Un progetto innovativo per il pistacchio di Bronte (e non soltanto di Bronte)

19 febbraio 2021
  • Il pistacchio in Sicilia, da Bronte a Raffadali
  • Il progetto è stato finanziato con i fondi europei destinati all’agricoltura siciliana con la supervisione dell’Università di Catania
  • Il ruolo dell’Istituto Benedetto radice di Bronte
  • Sono 9 i partner del progetto 
  • Il coinvolgimento di aziende che producono pistacchi a Ragusa, Enna e Caltanissetta

Il pistacchio in Sicilia, da Bronte a Raffadali

Un comunicato inviato – supponiamo – dall’Istituto ‘Benedetto Radice’ di Bronte – annuncia la sperimentazione “su 150 giovani piante di pistacchio. Per prima volta applicazioni innovative sulle colture del pistacchio per la lotta a malattie fungine di recente individuate nel nostro territorio”. Bronte, paese alle pendici dell’Etna in provincia di Catania, viene considerata la cittadina del pistacchio siciliano per antonomasia, anche se, in realtà, questa coltura, introdotta in Sicilia dagli arabi, nel passato era presente anche in altre province della nostra Isola, a cominciare dall’Agrigentino, con particolare riferimento a Raffadali, dove il pistacchio vanta un’antica tradizione e dove – almeno un tempo era così – si produceva il migliore gelato artigianale al pistacchio della Sicilia. Con grande rispetto per i pistacchi verdi di Bronte, a nostro modesto avviso anche Raffadali – proprio in virtù della tradizione che questa coltura ha in queste zone – dovrebbe valorizzare meglio il pistacchio.

Il progetto è stato finanziato con i fondi europei destinati all’agricoltura siciliana con la supervisione dell’Università di Catania

Ma andiamo al comunicato. Con la messa a dimora di 150 giovani piante di pistacchio nel terreno dell’azienda agraria dell’I.I.S Benedetto Radice – leggiamo – comincia la prima fase sperimentale del progetto Clean Pistachio, finanziato dalla sottomisura 16.1 del PSR Sicilia 2014-2020. “E’ la prima volta in assoluto che viene effettuato questo genere di intervento innovativo sulle colture di pistacchio – sottolinea la Innovation Broker Marzia Signorello – sotto la supervisione e la responsabilità tecnica del dipartimento Di3A dell’Università di Catania”. Spiega il responsabile scientifico del progetto Giancarlo Polizzi, docente Di3A: “Abbiamo realizzato un nuovo impianto di pistacchio che servirà a trasferire conoscenze e innovazioni nell’ambito delle strategie di difesa sostenibili delle giovanissime piante di pistacchio, anche attraverso l’impiego di micorrize e di microrganismi antagonisti durante le prime fasi di crescita delle piante. Grazie all’attività di ricerca effettuata nel territorio abbiamo recentemente individuato e descritto nuove malattie fungine del pistacchio, per le quali non sono noti mezzi di controllo, pertanto abbiamo preso a prestito da altre colture alcune strategie innovative di lotta biologica per verificarne l’efficacia e la possibilità di trasferimento”.

Il ruolo dell’Istituto Benedetto radice di Bronte

Da quello che si capisce si sta provando a coltivare il pistacchio in biologico, senza ricorrere alla ‘chimica’. “L’istituto di Bronte – leggiamo sempre nel  comunicato – proprietario dell’azienda agricola Parco Salanitro di Adrano è soggetto attuatore del progetto, avendo messo a disposizione il terreno, 5 mila metri quadrati, precedentemente definiti e delimitati in 4 particelle dove sono stati trapiantati quattro diversi cloni di pistacchio (due innestati e due da innestare)”. Commenta la dirigente scolastica Maria Pia Calanna: “Abbiamo accettato di far parte di questo partenariato anche per l’opportunità che ci è stata offerta di avere in ‘casa’ un impianto che, oltre ad essere un fiore all’occhiello per l’intero territorio, potrà essere studiato dai nostri ragazzi, che ne saranno i collaudatori oggi giovani studenti, domani futuri agrotecnici con grandi competenze da spendere”.

Sono 9 i partner del progetto 

“Prima del trapianto sono stati effettuati lavori di sistemazione delle terrazze con livellamento delle stesse e concimazione di fondo al fine di rendere più fertile il terreno – precisa il docente Giuseppe Trovato, direttore del “Parco Salanitro -. La parcellizzazione del campo consentirà di mettere a confronto le piante trattate e non trattate con i microrganismi. I lavori proseguiranno a pieno ritmo per la realizzazione dell’impianto di micro-irrigazione”. Il progetto Clean Pistachio ha lo scopo di valorizzare sia le colture (biologiche, convenzionali e DOP) sia i prodotti trasformati. Per fare ciò, i 9 partner del progetto (oltre all’istituto scolastico e il Dì3A anche la “Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo Bronte”, ente capofila, e 6 aziende agricole siciliane) nel corso dei tre anni di attività sperimenteranno tecnologie innovative a ridotto impatto ambientale che possano rendere la gestione della coltura ecocompatibile e sostenibile, in modo da ottenere un prodotto finito di elevata qualità. Sperimentazioni che verranno effettuate non solo sulle giovani piante, ma anche su quelle già esistenti nelle sei aziende agricole e sul prodotto già raccolto, messo a disposizione dell’ente capofila. “Le aziende coinvolte nel progetto dispongono di circa 140 ettari di pistacchieti – ricorda il presidente della Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo Bronte Società Agricola, Biagio Prestianni – di cui 40 già regime in biologico, gli altri in attesa di conversione anche grazie al progetto Clean Pistachio. L’obiettivo che ci siamo posti è quello di migliorare la qualità del prodotto che arriva nelle industrie di trasformazione e cercare di ridurre i costi di produzione con interventi ad hoc”.

Il coinvolgimento di aziende che producono pistacchi a Ragusa, Enna e Caltanissetta

“E’ dunque un progetto di cooperazione tra aziende, così come indica la stessa sottomisura 16.1 del PSR 2014-2020 – aggiunge Marzia Signorello -. Cooperazione che consentirà, oltre che a consolidare i rapporti tra le imprese agricole, gli enti e le strutture di ricerca, anche a trasferire dal mondo della ricerca le innovazioni che meglio rispondono ai bisogni reali delle imprese”. Svariati studi hanno dimostrato come tecniche di coltivazione ecocompatibili possano meglio adattarsi alle condizioni socio-strutturali ed ambientali nelle quali la pistacchicoltura si esercita, che non è solo esclusivamente riconducibile al territorio etneo. “Tre aziende aderenti al progetto, infatti – si legge sempre nel comunicato – hanno sede nei territori di Ragusa, Enna e Caltanissetta. Da un punto di vista tecnico-produttivo, infatti, a beneficiarne sarà tutto il comparto, al quale saranno trasferite innovazioni di processo e di prodotto che permetteranno di ottenere una produzione eco-friendly. I vantaggi saranno sia tecnici in quanto si otterrà una migliore qualità del prodotto, grazie ad una sensibile riduzione o eliminazione di composti di sintesi, che economici grazie ad una riduzione dei costi di produzione”.

Foto tratta da Cookist

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