Il viaggio di Falcone a Mosca

Roberto Persico
Francesco Bigazzi, Valentin Stepankov
Mondadori, 148 pp., 20 euro

    Il 23 maggio 1992, un quintale di tritolo mette fine alla vita di Giovanni Falcone. Pochi giorni dopo Falcone sarebbe dovuto volare a Mosca per incontrare Valentin Stepankov. Costui era stato nominato l’anno prima, a poco più di quarant’anni, procuratore generale della neonata Repubblica russa, e aveva subito cominciato a indagare sui fondi che il Pcus aveva inviato all’estero. Qualche mese prima Stepankov era stato a Roma, dove aveva incontrato Falcone; ne erano nate una stima e un inizio di collaborazione, che appunto avrebbe dovuto proseguire con un viaggio di Falcone a Mosca in giugno. Ma quel viaggio non ci fu, e all’indomani dell’attentato Stepankov “disse che gli attentatori, tra l’altro, avevano raggiunto ‘l’obiettivo di impedire il suo viaggio a Mosca’”. Oggi Francesco Bigazzi ritorna su quegli avvenimenti, pubblicando una serie di colloqui con Stepankov e stralci delle inchieste che il procuratore svolse sugli autori del fallito golpe del 1991 che condusse alla fine dell’Urss, sulla misteriosa serie di suicidi che ne seguirono e sugli inquietanti risvolti finanziari della vicenda. Dalle carte emerge in primo luogo come i finanziamenti ai partiti fratelli fossero una parte integrante della politica sovietica, al punto che lo stesso Gorbaciov può tranquillamente dichiarare che “Le modalità e i meccanismi con cui si costituiva il Fondo di assistenza internazionale ai partiti e alle organizzazioni operaie e di sinistra mi sono ignoti. A mio parere, tutto si basava sulle informazioni degli esperti di questioni internazionali”. Secondo, risulta chiaramente come alla vigilia della dissoluzione dell’Urss il flusso di denaro all’estero diventi un modo per costruire una via di scampo dai cambiamenti che si profilano. Occorre, recita infatti una nota del Comitato centrale del Pcus del 23 agosto 1990, classificata come “Segretissimo”, “preparare proposte circa la creazione di strutture economiche nuove, ‘intermediarie’ (fondazioni, associazioni, ecc.), che con un minimo di legami ‘visibili’ con il Comitato centrale del Pcus possano diventare centri di formazione di un’economia del partito ‘invisibile’”. Che cosa c’entra tutto questo con Falcone? Bigazzi lo dice con le parole di un articolo pubblicato il 5 giugno del 1992 nientemeno che da Repubblica: “I rubli che lasciavano l’Urss arrivavano anche alle cosche siciliane. Ecco perché, dicono, se ne interessava anche Falcone”. Ed ecco perché – stavolta è Giulio Andreotti intervistato da Bruno Vespa – “l’attentato a Falcone fu organizzato in modo così spettacolare che, né prima né dopo, la mafia da sola fece niente di simile”.

     

    IL VIAGGIO DI FALCONE A MOSCA
    Francesco Bigazzi, Valentin Stepankov
    Mondadori, 148 pp., 20 euro