F1 | Flussometro o non flussometro, un bel dilemma

Tutti i perché della presenza del flussometro in Formula 1, da quando venne ideato negli anni '70 alle moderne power unit super efficienti

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F1 | Flussometro o non flussometro, un bel dilemma

Flussometro sì, flussometro no. Basta frequentare una qualunque discussione – virtuale o reale – per trovare numerose persone che si scagliano contro questo dispositivo, introdotto e reso obbligatorio su tutte le auto da F1 nel 2014, sostenendone la totale inutilità ed anzi inneggiando alla sua rimozione.

Giusto per fare un riassunto, questo famigerato dispositivo – un sensore di flusso ad ultrasuoni, posto tra serbatoio e impianto di iniezione – serve a controllare che nessun team superi una portata istantanea di 100kg di benzina all’ora (28 grammi al secondo). Come scritto, il controllo viene effettuato sulla portata istantanea, non su una media: non è possibile consumare più di 100 kg/h in un certo lasso di tempo per poi risparmiare dopo e far tornare la media entro quanto consentito. Per capire meglio la differenza, prendiamo in esame il Tutor autostradale: questo calcola la velocità media che un veicolo impiega per passare tra due varchi. Conoscendo la loro distanza (es. 20km) e verificando quanto tempo il veicolo ha impiegato a passare sotto ad entrambi, facendo spazio/tempo, si può calcolarne la sua velocità media. Se questa è di 130km/h,  il veicolo impiegherà 9,2 minuti a passare tra i varchi, se il tempo fosse invece di 6 minuti, significherebbe che la velocità media del veicolo è stata di 200km/h, risultando in infrazione. Se però, con un po’ di attenzione, ci si ferma ad un Autogrill anche solo per 5 minuti o si rallenta scendendo sotto ai 100 per qualche km, ecco che, anche andando ai 200 e passa in alcuni tratti, la velocità media ritornerà nella norma aggirando così la presenza del Tutor (ovviamente, non vi invitiamo a provarci, anche perché i Tutor evitano appositamente aree di rifornimento e sosta).

Il Flussometro non funziona così: la quantità di carburante che passa attraverso di esso viene controllata e campionata 2200 volte al secondo (2.2 kHz): se anche solo in uno di questi campionamenti si sforasse il limite, si risulterebbe fuori dalla regola. Il controllo è inoltre esteso a tutto l’arco di utilizzo del motore: i 100kg/h fanno riferimento al limite massimo permesso nel delta 10.500 – 15.000 rpm. Al di sotto dei 10.500 (vedere figura qui sotto), il limite massimo permesso cala linearmente secondo la funzione Q(kg/h)=0.009 N(rpm) + 5.5; A 12.000 giri si deve stare entro i 100 kg/h, a 8000 giri, il limite consentito è di 77,5 kg/h.

Tornando quindi al parallelo con il Tutor autostradale, il flussometro Fia è come se ad ogni chilometro di autostrada ci fossero 2.200 autovelox, ognuno atto a controllare che la velocità istantanea dell’auto in quel punto non sia superiore a 130km/h. Togliere il flussometro e, come spesso si legge, imporre solo un limite massimo di benzina e dire “questo avete, organizzatevi voi”, è come il Tutor: si controlla solo l’inizio e la fine, lasciando libertà totale durante la gara ma senza spronare nessuno a tirare fuori il massimo da ogni metro percorso anzi, tirare fuori il massimo ben 2.200 volte al secondo. 

Per quanto possa stare antipatico, niente come il flussometro ha la capacità di ottimizzare il rapporto prestazione/consumo e prestazione/efficienza, molto di più di quanto si potrebbe fare semplicemente imponendo un limite massimo alla quantità di benzina imbarcabile. Proprio per questo, per quanto possa sembrare una novità dell’ultim’ora, il suo concetto risale agli anni d’oro della Formula 1: Nel libro “Cosworth: The Search for Power” di Graham Robson, si riportano le parole di Keith Duckworth (il creatore del leggendario motore Ford-Cosworth DFV) il quale accenna al fatto che negli anni ’70 la FISA (diventata Fia nel 1993) aveva già pensato ad un dispositivo simile. Nel libro si legge: “se hai un massimo di benzina disponibile, farai una gara in economia per poi consumare tutto il possibile in vista della bandiera, con un flusso limitato invece viene incoraggiata una gara a tutto gas – entro il limite di flusso permesso – dall’inizio alla fine perché risparmiare carburante significa avere maggiore peso a bordo”. Questi primi tentativi da parte della Federazione di limitare i costi e l’escalation delle prestazioni portarono al campionato del mondo del 1984 nel quale venne imposto un limite alla quantità di carburante imbarcabile (220 litri) vietando i rifornimenti in gara (il tutto senza un flussometro). Quell’anno, come quelli che seguirono fino alla reintroduzione dei rifornimenti in gara, verranno ricordati da tutti gli appassionati come quelli della “Formula Consumo”, con gare piene di auto che rimanevano a piedi senza benzina e altre impegnate in noiose ed estenuanti “economy run” salvo poi dare tutto una volta in vista della bandiera.

Tornando alla storia del signor Duckworth, la questione flussometro rimase in stand-by fino al 2014 quando questo apparve su tre diverse serie motoristiche: Formula 1 e WEC utilizzando un misuratore di portata a ultrasuoni (che, attenzione, non limita il flusso ma lo controlla e basta), mentre sulla Super Formula Championship giapponese venne adottato un limitatore di flusso altamente tecnologico sviluppato da Toyota.

Non bisogna poi dimenticare che, spettacolo a parte, la Formula 1 ha come ruolo fondamentale – se no i costruttori non ci investirebbero un euro – quello di sviluppare e testare tecnologie che, un giorno o l’altro, dovremmo vedere sulle nostre strade. Basta andare su Wikipedia per leggere “Il 2014 ha segnato una svolta epocale nella storia della Formula 1 […]. Sulla spinta dei grandi costruttori e della presidenza della FIA, […] mantenere la F1 la massima espressione della tecnologia automobilistica e di considerarla un “laboratorio sperimentale” per le vetture da strada”.

Ecco allora che l’adozione di un flussometro ha spinto i costruttori e gli ingegneri a cercare la massima efficienza possibile nei loro motori che lavorano con rapporti Lambda di circa 14, un valore elevatissimo, al limite della non accensione. Con la portata limitata, l’obbligo diventa quello di bruciare il carburante nella maniera più efficiente possibile, estraendo il massimo possibile da ogni goccia di benzina disponibile. La stessa Mercedes, nel 2017, dichiarava che il suo V6 M08 EQ Power+ superava un’efficienza termica del 50% rispetto al 29% dei vecchi V8 aspirati, un valore altissimo, che lo rende uno dei motori termici più efficienti del mondo.

La spinta in avanti a livello di tecnologia e di ingegneria obbligata dal flussometro è una cosa sulla quale non si può soprassedere, spinta molto più elevata di quella che sarebbe arrivata “semplicemente” limitando il quantitativo di carburante imbarcabile. Lo stesso Ben Bowlby, l’ideatore delle sfortunate Nissan Zeod e Nissan Delta Wing, disse: “con un limite al flusso di benzina, l’efficenza diventa il principale obiettivo; ridurre le temperature allo scarico (energia sprecata n.d.r.), attriti e carburante incombusto sarà fondamentale. Con il controllo del flusso viene detto: “continua, solo brucia meno carburante”. Questa è la strada che l’industria automobilistica vuole e deve intraprendere per mantenere le automobili desiderabili, soddisfare gli obiettivi di emissioni stabiliti ma garantire prestazioni”.