“Cara Camilla, la nostra amicizia non è mai stata dimestichezza. E, digiuno come sono di tritolo, candelotti e inneschi, non posso illudermi di esercitare su di te qualche fascino o prestigio. Dovunque in Italia scoppi una bomba, la gente non si chiede più col cuore in gola cosa dice la polizia: ma cosa dice Camilla. E’ una domanda del tutto pleonastica perché Camilla dice sempre che la bomba l’ha messa o l’ha fatta mettere la polizia. Ma la tua autorità è tale che la risposta sembra sempre nuova e produce effetti più sconvolgenti di quelli della bomba: i questori tremano, i magistrati sussultano, i parlamentari interpellano, i giornali si dividono, i salotti si arroventano […] C’è chi parla di un retour d’âge, ma questo lo escludo senz’altro, visti i tuoi giovanissimi quarant’anni portati in modo che sembrano trenta. C’è chi dice che, più delle bombe, ti sei innamorata dei bombaroli, e questo, conoscendo i tuoi rigorosi e severi costumi, posso accettarlo solo se alla parola “amore” si dia il suo significato cristiano di fratellanza […]. Fino a ieri testimone furtiva o relatrice discreta di trame e tresche salottiere, arbitra di mode, maestra di sfumature, fustigatrice di vizi armata di cipria e piumino, ora si direbbe che tu abbia sempre parlato il gergo dei comizi e non sappia più respirare che l’aria del Circo. Ti capisco. Deve essere inebriante, per una che lo fu della mondanità, ritrovarsi regina della dinamite e sentirsi investita del suo alto patronato. Che dopo aver tanto frequentato il mondo delle contesse, tu abbia optato per quello degli anarchici, o meglio abbia cercato di miscelarli, facendo anche del povero Pinelli un personaggio della café society, non mi stupisce: gli anarchici perlomeno odorano d’uomo anche se forse un po’ troppo. Sul tuo perbenismo di signorina di buona famiglia, il loro afrore, il loro linguaggio, le loro maniere, devono sortire effetti afrodisiaci. Una droga. […]

Se Mario Cervi vuol celebrare Indro Montanelli citando l’articolo forse più brutto, scadente e volgare che il suo antico direttore abbia mai scritto, è una responsabilità sua. Eccelsi pittori hanno dipinto anche qualche crosta e grandi musicisti hanno composto anche qualche lagna. E’ un fatto, tuttavia, che poi, di solito, nei musei non si espongono le croste e nei teatri non si suonano le lagne. E un grande giornalista non sarà certo ricordato per la maschilista e ingenerosa Lettera a Camilla, pubblicata dal Corriere della Sera il 21 marzo 1972, dopo la morte dell’editore Feltrinelli, dilaniato da una bomba.

Camilla Cederna rispose a Indro dalle pagine dell’Espresso, con semplicità e dignità: “Hai anche l’aria di voler fissare un limite d’età per la scoperta dell’impegno ideologico, per il mestiere di ‘sentinella’, ma cosa mai ti fa pensare che per questo ci voglia un’età acerba? Il problema è di essere coerenti con le proprie convinzioni e di difendere i valori morali in cui si crede, cercando di dare alla giustizia un contenuto diverso da quello a cui siamo abituati, cioè la continua incarcerazione degli innocenti. Può darsi che rispetto a te abbia perso credibilità, ma l’importante è combattere una battaglia giusta e non avere la stima dei soliti benpensanti”.

Rievocare la Lettera a Camilla per arruolare Montanelli nell’esercito di Letizia Moratti è un passo falso: quella lettera offendeva e offende implicitamente tutte le donne, anche Letizia Moratti e le sue elettrici. Quella lettera, in quei toni e con quei termini, non sarebbe mai stata indirizzata ad un uomo perchè è tutta giocata su vecchi stereotipi e fastidiosi luoghi comuni maschilisti, quelli dei vecchi cumenda nelle commedie all’italiana, quelli che ancora usa, nelle sue battute e nelle sue barzellette, il presidente Berlusconi che, da questa schiavitù, non si è ancora affrancato, pur  appartenendo a una generazione successiva a quelle dei Montanelli e dei Cervi.

Gli anni ’70 sono stati anni violenti e confusi, errori di valutazione ci furono da parte di tutti, ma guai se avessimo dovuto fermarci accettando la prima tesi ufficiale, quella comoda del Valpreda mostro di Piazza Fontana. Alle Cederna, agli Stajano, va riconosciuto il merito di aver tentato di capire senza fermarsi alle prime ricostruzioni. Dietro c’era molto altro e, purtroppo, il vero perchè di quei morti, di quei feriti, di quelle famiglie e quelle vite distrutte ancora non risulta chiaro e giustizia non è stata resa.

A Camilla va anche riconosciuto il merito di avere individuato già nel 1977, con largo anticipo su Montanelli, certi aspetti del signore di Arcore di cui il collega maschio si sarebbe reso conto molto più tardi. Forse, tanto per restare negli stereotipi, fu grazie al suo “intuito femminile”, così caratteristico delle rappresentanti del “sesso debole”.

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