A Roma ci si sposa in bici. Scegliendo quella dell'ultimo bike sharing appena approdato nella Capitale, dove finora le due ruote condivise non hanno avuto una buona sorte. L'immagine della coppia con la neo sposina in abito bianco con velo lunghissimo accomodata dietro allo sposo sul sellino dell'e-bike a pedalata assistita è spuntata su Instagram. Scattata da  un'instagrammer romana, Silvia in arte Silkvie, che ha immortalato la scena in via della Conciliazione a un passo dalla Basilica di San Pietro. «Ah l’amour -scrive- intanto speriamo che le biciclette elettriche jumpyuber a Roma non verranno vandalizzate». La multinazionale taggata ringrazia. E rilancia la foto quasi a voler rispondere con questo scatto benaugurante alle polemiche dell'ultima ora. La più recente riguarda la App del servizio che sulla mappa delle localizzazioni individua la zona dell'Esquilino, dove si trova la Stazione Termini e la multietnica piazza Vittorio, non con il suo nome ma come “Chinatown”. A far scoppiare il caso è stato il vicepresidente della Camera e deputato di Fratelli d'Italia Fabio Rampelli.

La App di Jump individua le bici a Chinatown non all'Esquilino

 «Siamo stati i primi, in tempi non sospetti - dichiara sulla sua pagina Facebook-, a segnalare come l'Esquilino fosse finito nelle mani del commercio cinese ma scoprire che la nuova App di biciclette condivise Jump attraverso Google Map rinomini lo storico rione come Chinatown equivale a dire "oltre al danno anche la beffa". Forse per Jump la nuova storpiatura dà più resa commerciale, ma l'identità di un luogo viene prima di qualunque geolocalizzazione e l'Esquilino è uno dei 7 colli romani su cui si è edificato il rione umbertino, subito dopo l'unità d'Italia. Google ripristini la verità e rispetti la nostra storia». 

In realtà Uber non c'entra, è il gigante del web ad aver appellato così da tempo la piazza romana senza frontiere. «Le nostre mappe si appoggiano su quelle di Google Maps. Abbiamo segnalato il disguido attraverso il nostro team che dialoga con Google a livello centrale», risponde Fabio Stefanini, General Manager Jump Italia, interpellato da La Stampa. In disaccordo con l'attacco "sovranista" di Rampelli sui social compare anche la dicitura "ChinaPound" in riferimento alla vicina sede occupata del movimento neo fascista in via Napoleone III. 

Uber a La Stampa: "Costi alti ma congrui al servizio offerto"

In merito alle critiche sui costi alti (i più cari del servizio in Europa: 20 centesimi al minuto) Stefanini commenta: «Siamo soddisfatti. Il numero di corse realizzate a Roma e la loro durata nella prima settimana sono indicatori di successo importanti. Crediamo che il prezzo sia congruo con il tipo di prodotto e servizio offerto». I dati però al momento non vengono rivelati: «Saranno comunicati nei prossimi giorni».

Alle segnalazioni di tanti romani che postano foto di biciclette «lasciate dove capita, sui marciapiedi e in posti in cui non potrebbero stare dove ostacolano anche i pedoni» il general manager controbatte: «La responsabilità dei cittadini e di coloro che utilizzano questo servizio, insieme ai nostri controlli e la manutenzione costante delle bici sono gli ingredienti chiave per il successo di Jump. Noi abbiamo indicato nella nostra app le zone dove non è possibile lasciare le biciclette in modo da preservare il decoro urbano, quando notiamo o ci vengono segnalati parcheggi non conformi provvediamo a spostare il mezzo».

 "Le biciclette non sono state vandalizzate"

Quelli che vengono indicati sui social come vandalismi per la multinazionale non sono tali: «Nei giorni scorsi alcune bici sono state trovate a terra, siamo intervenuti tempestivamente per riposizionarle e garantire la piena funzionalità del mezzo, anche se ci tengo a precisare che le bici non hanno riportato alcun danno» spiega Stefanini. Come dire: niente a che vedere con quanto successo con oBike il gestore spagnolo del precedente servizio che aveva visto giorno dopo giorno le sue bici gialle distrutte, buttate nel Tevere e abbandonate con telai, ruote e manubri divelti nei posti più disparati della città. Le e bike Jump hanno scommesso di ripartire da dove tutti gli altri finora hanno fallito. Puntando a un sistema anti-vandalismo attraverso la localizzazione Gps in tempo reale, multe per chi parcheggia dove è vietato farlo (per esempio il Lungotevere) un particolare blocco con un lucchetto e una maggiore pesantezza delle bici rispetto alla media grazie al telaio in alluminio. 

Le esperienze dei romani

Tutte caratteristiche menzionate da Michele Biggi, Jump general manager Southwestern Europe durante la presentazione del servizio lunedì 21 ottobre in via dei Fori Imperiali con la sindaca Virginia Raggi in sella sulla neonata e-bike. Le esperienze dei romani però sono diversificate. Ad alcuni queste due ruote fiammanti piacciono. Ad altri no. «Alla bici hanno già rubato i due tappetti delle camere d'aria ed è rotto il "cambio" -racconta Maurito sul blog Riprendiamoci Roma- Per percorrere una distanza di esattamente 2 km e 600 metri impiego 13 minuti perché il tempo parte subito, prima che sblocca il lucchetto. Si paga 0.50 cent lo sblocco (perché?) e poi a destinazione un bel 2.60 euro per i 13 minuti di passeggiata e pedalata lenta. Mi chiedo, il casco? Non ci sta, la bici pesa troppo, 30 kg sbilanciati il 70x100 in avanti, il computer di bordo si accende e spegne in continuazione, 3 euro e 10 fanno venire la voglia di prendere la Giulia di mio nonno a benzina rossa...». 

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