LO SCENARIO

Emissioni e multe Ue. Case in un vicolo cieco senza l’aiuto del diesel

La norma europea impone una media di 95 grammi di CO2. In Italia però sono cresciute le emissioni. La carta potrebbe essere il gasolio

Gianluigi Giannetti

Un cartello di divieto ai diesel a Berlino. Epa

Un incubo ironico. Quello che le case automobilistiche dal primo gennaio ormai “subiscono” con l’entrata in vigore delle nuove norme che obbligano ad una drastica riduzione delle emissioni di CO2 per le loro vetture. Serve una strategia che rapidamente viri verso l’elettrico, che già non può fare a meno dell’ibrido, ma che a partire dalla seconda metà di questo 2020 potrebbe avere un protagonista davvero inatteso: il diesel.

le multe

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I fatti sono noti. Ogni marchio è obbligato ad esibire una media di emissioni di tutte le auto pari a 95 g/km di CO2. La multa prevista per chi sfora è di 95 euro per grammo oltre il limite, moltiplicato per il numero di auto vendute. Solo per questo 2020, il 5% dei veicoli più inquinanti non sarà conteggiato, ma lo smottamento delle strategie è già iniziato. Rispetto alle posizioni populistiche del Dieselgate targato 2015, potremmo assistere ad una clamorosa retromarcia.

TUTTI NELL’IMBUTO

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Secondo gli esperti di ISI Evercore, “le nuove norme costituiscono il più grosso rischio per l’industria automobilistica da decenni a questa parte. Ogni marchio può centrare l’obiettivo solo virando verso una elettrificazione massiccia e una gamma che spazia dalle vetture mild hybrid a 48 Volt alle ibride Plug-in e finalmente verso le elettriche, le uniche che garantiscono un impatto realmente zero sui conti delle aziende costruttrici”. Un percorso ovvio, ma non affatto scontato nei tempi. Stando alle valutazioni dell’osservatorio statistico European Alternative Fuels Observatory, le auto a batterie hanno pesato nei primi dieci mesi del 2019 solo per l’1,7 %, mentre in un mercato come l’Italia la situazione è nettamente peggiore. Sul totale di 1.916.320 autovetture vendute nel 2019, le elettriche sono cresciute percentualmente del 111%, ma sono rimaste ad una quota numerica modesta in senso assoluto, ovvero di 10.566 esemplari. Qualcuno aveva previsto questo andamento lento? Ancora ISI Evercore sottolinea l’atteggiamento di molte aziende “che potevano gestire una transizione più dolce, e che invece si ritrovano quasi colte di sorpresa”, nonostante i nuovi limiti fossero stati approvati nel lontano 2014. Ancora peggio, i progressi verso il rispetto integrale delle norme procedono in modo spasmodicamente lento. “Il ritmo non è assolutamente sufficiente a garantire le aziende del settore dal rischio di multe che diventano ogni giorno sempre più probabili”. E comunque enormi, capaci di oscillare tra la previsione di 14 miliardi di euro degli esperti di IHS Markit fino a quella più pessimistica elaborata dagli analisti di Jato, ovvero 34 miliardi di euro. Evitarle sarà possibile, ma cambiando strategia in corsa. L’organizzazione ambientalista Transport&Environment ha stimato che la produzione di veicoli elettrici in Europa dovrebbe i superare due milioni tra sei anni, raggiungendo una quota pari al 13%. Sarebbe l’unica strada a disposizione delle case automobilistiche per abbattere il proprio monte emissioni, ma commercialmente viene giudicata un vicolo cieco. Per le aziende significa mettere dichiaratamente a bilancio le mancate multe piuttosto che gli introiti, scalando fin da subito i prezzi al ribasso a caccia di clienti, innescando un meccanismo di obiettivi di vendite come minimo molto sfidanti. Senza soprattutto risolvere la contabilità del periodo breve, cioè far fronte alle esigenze di vendita quotidiane con vetture dalle emissioni almeno contenute.

Una protesta ambientalista a Francoforte nel settembre 2019. Afp

Il GRANDE CONDONO

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Non è una posizione di comodo quella della Acea, l’organizzazione che rappresenta tutti i costruttori automobilistici in Europa. Ci sono anche studi recenti dell’autorevole Cnr italiano a confermare l’evidenza scientifica. Scandali e campagne di demonizzazione hanno rallentato le vendite di motorizzazioni diesel di ultima generazione Euro 6 D-Temp, proprio quelle che tecnicamente sono in grado di emettere meno anidride carbonica rispetto a soluzioni a benzina equivalenti. L’effetto non va neppure spiegato. Guardano i dati ufficiali Unrae, l’organizzazione che rappresenta tutti i marchi esteri in Italia, nel 2019 le emissioni medie ponderate delle auto vendute nel nostro Paese si sono attestate a 119 gr/km, ma erano a quota 115,1 gr/km nei dodici mesi precedenti. Significativamente, incrociamo questo dato con il calo di vendite dei motori a gasolio, -22,2 %, e con la crescita di quelle a benzina, + 25,8. Invertire la tendenza è la soluzione più rapida. “Le motorizzazioni a gasolio sono ottime per ridurre i liveli di CO2, in particolare in quelle fasce di vetture destinate a lunghe percorrenze, ma soprattutto guardando ai Suv, almeno se si ha intenzione di continuare a venderli”, sottolineano gli analisti di Ihs Markit, e hanno ben presente che il settore degli sport utility ormai presidia fatturato e volumi del mercato: nel 2009 rappresentavano il 7% delle auto commercializzate, nel 2018 il 36%, a fine 2020 supereranno facilmente il 40%. Il paradosso è evidente. Dietro richiesta diretta, da molti addetti ai lavori che sono stati contattati arriva la “conferma anonima” dell’esistenza di un vero e proprio Piano Marshall, destinato eventualmente a prendere corpo dalla seconda metà del 2020, qualora le singole aziende non riuscissero a dirigere le proprie vendite con necessaria decisione verso modelli in media con i limiti di emissioni. Ci riferiamo ad una riabilitazione del diesel direttamente sulle reti di vendita e con possibili campagne di comunicazione mirate, segnatamente anche in Italia. “È una soluzione tampone, sappiamo che aggiornare tecnologicamente i motori a gasolio entro il 2030 sarò estremamente più costoso e proibitivo, ma secondo le nostre previsioni recupererà in tempo brevi ben oltre il 30% del mercato”, ribadiscono gli analisti di Ihs Markit, sorvolando sull’ultima incognita ingovernabile in arrivo. La Commissione europea appena insediata e presieduta dalla tedesca Ursula von der Leyen ha recentemente annunciato un piano di revisione dei tagli alle emissioni di anidride carbonica già previsti per il periodo 2025-2030, ovvero una riduzione pari al 37,5% rispetto al limiti a 95 grammi di CO2 appena entrato in vigore. Se i nuovi standard proposti dovessero essere ancora più severi, l’incubo potrebbe essere peggio che ironico.

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