I bitcoin non sono tracciabili

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Controlli impossibili sul denaro telematico: quando si parla di bitcoin, i soldi non solo non si pignorano, ma è impossibile anche la tracciabilità da parte dalla polizia.

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Allarme bitcoin: il denaro telematico rende impossibili le indagini della polizia, è facilmente riciclabile e, di fatto, sfugge a qualsiasi controllo di tracciabilità. Insomma, una moneta sicura non solo per gli evasori e per chi vuole, serenamente, disporre di “credito” sul web senza problemi di finanza e Agenzia delle Entrate, ma anche per i loschi affari della criminalità organizzata e del terrorismo.

L’utilizzo della «cripto valuta» – così vengono metaforicamente chiamati i bitcoin – è oggi un terreno fertile per chi non vuole gli “scagnozzi” alle spalle, tant’è che a farne ampiamente ricorso sono i sistemi di finanziamento dello Stato islamico. Ma non è l’unico problema legato alla moneta elettronica: essa favorisce anche il reato di riciclaggio del denaro sporco. Difatti, i pagamenti,

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non essendo tracciabili in alcun modo, consentono all’economia sommersa e all’evasione fiscale di continuare a vivere indisturbata.

È anche questa la ragione per cui, chi vuol sottrarsi ai creditori, alimenta il proprio gruzzolo di bitcoin: il conto, in questo caso, non si può pignorare perché non c’è un soggetto “terzo” presso cui andare a bloccare le somme e prelevarle (soggetto che, nel normale pignoramento presso terzi, è la banca). Di tanto abbiamo già parlato nell’articolo Bitcoin, il conto non si pignora.

Non si tratta di semplici previsioni. I dati parlano chiaro e un caso emblematico è l’India dove, parallelamente a una riduzione dell’80% del denaro circolante, si è assistito a un incremento del 30% della domanda di bitcoin, via di fuga dalla tracciabilità. In particolare, nello Stato: per frenare il nero e l’evasione fiscale, il governo ha ritirato dalla circolazione le banconote con taglio 500 e 1.000 ruphie (corrispondenti a circa 7 e 13 euro); a fronte di ciò, la moneta elettronica è cresciuta tra il 20 e il 30%.

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Che i bitcoin non siano tracciabili e che, quindi, sfuggano ai controlli delle autorità di polizia è la nostra stessa intelligence a dirlo; intelligence che ha stilato, lo scorso 15 novembre, un report dal titolo «Bitcoin e riciclaggio» in cui vengono evidenziati tutti i limiti (che per alcuni possono essere, invece, vantaggi) della cripto valuta: riciclo di denaro sporco, difficile disciplina fiscale e facile via di fuga per l’evasione, non tracciabilità dei pagamenti.

Ma perché i bitcoin non sono tracciabili? Facile: non trattandosi di una normale valuta (non avendo corso legale e non tutelando le operazioni di acquisto e scambio), né di uno strumento finanziario (non dando luogo ad alcuna obbligazione in capo all’emittente e non comportando diritti per il titolare), essi circolano senza intermediari finanziari. Insomma, non ci sono banche che ne gestiscono il deposito, le transazioni, gli spostamenti, ecc. L’assenza di un circuito internazionale, trasparente alle autorità e alla finanza, rende i movimenti di bitcoin impossibili da tracciare: insomma, risalire a chi spende, a chi compra e a chi accumula non è affatto facile per la polizia.

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