La percentuale ai dirigenti dell’Agenzia Entrate per gli accertamenti

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Fisco: premi produzione per il capo ufficio se il contribuente paga spontaneamente; la compliance obbligata.

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Se qualcuno vi dicesse che più è alto il numero di italiani che pagano “qualcosa in più” di tasse rispetto a quanto hanno già fatto con la dichiarazione dei redditi, più alta sarà la vostra busta paga, voi che fareste? Una proposta del genere, fatta a un qualunque cittadino, avrebbe poco senso; ma se fatta a un dirigente dell’Agenzia delle Entrate potrebbe assumere un valore completamente diverso.

In questi giorni, Striscia la Notizia ha denunciato i metodi dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito dell’accertamento del valore degli immobili, riclassificati dal fisco per cifre – così si denuncia – superiori rispetto a quelle effettive, al solo fine di spingere il contribuente a pagare bonariamente un importo ridotto. Secondo il tg satirico, il comportamento dell’Agenzia delle Entrate è spinto dal fatto che i

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dirigenti prendono una percentuale su ogni sanzione pagata dai contribuenti.

Chiamarla “percentuale”, in un Paese come l’Italia, non depone mai bene, scottati come siamo dai vari scandali sulle bustarelle. Per cui diamo alle cose il loro nome: premi di produzione. Sì, non è una novità che i “capo ufficio” dell’Agenzia abbiano degli “incentivi” sull’attività di accertamento.

Come funzionano i premi di produzione? A livello nazionale viene calcolato l’effettivamente riscosso, a cui viene applicata una percentuale (piuttosto bassa). Il risultato viene ripartito tra ogni Direzione Regionale che, a sua volta, la ripartisce tra le varie direzioni provinciali dell’Agenzia delle Entrate. All’interno di queste ultime, infine, il “tesoretto” viene ripartito tra i funzionari che hanno partecipato alle operazioni di riscossione. È possibile prenderne diretta cognizione entrando nel sito Agenzia delle Entrate e cercando “Fondo unico Amministrazione”; si apriranno tutti i provvedimenti di distribuzione delle percentuali.

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In una grande impresa privata, questa logica di premiare la produttività verrebbe vista come una scelta illuminata dell’imprenditore, volta a motivare i propri dipendenti e a garantire efficienza al loro operato. E forse lo stesso potrebbe valere anche in determinati settori della pubblica amministrazione (si pensi agli insegnanti impegnati in straordinari lavorativi per attività extradidattiche). Ma siamo sicuri che, nell’ambito di un settore come quello fiscale, caratterizzato, in gran parte dei casi, dall’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, tutto ciò sia davvero costituzionale? È chiaro che una logica simile rischia di riversarsi contro quell’immagine di un fisco amico che si vuole attualmente raggiungere.

Contro le accuse di Striscia la Notizia, l’Agenzia delle Entrate ha anticipato azioni legali. E ci auguriamo che ci siano davvero, perché nell’ambito del processo venga chiarito a tutti gli italiani le regole sulla distribuzione degli “incentivi sulla produzione” ai dipendenti degli uffici.

Dal canto nostro, pur non volendo cadere in “discorsi da bar” e generalizzazioni, possiamo solo dire che è lecito parlare a volte per presunzioni e grandi numeri: e se tra le “presunzioni” vi sono le debolezze dell’uomo (prima tra tutte, quella verso il denaro), nei “grandi numeri” c’è sempre – vuoi o non vuoi – una percentuale di gente poco «fair», che pur di raggiungere il risultato utilizza metodi non ortodossi.

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