Giustizia & Impunità

Anm, non c’è accordo: Poniz resta presidente dimissionario. E dice: “Disegno per colpire l’intera magistratura e l’associazionismo”

Dopo un weekend in cui la giunta ha perso pezzi e con la corrente Area che ha accusato Unicost (che esprimeva il segretario) di non mantenere la posizione di fermezza il comitato direttivo dell'Associazione nazionale magistrati si conclude senza che alcun accordo: la giunta dimissionaria resta in carica per l'ordinaria amministrazione. Poi dovrà convocare un nuovo comitato direttivo centrale che valuterà la possibilità di anticipare le elezioni

“L’Anm non è mai stata e non è a rischio di scioglimento. Ci sono riusciti soltanto i fascisti tanti anni fa. Oggi bisogna riconoscere che il mandato politico è terminato. Noi siamo qui per tutelare i magistrati”. Il presidente dimissionario della giunta dell’Anm Luca Poniz, dopo un weekend in cui la giunta ha perso pezzi e con la sua corrente Area che ha accusato Unicost (che esprimeva il segretario) di non mantenere la posizione di fermezza, risponde con durezza alle critiche piovute nelle ultime 48 ore. “A chi suggerisce che l’Anm dev’essere sciolta noi rispondiamo con una sola parola ‘Vergogna!’ perché quella richiesta fu fatta soltanto durante il fascismo”. Erano stati Bobo Craxi e l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli a suggerirla.

L’accordo politico per rifondare la giunta dell’Anm, almeno per il momento però, non è stato trovato. E dunque come prevede lo Statuto l’esecutivo guidato da Poniz resterà in carica per l’ordinaria amministrazione sino alle elezioni. “Le condizioni per la prosecuzione di una giunta politica non sono più sussistenti”, ha detto Area. A questo punto Poniz dovrà convocare un nuovo comitato direttivo centrale che valuterà la possibilità di anticipare le elezioni della giunta rispetto al mese di ottobre. Torna quindi in auge l’ipotesi di voto a luglio.

Certo è che sarà complicato ricomporre una frattura scatenata dalla pubblicazione delle chat e delle intercettazioni depositate dai pm di Perugia dopo la chiusura dell’inchiesta sul pm romano ed ex presidente Anm Luca Palamara. Conversazioni che continuano a rivelare una girandola di rapporti e relazioni e una ricerca di sostegni per le nomine con le toghe pronte a colpi bassi ai danni dei colleghi. “Gli attacchi che non si fermano, dimostrano un disegno per colpire l’intera magistratura e l’associazionismo. Occorre reagire con forza, respingendo l’idea che la magistratura sia quella che restituiscono le ricostruzioni sui giornali. Noi siamo un’altra cosa” continua Poniz.

L’obiettivo è impedire che l’Anm, indebolita dalla frattura interna e che stasera ha riunito il consiglio del Comitato direttivo centrale, non abbia voce in capitolo nelle riforme sulla giustizia che la politica è decisa a portare avanti. Punto di partenza è l’intervento legislativo sul Csm che già questa settimana dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri. Non si tratterà solo, come ha annunciato ieri il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, di nuovo sistema elettorale “sottratto alle degenerazioni del correntismo”, ma dell’introduzione di meccanismi per rendere le nomine ai vertici degli uffici giudiziari ispirate “soltanto al merito”. E poi della “netta separazione tra politica e magistratura con il blocco delle cosiddette ‘porte girevoli“.

La strada per l’Anm è stretta. Con le dimissioni dei componenti di Area e Unicost, che si sono rinfacciate reciprocamente di aver reagito troppo timidamente al nuovo scandalo che ha investito la magistratura e di non aver fatto l’autocritica necessaria, resta in giunta un solo componente di Autonomia e Indipendenza, la corrente che ha tra i suoi fondatori Piercamillo Davigo e che non ha i numeri per un monocolore, che porti il sindacato delle toghe sino alla data delle elezioni, fissate per ottobre. Di qui la necessità di ricucire tra i due principali gruppi, Unicost e Area. Una strada sulla quale c’è anche un altro ostacolo: la scelta di Poniz di ricandidarsi alle elezioni di ottobre, mal digerita dai colleghi di giunta. Se non si riuscisse a trovare in corner un accordo, la giunta dimissionaria resterebbe in carica per gestire l’attività ordinaria. E le elezioni andrebbero indette immediatamente: secondo i tempi dettati dallo statuto dovrebbero svolgersi a luglio, come aveva chiesto inutilmente Magistratura Indipendente, l’unica corrente delle toghe all’opposizione.