Proposta di acquisto di immobili con l’agenzia: venditore e acquirente possono recedere?

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Ho incaricato un’agenzia immobiliare per la vendita della mia casa e ho firmato una proposta di acquisto, su un modello prestampato dell’agenzia stessa, sottopostami da un potenziale acquirente che mi ha anche versato una caparra; ora quest’ultimo non vuole più comprare. Posso obbligarlo ad acquistare? Diversamente, che devo fare della caparra? E, in ultimo, devo pagare la provvigione all’agenzia?

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Normalmente, quando si incarica un’agenzia immobiliare per la vendita di una casa quest’ultima si limita a mettere in contatto il cedente con gli interessati all’acquisto facendo firmare a questi ultimi un modellino prestampato che viene definito “proposta di acquisto”. Tale atto, tuttavia, non può essere ancora considerato un contratto preliminare con effetti obbligatori per entrambe le parti.

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Più nel dettaglio, dobbiamo analizzare le diverse sfaccettature della questione.

1) Quanto alle conseguenze del ripensamento del proponente acquirente

La proposta di acquisto rappresenta una fase eventuale della compravendita immobiliare e viene utilizzata dalle agenzie per “formalizzare” le trattative tra le parti. La natura e gli effetti di tale atto sono fortemente discussi dalla giurisprudenza in quanto si tratta di una figura particolare non definibile come un vero e proprio contratto.

L’indirizzo prevalente è quello secondo cui la proposta d’acquisto, pur se accettata e firmata dal venditore, non è atto vincolante e non genera responsabilità delle parti in caso di inadempimento. La proposta di acquisto, infatti, obbligherebbe solamente le parti ad obbligarsi e concludere un contratto futuro (il “compromesso” o direttamente il rogito), ma rientra ancora nelle fase delle trattative e non costituisce un vero e proprio vincolo giuridico.

Una tesi minoritaria sostiene, invece, che già la proposta di acquisto crea obblighi di adempimento per le parti e conseguente responsabilità contrattuale.

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Dunque, in caso di ripensamento del proponente acquirente, al venditore potrebbe non convenire un’azione in giudizio per ottenere l’esecuzione del contratto (sia esso il preliminare o il cosiddetto rogito definitivo) di compravendita: infatti, c’è un’alta probabilità che il giudice, in accoglimento dell’indirizzo maggioritario sopra esposto, non riconosca nessun obbligo dell’acquirente a comprare l’immobile e, anzi, condanni il venditore a pagare le spese processuali.

Detto ciò, il venditore non può far nulla per pretendere la stipulazione del contratto preliminare, ma ha diritto a trattenere la somma già versata dal proponente acquirente al momento della proposta (a titolo di caparra o di deposito cauzionale).

Si consiglia, comunque, di leggere attentamente la proposta firmata: essa potrebbe contenere un’apposita clausola che indichi gli effetti della proposta stessa. Per esempio potrebbe essere presente un articolo come il seguente: “Nell’ipotesi di accettazione della su estesa proposta, si intenderà conclusa tra le parti una cosiddetta “minuta di contratto” che non avrà alcun efficacia vincolante ma comproverà l’esistenza di serie trattative in corso. Solo il futuro contratto preliminare di compravendita, ove sottoscritto, avrà effetti obbligatori per le parti”.

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2) Quanto alla restituzione della provvigione

La provvigione è comunque dovuta, anche se il contratto di compravendita non si è concluso. Ciò in quanto l’Agenzia immobiliare ha diritto al compenso per l’attività di mediazione svolta, cioè per aver fatto incontrare venditore e acquirente, indipendentemente dal risultato dell’affare.

Di conseguenza, le parti non hanno diritto alla restituzione ma possono rivolgersi all’Agenzia stessa per rideterminare la provvigione: essa deve essere necessariamente proporzionale all’attività effettivamente svolta.

Anche in questo caso, qualora esistano documenti scritti in merito alla provvigione e al suo ammontare, è sempre opportuno leggerli con attenzione ed eventualmente farli valere a proprio favore.

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