostengono si tratti delle loro acque territoriali: rivendicandone la sovranità legittimerebbero la riscossione di pedaggi. Altri profitti deriverebbero dalla costruzione di infrastrutture o rompighiaccio che offrano assistenza alle navi in questi pericolosi tratti di mare. Le rivendicazioni territoriali si spingono a ipotizzare che questa regione vada spartita seguendo i limiti delle piattaforme continentali sottomarine (le parti sommerse dei continenti) anziché gli attuali confini politici.

5. Pattuglie delle nevi. Il Circolo Polare Artico sta diventando un'area di importanza strategica per molti Paesi, e se alcuni rafforzano la loro presenza sul piano commerciale, la Russia lo sta facendo anche su quello militare. Nell'isola di Alexandra Land, nell'arcipelago russo di Franz Josef Land, procede la costruzione di una gigantesca base - l'Arctic Trefoil - che ospiterà 150 militari pronti ad affrontare condizioni di estremo isolamento in turni di 18 mesi. Altre quattro basi sarebbero in fase di progettazione. Intanto, gli USA progettano una nuova classe di rompighiaccio per il controllo delle coste e le esercitazioni di personale militare in condizioni di freddo estremo. Con l'aumento delle attività industriali nell'area, i contingenti militari avranno mansioni legate soprattutto al pattugliamento.

6. Pesca. Con il riscaldamento dei mari, pesci d'acqua fredda come i merluzzi e la vasta famiglia degli halibut migrano a nord, e con essi si spostano i pescherecci industriali. L'area immediatamente attorno al Polo Nord, il "buco" di una ciambella multistato che include Stati Uniti, Russia, Norvegia, Groenlandia (Danimarca) e Canada, è destinata a divenire sempre più contesa a mano a mano che la fusione dei ghiacci ne faciliterà l'accesso. Nel 2018 questi Paesi, oltre a Europa, Cina e Giappone, hanno stipulato un accordo per istituire nell'area una riserva di 2,8 milioni di chilometri quadrati in cui la pesca sia vietata per i prossimi 16 anni, mentre si effettuano ricerche sullo stato delle già esigue riserve ittiche.

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Un peschereccio nelle acque ghiacciate di Ilulissat, Groenlandia. © Shutterstock

7. Epidemie del passato. Interessanti per i microbiologi, ma pericolosi per chi nel Circolo Polare Artico ci vive, sono i virus e i batteri capaci di sopravvivere a lungo a temperature estreme, che rivedono la luce in seguito a periodi di caldo eccezionale. Nel 2016, a Salekhard, nell'estremo nord della Russia, si verificò un'epidemia di antrace, un batterio che può resistere per secoli nel suolo ghiacciato, e che sarebbe entrato in contatto con una popolazione nomade attraverso una carcassa di renna affiorata dai ghiacci.

Il virus del vaiolo potrebbe riemergere da alcune tombe di massa nella tundra siberiana, così come ha fatto, nel 1997, quello dell'influenza spagnola, riaffiorato dai polmoni di una donna sepolta nel suolo ghiacciato vicino alla città di Brevig Mission, in Alaska. Nel 2015, in Siberia, è stato riportato in vita un virus gigante di 30 mila anni fa. Quanti altri patogeni si annidano nel permafrost sempre meno ghiacciato?

8. Giacimenti di combustibili. Si stima che un quarto dei depositi naturali di gas e petrolio del Pianeta si trovi sepolto da qualche parte sotto il pavimento oceanico della regione artica, ma l'estrazione di queste risorse è estremamente complicata, e non sempre conveniente: alle enormi quantità di gas e greggio localizzate nel 1968 nell'area di Tazovsky, in Russia, si sta iniziando ad accedere soltanto ora. La ricerca di risorse ha portato il gigante petrolifero Shell a investire 5,2 miliardi di euro nella caccia al petrolio nel Mare di Chukchi, vicino all'Alaska, ma le proteste dei gruppi ambientalisti e la scarsità di giacimenti trovati ha spinto ad abbandonare il progetto.

9. Resti di civiltà passate. Il deterioramento del permafrost sta riportando alla luce anche i corpi di persone che nell'Artico hanno vissuto, nei secoli scorsi e fino all'Età della Pietra. Per gli archeologi che lavorano in quest'area, studiarli è una corsa contro il tempo: a contatto con l'aria, reperti rimasti conservati finora si deteriorano molto rapidamente, così come le tracce di pollini, insetti, DNA, marcatori radioattivi e altri elementi cruciali per la datazione e il contesto.

Attorno al ghiacciaio Lendbreen, in Norvegia, sono venuti alla luce sci, spade, frecce, arpioni e bastoni di legno usati per la caccia alla renna in epoca preistorica. Nel 1990, nelle tombe di Likneset, alle Svalbard, emersero resti di cacciatori di balene del 17esimo e 18esimo secolo: sui loro corpi sono stati trovati i segni della malnutrizione, e cappelli di lana colorati che servivano a riconoscersi da lontano, nella tempesta.

7 febbraio 2019 Elisabetta Intini
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