Massacro di Srebrenica
Soldati svedesi dell'ONU alla base ONU di Tuzla, il 14 luglio 1995. (AP Photo/Darko Bandic)

Cosa fu il massacro di Srebrenica

È stata la strage più grave in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale, fu compiuta dalle milizie serbo-bosniache praticamente davanti ai soldati dell'ONU

La mattina del 12 luglio 1995 il generale serbo bosniaco Ratko Mladic fu ripreso dal giornalista serbo Zoran Petrović mentre rassicurava la popolazione di Srebrenica, una città musulmana in una regione a maggioranza serba della Bosnia. Mladic, circondato dai suoi miliziani, spiegava che a nessun abitante di Srebrenica sarebbe stato fatto del male. Nel video era inclusa anche una breve intervista a Mladic in cui lui spiegava come i suoi uomini avessero portato in città cibo, acqua e medicine per la popolazione locale. Alla fine del video si vedeva Mladic parlare con un bambino musulmano di 12 anni: gli chiedeva di essere paziente e gli diceva che chi avesse voluto rimanere a Srebrenica avrebbe potuto farlo. In quel momento i suoi uomini avevano cominciato a radunare e uccidere tutti i maschi in età militare della città già da 24 ore, cioè dal pomeriggio dell’11 luglio. Nel giro di 72 ore più di ottomila bosniaci musulmani sarebbero stati uccisi nel peggior massacro avvenuto in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale.

All’epoca della strage si combatteva intorno a Srebrenica da oramai da tre anni. Gli scontri erano cominciati nel 1992 quando la Bosnia aveva dichiarato sua indipendenza dalla Yugoslavia in seguito a un referendum. La Bosnia era la più variegata tra le varie repubbliche federali che formavano l’ex Yugoslavia: la maggioranza dei suoi abitanti è di religione musulmana, ma c’è anche una grossa minoranza di serbi ortodossi e una più piccola di croati cattolici. I serbi-bosniaci avevano boicottato il referendum e quando era stata proclamata l’indipendenza avevano cominciato una guerra contro il governo bosniaco, appoggiati dal governo serbo di Slobodan Milosevic, per ottenere l’annessione alla Serbia della loro regione. Era stata fino a quel momento una guerra particolarmente brutale e sanguinosa. Nei territori a maggioranza serba c’erano molte enclavi musulmane contro cui i miliziani serbo-bosniaci e i regolari serbi si accanivano praticando quella che da allora è diventata famosa come la “pulizia etnica”, un termine che fu coniato dagli stessi leader serbi. I paesi musulmani venivano sistematicamente distrutti e i loro abitanti espulsi. Lo scopo era creare un territorio omogeneo, dove abitassero soltanto serbi e che sarebbe stato facile da annettere alla Serbia una volta arrivati al tavolo delle trattative.

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