Politica

Il Csm assolve Esposito per l'intervista sulla condanna a Berlusconi

Il giudice Esposito il giorno della lettura della sentenza 
Il giudice aveva parlato con un giornalista prima del deposito delle motivazioni della sentenza. Ora la sezione disciplinare lo ha assolto "per essere risultati esclusi gli addebiti"
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ROMA - La sezione disciplinare del Csm ha assolto il giudice Antonio Esposito, presidente del collegio che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi al processo Mediaset, dall'accusa di aver violato il dovere del riserbo per un'intervista concessa prima del deposito delle motivazioni della sentenza. La camera di consiglio è durata oltre tre ore.

L'assoluzione è arrivata "per essere risultati esclusi gli addebiti". Per capire a fondo le ragioni della decisione - che è impugnabile davanti alle Sezioni unite civili della Cassazione - bisognerà attendere il deposito delle motivazioni.

Il procedimento era relativo all'intervista rilasciata al quotidiano 'Il Mattino' nei giorni successivi alla sentenza di condanna pronunciata il 1* agosto 2013 a carico dell'ex premier Silvio Berlusconi nell'ambito del processo Mediaset. Esposito, che aveva presieduto il collegio della sezione feriale, aveva rilasciato l'intervista qualche giorno dopo la lettura del dispositivo ma prima del deposito delle motivazioni della sentenza.

Il giudice accusò subito il giornale - contro il quale ha intentato una causa civile - di aver manipolato l'intervista. Una tesi che ha ribadito durante il processo disciplinare (e la cui fondatezza è stata riconosciuta dalla stessa Procura generale della Cassazione) spiegando di non aver "mai parlato degli esiti del processo Mediaset", ma che al testo venne aggiunta una domanda su quel procedimento che in realtà non gli era mai stata formulata.
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Nella sua autodifesa Esposito ha spiegato che, se parlò effettivamente con il giornalista delle ragioni per cui il processo sul leader di Forza Italia era stato assegnato alla sezione feriale della Cassazione e fissato per il 30 luglio, fu perché ritenne suo "dovere ristabilire la verità", dopo aver subito "il più infame linciaggio mediatico della storia", con l'accusa esplicita di "aver emesso un provvedimento anomalo con lo scopo di colpire Berlusconi". Esposito ha poi escluso di aver lui stesso sollecitato l'intervista: "Non avevo alcun motivo di farmi pubblicità attraverso un giornale a bassa tiratura, quando il mio nome era apparso su tutti i giornali italiani e stranieri e io avevo rifiutato di dare un'intervista alla Cnn".

VIDEO / La lettura della sentenza di condanna
 
Il rappresentante della procura generale della Cassazione, Ignazio Juan Patrone, che aveva chiesto per Esposito la sanzione della censura, aveva invece sostenuto che il magistrato era comunque venuto meno al dovere del riserbo, "sollecitando lui stesso la pubblicità di notizie sulla propria attività e sul processo appena trattato" e non ancora concluso, visto che non erano state depositate le motivazioni. Il comportamento di Esposito, aveva sostenuto nella sua requisitoria, è stato "gravemente scorretto" nei confronti dei colleghi del collegio, anche perché aver scelto un "canale personale privilegiato" per le sue esternazioni, "senza informare nessuno".

"Nessuno nega che c'erano stati titoli odiosi su alcuni giornali ed erano state fatte considerazioni sgradevoli su Esposito", aveva ammesso Patrone, ma la strada non può essere in questi casi quella dell'autodifesa. Esposito si sarebbe dovuto comportare come hanno fatto "decine di magistrati che, oggetto di accuse gravi, hanno affidato la loro tutela alle sedi deputate, il Csm e l'Associazione nazionale magistrati".
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