Qual è l’interesse nazionale nel comprarsi Borsa Italiana?

Il governo da più poteri a Consob sulla vendita di Piazza Affari e pensa alla solita Cdp nell’azionariato di una società con Euronext: finora però niente spiegazioni, né trasparenza

Per giorni abbiamo letto indiscrezioni sui nuovi poteri a Consob “per blindare Borsa Italiana” (Reuters) e articolo che raccontano la progettata vendita di Borsa Italiana (BI) come se sbirciassero dal buco della serratura. Il governo sta studiando il dossier da mesi (!). Venerdì 31 luglio, Borsa di Londra (LSE) ha manifestato l’ipotesi di vendere BI […]

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Per giorni abbiamo letto indiscrezioni sui nuovi poteri a Consob “per blindare Borsa Italiana” (Reuters) e articolo che raccontano la progettata vendita di Borsa Italiana (BI) come se sbirciassero dal buco della serratura. Il governo sta studiando il dossier da mesi (!). Venerdì 31 luglio, Borsa di Londra (LSE) ha manifestato l’ipotesi di vendere BI e la controllata MTS, società che gestisce il mercato secondario dei titoli di stato italiani. La settimana precedente LSE aveva comunicato a Bruxelles una revisione della fusione in corso tra LSE stessa e Refinitiv, fornitore di dati e infrastrutture al mercato finanziario.

A novembre 2019 l’assemblea degli azionisti LSE aveva votato la proposta di acquisire Refinitiv, valutata 27 miliardi di dollari. Operazione colossale che determina il futuro dei mercati finanziari mondiali. Pare che BI e MTS siano di troppo. Refinitiv porta in dote Tradeweb Markets che fa un po’ il mestiere di MTS. Diverse Authority Antitrust devono dare il via libera all’operazione di fusione e dunque la concentrazione di MTS con Tradeweb Markets parrebbe di ostacolo. Gioca anche l’interesse di LSE di sganciarsi dalle forche caudine delle Autorità europee. La cessione di BI e MTS toglierebbe la classica castagna dal fuoco e farebbe cassa.

La politica italiana la racconta un po’ diversamente, accentuando il tasto dell’“interesse nazionale”, in maniera così indeterminata che orecchia come la nota gag del “sarchiapone” di Walter Chiari, parodia della irragionata omologazione per cui è bastevole nominare la bestia sarchiaponica e nessuno osa negare di conoscerla bene. Non basta alzare il vessillo dell’interesse nazionale, occorre che spieghino in cosa consista effettivamente.

La pubblica Borsa Valori Italiana fu privatizzata nel 1998, ceduta per un tozzo di pane a banche e intermediari e, nel 2007, venduta a LSE realizzando, le banche, un paio di miliardi di plusvalenze. Nella City, BI ha generato quasi una rendita di posizione, ostacolo allo sviluppo della reale economia perchè, se pingui sono i lucri della Borsa, tali costi sono ribaltati sul sistema del risparmio e sulle imprese che nella Borsa cercano nuovo capitale di rischio. Da ricordare Enrico Mattei quando ammoniva che l’energia di Eni doveva costare poco per innescare lo sviluppo nazionale, facendo proprio il contrario delle 7 sorelle che solo massimizzavano i loro profitti. Tenere a mente questo insegnamento fa la differenza tra richiamarsi all’interesse pubblico e realizzarlo.

Una Borsa moderna è di fatto un’organizzazione che ruota intorno a una piattaforma informatica: la piattaforma è il cuore dell’azienda. BI verrà ricomprata come guscio, svuotato della piattaforma? Non si sa e il punto pare di rilievo assoluto. E ancora: si ventila un prezzo di 3,3 miliardi€. È congruo? Il compito sarà di Cassa depositi, oggi diventata il bancomat di operazioni che lo Stato non vuole o può fare con propri soldi come l’acquisto di Aspi-Atlantia.

E infine: la Euronext franco-olandese pare sia prediletta dal governo italiano come partner, ma la sola equiparazione azionaria delle Cdp francese e italiana non pare affatto sufficiente se non accompagnata da una governance che preveda una equilibrata rappresentanza italiana nei ruoli chiave della nuova società nascente. Insomma, su questa manovra agostana profondi dubbi circolano nella comunità dei tecnici e degli studiosi dei mercati finanziari: dove sta l’interesse nazionale? Il momento storico imporrebbe ragionamenti approfonditi su quanto sia costata al Paese la privatizzazione di Borsa Italiana e, soprattutto, come in futuro i mercati finanziari potranno servire al reale sviluppo dell’economia.

Ad usum delphini, ricordiamo che gli interessi di pubblica utilità sottendono le due principali funzioni di base della Borsa, ovvero:

1. la formazione di prezzi significativi nel quadro di un mercato che sia il più liquido e partecipato possibile;

2. la distribuzione delle informazioni che si formano dalla determinazione del prezzo degli scambi.

La ragione storica ed istitutiva della Borsa Valori è stata quella di realizzare questo punto di scambio efficiente e trasparente. Tre nervi rimangono scoperti e ora dovrebbero essere affrontati:

1. Extraprofitto derivante da rendita di “dati pubblici” appannaggio dei soli azionisti di Borsa.

2. Scarso contrasto alla globalizzazione dei reati finanziari, almeno a livello europeo.

3. Contrasto, per la stessa salvezza dell’euro, alla “discriminazione fiscale” tra cittadini e imprese europee. Rimaniamo in attesa di corretta trasparenza su questa operazione qualificata di “pubblico interesse” da parte del governo.