Esteri

Ecco la prima lezione di morale alle elementari giapponesi

Ufficialmente il nuovo corso scolastico nasce come forma di contrasto al bullismo, un fenomeno in crescita, soprattutto quello legato ai social media, arrivando a perseguitare le vittime in qualunque luogo e senza soluzione di continuità

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TOKYO - “Elencate tutti i vostri punti deboli”, esordisce il Professore di quinta elementare indicando il foglio bianco sul banco degli studenti. Dopo cinque minuti di nuovo, “ora vi dimostro che quello che avete appena scritto non sono affatto punti deboli!”. È con questo coup de théâtre che comincia la prima lezione di morale dell’anno in Giappone, il cosiddetto "dotoku" (educazione morale), e che entrerà a far parte del curriculum regolare delle scuole elementari, medie e superiori di tutto il paese. La lezione di oggi si intitola: ‘mikata o kaeru’, ovvero cambiare la prospettiva. Come in un rubin’s vase, spiega il sensei, dove al mutare del nostro ‘sguardo’ la figura può apparire un semplice vaso oppure il profilo di un volto, così tutti a dispetto delle apparenze nascondono dei lati sorprendenti. E le sorprese cominciano a spuntare non appena i ragazzi vengono invitati a fare gruppo. Yuri, otto anni, che pensava che fare le cose in modo lento fosse una terribile tara scopre, grazie “al cambio di prospettiva”, che è anche il punto di forza della propria capacità di concentrazione. Hai sempre parlato a voce bassa e ti veniva rimproverato? Semplicemente significa che sei una persona calma e modesta. Il maestro lo chiama reframing, e prende in prestito proprio la parola inglese scritta però in katakana, l’“alfabeto per le parole straniere”.

Ufficialmente il nuovo corso scolastico nasce come forma di contrasto al bullismo, un fenomeno in crescita, soprattutto quello legato ai social media, arrivando a perseguitare le vittime in qualunque luogo e senza soluzione di continuità. E allora ricostruire dalle fondamenta le basi morali della propria gioventù è diventata una priorità non più trascurabile dalle istituzioni del paese.

La classe di etica esisteva in realtà anche lo scorso anno, ma era un’attività che non prevedeva alcun tipo di valutazione per gli studenti, da quest’anno non è più così. Gli studenti verranno giudicati. Ma come? È questa la novità politicamente controversa che ha generato un’infinità di polemiche e critiche preventive. Molti esperti non hanno mancato di sottolineare che forse gli insegnanti non sono sufficientemente preparati per valutare il ‘livello morale’ dei propri pupilli. “Ma i voti in questa classe possono comportare la bocciatura di mio figlio per l’esame finale?” Durante la lezione introduttiva, aperta al pubblico, emerge tutta l'apprensione dei genitori. Puntuale gli risponde Baba-san, ex presidente del gruppo di ricerca sull’educazione morale nella scuola, “Sono usciti degli articoli sui quotidiani e vi assicuro che non hanno capito niente!”, e aggiunge sarcastico, “scrivono che daremo dei punti agli studenti, ma le direttive le hanno lette?”

Tra l’altro bastava andare sul sito del ministero dell’Educazione dove in kanji nero su bianco c’è scritto espressamente che “non ci saranno valutazioni con voti, e nessuna promozione o bocciatura”.

L’altra critica è la potenziale dittatura etica dell’insegnante: il fatto cioè che sia un solo individuo a stabilire ciò che è bene e ciò che è male. Eppure uno dei punti su cui si riscontra un oggettivo miglioramento rispetto al curriculum del passato è proprio questo. Nella classe di etica dello scorso anno veniva letta una storia in classe, ad esempio “il protagonista X vede una ragazza disabile in difficoltà, cosa fare?”. Chi rispondeva “non so, forse rimarrei li a fissarla”, riceveva un richiamo ‘moralista’ dal professore: magari dovresti andare lì a parlargli, no?. Oggi la stessa risposta viene accolta senza condizioni in quanto espressione distinta della personalità di ognuno.

Nei testi pre-riforma si ammiccava a ciò che è indiscutibilmente “giusto” e “sbagliato”, mentre oggi si dà il giusto peso alle diverse interpretazioni del mondo.
Insomma il vero cambiamento in atto nel Sol Levante è che le scuole non sono catechismi dove s'inculcano comandamenti da recitare a memoria. Un mutamento non da poco e con la potenzialità di uno tsunami culturale sulle generazioni a venire.

La novità di quest’anno ha perfino il sapore di una calcolata coincidenza: come meglio preparare la gioventù ad accogliere la grande marea internazionale delle prossime Olimpiadi? con 40 milioni di visitatori, le maniere altrui non possono essere più sbrigativamente liquidate come improprie e offensive, pensiamo ai tanti giovani occidentali che si presenteranno tempestati di tatuaggi in un paese che li vede come simboli del ‘male’. Ma con il giusto ‘reframing’ quei disegni indelebili sulla pelle (che qui identificano la yakuza) diventeranno magicamente la prova “della variabilità di senso nei segni e nei simboli al mutare dei costumi e delle culture”. E buona scuola a tutti.