Coronavirus perde forza? Pneumologo: "Ultima polmonite a Torrette il 4 aprile"

Il professor Gasparini conferma la nostra inchiesta: "Possibile che il virus si sia modificato, ma attenzione"

Il professor Stefano Gasparini

Il professor Stefano Gasparini

Ancona, 10 maggio 2020 - Gli effetti del Covid-19 sulla popolazione iniziano a cambiare. Nell’articolo pubblicato ieri dal Carlino si evince come il numero dei casi di polmoniti interstiziali gravi sia pari a zero da ormai svariate settimane nei nostri ospedali. Abbiamo preso in esame il modello dell’ospedale regionale per rafforzare questa tesi, clinica e non scientifica, affermando, senza tema di smentita, che nelle terapie intensive del più grande ospedale delle Marche da tempo ormai non arrivino più pazienti con quadri clinici disperati e polmoniti devastanti, come accadeva a marzo. Questo tema lo abbiamo approfondito grazie al professor Stefano Gasparini, pneumologo di fama internazionale.

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Professor Gasparini, in un nostro pezzo ieri abbiamo parlato di un calo drastico delle polmoniti da Covid, specie quelle con necessità di trasferimento nelle terapie intensive: siamo andati lontano dalla realtà? "No, tutt’altro, proprio alla luce di questa vostra inchiesta ho approfondito la questione e posso fornirvi dei dati molto precisi a conferma della tesi emersa".

Dica pure. "Assieme al collega direttore del pronto soccorso e medicina d’urgenza, il dottor Salvi, abbiamo ricostruito il numero di accessi in ospedale a Torrette e il numero dei casi che andavano trasferiti in terapia intensiva. A marzo ne sono arrivate a dozzine, alcune bruttissime. Ebbene, l’ultima registrata risale al 4 aprile scorso".

Qualcuno potrebbe obiettare che da aprile il numero dei nuovi casi positivi è in costante decremento, come risponde? "Dal 5 aprile ad oggi nelle Marche ci sono stati 2.021 tamponi positivi, possibile che nessuno presentasse una polmonite così grave come accadeva a marzo? Tenga conto che in quelle settimane la frequenza di polmoniti severe si aggirava attorno al 10% dei contagi totali. Se le terapie intensive Covid degli ospedali della regione si svuotano è perché i pazienti vengono dimessi, altri purtroppo sono morti e quelli che restano sono lì dentro da settimane, alcuni da mesi. E soprattutto perché non ci sono nuovi casi. C’è dell’altro…".

Cioè? "Nel nostro reparto di pneumologia Covid 3A, la cosiddetta semi-intensiva, il passaggio inferiore come livello di intensità di cure, non vediamo più un paziente nuovo dal 17 aprile. se qualche caso c’è stato, in arrivo in questi reparti, si tratta soltanto di persone ricoverate altrove e trasferite".

Lei ha fatto dei confronti con altre strutture in Italia? "Certo, ho preso contatto con amici e colleghi di alcuni ospedali e reparti in prima linea nella battaglia contro il virus. A Brescia, una delle città più colpite, non vedono più un paziente con polmoniti severe da oltre due settimane, al San Raffaele e all’ospedale di Forli, tutti con decine di accessi, addirittura dall’11 aprile".

Ciò significa che possiamo stare tranquilli e aprire tutto? "Ecco, proprio qui volevo arrivare. Le misure adottate hanno fornito una valida risposta, ma l’attenzione non deve assolutamente calare. È possibile che il virus si sia modificato, abbia attenuato la sua potenza, per tutta una serie di cause, ma ancora non lo conosciamo così a fondo e il pericolo che torni ad essere letale è ancora elevato".

Cosa può aver alleggerito il suo impatto sulle persone tanto da azzerare i casi gravi? "Le cause possono essere molteplici e spetta ad altri analizzarle, io resto prettamente un clinico e su dati clinici mi baso. Il vero indice della pandemia lo danno i ricoveri in rianimazione e non il tasso di mortalità, tra l’altro abbastanza basso in questa fase emergenziale a Torrette".

La sua speranza a proposito del virus qual è? "Che col tempo sia diventato più mansueto, modificando la sua natura e diventando uno dei tanti Coronavirus con cui abbiamo convissuto in questi anni, innocui come un raffreddore. Il problema è che il Sars-Cov2 si è dimostrato terribile e il timore che possa tornare a colpire non è scampato".