“Penso che sia troppo difficile rassegnarci all’idea che il passato non possa cambiare. Ma credo che l’intervento e l’aiuto di altre persone nella nostra vita siano la chiave per superare i nostri rimpianti”. In occasione dell’uscita di “Basta un caffè per essere felici”, ilLibraio.it ha intervistato l’autore del bestseller “Finché il caffè è caldo”, lo scrittore giapponese Toshikazu Kawaguchi, che ha la capacità di far tornare il sorriso a chi lo legge, oltre a un legame speciale con l’Italia (e con Napoli in particolare). L’autore, che ha iniziato con il teatro, si fa apprezzare per la sua scrittura dolce e commovente, che riesce ad affrontare con leggerezza temi dolorosi e profondi, creando personaggi umani, sfaccettati, ricchi di vulnerabilità e difetti…

Un successo da ormai oltre 100mila copie: stiamo parlando di Finché il caffè è caldo (Garzanti, traduzione di Claudia Marseguerra) di Toshikazu Kawaguchi, romanzo uscito l’anno scorso, che in pochissimo tempo è riuscito a conquistare il cuore del pubblico e a scalare le classifiche.

L’autore, giapponese classe ’71, ora è tornato in libreria con il seguito, Basta un caffè per essere felici, sempre per Garzanti, un libro che già preannuncia bene, visto che a pochi giorni dall’uscita è tra i titoli più venduti.

In un mercato del libro sempre più vario e prolifico, quando ci si trova di fronte a casi editoriali simili, è inevitabile domandarsi: da dove è nato questo successo? E cosa hanno amato lettrici e lettori di tutto il mondo del romanzo di Toshikazu Kawaguchi? “Prima di rispondere a questa domanda, vorrei specificare una cosa. Questo lavoro in origine era uno spettacolo teatrale“, racconta l’autore, intervistato da ilLibraio.it. “Un giorno, il mio editor ha visto lo spettacolo e mi ha chiesto di riscriverlo come romanzo. Nel momento in cui ho iniziato a lavorarci, non pensavo nemmeno che sarebbe stato letto da persone in tutto il mondo. Anche adesso, a dire la verità, non ho idea del perché questa storia sia così tanto amata. Per me ci sono due regole quando scrivo un’opera teatrale o di narrativa: una è rendere ogni personaggio il più affascinante possibile, l’altra è costruire una storia universale. Questi sono i principi guida del mio processo creativo“.

Toshikazu Kawaguchi finché il caffè è caldo

Infatti, come con altri scrittori giapponesi conosciuti all’estero – vi dice qualcosa Yukiko Motoya? – Kawaguchi ha iniziato la sua carriera come drammaturgo, mestiere che ha sicuramente influenzato la sua scrittura e il modo in cui costruisce le storie: “Avendo iniziato come autore di pièce teatrali, anche quando sono alle prese con i romanzi sono comunque portato a iniziare scrivendo prima i ruoli dei personaggi. A quel punto fantastico su come lo dirigerei se si trattasse di uno spettacolo, e immagino la performance degli attori sul palco per dare più ricchezza alla storia. Questo è il metodo di scrittura che ho sviluppato la prima volta, e per ora non è ancora cambiato”.

E perché dovrebbe? Le trame delle sue storie sono inarrestabili, dotate di un ritmo e di una struttura costruiti a puntino, come testimoniato dalle prime pagine.

Chiunque abbia letto Finché il caffè è caldo lo saprà bene: il libro ci trasporta subito tra i vicoli di Tokyo, in una caffetteria molto speciale, dall’aria spoglia e malconcia. Il nome di questo piccolo locale dallo stile antico è Funiculì Funiculà, una scelta curiosa e del tutto peculiare, che rimanda a una tradizionale canzone napoletana. Per questo non abbiamo potuto fare a meno di chiedere all’autore il perché di questa decisione: “È una canzone che ho imparato durante le lezioni di musica quando ero alle elementari. Ed esiste una famosa parodia, che è la preferita di tutti i tempi dai bambini giapponesi, che presenta una frase molto divertente ‘Demon’s underwear! Demon’s underwear!’ (‘Mutande di demoni! Mutande di demoni!’). Ma questo, ovviamente, non ha nulla a che fare con il testo originale. Però, quando pensavo al nome del caffè, desideravo che fosse nostalgico, e Funiculì Funiculà è stata la risposta. Questa canzone è molto conosciuta e, se inizi a cantarla, potresti iniziare a ripensare ai ricordi d’infanzia“.

E quindi anche nel suo Paese la conoscono? “Certo, la canzone è nata in Italia, ma stranamente è molto familiare a noi giapponesi. Ora sogno di visitare Napoli, scalando il Vesuvio, sperando che il disastro mondiale causato dal Covid-19 finisca presto”.

Un bel progetto, soprattutto in un periodo in cui avere prospettive sembra sempre più complicato. Forse è proprio questo uno dei motivi che hanno tanto affascinato i lettori e le lettrici di Kawaguchi, perché nei suoi libri non si guarda al futuro, ma al passato.

Tra le mura della caffetteria protagonista dei suoi romanzi è possibile tornare indietro nel tempo, purché si segua un preciso insieme di regole: bisogna tornare prima che il caffè si raffreddi, si può parlare solo alle persone che hanno visitato il bar, non si può lasciare il proprio posto e, soprattutto, qualunque cosa accada, il passato non potrà cambiare il presente.

Riferendosi al libro, alcuni hanno parlato di letteratura di viaggi nel tempo, ma in realtà l’opera dello scrittore giapponese ha un’anima singolare, più da realismo magico, che la differenzia dalle tradizionali narrazioni fantascientifiche in cui si attraversano le dimensioni del tempo e dello spazio su scintillanti macchine, mentre scienziati folli mettono a punto le loro incredibili invenzioni.

Con un senso di triste rassegnazione e una speranza sterile, i personaggi di Kawaguchi tornano indietro nel tempo, consapevoli di non poter fare la differenza.

Ma come si può accettare una realtà che vorremmo a tutti i costi cambiare? “Penso che sia troppo difficile rassegnarci all’idea che il passato non possa cambiare, senza renderci conto che sono coinvolti altri fattori. È questa la mia opinione personale. Quando affrontiamo i nostri problemi da soli, non riusciamo ad accettare i nostri fallimenti, e sembra che ci costringiamo a uno stato di abnegazione. Pertanto, credo che l’intervento e l’aiuto di altre persone nella nostra vita siano la chiave per superare i nostri rimpianti. Quando dico ‘altri’ mi riferisco a genitori, fratelli e sorelle, amici, un partner o un amante”. L’autore prosegue così l’intervista che ci ha concesso: “Nel mio romanzo Finché il caffè è caldo, ho raccontato relazioni di amanti, coppie, sorelle, genitori, e di un bambino. Il viaggio nel tempo è stato solo un piccolo pretesto, un modo per riavvicinarsi agli altri anche quando ormai sono già andati via”.

E lo stesso concetto passa anche nel suo nuovo romanzo? “In Basta un caffè per essere felici, scrivo di una donna che ha avuto un aborto spontaneo e che non riesce a superare questo devastante senso di colpa a causa dell’incidente. Un giorno, un uomo le dice: ‘Il tuo bambino ha vissuto 70 giorni di una vita significativa, una vita che ti ha reso felice. Ora tocca a te vivere la tua vita per essere significativa per quel bambino’. Questo messaggio l’ha salvata”.

Toshikazu Kawaguchi Basta un caffè per essere felici

Ma è difficile immaginare che siano gli altri la nostra ancora di salvezza, in un periodo in cui è sempre più raro e difficile stare vicini: “Si può aiutare anche solo con un libro o una frase. La vita è piena di fallimenti, battute d’arresto e rimpianti, ma davvero credo che tutti possano essere salvati con l’aiuto degli altri. È un aiuto reciproco, quindi, in quanto persona piena di rimpianti e fallimenti, desideravo diventare qualcuno che potesse aiutare le persone intorno a me”.

La scrittura di Kawaguchi è dolce e commovente, riesce ad affrontare con leggerezza temi dolorosi e profondi, creando personaggi umani, sfaccettati, ricchi di vulnerabilità e difetti.

Inoltre, l’autore non lascia mai che la prosa si assopisca o che diventi troppo cupa, stando attento a stemperare anche i momenti più emotivi con un senso di sognante spensieratezza. Nonostante l’atmosfera lirica e onirica, una delle sue caratteristiche è la capacità di agganciare, dando vita a un vero e proprio page turner, sia nel caso del primo libro sia nel caso del secondo: “Quando scrivo non penso mai alla mia relazione con il pubblico, ma, prima di ogni altra cosa, desidero sempre catturare l’attenzione di chi mi legge, o di chi mi segue a teatro. Per ora ho sempre agito così, ma non sono sicuro per il futuro”.

E per il domani, noi ci auguriamo altri romanzi come quelli di Kawaguchi, che hanno un potere unico, e da non sottovalutare: quello di far tornare il sorriso. “Mi piacerebbe approfittare di questa intervista ringraziando i miei lettori e le mie lettrici in Italia. Faccio del mio meglio per scrivere storie di speranza, e spero che possiate apprezzare anche miei lavori futuri. Grazie mille”.

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