Comunali, a Milano la Lega teme "l'effetto Paragone"

Un sondaggio commissionato da via Bellerio per testare la capacità di penetrazione di lista e candidati in città ha fatto suonare il campanello d'allarme: l'ex conduttore televisivo veleggia tra il 5 e l'8 per cento rubando voti a Salvini
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Non solo la candidatura a sindaco di Luca Bernardo che sembra più debole che mai, non solo il fiato sul collo di Fratelli d'Italia nel derby tutto interno al centrodestra: la Lega a Milano ha un altro problema e si chiama Gianluigi Paragone. L'ex direttore della Padania poi eletto al Senato con i 5 Stelle nel 2018 prima di uscire e fondare il proprio partito, è anche lui candidato sindaco. E un sondaggio commissionato da via Bellerio per testare la capacità di penetrazione di lista e candidati in città ha fatto suonare il campanello d'allarme: l'ex conduttore televisivo, alfiere dei no Green pass e no vax, veleggia tra il 5 e l'8 per cento, voti per buona parte rubati a Matteo Salvini e company.

Dal resto il profilo di Paragone è perfetto per un certo tipo di elettorato che negli ultimi anni aveva abbracciato il sovranismo gialloverde. Italexit si fonda sull'uscita dall'euro - come voleva la prima Lega di Salvini - e quindi sul recupero della sovranità nazionale, ha un forte impianto laburista - che ricorda sempre la prima Lega movimentista di Salvini - e soprattutto alimenta controinformazione e paure sulla vaccinazione, come a macchia di leopardo ha tentato di fare sempre la Lega. Se il Carroccio si è in parte istituzionalizzato e adesso sostiene il governo di Mario Draghi, Paragone può invece rivendicare la propria coerenza e urlare più forte. Giusto cinque giorni fa il senatore era fuori dal provveditorato di Milano armato di megafono contro il certificato per gli studenti e gli insegnanti; ma, per restare a temi più banali, la sua pagina social da oltre un milione di fan martella contro le strisce blu e con slogan tipo "il mio mercato ha le bancarelle in centro, non le banche". Anche qui, temi localistici e una distanza esibita dal mondo delle grandi imprese che, perlomeno a livello retorico, sembra mutuato dal Salvini di qualche anno fa.

Ma a preoccupare i lumbard c'è un altro fattore ancora. Paragone infatti verrà sostenuto anche da Grande Nord, il movimento indipendentista che si rifà alla vecchia Lega Nord, che continua a postulare di autonomismo e Padania ("noi continuiamo dove gli altri si sono arresi", dicono di sé). Dentro ci sono ex leghisti di peso come Davide Boni, Roberto Bernardelli e Monica Rizzi. Grande Nord è riuscita a raccogliere le firme e avrà una propria lista di appoggio al senatore. Ed è così che tra l'Italexit e il richiamo della foresta del 'Roma ladrona', sotto la Madonnina la Lega si ritrova accerchiata, stretta in una morsa perfetta: dentro e fuori il centrodestra.

Il capolista della Lega in ticket assieme ad Annarosa Racca, il consigliere regionale Gianmarco Senna, prova però a rassicurare: "Più ci si avvicina al voto e più le preferenze si razionalizzano, noi e il centrodestra siamo realmente competitivi contro Beppe Sala. E poi vorrei capire: come fanno quelli di Grande Nord, che si dicono pro-euro e indipendentisti, a stare con Paragone, nazionalista e contrario alla moneta unica? Capisco che in politica tutto è possibile, ma così mi pare troppo".