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Reflusso gastroesofageo e dieta: i consigli per mangiare nel modo giusto

Tosse stizzosa, sensazione di nodo alla gola, difficoltà nel deglutire, laringite cronica, raucedine, abbassamento della voce e bruciore retrosternale. Sono solo alcuni dei sintomi del reflusso gastro esofageo, una patologia che interessa oltre il 20% degli italiani.

Reflusso gastroesofageo: che cos’è?

«Una persona ogni giorno mangia tra i 2 e i 3 chili di cibo, spesso senza rendersi conto di questo volume. Può essere cibo solido, liquido, freddo, caldo, crudo o cotto, con odori, colori, sapori e consistenza diversa. Ciascuno ha un suo stile a tavola: c’è chi mangia con voracità, tutto e subito, non mastica ma ingolla. Insomma il proverbio “Dimmi come mangi, ti dirò chi sei” è davvero giusto. Tutto il cibo ingerito arriva attraverso l’esofago nello stomaco, dove possono iniziare i guai», spiega il Professor Pier Luigi Rossi, Specialista in Scienza della Alimentazione e in Igiene e Medicina Preventiva e docente presso l’Università degli Studi di Bologna, Università Cattolica di Roma, Università di Sassari.

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Reflusso gastroesofageo: le possibili cause

«Voracità, dominanza cibo solido sul cibo liquido, ridotta masticazione, alcool, eccesso di sale e di caffè, personali scelte alimentari causano un allungamento del tempo di permanenza degli alimenti nella cavità gastrica, determinando un possibile reflusso gastro-esofageo. Non c’è un aumento dell’acidità gastrica, ma i dolori e il “bruciore” dopo il pasto esprimono il passaggio dell’acido cloridrico nell’esofago, non strutturato per arginare gli effetti dell’acido gastrico. Inoltre, in situazioni di stress e ansia si può avere un ipotono del nervo vago, il nostro sesto senso che collega il cervello all’intestino e l’intestino al cervello. Ne consegue difficoltà di avanzamento e svuotamento del cibo nella cavità gastrica e quindi anche reflusso gastro- esofageo», continua l’esperto», continua l’esperto.

La digestione gastrica e i suoi tempi

«Ogni minuto lo stomaco compie 3 contrazioni per la digestione gastrica, finalizzata a ridurre gli alimenti in chimo, un “omogeneizzato” che può lasciare la cavità gastrica per il viaggio digestivo nell’intestino tenue e nel colon. Più il cibo resta nello stomaco, più è alto il rischio del passaggio dell’acido cloridrico dallo stomaco all’esofago. Un piatto di pastasciutta, ad esempio, resta nello stomaco circa 3 o 4 ore, mentre un piatto di cereali in minestra, resta solo un’ora», sottolinea il Professor Rossi.

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Cosa e come mangiare

«Lo stomaco desidera avere cibo liquido, come minestre, passati di verdure, creme vegetali, minestroni, centrifugati, latti vegetali, cibo caldo, cibo crudo finemente tritato, cibo sminuzzato ridotto in piccole porzioni, cibo ben masticato. Queste condizioni del cibo, arrivato nello stomaco, agevolano le contrazioni gastriche e riducono nettamente il tempo di permanenza nella cavità gastrica. Occorre quindi evitare una lunga permanenza del cibo nello stomaco per iniziare ed avere la migliore digestione gastrica e intestinale e scongiurare quindi il problema del reflusso», conclude l’esperto. Nella gallery tutti i consigli.

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