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Bielorussia, continuano le proteste contro Lukashenko: catene umane e scioperi

(ansa)
Donne vestite di bianco sono scese in strada chiedendo notizie dei propri cari detenuti. Gli operai dell'azienda automabilistica nazionale incrociano le braccia. Da domenica quasi 7mila persone sono state arrestate, 250 ferite e almeno 2 sono morte. Si teme altro sangue: le forze di sicurezza sono state dotate di vere munizioni. Raid negli uffici di Yandex e Uber
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Migliaia di persone sono tornate in strada sin dal primo mattino a Minsk e in altre città della Bielorussia per il quinto giorno consecutivo di proteste contro le contestate presidenziali di domenica che hanno assegnato un sesto mandato ad Aleksandr Lukashenko, al potere da 26 anni. Sono proteste senza leader dopo che la candidata dell'opposizione sconfitta, Svetlana Tikhanovskaja, è fuggita in Lituania. Proteste sparpagliate, decentralizzate, coordinate sull’app di messaggistica istantanea cifrata Telegram per evitare censure e aggirare i continui blocchi di Internet.
 

Donne vestite di bianco sono tornate a formare catene umane con in mano fiori o i ritratti dei loro cari dispersi nelle operazioni di polizia per disperdere i manifestanti. Gli operai dell’azienda automobilistica BelAZ si sono uniti allo sciopero generale indetto martedì scandendo lo slogan “Dimettiti”. I membri del coro della Filarmonica di Minsk lo hanno fatto cantando e tenendo in mano le lettere che compongono la scritta: “Il mio voto è stato rubato”. Gli automobilisti suonano il clacson ininterrottamente o intasano le strade per rallentare i dislocamenti delle forze di ex militari. Gli ex militari danno fuoco alle divise. E diversi dipendenti statali e presentatori hanno dato le dimissioni, come il noto giornalista Evgenij Perlin. E persino un capitano della polizia.
 
La resistenza si allarga a macchia d’olio. Dopo un blackout di tre giorni, ieri le autorità avevano parzialmente ripristinato le telecomunicazioni. Oltre a limitare le perdite economiche (ogni giorno di blocco sarebbe costato all’economia oltre 56 milioni al giorno secondo le stime di netblock), l’obiettivo era terrorizzare la popolazione facendo circolare i video della repressione. Ma la mossa si è rivelata un boomerang. Le tante immagini di resistenza e solidarietà diffuse sembrerebbero aver rinfocolato l’opposizione.
 

Si moltiplicano gli appelli a fermare le violenze e indire nuove elezioni. Circa 500 amministratori delegati di aziende tecnologiche hanno minacciato di trasferire le loro imprese all’estero se la repressione non cesserà. E per l’economia del Paese, dove sono nate app come Viber, Msqrd e il videogioco Word of Tanks, sarebbe un duro colpo. Anche la biatleta Daria Domracheva, quattro ori olimpici, è intervenuta per chiedere di fermare le violenze.
 
La repressione però continua. In quattro giorni almeno due persone sono morte, oltre 250 sono state ferite e quasi 7mila sono state arrestate. Oggi uomini armati hanno fatto irruzione negli uffici di Yandex e Uber. Contro i manifestanti, le forze di sicurezza hanno usato di tutto: manganelli, proiettili di gomma, idranti, gas lacrimogeni e granate stordenti. Ieri a Brest sono persino stati usati proiettili veri e propri e oggi molti reparti sono stati dotati di vere munizioni.

Dopo le prime scarcerazioni, sono emersi racconti agghiaccianti sulle violenze subite nelle carceri: detenuti costretti a stendersi a terra, a pancia sotto, su pavimenti insanguinati e impilati letteralmente uno sopra l’altro. Dalla prigione di Okrestina si sentono urla inquietanti. I medici raccontano di aver curato vere e proprie “ferite da guerra”.

Tanti i dispersi dopo gli arresti, tra cui anche l’attaccante del Bate Borisov e della nazionale Anton Saroka o il direttore della testata “Nasha Niva”. Perché neppure i giornalisti vengono risparmiati. Dall'inizio delle proteste, 64 sono stati arrestati. Gli hotel vengono battuti ad uno ad uno alla ricerca di reporter stranieri senza accredito. E vari siti d’informazione sono stati oscurati.
 
Succede alle porte dell’Unione Europa e della Nato. “È urgente un sostanziale cambiamento politico", ha scritto su Twitter l'Alto rappresentante per la Politica estera dell'Unione europea, Josep Borrell. Mentre il presidente dell'Europarlamento David Sassoli invita Lukashenko “a fermare la repressione e ad astenersi da ulteriori violenze”. Minacciano sanzioni. Ai bielorussi non basta. Vorrebbero che, dalle parole, si passasse ai fatti.